da: Chi
sono i comunisti. Partito e masse nella vita nazionale, 1948-1970, a cura e con
prefazione di Ambrogio Donini, Mazzotta Editore, Milano 1977, pp. 240-252
trascrizione e conversione in html a cura del CCDP
Secchia
Celebrazione
del 48° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre
Trieste, 7 novembre 1965
Cittadini,
compagne e compagni, lavoratori di Trieste, noi salutiamo ogni anno, con la più
grande gioia nel cuore, la Rivoluzione d'Ottobre del 1917, quest'avvenimento
che segna la più grande vittoria nella storia dell'umanità non soltanto per i
lavoratori dei paesi socialisti, ma per i lavoratori di tutti i paesi, per i
proletari di tutto il mondo.
Sì, la vittoria
della Rivoluzione russa è stata per i lavoratori, per gli sfruttati, per gli
oppressi la più grande vittoria di tutti i tempi nella storia dell'umanità
perché spezzò la dominazione mondiale del grande capitale, diede vita al primo
Stato degli operai, dei contadini, dei lavoratori, assestò un colpo formidabile
al potere dell'imperialismo e del capitalismo.
Da quel momento
la geniale teoria di Marx cessò di essere soltanto un'aspirazione, una
speranza, un sogno per diventare vivente, operante realtà nel mondo. La grande
Rivoluzione socialista d'Ottobre spezzando nel 1917 un primo anello della
catena imperialista diede un immenso contributo allo sviluppo del movimento
socialista in tutti i paesi capitalisti e alla liberazione dei popoli coloniali
e semicoloniali. Fece fare un prodigioso balzo in avanti a tutto il movimento
operaio internazionale, non soltanto alla sua organizzazione, alla sua unità,
ma anche allo sviluppo della sua coscienza di classe e socialista.
Non vi è nessun
altro avvenimento nella storia che abbia avuto sul corso dello sviluppo sociale
e sul destino di tutti i popoli del mondo una così immensa influenza come
quella esercitata dalla Rivoluzione d'Ottobre.
Prima che
esistesse l'Unione Sovietica non vi era nessuno Stato per il quale milioni di
uomini di ogni paese del mondo, in ogni angolo della terra, senza distinzione
di nazionalità, di lingua, di razza, di religione, sentissero un attaccamento
come lo si sente per una cosa propria, si sentissero legati nella loro sorte,
nelle loro speranze, nel loro avvenire, alla vita eall'avvenire di quel
paese.
Prima della
Rivoluzione socialista d'Ottobre vi erano state sì altre rivoluzioni nel mondo,
ma nessuna poteva avere la stessa enorme influenza che ha avuto la Rivoluzione
d'Ottobre perché tutte le altre rivoluzioni sostituivano un potere oppressivo
con un altro potere oppressivo, non liberavano l'umanità dallo sfruttamento e
dalla schiavitù, anche se costituivano un progresso al confronto dei periodi
precedenti. In seguito alla rivoluzione borghese, per esempio, il capitalismo
trionfò sul regime feudale, conquistò una posizione dominante nella società;
impose il suo sistema economico; spezzò le barriere chiuse del regime feudale,
diede vita ai grandi Stati nazionali. Ma il regime capitalista non fece altro
che sostituire una forma di sfruttamento ormai superata, a un'altra forma di
sfruttamento. I lavoratori, gli uomini semplici continuarono a essere sfruttati
e oppressi.
Uno dei più
grandi, se non il più grande risultato della rivoluzione socialista è stato
quello di provare a tutto il mondo che il socialismo non è un'utopia, non è un
sogno, non è una illusione.
La rivoluzione
e la vittoria nella costruzione del socialismo, sia pure tra mille difficoltà,
ostacoli ed errori, la vittoria del socialismo in Russia prima e in seguito in
altri paesi, dalla grande Cina al più piccolo paese socialista, dimostrò con i
fatti che i lavoratori possono fare a meno degli sfruttatori, sono capaci di
produrre, di costruire egualmente, di andare avanti e di progredire.
Immensa è stata
la ripercussione internazionale della Rivoluzione d'Ottobre nei paesi
capitalisti. Se lo scoppio della Prima guerra mondiale segnava il crollo della
Seconda Internazionale e la bancarotta della socialdemocrazia, la vittoria
della Rivoluzione d'Ottobre segnava il sorgere di una nuova Internazionale, di
una nuova unità del movimento operaio, segnava il sorgere dei partiti
comunisti. Dev'essere detto, specialmente ai giovani, che prima della
Rivoluzione d'Ottobre non esisteva al mondo nessun partito comunista, nessun
partito veramente indipendente, autonomo della classe operaia.
