da: "Tratti essenziali del marxismo scientifico"
- http://www.ezeta.net/homosapiens/che/partito_m-l.htm
Testo tratto dal libro "La costruzione del partito nel pensiero del Che"
Ernesto Che
Guevara
IL PARTITO MARXISTA-LENINISTA
Prefazione al
libro El partido marxista-leninista, La Habana, 1963.
Questo libretto è destinato ad iniziare i militanti del partito all'ampio e
ricchissimo complesso delle idee marxiste-leniniste.
La scelta dei temi è semplice ed essenziale; si tratta di un capitolo del Manuale di marxismo-leninismo di
Otto V. Kuusinen e di una serie di discorsi di Fidel Castro. La scelta è
appropriata perché il capitolo del Manuale
di marxismo-leninismo sintetizza l'esperienza dei partiti fratelli e
delinea uno schema generale di ciò che deve essere e di come deve operare un
partito marxista-leninista, mentre nella successione dei discorsi del compagno
Fidel si vede sfilare la storia politica del nostro paese attraverso le parole,
in alcuni casi autobiografiche, del dirigente della rivoluzione.
Le due cose sono intimamente legate: la teoria generale, come espressione delle
esperienze del Partito comunista dell'Unione Sovietica e dei partiti
marxisti-leninisti di tutto il mondo, e l'applicazione pratica di queste idee
generali alle nostre specifiche caratteristiche. Dalle peculiarità dello
sviluppo degli avvenimenti sociali in questa regione del mondo, non si deve
argomentare che esistano eccezioni storiche; semplicemente, il caso specifico
della situazione cubana rientra nel quadro generale della teoria, figlia
dell'esperienza, offrendo nuovi apporti al movimento operaio mondiale.
Il Manuale ci mostra con solare
chiarezza che cosa è un partito marxista-leninista: «persone fuse da una
comunanza di idee che si uniscono per dar vita alle concezioni marxiste, vale a
dire, per portare a termine la missione storica della classe operaia». Spiega
inoltre che un partito non può vivere isolato dalle masse, ma deve mantenersi
in permanente contatto con esse; deve esercitare la critica e l'autocritica ed
essere molto severo riguardo ai propri errori; non deve fondarsi solamente su
concetti negativi di lotta contro qualcosa, ma anche su concetti positivi di
lotta per qualcosa; spiega infine come i partiti marxisti-leninisti non possano
incrociare le braccia aspettando che le condizioni oggettive e soggettive
createsi attraverso il complesso meccanismo della lotta di classe abbiano tutti
i requisiti necessari perché il potere cada nelle mani del popolo come un
frutto maturo. Viene indicato il ruolo dirigente e catalizzatore di questo
partito, avanguardia della classe operaia, dirigente della «propria» classe,
che sa mostrare ad essa il cammino della vittoria e accelerare il passo verso
nuove situazioni sociali. Si insiste sul fatto che anche nei momenti di riflusso
sociale è necessario saper retrocedere e mantenere saldi i quadri per sfruttare
la prossima ondata e avanzare più lontano, verso il fine fondamentale del
partito nella prima fase rivoluzionaria, ossia la presa del potere.
Ed è logico che questo partito sia un partito di classe. Un partito
marxista-leninista non potrebbe non esserlo: la sua missione è cercare la
strada più breve per arrivare alla dittatura del proletariato, e i suoi
militanti più preziosi, i suoi quadri dirigenti e la sua tattica, escono dal
seno della classe operaia.
È inconcepibile che si inizi la costruzione del socialismo con un partito della
classe borghese, con un partito che avesse tra i suoi membri un buon numero di
sfruttatori e questi avessero il compito di fissarne la linea politica.
Evidentemente, un raggruppamento di questo tipo può solamente dirigere la lotta
in una fase di liberazione nazionale, fino a certi livelli e in determinate
circostanze. Nella fase successiva, la classe rivoluzionaria diventerebbe
reazionaria e si instaurerebbero nuove condizioni che portano necessariamente
alla ribalta il partito marxista-leninista come dirigente della lotta
rivoluzionaria. E ormai, almeno in America, è praticamente impossibile parlare
di movimenti di liberazione diretti dalla borghesia. La rivoluzione cubana ha
polarizzato le forze; di fronte all'alternativa: popolo o imperialismo, le
deboli borghesie nazionali scelgono l'imperialismo e tradiscono definitivamente
il proprio paese. Sfuma, così, quasi completamente, la possibilità che in
questa parte del mondo si verifichi un passaggio pacifico al socialismo.
