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- materiali resistenti in linea - iper-classici - 19-11-11 - n. 386
da Karl Marx - Friedrich Engels, Opere Complete, vol. 11, pag 486-491, Editori Riuniti, Roma, 1982
Trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Karl Marx
Un governo decrepito - Prospettive del ministero di coalizione, ecc.
New-York Daily Tribune, n. 3677, 28 gennaio 1853
Londra, martedì, 11 gennaio 1853
«Stiamo per entrare nel millennio politico, in un'epoca in cui lo spirito di partito è destinato a sparire dalla terra e in cui soltanto genio, esperienza, industriosità e patriottismo daranno diritto ai pubblici uffici. Abbiamo un ministero che sembra dover esigere l'approvazione e l'appoggio degli uomini di ogni tendenza. I suoi principi esigono il consenso e l'appoggio universali.»
Con queste parole il «Times» nella prima ebbrezza del suo entusiasmo ha salutato il governo Aberdeen. Dal tenore di queste parole si potrebbe esser indotti a immaginare che, a partire da oggi, l'Inghilterra sarà privilegiata dallo spettacolo di un ministero composto unicamente da uomini nuovi, giovani e promettenti, e il mondo sarà certamente non poco stupito quando avrà appreso che la nuova èra nella storia della Gran Bretagna sta per esser inaugurata nientedimeno che da logori e decrepiti ottuagenari: Aberdeen, d'ottantanni; Lansdowne, con un piede ormai nella tomba; Palmerston e Russell, che vi si avvicinano a gran passi; Graham, il burocrate che ha partecipato quasi a ogni governo a partire dalla fine del secolo scorso; altri membri del gabinetto, doppiamente morti per età e usura e solo richiamati in vita artificialmente; in complesso, una mezza dozzina di centenari: questi i fondi di magazzino che, con una semplice operazione di addizione, il nuovo regno millenario sembra esser stato costruito dallo scrittore del «Times».
Ci viene promesso, in questo millennio, la scomparsa totale delle lotte tra i partiti, anzi, la scomparsa degli stessi partiti. Che cosa vuoi dire il «Times»? Poiché alcuni settori dell'aristocrazia hanno goduto fino ai nostri giorni del privilegio di presentarsi come partiti nazionali o parlamentari e ora sono giunti alla conclusione che la farsa non può continuare all'infinito, poiché, sulla base di questa convinzione e in virtù delle dure esperienze fatte recentemente, queste cricche aristocratiche oggi intendono rinunciare alle loro scaramucce e unirsi in una massa compatta in difesa dei loro privilegi comuni, dovrà per questo, da questo momento, cessare l'esistenza di tutti i partiti? O non è piuttosto proprio l'esistenza di una tale «coalizione» l'indicazione più esplicita che è giunto il momento in cui le classi fondamentali della società moderna, la borghesa industriale e la classe operaia, divenute adulte e solo in parte mal rappresentate, si accingono a rivendicare per sé la posizione di unici partiti politici della nazione?
I tories sotto il governo di Lord Derby hanno una volta per tutte rinnegato la loro vecchia dottrina protezionista e si sono dichiarati liberoscambisti. Il conte di Derby, annunciando le dimissioni del suo gabinetto ha detto:
«Io, Mylords (1), ricordo e forse anche voi ricorderete che il nobile conte» (Aberdeen) «ha, in più di un'occasione, dichiarato in quest'aula che, eccettuata la questione del libero scambio, non esisteva nessun'altraquestione in cui ci fosse differenza alcuna tra lui e l'attuale governo».
Lord Aberdeen, nel confermare questa dichiarazione, si spinge ancor più lontano:
«Ero pronto a unirmi al nobile conte» (Derby) «per resistere alle sopraffazioni della democrazia, ma non mi riusciva di vedere dove fosse questa democrazia».
Da entrambe le parti ci si assicura che non esiste più alcuna differenza tra peeliti e tories. Ma questo non è tutto. In materia di politica estera, Lord Aberdeen osserva:
«Per trentanni, benché ci siano state differenze nell'attuazione, il principio che informa la politica estera del paese è rimasto invariato».
