Michelino - Trollio: Operai carne da macello
17. La lotta contro l’INAIL e l’INPS
In Italia l’amianto è stato messo fuori legge nel 1992, con la legge 257, che negli anni seguenti è stata più o meno modificata, fino a renderla quasi lettera morta nel 2004, con la finanziaria del governo Berlusconi.
Questa legge prevede dei “benefici” pensionistici per i lavoratori che sono stati esposti all’amianto, assegnando alcuni anni di contributi aggiuntivi a seconda degli anni di esposizione. In realtà si è trattato di una grande, tragica, beffa per coloro che ne facevano domanda, essenzialmente per due ragioni.
La prima di queste è che il lavoratore deve dimostrare di essere stato esposto ad una percentuale (che è stata via via aumentata) di amianto.
È facile capire che alcun lavoratore non ha mai disposto di un “misuratore” e che, nei casi in cui - come alla Breda di Sesto S. Giovanni - qualche organo sanitario come lo SMAL (Servizio di Medicina Preventiva del Lavoro) ha potuto fare misurazioni sui luoghi di lavoro, tali visite avvenivano dopo comunicazione alle direzioni aziendali che, nell’occasione, facevano pulire i reparti e, in molti casi, spegnere anche le macchine più inquinanti.
Tutto questo nonostante ormai la medicina ufficiale affermi che basta una sola fibra di amianto per poter contrarre il cancro.
La seconda di queste ragioni è che le complesse procedure per accedere a tali “benefici” richiedono che i lavoratori ottengano, dal loro datore di lavoro, la dichiarazione che sono stati esposti al pericoloso materiale. Come chiedere al ladro di certificare che ha rubato!
Fin dall’uscita di questa legge, prima in fabbrica poi - chiusa ormai la Breda - nel nostro Comitato, ci eravamo attrezzati per far conoscere a tutti il dispositivo della legge e preparare le domande di riconoscimento. Ne preparammo circa 200, che inviammo all’organo competente, l’INAIL di Sesto S.Giovanni. Cominciò così un’altra estenuante battaglia.
Dopo aver chiesto per mesi – inutilmente - un incontro con l’INAIL, per verificare lo stato di avanzamento delle malattie professionali ed avere una risposta in merito alle domande da noi inoltrate, il Comitato decise di agire!
Il 6 ottobre del 2000, durante lo sciopero per la sicurezza sul lavoro indetto da Cgil-Cisl-Uil, invece di fare la solita “passeggiata” per Milano con i sindacati confederali, diamo appuntamento a tutti i nostri associati (occupati in varie fabbriche, luoghi di lavoro, e pensionati) sotto la sede regionale dell’INAIL, a Porta Volta… e la occupiamo.
Una delegazione sale ai piani alti invadendo l’ufficio del Direttore, mentre il resto dei manifestanti rimane schierato davanti all’ingresso principale, con un lungo striscione “PER RICORDARE I 44 LAVORATORI DELLA BREDA MORTI PER AMIANTO”. Fra lo spavento dei funzionari e l’incredulità degli impiegati, dopo circa mezz’ora il direttore generale acconsente a riceverci.
Due giorni dopo il Comitato fu convocato dall’INAIL di Sesto San Giovanni e ricevuto da ben 10 funzionari, tra cui il direttore ed il vicedirettore, ottenendo di formalizzare un tavolo di trattativa, che si allargò successivamente ai comitati di lavoratori di tutte le fabbriche di Sesto.
Il primo problema che ponemmo al tavolo di trattativa, fu quello del riconoscimento delle malattie professionali. Decine di operai soffrivano di malattie professionali ma, nonostante queste fossero state accertate dalla Clinica del lavoro, l’INAIL si rifiutava di riconoscerle, costringendo i malati a interminabili trafile burocratiche, visite su visite, accertamenti... senza mai venire a capo di nulla.
Riuscimmo a far riaprire il caso di Giancarlo Mangione, operaio della Breda morto di mesotelioma della pleure (il mesotelioma della pleura e l’asbestosi sono le uniche affezioni riconosciute dall’INAIL come certamente derivanti dall’esposizione professionale all’amianto). Dopo 4 anni dalla sua morte, finalmente l’ente riconosceva alla vedova Mangione la pensione, ma continuava ad opporsi al riconoscimento di malattia professionale di altri lavoratori affetti da asbestosi e da tumori.
