www.resistenze.org - materiali resistenti in linea - saggistica contemporanea - 29-06-05

Michelino - Trollio: Operai carne da macello

21. La lotta si estende sul territorio

 

La Conferenza Nazionale non Governativa sull’Amianto

 

Il 12 e 13 novembre 2004 una delegazione del nostro Comitato partecipa alla Conferenza Nazionale non Governativa sull’Amianto a Monfalcone.

L’idea di riunire le esperienze dei tanti comitati e organizzazioni che si battevano contro l’amianto su tutto il territorio nazionale era nata un anno prima dall’associazione Al Sole del senatore Pizzinato e da Fulvio Aurora dell’Associazione Esposti Amianto di Milano che l’avevano proposta al Comitato. Noi ovviamente accettiamo subito: riteniamo che sia giunto il momento di mettere insieme le tante lotte, purtroppo spesso slegate tra loro, di tutti coloro che in questi anni si sono battuti in tutta Italia contro l’amianto - per dar vita a un movimento nazionale. Passano i mesi e via via… i comitati e le organizzazioni dei lavoratori scompaiono dal Comitato organizzatore per lasciare il posto a  onorevoli, politici e sindacati confederali, proprio coloro che nulla hanno mai fatto!.  

Arriviamo così all’apertura della Conferenza: non sapendo se riusciremo a prendere la parola, abbiamo preparato un intervento scritto da consegnare ai partecipanti per far arrivare comunque la nostra voce.

Al tavolo della presidenza siedono  rappresentanti della burocrazia sindacale di Cgil- Cisl.-Uil e rappresentanti di forze politiche – ieri al governo e oggi all’opposizione - con cui ci siamo scontrati in passato (come il senatore Ds Battafarano, autore della prima proposta peggiorativa della legge 257 del 1992), e non c’è alcun lavoratore che rappresenti i pur numerosi comitati di lavoratori presenti in sala, cioè coloro che sono stati esposti all’amianto.

Come da copione, il primo giorno dei lavori la presidenza da la parola a parlamentari, sindacalisti,  forze istituzionali, funzionari dell’INAIL e dell’INPS. Alle 17,45 si annuncia la chiusura dei lavori: dalla platea parte la contestazione, la rabbia dei lavoratori porta sul palco  Duilio Castelli, ex operaio dei Cantieri Navali di Monfalcone e presidente della locale Associazione Esposti Amianto (che ospita la conferenza), che la presidenza ha tentato invano di non far parlare. Duilio critica duramente la scelta di dare la parola a  sindacalisti e politici: un silenzio gelido accoglie il suo intervento, subito seguito da un caloroso applauso da parte dei lavoratori .

Nel corso dei due giorni di lavoro verificheremo purtroppo che le prime impressioni negative si realizzeranno in pieno.

Le analisi e le critiche sulla questione dell’amianto sono  riferite solo al quadro legislativo del governo di centrodestra, con il tentativo  di non sbilanciarsi troppo in vista di un futuro cambio di governo. In questo modo i burocrati politici e sindacali  che presiedono la conferenza cercano di assolvere, (e quindi di assolversi), il governo di centrosinistra di cui hanno fatto parte o di cui  sono stati sponsor, che - al pari del governo Berlusconi - ha sempre subordinato le esigenze e gli interessi dei lavoratori ex esposti all’amianto alle compatibilità di bilancio, sia delle aziende che dello Stato.

Gli interventi critici, non allineati, vengono costantemente ostacolati dalla presidenza. Quando il giudice Riverso, magistrato del lavoro a Ravenna, denuncia  la limitatezza delle piattaforme sindacali sul problema della salute e la  riproposizione di meccanismi di controllo autoritari sull’erogazione delle compensazioni agli ex esposti all’amianto, viene contestato dai sindacalisti alla presidenza. Il dott. Vito Totire - mentre espone le proposte contenute nelle relazione della commissione epidemiologica, e le accompagna con un commento evidentemente non gradito alla presidenza - viene addirittura interrotto e lascia quindi il palco senza terminare la sua relazione.

Torniamo quindi da Monfalcone ancora più convinti che la strada sia un’altra: la nostra esperienza di lotta contro l’amianto - al pari di quella di molti altri lavoratori - ha prima rotto il muro dell’indifferenza e dell’omertà, e poi è servita a far crescere la consapevolezza del rischio a cui sono stati e sono tuttora esposti i lavoratori ed i cittadini. È solo grazie a gruppi di lavoratori e cittadini  ben determinati - e non alle istituzioni - che si è risvegliata la coscienza del problema. 