Non c'è dubbio
che la generazione degli operai e dei lavoratori di quell'epoca fu, in tutti i
paesi e in Italia forse più ancora che in altri, decisamente influenzata dalla
Rivoluzione d'Ottobre. Lo stesso nostro partito, il Partito comunista italiano,
come d'altronde gli altri partiti comunisti, non sarebbe sorto o sarebbe sorto
attraverso difficoltà assai maggiori e non sarebbe ciò che oggi è nella vita
nazionale del nostro paese senza la Rivoluzione d'Ottobre.
Il nostro è un
partito italiano perché, risultato delle lotte, delle esperienze e delle
tradizioni del proletariato italiano, è il partito costruito dai migliori
combattenti della classe operaia italiana, affonda le sue radici in tutti gli
strati del nostro popolo e nel più vivo della realtà italiana, ma commetteremmo
un grave errore se tacessimo che questo nostro partito è pure il risultato
delle esperienze e delle lotte del proletariato internazionale. La spinta
decisiva alla formazione del pensiero di Gramsci e di Togliatti, degli uomini che
furono i fondatori del nostro partito, venne da Lenin e dalla Rivoluzione
d'Ottobre. Gramsci fu il primo, ha scritto Togliatti, che in Italia comprese il
valore internazionale degli insegnamenti di Lenin, il valore internazionale
della Rivoluzione socialista d'Ottobre.
Noi siamo
nemici di ogni posizione attesista; siamo avversari di coloro i quali
sostengono che la nostra liberazione non può che venire dall'esterno o per la
forza di avvenimenti internazionali. Queste posizioni le respingiamo come le
posizioni di chi non ha fiducia nelle proprie forze e nella capacità di lotta
della classe operaia e dei lavoratori italiani; queste posizioni vanno respinte
come le posizioni della sfiducia e della rinuncia alla lotta.
Dobbiamo però
sempre considerare la realtà quale essa è. Nessun paese vive isolato nel mondo.
La realtà della vita e gli avvenimenti economici e politici si sviluppano come
il risultato di lotte e contraddizioni non soltanto nazionali, ma di lotte e
contraddizioni internazionali che s'intrecciano, si fondono e confondono e
danno un risultato complessivo.
Prendiamo come
esempio una qualsiasi lotta, un qualsiasi avvenimento anche di un paese lontano
da noi, ciò che accade, per esempio, nel Vietnam, a Cuba o in Indocina,
possiamo noi dire che quella lotta, quell'avvenimento non abbia influenza sulla
situazione e sulla marcia degli avvenimenti in Europa? La stessa lotta per la
pace, per la coesistenza, contro le aggressioni imperialiste è una lotta
internazionale. Sarebbe impossibile anche soltanto comprendere la situazione
italiana, la politica, per esempio, del cosiddetto governo di centro-sinistra
al di fuori degli avvenimenti, dei rapporti e degli sviluppi internazionali, al
di fuori dei rapporti con altri Stati.
La Rivoluzione
russa è stata quella che ha esercitato la maggiore influenza nel mondo, è stata
la più grande, la più entusiasmante, ma anche la più difficile, la più dura
delle esperienze, il suo cammino irto di ostacoli, di asprezze, di dolori e di
errori. Lenin d'altronde lo aveva previsto.
Non poteva non
essere così perché la rivoluzione aveva vinto in un grande paese arretrato,
semifeudale, isolato, soltanto in parte industrializzato. Perché facciamo delle
sciocchezze? si chiedeva Lenin e rispondeva:
«In primo luogo
perché siamo un paese arretrato; in secondo luogo perché la istruzione nel
nostro paese è minima; in terzo luogo perché non riceviamo nessun aiuto. Non
c'è un paese civile che ci aiuti. Al contrario, tutti lavorano contro di noi.
In quarto luogo per colpa del nostro apparato statale. Abbiamo ereditato il
vecchio apparato statale, e questa è la nostra disgrazia.»
La
rivoluzione più preziosa
È stata dunque
la rivoluzione la più difficile, non è stato facile costruire il socialismo,
nell'Unione Sovietica, ma è stata la rivoluzione più preziosa, quella che ha
dato un immenso contributo a tutti i movimenti rivoluzionari e socialisti
del mondo. Se l'Unione Sovietica non avesse saputo o potuto far valere contro
tutto e contro tutti le proprie insopprimibili ragioni di vita e di sviluppo,
le popolazioni lavoratrici del mondo non avrebbero forse conosciuto per una
lunga serie di generazioni altra disciplina che non fosse la schiavitù e la
vergogna, altra civiltà e altra democrazia che non fosse quella del fascismo.