Particolarmente vergognoso è stato l’atteggiamento assunto verso gli operai, ormai in pensione, Antonio Viglioglia e Salvatore Riggi che, nonostante fossero stati riconosciuti malati di asbestosi dalla Clinica del Lavoro di Milano non verranno mai riconosciuti come tali dall’INAIL.
Significativo è anche il caso di Francesco Vino: ammalato di asbestosi, dopo anni di ricorsi, domande, scartoffie, visite, l’INAIL gli riconosce 5 punti di invalidità, che equivalgono a… zero lire.
Quando ci accorgemmo che queste trattative inconcludenti servivano solo a farci perdere tempo organizzammo manifestazioni e presidi davanti all’INAIL di Sesto iniziando una campagna contro questo ente.
Affollatissima fu la manifestazione organizzata con i lavoratori dell’ex area Breda di viale Sarca e dell’ex Ercole Marelli. Durante la manifestazione distribuimmo il volantino che segue.
L’INAIL con i padroni?
“Ogni giorno dobbiamo lottare sui posti di lavoro per difendere la nostra salute. Oggi protestiamo contro l’Inail, perché da troppo tempo si schiera contro di noi. Noi lavoratori delle fabbriche di Sesto San Giovanni siamo stati esposti per anni all’amianto. Decine di nostri compagni sono già morti per mesotelioma pleurico e altri tumori provocati dall’amianto. Un’indagine sui lavoratori ha riscontrato un’altissima percentuale di malattie causate dall’amianto. E nei prossimi anni è prevista una recrudescenza del fenomeno… L’Inail ci prende in giro… Nonostante tutte le prove e le testimonianze documentali, l’Inail, si sta comportando peggio di una compagnia di assicurazione d’auto. Per ridurre le spese, ci tratta alla stregua di “carrozzerie”: contesta i danni che abbiamo subito e così facendo, nasconde le responsabilità dei padroni che ce li ha provocati. Vergognoso è il caso dei lavoratori per i quali la Clinica del Lavoro di Milano ha avanzato la richiesta di malattia professionale per amianto. Mentre da tutta Italia vengono inviati lavoratori a questo istituto, ritenuto il più competente in materia, l’Inail ne ha contestato i risultati costringendo i lavoratori a ulteriori esami presso altri istituti clinici. Mentre la legge sui lavori usuranti è caduta nel dimenticatoio, siamo costretti a subire anche l’affronto di non essere riconosciuti neppure come lavoratori usurati.
L’esempio degli operai Breda, organizzati nel Comitato, divenne un modello di organizzazione autonoma e indipendente, seguito anche da altri lavoratori delle fabbriche sestesi. Poco tempo dopo anche gli ex operai Falck, organizzati nel “Comitato ex operai Falck contro l’amianto” scesero in piazza contro l’INAIL e l’INPS avviando contemporaneamente a noi cause legali.
Sì, cause legali, perché avevamo deciso di batterci anche sul fronte della “giustizia” civile. Dal 27 al 30 dicembre del 2002, basandosi sui racconti dei lavoratori e sui documenti dell’A.S.L. (i famosi, e mai ascoltati, rapporti dello SMAL sulle ispezioni in fabbrica), Daniela, Luigi e Michele festeggiano il capodanno preparando la documentazione per le prime 33 cause contro l’INAIL e l’INPS.
Successivamente gli avvocati del Comitato Nicola Coccìa e Claudio Frugoni depositeranno le cause alla Procura di Monza e Milano, dando il via ai primi processi civili che, mentre scriviamo, sono ancora in corso.
Il 18 marzo 2002, partecipando ad un convegno sulla “Tutela dei lavoratori ex esposti all’amianto”, promosso dall’associazione ALSOLE e dal gruppo Consigliare Ds Regione Lombardia nell’auditorium del Consiglio regionale, Giuseppe Gobbo, intervenendo a nome del Comitato, accusava: “… Ho sentito un po’ tutti gli interventi, alcuni belli, altri meno belli…. Mi rivolgo in particolare al dott. Vaccarella, direttore generale dell’INAIL. Mi pare di aver capito che lui dica che le 100 fibre/litro possono anche andare bene, mentre per me non contano nulla perché ne basta una (per causare il mesotelioma). I frutti che questa legge ha dato in 10 anni non sono il 50% dei richiedenti riconosciuti, come ha detto lui; questa legge ha dato solo una mano ai partiti politici di sinistra, di centro e di destra – sono coinvolti tutti – e ai sindacati, è servita a far chiudere alcune aziende. Si, perché questa legge è stata usata per i prepensionamenti, addirittura da alcune aziende che non centrano nulla con l’amianto. ….