 

Si costituisce la Rete Cittadina per la Salute a Sesto S.Giovanni

Per battersi contro gli innumerevoli problemi nel campo della salute nella città di Sesto San Giovanni (il ridimensionamento e la chiusura dei reparti dell’ospedale, l’inceneritore, le antenne della telefonia mobile, il traffico e, naturalmente l’amianto) è stata costituita nella primavera del 2004 la Rete Cittadina della Salute, di cui il nostro Comitato  fa parte insieme ad altri.

La prima delle battaglie condotte dall’insieme dei Comitati riuniti nelle Rete per la Salute è quella contro la chiusura di importanti reparti dell’ospedale (medicina/lungo degenza, cardiologia, chirurgia) per la riqualificazione dell’ospedale stesso, con l’assunzione di personale in grado di assistere dignitosamente i malati.

Questa lotta, che ha visto la partecipazione ed il sostegno di migliaia di lavoratori, pensionati e cittadini di Sesto con più di 7.000 firme raccolte in pochi giorni nei presidi organizzati davanti all’ospedale, nei mercati e in vari punti della città, ha costretto i sostenitori del ridimensionamento dell’ospedale ad indietreggiare.

Dietro la privatizzazione e la riduzione dei servizi pubblici, chiunque la faccia, c’è la logica del profitto e noi non dimentichiamo che buona parte delle prestazioni sanitarie che il “nostro” ospedale non può più assicurare vengono convogliate sulla clinica privata Multimedica, che sta diventando uno dei più grandi poli privati dell’area nord.est di Milano. A Sesto San Giovanni la chiusura delle grandi fabbriche ha lasciato oltre ai morti, ai  lavoratori e cittadini malati, un territorio inquinato: decine di malati di tumore per le tante sostanze nocive dentro e fuori dalle fabbriche, prima fra tutte l’amianto.

C’è continuità nella lotta per la salute; la nostra battaglia di civiltà proseguirà affinché i servizi pubblici continuino a funzionare e a migliorare, per garantire servizi e assistenza secondo i bisogni di salute dei cittadini e non secondo i bilanci economici.

 

Intanto la sentenza… viene nuovamente rinviata

Il  15 dicembre 2004 è un bel giorno per tutti i lavoratori italiani.

Il tribunale d’appello di Venezia ha riformato la sentenza di primo grado che assolveva i dirigenti del petrolchimico di Porto Marghera, condannando 5 dirigenti per omicidio colposo di un operaio.

Nella stessa giornata, il quotidiano “IL GIORNO” ci dedica un’intera pagina sulle cronache locali, dal titolo “ La fabbrica dei veleni”. Tra i vari articoli, che riassumono vari aspetti della vicenda degli operai Breda, il più “anomalo” è quello – sempre a firma di Patrizia Longo - che riguarda uno strano spettacolo…”I 73 morti di Sesto - La Compagnia degli Stracci porta in scena la storia delle tute blu” , sottotitolo “Breda, a teatro la sentenza è scritta: «qui di lavoro e d’amianto si muore».

 

Domani è il giorno della verità, per gli operai ex Breda. Ma solo quella giudiziaria.     Perché il teatro, la verità l’ha già trovata: di lavoro si muore, la classe operaia davvero va in paradiso.

«Non è un bello spettacolo» ammonisce la Compagnia degli Stracci. Di scena è il suo Frankenstein: la testimonianza vivida e raggelante di quanto accadeva nei reparti mattatoio delle fabbriche, dell’amianto e delle altre sostanze nocive, della malattia e della morte di decine, centinaia di persone. Il protagonista è Silvestro Capelli, 61 anni, ex operaio specializzato Breda. Silvestro porta nel corpo i segni di tanti anni di lavoro: operato più volte per un tumore da amianto, laringectomizzato, parla con un filo di voce appena percettibile. Eppure riesce ancora ad urlare la sua rabbia: «La sordina me l’hanno messa i dirigenti della Breda» dice, cominciando a raccontare la sua storia. Una storia lunga, iniziata a 14 anni: Silvestro entra in fabbrica e si appassiona alla musica jazz, che diventerà la colonna sonora della sua esistenza… E così questo omone amante del ballo liscio e delle belle donne, parla di Jazz e della sua vita, in un unico intreccio: il posto fisso in Breda, « da fresatore» , come sottolinea con orgoglio; il lavoro pesante alle macchine, immerso in una nuvola di polvere grigia; la malattia, che gli porta via la voce; i compagni, che morivano uno a uno; poi i processi, archiviati o finiti con un’assoluzione, «perché il fatto non sussiste», come a voler cancellare le decine di morti; e il suo caso misteriosamente scomparso nel nulla, ancora chiuso in qualche cassetto della Procura. Emozioni e certezze si fondono nel monologo di un attore per caso, che riesce a tenere inchiodati alle sedie i suoi spettatori, rapiti e ammutoliti, per un’ora e mezza. Sullo sfondo della scena, 73 drappi rossi in ricordo dei morti in Breda…”