Se il partito marxista-leninista è capace di prevedere le fasi storiche
successive ed è capace di trasformarsi in bandiera e avanguardia di un popolo
ancor prima di aver liquidato la fase della liberazione nazionale -
nell'ipotesi dei paesi colonizzati - allora quel partito avrà compiuto una
duplice missione storica e potrà affrontare i compiti della costruzione del
socialismo con più forza, con più prestigio tra le masse.
La seconda parte riguarda l'esperienza cubana; esperienza feconda per tutto
quello che ha di nuovo, per tutto quello che ha di vigoroso in quest'epoca di
sviluppo della rivoluzione americana, e anche per la ricchezza di insegnamenti
derivanti dai suoi errori, analizzati e corretti pubblicamente, in contatto con
le masse e di fronte all'opinione pubblica.
Particolarmente importanti sono i discorsi del compagno Fidel che si
riferiscono al PURSC e ai metodi di lavoro impiegati nelle ORI (Organizzazioni
Rivoluzionarie Integrate), discorsi che definiscono due tappe fondamentali del
nostro sviluppo. Nella prima, si ha la franca confessione di un vero
rivoluzionario che è arrivato al culmine della parabola ascendente
dell'evoluzione del suo pensiero e proclama senza dubbi, davanti al mondo, la
sua professione marxista-leninista. Ma lo fa, non come una semplice
affermazione verbale, bensì spiegando i caratteri e i fatti più salienti
dell'evoluzione del dirigente, dell'evoluzione del movimento e del partito
verso la formazione del PURSC.
Analizzando se stesso, il compagno Fidel riconosce la quantità di concezioni
retrograde che l'ambiente gli aveva inculcato; racconta come istintivamente
lottò via via contro queste concezioni e si forgiò nella lotta; ci parla dei suoi
dubbi, ne spiega il perché e come si risolsero.
Nella sua prima fase il Movimento 26 Luglio costituiva qualcosa di
difficilmente definibile; Fidel Castro, l'eroe del Moncada, già prigioniero
dell'Isla de Pinos, addestra un gruppo di volontari che si propongono di
raggiungere le coste della provincia di Oriente, di suscitare l'incendio
rivoluzionario nella provincia e separarla in un primo momento dal resto
dell'isola, o, se le condizioni oggettive lo permettono, di avanzare
irresistibilmente fino alla stessa Avana, in una successione di vittorie più o
meno sanguinose.
La realtà ci colpì duramente: non esistevano tutte le condizioni soggettive
necessarie perché quel disegno si realizzasse, non avevamo seguito tutte le
regole della guerra rivoluzionaria che più tardi avremmo imparato con il nostro
sangue e quello dei nostri fratelli in due anni di dura lotta. Fummo sconfitti,
e proprio allora iniziò la storia più importante del nostro movimento. Allora
si mostrò la sua vera forza, il suo vero merito storico; ci rendemmo conto
degli errori tattici commessi e del fatto che mancavano alcuni fattori
soggettivi essenziali; il popolo aveva coscienza della necessità di un
mutamento radicale, mancava la certezza che questo fosse possibile. Creare
questa possibilità era il nostro compito, e sulla Sierra Maestra inizia il
lungo processo che funge da catalizzatore dell'intero movimento nell'isola, e
che provoca ininterrotti uragani, ininterrotti incendi rivoluzionari in tutto
il territorio.
Si incomincia a dimostrare con i fatti che l'esercito rivoluzionario, con la
fede e l'entusiasmo del popolo correttamente indirizzati, in condizioni
favorevoli per la lotta, può andare aumentando la sua forza mediante un'accorta
condotta delle operazioni e distruggere, un giorno, l'esercito nemico. Questa è
una grande lezione della nostra storia. Prima di conseguire la vittoria, i
rapporti di forze sono via via mutati fino a diventare di gran lunga favorevoli
al movimento rivoluzionario; avevamo creato le condizioni soggettive necessarie
per realizzare il mutamento voluto e provocato la crisi di potere essenziale al
mutamento stesso. Si dà all'America una nuova esperienza rivoluzionaria, si
dimostra che le grandi verità del marxismo-leninismo si realizzano sempre; nel
caso specifico, si dimostra che la missione dei dirigenti e dei partiti è
quella di creare tutte le condizioni necessarie per la presa del potere e non
di trasformarsi in nuovi spettatori dell'ondata rivoluzionaria che sta nascendo
in seno al popolo.
Nello stesso tempo l'esperienza cubana, dimostrando la necessità che i nuclei
armati che difendono la sovranità popolare siano al riparo da sorprese, da
attacchi, dal rischio di essere annientati, indica l'importanza del fatto che
la lotta armata si svolga sul terreno più favorevole alla guerriglia, vale a
dire, nelle zone più accidentate delle regioni rurali. Questo è un altro
contributo della rivoluzione alla nostra lotta per l'emancipazione americana;
dalla campagna si investe la città, con una crescita progressiva, creando il
movimento rivoluzionario che culmina all'Avana.
