da
Secchia, I comunisti e l'insurrezione, 1943 - 1945, Editori Riuniti, Roma,
1973, pp. 163 - 167
trascrizione e conversione in html a cura del CCDP
Secchia
I garibaldini passano
all'offensiva
Da La Nostra Lotta, giugno 1944, n. 10
La liberazione di Roma e lo sbarco degli alleati in Francia segnano l'inizio
della fase decisiva della guerra. L'ora della fine per il nazifascismo è
suonata.
Alle grandi offensive dell'esercito sovietico e degli eserciti alleati deve
corrispondere l'offensiva audace e impetuosa del popolo italiano.
Con tutta probabilità altre regioni italiane nelle prossime settimane saranno
oggetto di operazioni militari di grande importanza.
È necessario che ogni comunista sia alla testa della lotta. È necessario che
ogni comunista sia pronto a fronteggiare gli sviluppi della situazione. È
necessario che le organizzazioni comuniste sappiano risolvere, anche se
dovessero restare temporaneamente staccate dal centro del partito, i problemi
che il rapido sviluppo di tale situazione pone e porrà.
Un solo obiettivo, deve guidarci: passare all'offensiva per preparare nella
lotta le condizioni dell'insurrezione popolare nazionale.
Ciò vuol dire che noi vogliamo e dobbiamo potenziare al massimo il fronte
partigiano, attivizzarlo; che dobbiamo organizzare il grande sabotaggio
sistematico della produzione, l'interruzione delle linee di comunicazione, la
distruzione dei mezzi di trasporto, dei depositi di armi, di viveri e di
carburanti per il nemico.
Ciò vuol dire che le agitazioni, le dimostrazioni, gli scioperi contro la fame,
contro le deportazioni devono moltiplicarsi e susseguirsi in una ondata
crescente e sempre più potente, devono scoppiare ininterrottamente, devono
assumere un carattere sempre più violento e di massa, devono unificarsi in un
grande movimento generale, fino a sboccare nella insurrezione popolare.
In questo momento ciò che conta è l'azione. Non si tratta solo di redigere e
distribuire dei manifestini, di innalzare delle bandiere, di fare delle
riunioni di propaganda. L'agitazione è utile, è necessaria in quanto serve a
mobilitare il popolo italiano per l'insurrezione; l'agitazione è utile in
quanto serve a portare sempre più larghe masse alla lotta per la liberazione
della nostra patria e per la vittoria.
Oggi ciò che conta è l'azione. È assolutamente necessario che ogni compagno si
renda conto che oggi compito essenziale dei comunisti e dei patrioti è quello
di attaccare con tutti i mezzi il nemico tedesco, di attaccarlo alle spalle, di
interrompere le linee ferroviarie, di rovinare le macchine, di fare deviare i
treni che trasportano truppe e materiale tedesco, di fare ritardare il loro
arrivo. Oggi compito essenziale dei comunisti e dei patrioti è quello di
impedire al nemico nazifascista il trasporto delle sue truppe e delle sue armi,
di distruggere le sue vie di comunicazione, di far saltare i suoi depositi. Si
tratta di sabotare sistematicamente, con ritmo crescente, la produzione del
nemico. Sul nemico nazifascista devono piovere da tutte le parti colpi su
colpi, si che gli sia resa impossibile la vita nel nostro paese.
Questi sono oggi i nostri compiti, se vogliamo affrettare l'ora della
liberazione della nostra patria, l'ora della vittoria. Questi sono i compiti da
discutere e da risolvere in questi giorni nelle nostre cellule, se noi
comunisti vogliamo veramente essere alla testa del popolo italiano in lotta.
No, non possiamo limitarci ad applaudire e a manifestare per la liberazione di
Roma, a gioire per l'apertura del secondo fronte. Oggi non è ancora venuto il
momento delle manifestazioni di giubilo, oggi è l'ora della lotta, l'ora
dell'azione.
Noi dobbiamo facilitare con tutte le nostre forze, con tutti i mezzi le azioni
belliche degli alleati che vengono a liberare il nostro territorio
dall'invasore. È dovere, è compito nostro far tutto quanto sta in noi per
eseguire le disposizioni che gli alleati ci fanno pervenire. Questi sono oggi i
compiti dei comunisti, dei patrioti; e sono veramente «compiti nuovi».
A questi compiti nuovi e che non ammettono indugi, potremo far fronte solo con
lo spirito dei combattenti, con l'entusiasmo rivoluzionario. È necessario che i
compagni tutti, da quelli di base ai responsabili, la rompano col lavoro routinier tradizionale, burocratico di
ogni giorno. È necessario che ognuno di noi senta che c'è qualcosa di nuovo nel
mondo, che stanno battendo le ore decisive.
Roma liberata, il secondo fronte realizzato, devono significare una svolta
anche nel nostro lavoro, devono significare anche per noi l'impiego di tutte le
nostre energie.
Non si può continuare nel tran-tran di ogni giorno, degli appuntamenti
quotidiani, della solita riunione settimanale della cellula, della discussione
sindacale, della distribuzione del giornale, della raccolta delle quote, delle
chiacchierate coi compagni di lavoro, delle otto ore di fabbrica per ogni
giorno dal lunedì al sabato, una settimana dopo l'altra. Come se nulla di nuovo
vi fosse sotto il sole. No, lavorare con questo spirito significa lavorare con
metodo attendista, anche se si è contro l'attendismo, significa non fare oggi
nulla di diverso da quello che si faceva ieri, significa «attendere» che
arrivino gli alleati a liberarci, significa abbandonarsi alla spontaneità,
aspettare che le cose vadano da sé.