 

In un altro pezzo Patrizia Longo scrive:

 

IL COMITATO: Dodici anni di lotte e di cause perse non frenano la rabbia

degli ex operai: questa è una battaglia di giustizia

« Una condanna per spezzare un muro di gomma»

Sesto San Giovanni - «Speriamo in una condanna, non perché vogliamo la galera, ma perché sia accertata la verità. Tuttavia, comunque andrà questo processo, la nostra lotta non sarà stata vana: è cambiata la consapevolezza della gente, lo dimostra il successo dello spettacolo teatrale». Dodici anni di battaglia, 11 cause archiviate, un primo processo per omicidio colposo concluso con l’assoluzione dei dirigenti Breda, perché«il fatto non sussiste». E nonostante questo, i lavoratori ex Breda, le vedove, i figli e gli amici degli operai morti per tumori causati dall’esposizione all’amianto, ci credono ancora: decine di loro saranno presenti domani mattina, a Palazzo di giustizia, per la sentenza del secondo processo Breda:

«Speriamo in una condanna perché è diverso il clima – spiega Michele Michelino, presidente del Comitato che sta portando avanti la lotta -. Sapevamo che le prime cause sarebbero state molto difficili: le archiviazioni e la prima assoluzione erano il prezzo da scontare per sfondare il muro di gomma». Nella sede del Comitato in via Magenta si respira forte determinazione: «lo dobbiamo ai nostri compagni di lavoro morti – aggiunge Michelino, ex operaio - . Ne abbiamo contati 73, ma chissà quanti altri sono stati colpiti dal tumore o lo saranno». Due dozzine solamente nel reparto “Aste leggere”,  ribattezzato “il mattatoio”.

Per questo sabato prossimo comunque vada il processo ci sarà una grande festa in sede: il Comitato celebrerà i dodici anni di lotta, organizzando le prossime iniziative. giudiziarie e non solo: nuovi processi penali, altre cause civili contro Inail e Inps che non riconoscono le malattie professionali e i benefici previdenziali per gli operai ex esposti all’amianto, manifestazioni di sensibilizzazione per ricordare i 73 morti.

In particolare Giambattista Tagarelli e Giuseppe Gobbo, il fondatore del Comitato e uno dei membri più attivi: «Non ci sono più, ma se noi siamo ancora qui è merito soprattutto loro».

 

Il 16 dicembre 2004 è - per tutti noi – il giorno tanto atteso.

È il giorno della sentenza: alle ore 9,30 sono previste le repliche  dei P.M. e del nostro avvocato e subito dopo il giudice dovrebbe leggerla.

Alle ore 8,45 ci troviamo davanti alla scalinata del tribunale di Milano, e come sempre affiggiamo alle entrate i cartelli con le indicazioni dell’aula dove si tiene il processo. Alle 9  il gruppo iniziale si è ingrossato,  decidiamo quindi di entrare, passiamo i controlli di routine e ci avviamo a passi spediti all’aula stabilita dove dovrebbe tenersi l’udienza.

Appena entrati nell’aula, mezz’ora prima dell’ora stabilita, ci viene incontro, molto imbarazzato, il dott. Poniz, uno dei due Pubblici Ministeri. Ci dice che il giudice Moccia – che in tutti questi mesi non ha mai cominciato un’udienza in orario (abbiamo passato ore e ore nei corridoi ad aspettare) - quella mattina ha iniziato l’udienza con mezz’ora di anticipo sull’ora da lui stabilita precedentemente e senza che tutti gli avvocati (compreso il nostro) fossero presenti, l’ha conclusa dopo la replica di pochi minuti dei P.M. che hanno nuovamente confermato la richiesta di condanna a 18 mesi per i dirigenti imputati, rimandando la lettura della sentenza al giorno 5 gennaio 2005 alle ore 9,00.

Mentre il giudice si avvia a passi lunghi e veloci nel corridoio arrivano gli avvocati, sorpresi pure loro.

Questo ennesimo rinvio ci crea grosse preoccupazioni. Proprio in quei giorni si sta discutendo in parlamento della legge cosiddetta “salva Previti”, ormai approvata dalla Camera dei Deputati. Questa legge, che sancisce - attraverso il meccanismo della prescrizione di alcuni reati (fra cui l’omicidio colposo) - la non punibilità degli  imputati, anche in caso di sentenza favorevole alle vittime di tali reati, vanifica  anche il nostro processo, facendo sì che coloro che causano la morte dei lavoratori in nome del profitto continuino a restare impuniti. È questo il vero motivo dell’ennesimo rinvio?

 

Torna all'indice