In un altro passo Fidel ci dice chiaramente: condizione essenziale per il
rivoluzionario è saper interpretare la realtà. Riferendosi allo sciopero
d'aprile, spiega come in quel momento non abbiamo saputo interpretarlo e per
questo subimmo una catastrofe. Perché fu dichiarato lo sciopero d'aprile?
Perché nel seno del movimento esistevano una serie di contraddizioni che noi
chiamiamo: Sierra-Llano, e che si manifestano nell'analisi che ognuna delle due
ali faceva degli elementi considerati fondamentali per decidere la lotta
armata, elementi che erano diametralmente opposti.
La Sierra era decisa a sconfiggere l'esercito quante volte fosse necessario, a
vincerlo battaglia su battaglia, impadronendosi del suo armamento, e arrivare
un giorno alla presa del potere con il suo Esercito Ribelle. Il Llano voleva la
lotta armata generale in tutto il paese, che avrebbe dovuto concludersi con uno
sciopero generale rivoluzionario che cacciasse la dittatura di Batista e
instaurasse il governo dei "civili", trasformando il nuovo esercito
in un esercito "apolitico".
Lo scontro tra queste due tesi era continuo e non garantiva certo l'unità di
comando necessaria in momenti come questo. Lo sciopero d'aprile viene preparato
e dichiarato dal Llano con il consenso della direzione della Sierra, che non si
sente capace di impedirlo sebbene avanzi seri dubbi sul suo risultato, e con le
espresse riserve del Partito socialista popolare, che aveva avvertito a tempo
il pericolo. I comandanti rivoluzionari scendono nel Llano per aiutare lo
sciopero e così Camilo Cienfuegos, il nostro indimenticabile capo
dell'esercito, incomincia a fare le sue prime incursioni nella zona di Bayamo.
Queste contraddizioni hanno una radice più profonda di una divergenza tattica:
l'Esercito Ribelle è ormai ideologicamente proletario e ragiona in termini di
classe diseredata; il Llano continua ad essere piccolo borghese, molto
influenzato dall'ambiente in cui opera e con futuri traditori nella sua direzione.
Si trattava di una lotta minore per il controllo interno nel quadro della
grande lotta rivoluzionaria per il potere. I recenti avvenimenti d'Algeria si
spiegano chiaramente per analogia con la rivoluzione cubana: l'ala
rivoluzionaria non si lascia scalzare dal potere e lotta conquistandolo
integralmente, l'esercito di liberazione è il genuino rappresentante della
rivoluzione che trionfa.
Gli scontri si succedono periodicamente e si raggiunge l'unità del comando
(però non ancora accettata da tutti) solo quando Fidel viene nominato primo
ministro, alcuni mesi dopo la vittoria della rivoluzione. Fino a quel momento,
che cosa avevamo fatto? Ci eravamo guadagnati, come direbbe Fidel, il diritto
di cominciare. Avevamo solamente portato a termine una fase il cui fine era
stato la lotta a morte contro il sistema a Cuba, personificato nel dittatore
Batista, ma il fatto stesso di seguire coerentemente una linea rivoluzionaria
tendente a migliorare lo stato della nostra società e a liberarla il più
possibile da tutte le pastoie economiche, ci portava per forza ad una lotta
frontale con l'imperialismo.
L'imperialismo è stato un fattore molto importante per lo sviluppo e
l'approfondimento della nostra ideologia; ogni colpo che ci infliggeva esigeva
una risposta; ogni volta che gli yankees, con la loro abituale superbia,
reagivano prendendo qualche misura contro Cuba, noi dovevamo prendere la
contromisura necessaria, e in questo modo la rivoluzione diveniva sempre più
consapevole.
Il Partito socialista popolare entrava a far parte di questo fronte e i
compagni di vecchia milizia rivoluzionaria, insieme ai compagni che arrivavano
al potere dalla lotta sulla Sierra, iniziavano un'opera di fusione. Già allora
Fidel ci metteva in guardia contro certi pericoli di settarismo, criticando chi
sbandierava sotto il naso degli altri i suoi quindici o vent'anni di milizia
rivoluzionaria e il settarismo delle barbe della Sierra o del combattente della
città.