Durante i lunghi anni in cui maturò la bancarotta della socialdemocrazia,
mentre la Repubblica di Weimar naufragava nel nazismo, quella di Madrid nella
reazione fascista di Franco, quando il laburismo inglese si prosternava
all'imperialismo e negli anni della dittatura fascista Churchill veniva a Roma
a inchinarsi a Mussolini; negli anni in cui i dirigenti del partito operaio
belga con alla testa i signori De Man, Spaak e soci impegnavano la Seconda
Internazionale nella più spudorata esperienza collaborazionista e colonialista,
quando in Francia il Partito socialista sotto la guida di Leon Blum, dopo aver
abbandonato la Spagna e i repubblicani spagnoli nelle mani degli aggressori,
gettavano nella catastrofe il Fronte popolare, allora l'Unione Sovietica,
l'Internazionale comunista, i partiti comunisti, nel momento in cui lanciavano
l'appello all'unità e sviluppavano una larga politica unitaria per battere il
fascismo, non cessarono mai dal condannare i patteggiamenti vergognosi, la
collaborazione, la complicità col nemico, non cessarono mai di condannare tutta
quella politica che portò alla capitolazione di Monaco e lasciò mano
libera agli aggressori nazisti.
Che cosa
sarebbe oggi l'Europa senza la forza e l'intervento dell'Unione Sovietica nella
Seconda guerra mondiale? Terminata la Seconda guerra mondiale abbiamo avuto la
Rivoluzione cinese che ha trionfato dopo una lunga guerra civile in un immenso
paese semicoloniale e semifeudale. Vi è stata la conquista del potere da parte
degli operai, dei contadini, dei lavoratori in una serie di paesi d'Europa. Si
tratta di paesi di ineguale sviluppo e di struttura diversa, dalla Polonia alla
Cecoslovacchia, alla Romania, all'Ungheria e a tutti gli altri, dove sono stati
instaurati dei regimi diretti dalla classe operaia e dai lavoratori, dei regimi
di democrazia popolare dove si costruisce il socialismo.
Ciò è stato
possibile, si osserva, in condizioni particolari, con l'aiuto dell'Unione
Sovietica, per la presenza in quei paesi e l'aiuto dell'Armata rossa nel corso
della Seconda guerra mondiale. Ma a chi fa quest'osservazione occorre dire
subito che quella guerra l'Unione Sovietica e l'Armata rossa non l'avevano né
voluta, né provocata. Ed era naturale che l'Armata rossa e l'Unione Sovietica
in quei paesi ove vennero a trovarsi dessero un aiuto alla vittoria delle forze
popolari, delle forze del lavoro. E l'aiuto lo hanno dato anche dopo e
continuano a darlo oggi.
Vi è stata nel dopoguerra l'esperienza rivoluzionaria iugoslava e dopo quella
altre esperienze dal Vietnam all'Algeria, a Cuba ecc. Ognuna di quelle
rivoluzioni con le proprie caratteristiche e particolarità non ripetibili, non
applicabili altrove nelle stesse forme, ma ognuna di esse ci offre degli
insegnamenti generali che restano. Ognuna di quelle esperienze ci dice qualche cosa,
da ognuna di esse il movimento operaio e socialista internazionale ha qualche
cosa di importante da ricavare.
La Rivoluzione
russa per prima, poi la Rivoluzione cinese e le altre rivoluzioni socialiste,
come d'altronde il movimento comunista internazionale, rimangono il fatto
dominante dell'epoca nostra. Non soltanto la Rivoluzione socialista d'Ottobre
ha dato una spinta decisiva a tutti gli altri movimenti rivoluzionari, a tutto
lo sviluppo del movimento operaio e socialista sia nei paesi capitalisticamente
sviluppati, sia ai movimenti rivoluzionari dei paesi coloniali e semicoloniali;
non soltanto la Rivoluzione russa, l'Unione Sovietica ha dato e da il suo
appoggio, il suo aiuto e la sua attiva solidarietà agli altri paesi socialisti,
alle altre rivoluzioni, ma ciò non è un fatto del passato. È una funzione alla
quale assolve anche oggi. Vi sono stati degli errori anche in queste forme di
aiuto, di rapporti e di collaborazione, lo sappiamo; ma gli errori che vi sono
o possono esserci stati non devono fare dimenticare a nessuno che senza
quell'aiuto e quella collaborazione difficilmente le altre rivoluzioni
avrebbero potuto vincere, resistere, difficilmente i lavoratori in altri paesi
sarebbero riusciti a mantenersi al potere.
L'Unione
Sovietica ha esercitato una grande funzione non soltanto in passato, ma la
esercita anche oggi. L'esistenza stessa di un sistema economico che funziona in
altro modo, con tutte le conseguenze che ciò comporta sul mercato mondiale, ha
modificato e modifica notevolmente la strategia delle classi dominanti. Non
possiamo non chiederci quale sarebbe oggi la strategia di queste classi
dominanti se non esistesse un mondo socialista, così com'è lecito chiedersi se
i gruppi dirigenti dei paesi imperialisti avrebbero accettato la rivoluzione in
Indocina, nel Vietnam, in India, in Algeria, a Cuba, altrove se non fosse
esistita prima l'Unione Sovietica e poi con l'Unione Sovietica la Cina
popolare, gli altri paesi socialisti e il movimento operaio e comunista
internazionale.