Allora, tutti i contrasti tra Aberdeen e Palmerston dal 1830 al 1850 - quando il primo insisteva sull'alleanza con le potenze settentrionali e il secondo sull'«entente cordiale» (2) con la Francia, quando l'uno era a favore e l'altro contro Luigi Filippo, l'uno era contro e l'altro a favore dell'intervento - tutte le loro divergenze e dispute e persino la recente indignazione comune ad entrambi sul «vergognoso» modo di condurre la politica estera di Lord Malmesbury, tutto questo, si ammette oggi, non sono stati che una farsa bella e buona. E tuttava c'è forse qualcosa nella situazione politica dell'Inghilterra che non abbia subito un cambiamento così radicale come la politica estera? Fino al 1830: alleanza con le potenze settentrionali; a partire dal 1830: unione con la Francia (quadruplice alleanza ); a partire dal 1848: completo isolamento dell'Inghilterra da tutto il continente.
Dopoché Lord Derby ci ha assicurato che non esiste differenza alcuna tra tories e peeliti, Lord Aberdeen si affretta ad assicurarci che non esiste differenza alcuna tra peeliti e whigs, conservatori e liberali. Secondo lui:
«II paese è stanco di distinzioni senza senso e che non 'hanno un influsso reale sulla condotta o sui princìpi degli uomini poltici. Nessun governo è possibile se non un governo conservatore, ed è ugualmente vero che è soltanto possibile un governo liberale».
«Questi termini non avevano un significato ben chiaro. Il paese era stanco di distinzioni senza senso».
Le tre fazioni dell'aristocrazia - tories, peeliti e whigs - concordano dunque che tra loro non esistono tratti distintivi reali. Ma concordano anche su un altro punto. Disraeli ha dichiarato che è sua intenzione attuare il principio del libero scambio, Lord Aberdeen dice:
«II grande obiettivo degli attuali ministri di sua maestà e il grande tratto distintivo del loro governo sarà il mantenimento e l'allargamento prudente del libero scambio. È questa la missione di cui sono stati investiti in modo particolare».
In una parola, tutta l'aristocrazia è d'accordo che si deve governare a beneficio e nell'interesse delle classi medie, ma è decisa a far si che non sia la borghesia a gestire i propri affari; e per questo fine la vecchia oligarchia compie l'ultimo sforzo di mettere insieme tutto quanto dispone in talento, influenza e autorità per costituire un governo che si pone il compito di tener quanto più a lungo possibile la borghesia lontana da ogni forma diretta di governo della nazione. L'aristocrazia coalizzata d'Inghilterra intende applicare nei confronti della borghesia lo stesso principio che Napoleone dichiarava di seguire nei confronti del popolo: «Tout pour le peuple, rien par le peuple» (3). Osserva Ernest Jones nel «People's Paper»:
«Occorre però in qualche modo mascherare d'obiettivo evidente di escludere la borghesia, ed essi» (i ministri) «sperano di farlo affidando poitidi secondo piano e privi di influenza a un coacervo di liberali aristocratici, quali Sir William Molesworth, Bernal Osborne, ecc. Ma non s'illudano che questo liberalismo da bellimbusti di Mayfair (4) possa soddisfare gli austeri uomini della scuola di Manchester. Essi fanno sul serio, senza mezzi termini. Vogliono sterline, scellini, pence, posti e cariche, vogliono che le gigantesche entrate del più grande impero del mondo siano poste, con tutte le sue risorse, a disposizione unicamente dei loro interessi di classe».
Basta infatti dare un'occhiata al «Daily News», all'«Advertiser» e soprattutto al «Manchester Times», organo diretto di Bright, per convincersi che gli uomini della scuola di Manchester, promettendo provvisoriamente il loro appoggio al governo di coalizione, intendono soltanto seguire la stessa politica attuata dai peeliti e dai whigs nei confronti del defunto gabinetto Derby, e cioè offrire ai ministri un'equa possibilità. Quale sia il significato di «equa possibilità», Disraeli ha avuto di recente l'occasione di apprenderlo.