Oggi è dovere supremo dei comunisti e dei patrioti, abbandonare la fabbrica,
l'ufficio, i campi, per imbracciare un fucile contro l'invasore tedesco. Oggi è
dovere dei comunisti e degli italiani studiare e organizzare l'interruzione
delle linee ferroviarie e di comunicazione del nemico, impedire, ostacolare,
ritardare i suoi trasporti di armi e di truppe. Oggi è dovere di ogni comunista
e di ogni italiano, organizzare e attuare nelle fabbriche, nei cantieri, negli
uffici il sabotaggio alla produzione per il nemico.
Ogni giorno, ogni ora, in ogni fabbrica, in ogni villaggio, in ogni rione di
città, in ogni via di comunicazione bisogna fare qualcosa che danneggi il nemico
nazifascista.
Oggi è dovere di ogni comunista lavorare con lo spirito che anima il
combattente rivoluzionario, che dà tutto se stesso completamente, senza limiti,
per il raggiungimento del suo obiettivo.
Al di sopra delle preoccupazioni familiari, al di sopra degli interessi di
lavoro, al di sopra delle esigenze personali, oggi vi deve essere la lotta per
la vittoria, la lotta per distruggere al più presto il nazifascismo.
Non tutti possono partire per il fronte, ma tutto il territorio nazionale lo dobbiamo
considerare un grande fronte. Ogni comunista deve sentire la necessità del
lavoro che svolge, qualunque sia il lavoro che il partito gli ha affidato, deve
sentirlo necessario per contribuire a battere il nemico. Noi dobbiamo lavorare
con lo stesso entusiasmo, con lo stesso spirito di sacrificio, con lo stesso
disprezzo del pericolo, con la piena dedizione di noi stessi, con l'impiego di
tutte le nostre energie come se fossimo al fronte.
Se vi sono compagni che oggi dormono otto ore al giorno, dormono troppo; se vi
sono compagni che nella fabbrica lavorano puntualmente, alacremente, otto ore
al giorno, accanto alla loro macchina, che lavorano e producono «bene» per la
produzione di guerra, questi compagni non sono dei comunisti, non fanno oggi il
loro dovere; se vi sono dei compagni che trovano oggi troppo tempo per
riposarsi e per divertirsi, questi non sono dei soldati, non sono dei
combattenti.
Non sono dei combattenti quei compagni che lavorano in modo tale come se oggi
fosse ieri; che trascorrono la loro vita come se fossimo in tempo di «pace», e
non alla vigilia dell'insurrezione popolare nazionale; che trascorrono la
giornata all'officina, la sera in famiglia, quattro chiacchiere al caffè con
gli amici e poi a letto con la moglie.
Oggi, supremo dovere per un comunista, per un italiano, è quello di essere un
combattente sul fronte e dietro il fronte, davanti e alle spalle del nemico,
sui monti e nelle città, in trincea e nella fabbrica.
È assolutamente necessario che ogni giorno, alla fine della giornata, ogni
compagno possa non solo costatare che ha lavorato altre otto ore per
guadagnarsi il pane ed arricchire i suoi sfruttatori, ma possa dire: «Oggi ho
fatto qualcosa per distruggere il nazifascismo, per conquistare la libertà.
Oggi ho dato un colpo al mio mortale nemico».
Lavorare, dunque, alacremente, con entusiasmo, febbrilmente, senza ritardi
burocratici.
Avere soprattutto presenti i compiti ai quali oggi dobbiamo far fronte. È
compito dei nostri organismi ridurre al minimo nell'attuale situazione la
burocrazia, i sistemi di lavoro con scartafacci, archivi, collezioni di
documenti.
Abituarsi a lavorare rapidamente e a risolvere prontamente i problemi, a non
perdersi in lunghe discussioni. Non è l'ora delle grandi discussioni, dei
convegni, dei congressi. Arrivare tempestivamente al momento giusto con un
manifestino, un appello, una direttiva, anche redatti rapidamente, val meglio
che arrivare in ritardo, con un documento ben stilato nella forma. Fare
deragliare un treno di uomini e di materiale tedesco questa sera, vale più che
passare la notte per fare dei grandiosi progetti, dei piani fantastici da
realizzare non si sa in quale domani.
Specialmente i compagni più qualificati devono cercare di essere sempre pronti
come lo è il combattente prima dell'attacco. Devono cercare di scaricarsi di
tutti i legami che sono per loro un peso e un ostacolo alla loro azione. Devono
organizzare il loro lavoro in modo da non essere legati al loro posto da
esigenze tecniche e organizzative. Devono essere in grado di potersi
allontanare da un momento all'altro dalla loro città, di portarsi rapidamente
da una località all'altra, dove la loro opera è necessaria, devono essere in
grado di poter passare prontamente dal lavoro politico al lavoro militare, dal
lavoro di agitazione e propaganda a quello di comandante di un distaccamento, o
viceversa, secondo le circostanze.
Solo lavorando con spirito veramente pratico e rivoluzionario, solo con la
dedizione di tutte le nostre forze, di tutte le nostre energie fisiche e
morali, noi potremo assolvere al nostro compito di oggi, noi potremo sostenere
l'offensiva, noi potremo dirigere l'insurrezione nazionale.