E anche quando
noi sottolineiamo le nostre esperienze, la nuova strada aperta all'Italia, la
via italiana al socialismo aperta dalla Resistenza, non possiamo dimenticare
che quella nostra Resistenza ha potuto svilupparsi con successo perché sui
campi di battaglia d'Italia e di tutta l'Europa eserciti possenti, quelli
sovietici alla testa, erano impegnati in una lotta gigantesca contro il
fascismo e contro le armate naziste.
La lotta per
la pace e per l'indipendenza dei popoli
Due parole su
quella che è la situazione internazionale, la cui gravità non può certo essere
sottovalutata da alcuno. In questi ultimi tempi abbiamo avuto ed è ancora in
corso la feroce aggressione al Vietnam, la più grave di tutte, ma non è la
sola; abbiamo avuto i ripetuti tentativi di aggressione a Cuba, abbiamo avuto
S. Domingo, i gravi avvenimenti in Indonesia, il colpo di Stato in Brasile e
tutta una serie di altri gravi fatti che stanno a testimoniare come gli
imperialisti statunitensi conducano una politica aggressiva non solo nel Vietnam,
ma in tutta l'Asia, nell'America latina, in Africa e in Europa, paesi che sono
divenuti campi di penetrazione e oggetto di conquista per il capitale e i
monopoli americani.
Il revanscismo,
il militarismo tedesco gode di ogni sorta di appoggio degli Stati Uniti. In
seno al Patto atlantico è sempre più evidente l'alleanza tedesco-americana.
Gli imperialisti americani fanno di tutto per dare alla Germania di Bonn le
armi atomiche e nucleari. Tutti questi gravi fatti indicano chiaramente che nel
mondo si è creata una situazione nuova della quale dobbiamo saper cogliere gli
elementi essenziali, caratteristici, e ciò per essere in grado di meglio
condurre la nostra lotta. Sono accaduti gravi fatti che stanno a indicare come
determinate forze imperialiste si oppongano con la violenza all'avanzata
democratica delle forze popolari e progressive nel mondo.
Come restare
indifferenti di fronte a ciò che negli ultimi tempi è accaduto nel mondo, di
fronte alle più vili e sanguinose aggressioni dell'imperialismo americano ai
danni del Vietnam e di altri popoli? Tanto più quando non si tratta di casi
isolati, ma di una catena di aggressioni, di un metodo, di un sistema, che
prova la proterva volontà dell'imperialismo ad affermare con la violenza e col
terrore il Suo predominio nel mondo, la sua volontà di voler conservare a ogni
costo lo statu quo per cui i popoli che ancora lottano per la conquista
dell'indipendenza e della libertà dovrebbero essere condannati per sempre alla
servitù, alla fame, alla vergogna.
Il sistema coloniale
è stato battuto, spazzato via dalla lotta rivoluzionaria dei popoli, ma
non vi è dubbio che gli imperialisti non vogliono rassegnarsi alla nuova
situazione nel mondo, alla spinta alla libertà eall'indipendenza che
sale in ogni paese, che conquista tutti i continenti, non vogliono rassegnarsi
e non hanno rinunciato a esportare la controrivoluzione, né a cercare di
ristabilire il loro dominio con i vecchi e i nuovi sistemi di colonialismo e di
schiavitù.
E necessario
che tutti gli uomini amanti della pace si uniscano per bloccare l'aggressore,
per salvare la pace finché si è in tempo. Non si può aspettare a lottare contro
le aggressioni, non si può aspettare a lottare contro la guerra sino a quando
le bombe ci cadranno sulla testa. Non si può rinviare la lotta per la pace, la
lotta contro la guerra sino al giorno in cui essa fosse scatenata perché allora
per molte regioni del mondo e per le popolazioni impegnarsi in questa lotta
sarebbe troppo tardi.
Queste cose
erano, sono solennemente affermate in un documento approvato esattamente 5 anni
fa, di questi giorni, in una grande conferenza che riunì a Mosca (il 7 novembre
1960) 81 partiti comunisti. Vogliamo vedere che cosa si diceva in quel
documento?
«Gli
imperialisti degli Stati Uniti lavorano attivamente per creare un focolaio di
guerra anche in Estremo Oriente. In combutta con i circoli dirigenti reazionari
giapponesi, calpestando l'indipendenza nazionale di quel popolo e la sua
volontà, essi hanno imposto al Giappone un nuovo trattato militare, che
persegue scopi aggressivi diretti contro l'Unione Sovietica, la Repubblica
popolare cinese e altri Stati amanti della pace. Gli aggressori americani hanno
occupato l'isola di Formosa appartenente alla Repubblica popolare cinese e la
Corea del Sud. Essi si inseriscono sempre più negli affari del Vietnam
meridionale. Hanno fatto di questi paesi focolai di provocazioni militari e di
pericolose avventure. Minacciando di aggressione Cuba, inserendosi negli affari
dei popoli dell'America latina, dell'Africa e del Vicino Oriente, gli
imperialisti americani cercano di suscitare nuovi focolai di guerra in varie
parti del mondo. Gli imperialisti americani utilizzano forme di unioni
regionali come, per esempio, l'Organizzazione degli Stati americani, per
continuare a esercitare il loro controllo economico e politico e per
coinvolgere i paesi dell'America latina nella realizzazione dei loro piani
aggressivi. L'imperialismo americano ha creato un enorme apparato militare e
non vuole permetterne la smobilitazione.