Poiché la sconfitta del gabinetto tory è stata decisa dalla brigata irlandese, il nuovo governo di coalizione ha naturalmente considerato necessario fare passi per assicurarsi in parlamento l'appoggio di quel partito. Il mediatore della brigata, Sadlier, fu presto conquistato con un'alta carica al ministero del tesoro. Keogh si è visto offrire il posto di procuratore generale per l'Irlanda, mentre Monsell è entrato nella direzione dell'artiglieria. «E con questi tre acquisti», scrive il «Morn-ing Herald», «si pensa d'aver conquistato la brigata.» Tuttavia, non mancano le ragioni per dubitare dell'efficacia di questi tre acquisti nell'assicurare l'adesione di tutta la brigata, e nell'irlandese «Freeman's Journal» è dato leggere:
«Questo è il momento critico per i diritti degli affittuari e per la libertà religiosa. Il successo o il fallimento di queste questioni dipende ora non dai ministri ma dai deputati irlandesi II governo Derby è stato rovesciato con diciannove voti. Sarebbero bastati dieci uomini da una parte piuttosto che dall'altra per modificare il risultato. Nell'attuale situazione del partici, i membri irlandesi sono onnipotenti».
A conclusione dell'ultima lettera avevo affermato che, secondo me, non esisteva altra alternativa: o un governo tory o la riforma parlamentare. Interesserà i vostri lettori venir a conoscenza delle opinioni di Lord Aberdeen sullo stesso argomento. Egli dice:
«II miglioramento delle condiziona del popolo non potrebbe escludere (sic!) un cambiamento del sistema rappresentativo; giacché indubbiamente le vicende delle ultime elezioni non sono state tali da entusiasmare tutti».
E, nelle elezioni che seguirono la loro entrata in carica, i colleghi di Lord Aberdeen dichiararono all'unanimità che era necessario procedere a una riforma del sistema rappresentativo; ma in ogni occasione non mancarono di far capire a chi li ascoltava che le riforme devono esser «moderate o razionali, e non fatte precipitosamente, ma con riflessione e con cautela». Di conseguenza, quanto più l'attuale sistema rappresentativo si rivela corrotto e si ammette che è tale, tanto più è auspicabile che non venga cambiato né precipitosamente né radicalmente.
In occasione delle ultime rielezioni dei ministri, si è per la prima volta ricorso a un nuovo artificio, in base al quale gli uomini politici possono salvaguardare in ogni circostanza la propria autonomia, siano dentro o fuori del governo. L'artificio consiste in un'applicazione, finora mai praticata, della «questione aperta». Osborne e Villiers avevano sostenuto in precedenti occasioni lo scrutinio segreto: oggi essi dichiarano lo scrutinio segreto una questione aperta. Molesworth si era impegnato a sostenere la riforma coloniale: questione aperta. Keogh, Sadleir, ecc. si erano impegnati a sostenere i diritti degli affittuari: questione aperta. In una parola, tutti i punti che essi avevano sempre trattato come acquisiti nella loro qualità di membri del parlamento, sono divenuti discutibili a loro stessi in veste di ministri.
Come conclusione, devo riferire un'altra peculiarità, conseguenza della coalizione tra peeliti, whigs, radicali e irlandesi. Tutti i loro uomini più rappresentativi sono stati esclusi dal dicastero per il quale si giudicava avessero qualche talento o capacità per esser assegnati a posti per i quali non sono affatto qualificati. Palmerston, famoso come ministro degli esteri, viene nominato agli interni, dal quale è stato allontanato Russell, che pure era invecchiato in quella carica e che prende la direzione degli affari esteri. Gladstone, l'Escobar del Puseismo, è nominato cancelliere dello scacchiere. Molesworth, che si è guadagnato qualche reputazione per aver imitato o applicato l'assurdo sistema di colonizzazione di Wakefield, viene nominato ministro dei lavori pubblici. A Sir Charles Wood, che come ministro delle finanze godeva del privilegio di lasciarsi sconvolgere da un deficit o da un'eccedenza nel tesoro, viene affidata la direzione del dicastero per gli affari indiani. Monsell, che sa appena distinguere un fucile da un moschetto, diventa segretario della direzione d'artiglieria. L'unico personaggio che ha trovato il posto che gli si confa è Sir James Graham, quello stesso che come primo lord dell'Ammiragliato si è già in precedenti occasioni distinto per aver per primo introdotto il tarlo nella marina britannica.
Karl Marx
Note
1) mei signori
2) «intesa cordiale»
3) «Tuffo per il popolo, nulla a mezzo del popolo»
4) quartiere signorile di Londra.
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