Nel periodo della lotta armata, c'era un gruppo di compagni che cercavano di
difendere il movimento dall'apparente caudillismo
del compagno Fidel e commisero l'errore che si ripeterà poi nella fase
del settarismo, di vedere nei grandi meriti del dirigente, nei grandi meriti
del leader della rivoluzione e nelle sue innegabili doti di comando, un
individuo la cui unica preoccupazione era quella di assicurarsi l'appoggio
incondizionato dei suoi e di instaurare un sistema di caudillismo. Fu una lotta impostata su falsi princìpi portata
avanti da un gruppo di compagni, lotta che non finì neppure il I° gennaio o
quando Fidel assunse la carica di primo ministro, bensì molto dopo, quando
l'ala destra del 26 Luglio venne frantumata. Così caddero, perché si opponevano
alla volontà popolare, Urrutia, Miró Cardona, Ray, Hubert Matos, David
Salvador, e tanti altri traditori.
Dopo la vittoria completa contro l'ala destra, sorge la necessità di
strutturare un partito: il PURSC, espressione del marxismo-leninismo nella
nuova condizione di Cuba. Questo partito doveva essere un organismo legato alle
masse, formato da quadri rigorosamente scelti, dotato di una organizzazione
centralizzata e al tempo stesso elastica, e, per fare tutto questo, confidavamo
ciecamente nell'autorità guadagnata in molti anni di lotta dal Partito
socialista popolare, rinunciando quasi completamente ai nostri criteri
organizzativi. In questo modo si creò poco a poco una serie di condizioni tali
che maturò il frutto del settarismo.
Nella fase della strutturazione del partito, il compagno Anibal Escalante era
preposto all'organizzazione: iniziava allora una fase nera, sebbene per fortuna
molto breve, del nostro sviluppo. Si errava nei metodi di direzione; il partito
perdeva il suo carattere essenziale ossia il legame con le masse, abbandonava
la prassi del centralismo democratico, perdeva lo spirito di sacrificio.
Ricorrendo a volte a veri giochi di prestigio, si assegnavano incarichi
dirigenti a persone senza esperienza e senza meriti, per il solo fatto che si
erano adeguate alla situazione imperante.
Le ORI perdono la loro funzione di motore ideologico - e, attraverso questa
funzione, quella di controllo di tutto l'apparato produttivo - e finiscono per
diventare un apparato amministrativo; in queste condizioni, la funzione dei
compagni, che dovevano venire dalle province per esporre i problemi che colà
esistevano, si perdeva completamente, perché quelli che dovevano sindacare il
lavoro dei funzionari amministrativi erano precisamente i dirigenti della
cellula che assolvevano la duplice funzione di partito e di pubblica
amministrazione.
Il periodo dei concetti errati, degli errori madornali e delle trasposizioni
meccaniche è fortunatamente finito; le vecchie basi su cui si fondava questo
parto abnorme del settarismo sono crollate.
Di fronte alle critiche, la decisione della direzione nazionale presieduta da
Fidel fu di tornare alle masse, di ricorrere alle masse, e in questo modo si
istituì il sistema di consultazione di tutti i centri di lavoro per l'elezione
degli operai esemplari da parte della massa e la possibilità di essere scelti
per integrare le cellule del partito, di un partito intimamente unito alle
masse.
Uno dei cambiamenti operati nel partito riguarda la riforma del sistema di
educazione, per cui si premiano con essa, non come in passato, gli amici, gli
"illustri" i "dottori del marxismo"', bensì i migliori
lavoratori, gli uomini che con il loro atteggiamento di fronte alla
rivoluzione, con il loro lavoro giornaliero, il loro entusiasmo e spirito di
sacrificio, hanno dimostrato di possedere le superiori doti di membro del
partito dirigente.
Con questo spirito sono stati cambiati tutti i criteri direttivi ed inizia una
nuova epoca di rinvigorimento del partito e dei suoi metodi, Si apre di fronte
a noi un ampio e luminoso cammino di costruzione socialista, che il partito ha
il compito di guidare. Azione di guida che non sarà quella degli ordini
meccanici e burocratici, quella del controllo stretto e settario, quella del
far fare, quella del consiglio che si deve seguire in quanto espressione
verbale e non perché costituisce un esempio vivo, quella del privilegio delle
idee o della storia passata.
Il partito del futuro sarà intimamente legato alle masse, e assorbirà da essa
le grandi idee che poi si plasmeranno in direttive concrete; un partito che applicherà
rigidamente la propria disciplina secondo le regole del centralismo democratico
e, nello stesso tempo, un partito in cui esistano sempre la discussione, la
critica e l'autocritica aperte, per migliorare continuamente il lavoro. Sarà in
questa fase un partito di quadri, degli uomini migliori, e questi ultimi
dovranno adempiere al loro compito dinamico di stare a contatto col popolo, di
trasmettere le esperienze alle sfere superiori, di trasmettere alle masse le
direttive concrete e mettersi in cammino alla testa di esse. Primi nello
studio, primi nel lavoro, primi nell'entusiasmo rivoluzionario, primi nel
sacrificio; in ogni momento i quadri del nostro partito debbono essere più
buoni, più puri, più umani di tutti gli altri.