«Nella Germania
occidentale è risorto il militarismo; si accelera la ricostituzione
dell'esercito regolare di massa sotto il comando dei generali hitleriani;
questo esercito viene dotato dagli imperialisti americani di armi
atomico-missilistiche e di altri modernissimi mezzi di sterminio.
«L'imperialismo
americano ha coinvolto molti paesi in blocchi militari (NATO, CENTO, SEATO e
altri), ha avviluppato il cosiddetto "mondo libero " e cioè i paesi
capitalisti dipendenti dall'imperialismo americano, nella rete delle proprie
basi militari, puntate prima di tutto contro i paesi socialisti. L'esistenza di
questi blocchi e basi militari costituisce una minaccia alla pace generale e
alla sicurezza; non solo calpesta la sovranità, ma minaccia l'esistenza stessa
degli Stati che concedono i loro territori per installarvi basi militari
americane. »
Si potrebbe
continuare nella lettura di questo interessante documento, ma non è necessario.
Ho voluto richiamare quelle parole perché mi sembra importante sottolineare
come quell'analisi della situazione si è dimostrata giusta, è stata confermata
pienamente dai fatti. Non mi sembra sia senza importanza in un momento in cui
in Italia e nel mondo è abbastanza grande il disorientamento, la confusione,
nel momento in cui i vari Pietro Nenni continuano a seminare sfiducia e a
battere la grancassa del fallimento del comunismo, non mi sembra sia senza
importanza dimostrare, documenti alla mano, come la capacità di analisi e di
previsione di questo nostro tanto calunniato movimento comunista ancora una
volta si sia dimostrata giusta, la più giusta e la più valida. Cinque anni or
sono, in quell'analisi, i partiti comunisti prevedevano come l'imperialismo
americano avrebbe acceso nuovi focolai di guerra nell'Estremo Oriente,
nell'America latina, avrebbe messo in pericolo la pace nella stessa Europa.
Tutto questo si è esattamente verificato.
Tutte queste
Cassandre che ci vorrebbero insegnare la strada non ci stavano forse cinque
anni or sono facendo l'esaltazione del miracolo economico, del neocapitalismo,
delle nuove strade dell'imperialismo americano, della sua nuova politica basata
sulla comprensione, sulla ragionevolezza, su un nuovo indirizzo democratico e
pacifico? È vero, abbiamo avuto l'intermezzo di Kennedy, ma abbiamo visto tutti
in qual modo lo hanno fatto tacere.
La Conferenza
degli 81 partiti comunisti nel novembre I960 non si era limitata a indicare
qual era la politica degli Stati Uniti, ea quali pericoli si andava
incontro, ma aveva anche indicato i mezzi per farvi fronte.
«Nella lotta per
scongiurare una nuova guerra», diceva la Risoluzione, «la storia ha assegnato
una particolare responsabilità alla classe operaia internazionale. È giunto il
momento in cui è possibile stroncare i tentativi degli aggressori imperialisti
di scatenare la guerra mondiale. Con gli sforzi congiunti del campo socialista
mondiale, della classe operaia internazionale, del movimento di liberazione
nazionale di tutti i paesi che si battono contro la guerra e di tutte le forze
amanti della pace, la guerra mondiale può essere scongiurata. Spetta alla
classe operaia di tutto il mondo», diceva la Risoluzione degli 81 partiti
comunisti, «consolidare le proprie file per salvare l'umanità dalla catastrofe
di una nuova guerra. Nessuna divergenza su problemi politici, religiosi o di
altra natura deve impedire la coesione di tutte le forze della classe operaia
contro il pericolo di guerra. È giunta l'ora di contrapporre alle forze della
guerra la ferma volontà e la volontà d'azione di tutti i reparti e di tutte le
correnti del proletariato internazionale, di unire tutte le sue forze per
scongiurare la guerra e per mantenere la pace.»
Sono trascorsi
da allora esattamente cinque anni e non credo possiamo essere soddisfatti né
del grado di sviluppo delle lotte contro il pericolo di guerra, e neppure -
dobbiamo guardare chiaramente di fronte la realtà - del grado di sviluppo
dell'unità del movimento operaio e del movimento comunista internazionale.