Noi abbiamo una causa in atto… abbiamo l’8% di operai con le placche pleuriche, riscontrate dalle visite fatte alla Clinica del Lavoro: l’INAIL non li vuole riconoscere perché dice che le placche pleuriche non sono un inizio del tumore… anche se comunque dimostrano che uno ha lavorato con l’amianto. Siccome la legge non è molto chiara, bisogna prenderne atto e dire ai signori in parlamento oggi che deve essere chiarita, perché è ambigua… perché in alcuni casi è servita solo a far chiudere alcune aziende. Inoltre – alcuni politici senz’altro lo sanno – basta andare in Valle Imagna, a Sant’Omobono, guardare giù per vedere una cava di amianto ancora in funzione”.
Come se non bastasse l’atteggiamento filo padronale e antioperaio dell’INAIL e dell’INPS, il 29 settembre 2003 il Consiglio dei Ministri del governo Berlusconi, approva un decreto legge intitolato ”Benefici previdenziali ai lavoratori esposti all’amianto” nel quale, con l’art. 47, vanifica la legge 257 approvata nel ’92. Raschiando il fondo del barile, il governo vuole fare soldi anche sulla pelle dei lavoratori esposti all’amianto.
Il nuovo decreto, poi diventato legge, modifica la precedente legge su tre punti fondamentali:
1° - i 6 mesi (coefficiente 1,5) di benefici previdenziali finora riconosciuti ogni anno a chi è stato esposto all’amianto più di 10 anni vengono ridotti a tre (coefficiente 1,25);
2° - per riconoscere l’avvenuta esposizione all’amianto bisogna poter dimostrare che nell’ambiente in cui si lavorava c’era “una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno”. Chi sarà mai in grado di farlo? Questo significa annullare il diritto di tutti i turnisti che, se anche avessero tutti i requisiti, per il solo fatto di usufruire della pausa mensa di mezz’ora vengono esclusi;
3° - a chi - miracolosamente - dovesse riuscire a dimostrare quanto sopra, i pochi mesi riconosciuti non serviranno più per andare in pensione un po’ prima, ma semplicemente per ottenere una “rivalutazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche”: tradotto, questo significa che chi avrà la fortuna di arrivare alla pensione prenderà semplicemente qualche euro in più di pensione.
Dopo la bastonata generale, il governo da anche ai dipendenti pubblici il contentino!
Dal 2 ottobre 2003, le nuove norme riguardanti gli aspetti previdenziali, sono state estese anche ai lavoratori iscritti ad altri enti diversi da INPS e INAIL. Questo non certo per bontà del governo, ma perché una sentenza della Corte Costituzionale (la N°. 127 del 2002) ha costretto il governo a recepirla.
Intanto, i 60 mila lavoratori già riconosciuti dall’INAIL come esposti al rischio amianto non possono più presentare domande di prepensionamento all’INPS. Il loro diritto, già riconosciuto, viene annullato.
Contro questa legge in tutta Italia, da Taranto, a Genova, a Sesto San Giovanni, dal nord al sud, i lavoratori organizzano scioperi e manifestazioni di protesta, e ancora una volta, la lotta paga.
Il 24 dicembre 2003 viene approvato un emendamento (legge 350, art. 3, comma 132) che dice testualmente:
“In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali… sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al precedente periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall’INAIL”.
Per capire le dimensioni del problema riportiamo alcuni numeri.
Secondo i dati forniti dall’INAIL, la situazione delle pratiche dei lavoratori ex esposti all’amianto in tutta Italia al 31 ottobre 2004 era la seguente:
. domande presentate n. 254.703
. lavoratori ai quali è stata riconosciuta l’esposizione n. 121.674
. di cui:
riconosciute per oltre 10 anni n. 97.096
per meno di 10 anni n. 24.578
. domande respinte n. 87.302
. domande in corso d’esame n. 45.727
. cause legali in corso (al 3 luglio2003) n. 13.200
Questi numeri indicano che oltre la metà delle domande inoltrate dai lavoratori per il riconoscimento dei benefici previdenziali sono state respinte o non sono ancora state esaminate; indicano anche che ad un quinto dei lavoratori riconosciuti come ex esposti si negano i benefici previsti perché lo sono stati per meno di 10 anni.