Perché bisogna ricordare sempre che il marxismo non è una macchina automatica e
fanatica, diretta, come un siluro, mediante autocomandi verso un obiettivo
determinato. Di questo problema si occupa espressamente Fidel in uno dei suoi
interventi: «Chi ha detto che il marxismo è rinuncia ai sentimenti umani, al
cameratismo, all'amore per il compagno, al rispetto per il compagno, alla
considerazione per il compagno? Chi ha detto che il marxismo è non avere anima,
non avere sentimenti? Se fu proprio l'amore per l'uomo che generò il marxismo;
fu l'amore per l'uomo, per l'umanità, fu il desiderio di combattere
l'infelicità del proletariato, il desiderio di combattere la miseria,
l'ingiustizia. il calvario e il continuo sfruttamento subìto dal proletariato,
che fa sorgere dalla mente di Karl Marx il marxismo, esattamente quando il
marxismo poteva sorgere, quando poteva sorgere una possibilità reale e, più che
una possibilità reale, la necessità storica della rivoluzione sociale di cui fu
interprete Karl Marx. Ma che cosa lo fece essere interprete, se non la
ricchezza di sentimenti umani di uomini come lui, come Engels, come Lenin?»
Queste affermazioni di Fidel sono fondamentali per il militante del nuovo
partito; ricordatele sempre, compagni, scolpitele nella memoria come la vostra
arma più efficace contro tutte le deviazioni. Il marxista deve essere il
migliore, il più retto, il più completo degli esseri umani, ma sempre, al di
sopra di tutto, un essere umano; un militante di un partito che vive e vibra a
contatto con le masse; una guida che plasma in direttive concrete i desideri a
volte oscuri delle masse; un lavoratore instancabile, che dà tutto al suo
popolo, un lavoratore che con abnegazione pone al servizio della rivoluzione le
sue ore di riposo, la sua tranquillità personale, la sua famiglia o la sua
vita, ma che non si estrania mai dal calore del contatto umano.
In campo internazionale il nostro partito avrà doveri importantissimi: siamo il
primo paese socialista d'America, un esempio da seguire per altri paesi,
un'esperienza viva per essere recepita dagli altri paesi fratelli,
un'esperienza vivente e in continua evoluzione, che mostra alla comprensione
pubblica tutti i suoi successi e i suoi errori. In questo modo il suo esempio è
soprattutto un insegnamento e non aspira ad essere innalzato solamente di
fronte a chi ha fatto professione di fede marxista-leninista, ma di fronte alle
masse popolari d'America.
La Seconda Dichiarazione dell'Avana è una guida per il proletariato, i
contadini e gli intellettuali rivoluzionari d'America; il nostro stesso
comportamento sarà una guida permanente. Dobbiamo esser degni del ruolo che
abbiamo, dobbiamo lavorare ogni giorno pensando alla nostra America, e
rafforzare sempre più le basi del nostro stato, la sua organizzazione economica
e il suo sviluppo politico, per potere, attraverso i nostri progressi,
convincere sempre di più i popoli d'America della possibilità pratica di
iniziare il cammino dello sviluppo socialista nella attuale fase dei rapporti
di forze intenzionali.
Tutto ciò, senza scordarci che la nostra capacità emotiva di fronte agli abusi
degli aggressori e alle sofferenze dei popoli non può limitarsi ai confini
della sola America, e neppure all'America e ai paesi socialisti messi insieme;
dobbiamo praticare il vero internazionalismo proletario, sentire come un'offesa
personale qualsiasi aggressione, qualsiasi offesa, qualsiasi azione che vada
contro la dignità dell'uomo, contro la sua felicità in qualsiasi parte del
mondo.
Noi, militanti di un partito nuovo, in una nuova regione libera del mondo e in
una condizione nuova, dobbiamo tenere sempre alta la stessa bandiera di dignità
umana che alzò il nostro Martí, guida di molte generazioni, presente oggi con
la sua freschezza di sempre nella realtà di Cuba: «ogni uomo vero deve sentire
sulla propria guancia lo schiaffo dato sulla guancia di qualsiasi uomo».(1)
(1) È una citazione di José Martí, ripresa in più casi dal Che.
Testo tratto dal libro "La costruzione del partito nel pensiero del
Che"