Solidarietà
col Vietnam
L'Unione
Sovietica e i paesi socialisti hanno dimostrato con i fatti la loro concreta
solidarietà verso il Vietnam e verso tutti i popoli che lottano per la loro
indipendenza, non hanno mai concepito e non concepiscono la coesistenza come lo
statu quo. Anche noi naturalmente non concepiamo, anche i partiti
comunisti dei paesi capitalisti non concepiscono la coesistenza come lo statu
quo, e riconosciamo legittimo il diritto di ogni popolo a lottare per la
sua indipendenza e a decidere liberamente delle sue sorti. Tuttavia non
possiamo non sentire forte la necessità di operare con maggiore slancio, con
più forte energia, con tutto il nostro impegno sia per rafforzare la lotta per
la pace e in difesa dei popoli aggrediti dall'imperialismo, sia per rafforzare
l'unità del movimento comunista e operaio internazionale. Ledue
questioni vanno di pari passo poiché la necessità di un maggior impegno e di
maggiori successi nella lotta per la pace esige un rafforzamento dell'unità del
movimento comunista e operaio internazionale. Se questa unità si indebolisce i
gruppi più aggressivi dell'imperialismo ne approfittano e se ne avvantaggiano.
Di fronte
all'accentuata aggressività dei gruppi imperialisti e in particolare
dell'imperialismo americano, c'è chi si chiede se è ancora valida
l'impostazione strategica della politica della coesistenza pacifica.
Senza dubbio,
rispondiamo, l'impostazione strategica della coesistenza pacifica è sempre
valida, purché la nostra azione sia adeguata alla situazione nuova che si è
venuta creando nel mondo e alla quale male si adattano vecchi schemi. La
politica della coesistenza pacifica come qualsiasi altra politica è una lotta,
si urta, si scontra con altre forze che non la vogliono e non la accettano. Si
tratta di lottare per riuscire a farla trionfare, ma poiché non ci siamo
soltanto noi a lottare ma c'è anche il nemico, lo sviluppo degli avvenimenti
non è sempre quello che desidereremmo. Anche la politica della coesistenza ha
«subito», come dicono le tesi dell'XI Congresso del nostro partito, «una netta
battuta d'arresto». La politica della coesistenza s'è scontrata e si scontra
con difficoltà e ostacoli, con i colpi del nemico che non possiamo né ignorare,
né sottovalutare.
Il solo modo
per sviluppare e portare avanti con successo la politica della coesistenza
pacifica, di rafforzare la lotta per la pace è proprio quello di tener conto
delle aggressioni in corso, delle possibilità che ve ne siano altre in futuro,
è quello di tener conto delle esperienze che scaturiscono dalle lotte condotte
in questi anni, delle debolezze che si sono manifestate nel condurre queste
lotte, delle debolezze che si sono manifestate anche nel movimento comunista,
nel movimento operaio e nel movimento antimperialista e nella sua unità.
Dobbiamo tenerne conto e operare efficacemente per superarle se vogliamo bloccare
l'aggressività dell'imperialismo americano.
Per sviluppare
con forza e in modo conseguente la politica della coesistenza, la lotta per la
pace non possiamo chiudere gli occhi davanti ai pericoli di guerra, davanti
alle aggressioni imperialiste e dobbiamo preparare adeguatamente il partito, la
classe operaia, i lavoratori, li dobbiamo preparare politicamente e
ideologicamente a sempre possibili brusche svolte della situazione. Dobbiamo
anche in Italia accentuare la lotta per la pace, per la indipendenza del nostro
paese contro la soggezione economica, politica e militare all'imperialismo
statunitense. Nel momento in cui i pericoli di guerra aumentano devono essere
accentuate la nostra azione e le nostre iniziative affinché il popolo italiano
si liberi dalle basi militari straniere e dal grave peso delle basi atomiche
per il pericolo che esse rappresentano, per le spese militari che comportano e
per la minaccia permanente alla nostra sovranità nazionale, alla libertà del
popolo italiano.
E devono essere
altresì portate avanti tutte le iniziative atte a rafforzare l'unità del
movimento comunista e operaio internazionale.
Per l'unità del movimento comunista e operaio internazionale
L'unità del
movimento comunista e operaio internazionale è oggi più difficile da realizzare
che non in passato per la complessità della situazione, per la diversità delle
condizioni in cui operano i partiti operai e comunisti, i movimenti
rivoluzionari e gli stessi paesi socialisti nel mondo.
Nel mondo sono
in corso lotte molteplici che impegnano contemporaneamente forze diverse e
toccano interessi diversi. Voglio accennare soltanto a due di queste lotte,
ambedue fondamentali. Lotte di principio, come è detto nel progetto di tesi per
il nostro XI Congresso: la grande lotta fondamentale per la pace, per la
coesistenza pacifica e la lotta pur essa fondamentale che i popoli oppressi
conducono per la loro indipendenza, per la loro libertà.