Anche se non esiste ancora un vero registro nazionale dei mesoteliomi in tutte la regioni, secondo i dati INAIL emerge come negli ultimi anni è in costante crescita il numero dei casi di tumori da amianto (mesotelioma pleurico, pericardio e peritoneale, carcinoma polmonare) riconosciuti dall’INAIL, mentre resta sostanzialmente stabile il numero dei casi degli stessi tumori denunciati all’INAIL.
Tumori da amianto denunciati all’INAIL
Anno 1999: n. 374
Anno 2000: n. 431
Anno 2001: n. 588
Anno 2002: n. 587
Anno 2003: N. 484
La Lombardia, con le sue 1.600 aziende che hanno utilizzato e lavorato l’amianto – tra cui Falck, Breda, Marelli, Ansaldo – è una delle regioni più interessate.
Intanto, i morti per il killer “globalizzato”, l’amianto, continuano ad aumentare. In Italia e nel mondo si continua e si continuerà a morire.
In Italia, nei prossimi 15 anni sono attesi altri 30 mila decessi per neoplasie causate dall’amianto, con un picco delle morti collocato tra il 2015 e il 2019.
Le cronache delle morti sono un bollettino di guerra: nel 2003, si contavano più di 1.000 deceduti per mesotelioma pleurico tra gli ex lavoratori dei cantieri navali di Monfalcone, oltre 400 alle Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie dello Stato, 45 alla centrale Enel di Turbigo, 18 all’Ansaldo di Legnano, 70 alla Breda Fucine di Sesto San Giovanni.
L’utilizzo dell’amianto è diffuso ovunque e questo minerale si trova in circa 3 mila prodotti di uso comune, dai tetti di Eternit alle pareti delle case, dalle canne fumarie ai tubi dell’acqua.
Sono 700 mila le vittime di una strage dimenticata
|
Nessuno fa stime per il resto del mondo: perché le “produzioni di morte” - chiuse le grandi fabbriche nei paesi del Nord industrializzato prima, tra l’altro, che si verificasse il “picco” delle morti - sono state portate nel Terzo Mondo. E l’impiego dell’amianto continua nei paesi più poveri.
Nell’anno 2003, negli Stati Uniti, la società Halliburton ha accettato di pagare 4 miliardi di dollari in contanti ed azioni per chiudere gli oltre 300 mila casi di risarcimento che pendono sulla società per danni causati dall’amianto. La compagnia ha “ereditato” le cause dalla Dressler Industries, gruppo acquistato dalla Halliburton quando ne era vicepresidente e amministratore delegato Dick Cheney, attuale vicepresidente del governo Bush.
La mano è sempre la stessa: da una parte si massacra il popolo iracheno in tempo di guerra, dall’altra si uccidono i lavoratori americani – e non solo - con l’amianto in tempo di pace.
Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM)
All’inizio del 2005, non esiste ancora un registro nazionale dei mesoteliomi che copra tutto il territorio nazionale.
Uno degli obiettivi della nostra lotta in questi anni è stato quello di far istituire a livello nazionale un “Registro delle malattie e tumori derivanti dall’amianto”, per disporre di informazioni generali cui accedere.
È solo dal 2002, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 308 del 10 dicembre 2002 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2003, (cioè 12 anni dopo il Decreto legislativo 277 del 1 agosto 1991 che, all’art. 36 stabiliva che “presso l’Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza - ISPESL - è istituito un registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma-asbesto correlati”) che viene definito il “Regolamento per il modello e le modalità di tenuta del registro”.
L’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro ha concordato con le regioni l’istituzione dei Centri Operativi Regionali (COR). I COR, su specifico mandato dei rispettivi Assessori alla Sanità, hanno compiti di attivazione, controllo, trasmissione e ricezione dei flussi inerenti la sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma verso l’Istituto Prevenzione Centrale. Purtroppo, mancano ancora alcune regioni per completare la copertura dell’indagine sul territorio nazionale.
Il Registro dei mesoteliomi della Lombardia è stato istituito solo nel 2000, e tuttora molti medici, per mancanza di informazione o per ignoranza, spesso non solo non denunciano agli organi preposti i casi sospetti, ma neanche quelli accertati.