Queste due
grandi battaglie si svolgono contemporaneamente in un mondo pieno di
contraddizioni (in un mondo dove la lotta e la contraddizione principale è tra
socialismo e imperialismo). Orbene ambedue queste lotte, quella per la pace e
quella per l'indipendenza dei popoli, devono esser portate avanti con successo,
posson sembrare in un certo senso contraddirtene; nello stesso tempo sono
pienamente solidali, devono essere articolate e coordinate fra di loro. Le due
lotte, quella per la pace e quella per l'indipendenza dei popoli, sono
strettamente legate tra di loro. Non vi può essere pace se non c'è coesistenza
e amicizia tra i popoli e non vi può essere coesistenza pacifica se non è
riconosciuto e garantito a ogni popolo il diritto alla sua libertà, alla sua
indipendenza, il diritto di decidere liberamente delle sue sorti.
Quando noi
affermiamo che non devono essere esportate né la controrivoluzione, né la
rivoluzione non intendiamo minimamente misconoscere o sottovalutare il diritto
di ogni popolo alla sua indipendenza, a decidere liberamente delle sue sorti,
né sottovalutiamo la grande importanza e la necessità della piena e attiva
solidarietà da parte del proletariato internazionale, del movimento socialista
mondiale con i popoli aggrediti dall'imperialismo.
Non è sempre
facile e semplice coordinare le lotte per la liberazione e l'indipendenza dei popoli
con le lotte per la pace, le lotte dei movimenti di liberazione con le lotte
del movimento operaio occidentale e quelle dei paesi socialisti, ma tuttavia
questo è il compito della classe operaia, questo è il compito nostro, dei
comunisti. Riuscire a opporre all'imperialismo una efficace e coordinata
strategia unitaria, questo è il contributo di effettiva e reale solidarietà che
noi possiamo dare al Vietnam e ai popoli che lottano per difendere la loro
indipendenza, la loro libertà.
Nessuna
occasione dobbiamo lasciarci sfuggire e tutte le iniziative dobbiamo appoggiare
che abbiano lo scopo di rafforzare l'unità e la solidarietà del movimento
comunista e operaio internazionale. Non basta certo fare delle conferenze per
risolvere i problemi, può darsi che in certi momenti potrebbe anzi essere
dannoso tenere delle conferenze, ma non possiamo essere per principio contrari
alle conferenze dei partiti comunisti. E in questo momento ognuno sente più che
mai la necessità che i rappresentanti dei partiti comunisti, dei movimenti
operai, rivoluzionari e antimperialisti si incontrino non per dibattere
questioni controverse, ma per discutere sui problemi concreti della lotta
contro le aggressioni imperialiste, per coordinare comuni azioni di
solidarietà, comuni iniziative di solidarietà internazionale a favore del
Vietnam e dei popoli che ancora oggi si battono per la loro indipendenza, a
favore dei paesi che ancora oggi sono oppressi, come la Spagna e il Portogallo,
dalla dittatura fascista.
La lotta per la
pace è senza dubbio una questione di principio, ma sono per noi altresì
questioni di principio il diritto dei popoli alla loro libertà e indipendenza,
e l'internazionalismo proletario, la concreta attiva solidarietà con i popoli
aggrediti dall'imperialismo o oppressi dal fascismo.
Quanto sta
avvenendo in questi giorni in Indonesia, per esempio, non riguarda soltanto il
popolo indonesiano e il suo eroico Partito comunista, ma interessa direttamente
e riguarda tutti i popoli, tutti coloro che nel mondo lottano contro
l'imperialismo, lottano per la pace, lottano per il socialismo. Questi sono
insegnamenti essenziali e sempre vivi del leninismo.
È vero che c'è
chi vorrebbe mettere il leninismo in soffitta o sminuirne la portata parlando
dei princìpi del leninismo come princìpi scaturiti da «analisi condizionate
dalle particolarità dello Stato zarista russo».
Il leninismo
come teoria della rivoluzione si presenta sempre vivo nella piena validità del
suo contenuto e nel suo slancio ideale contro le deformazioni e contro tutti i
revisionismi. Non si tratta di restare legati alla lettera del marxismo e del
leninismo, ma di restare fedeli alla sostanza di questa dottrina che come
nessun'altra ha esercitato e esercita una enorme influenza culturale, politica,
liberatrice presso tutti i popoli del mondo.
«Invano», ha
scritto Togliatti, «si sono sforzati di diminuire la grandezza di Lenin i
pigmei della nostrana filosofia, affrettatisi a scoprire due decine di anni
dopo il trionfo della Rivoluzione d'Ottobre, che questa rivoluzione e la
rinascita di venti popoli e l'edificazione di una società nuova che le tennero
dietro non sono altro che episodi della storia della Russia. Acutissima
scoperta veramente degna dei profeti dello "storicismo assoluto"!
Anche la grande Rivoluzione francese fu un episodio della storia della Francia;
ma figlia di un movimento di pensiero e di uno scatenamento di forze reali che
sconvolsero dal fondo alla cima la vecchia società feudale, essa fu generatrice
per tutta l'Europa e per il mondo intero di un nuovo ordinamento sociale e
politico, punto di partenza di nuove correnti ideali e pratiche, faro di una
nuova civiltà. È vano negare al pensiero e all'opera di Lenin questo stesso
carattere che la storia ha sancito, che i popoli comprendono, che la classe operaia
afferma, e in Russia e fuori della Russia, con tutto il suo orientamento
attuale.
La grandezza di
Lenin è la grandezza stessa del marxismo, di cui egli fu il seguace più
ortodosso, ma che egli seppe rinnovare e sviluppare da un lato liberandolo dalle
incrostazioni pedantesche del riformismo che ne soffocavano l'anima
rivoluzionaria e facendolo progredire, dall'altro lato, con l'analisi esatta
dei caratteri della nuova tappa imperialistica del regime capitalista, con la
elaborazione e applicazione conseguente della dottrina della rivoluzione
proletaria e della costruzione e attività del partito cui spetta dirigerla.
«Il marxismo di
Lenin è il marxismo vero, vivente, capace di penetrare la realtà del mondo
moderno in tutti i suoi aspetti, di comprenderla, di adeguare a essa tutta
l'azione delle classi lavoratrici e dei popoli.
«Non si può dire
marxista oggi, chi non si dice nello stesso tempo leninista. «Due cose Lenin
aveva tra l'altro preveduto nella sua profonda analisi del mondo moderno. La
prima è che lo sviluppo dell'imperialismo era necessariamente legato
all'affermarsi nei paesi imperialistici di movimenti di esasperata e barbara
reazione, quali sono stati l'hitlerismo in Germania e il fascismo tra di
noi. L'altra è che nel processo storico della rivoluzione socialista avrebbero
trovato il loro posto non soltanto dei rivolgimenti democratici, ma delle
guerre di liberazione nazionale dirette contro la reazione imperialistica.»
È alla luce
della dottrina del marxismo edel leninismo che il socialismo da utopia
è diventato realtà e che i lavoratori hanno, in modo e condizioni diverse,
conquistato il potere in una serie di paesi.
Non si tratta,
ripeto, di restare fedeli a dei dogmi, ma di restare noi stessi, di restar
fedeli contro tutte le pressioni che vengono dal di fuori, che vengono dal
nemico di classe, di restare fedeli non alla lettera, ma ai principi
fondamentali del marxismo e del leninismo che sono i princìpi della lotta per
il socialismo, quella lotta e quei principi che hanno dato a intere generazioni
di operai, di lavoratori, una passione rivoluzionaria, un dinamismo, un
coraggio, che hanno maturato una coscienza socialista in milioni e milioni di
lavoratori di ogni paese. È nel nome di questi princìpi, alla luce di queste
esperienze che noi ci impegniamo a operare con slancio per portare al partito
molti nuovi aderenti, per conquistare nuovi giovani combattenti per il trionfo
della grande causa dei lavoratori edel socialismo in Italia.
Le generazioni
anziane o vecchie come si usa dire non hanno risolto tutti i problemi. Hanno
fatto, abbiamo fatto quello che fummo capaci di fare nella situazione data, non
senza debolezze, non senza lacune, non senza errori. Ma qualche cosa è stato
fatto anche nel nostro paese, siamo andati avanti. C'è senza dubbio ancora
molto da fare. C'è tutta una società da rinnovare. È al socialismo che
vogliamo, che dobbiamo arrivare. Con la Resistenza e la lotta di liberazione
abbiamo sconfitto il fascismo. Oggi le giovani generazioni si trovano a operare
in un'Italia dove non esiste più il fascismo, dove non esiste più il regime
della dittatura totalitaria e del terrorismo. Ma del fascismo permangono ancora
le radici, restano i gruppi monopolistici che dominano nel nostro paese, resta
il regime del grande capitale. Molto ci rimane da fare per andare avanti, per
eliminare tutto ciò che dev'essere eliminato, per fare trionfare nel nostro
paese la giustizia, la libertà, il benessere, in una parola per realizzare il
socialismo in Italia.
Questo è il
compito delle generazioni di oggi, questo è il compito di tutti noi. Per
questo, per lottare per questi obiettivi, per rovesciare l'attuale governo di
centro-sinistra, che fa soltanto gli interessi dei grandi monopoli, per
sviluppare una larga politica di unità tra i lavoratori socialisti, comunisti,
cattolici, di ogni corrente e senza partito, per creare le condizioni del
sorgere di una nuova maggioranza nel nostro paese, per attuare finalmente
quelle riforme fondamentali, quel rinnovamento della nostra società, per cui da
tempo lottiamo, abbiamo bisogno di portare al partito molti lavoratori, giovani
e anziani, affinché dedichino al partito, alla classe operaia, alla causa del
socialismo tutte le loro fresche energie. Abbiamo bisogno di maggiori forze, di
maggiori energie non soltanto per salutare come entusiasticamente salutiamo
l'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, ma per lottare affinché il
socialismo possa trionfare anche in Italia.
Evviva la
Rivoluzione socialista d'Ottobre! Evviva il Partito comunista italiano!