Brian Cloughley * | counterpunch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
06/11/2015
Il 26 ottobre, il New York Times pubblicava un intrigante corsivo sullo spionaggio. La prima pagina riportava un articolo di 1200 parole che conteneva la seguente affermazione (1): "sottomarini e navi spia russe stanno operando in modo aggressivo vicino ai cruciali cavi sottomarini che supportano gran parte della comunicazione internet mondiale, accrescendo la preoccupazione di funzionari militari e dell'intelligence americana che i russi possano pianificare un attacco contro queste linee di comunicazioni in caso di tensioni internazionali o di conflitto".
E' ovvio che in caso di conflitto la Russia farà del suo meglio per distruggere le linee di comunicazione e i cavi sottomarini del nemico, così come del resto farebbero i suoi avversari, ma questo non era il punto dell'articolo, che in qualche modo latamente finiva per ammettere che "non c'è ancora prova di nessun taglio dei cavi". Naturalmente non c'è. La storia dei cavi era solo il pretesto per il vero intento del pezzo, quello di rinfocolare la propaganda antirussa. Gli autori si premuravano di sottolineare che "la preoccupazione è parte della crescente diffidenza tra gli alti ufficiali militari americani ed alleati e dei funzionari dei servizi intorno all'incrementato attivismo delle forze armate russe intorno al mondo".
A fronte di tali dichiarazioni è doveroso un piccolo sorriso.
Gli Stati Uniti hanno schierate squadre e forze speciali in 135 paesi, secondo il portavoce del Comando per le Operazioni Speciali (SOCOM) (2), il cui comandante, il generale Joseph Votel, ha dichiarato a luglio che "circa 11000 operatori speciali sono di stanza o distribuiti al di fuori degli Stati Uniti e molti altri sono in stand-by, pronti ad entrare in azione in caso di crisi che nascano fuori dai confini (3). Ha poi continuato: "Penso che molte delle risorse sono impiegate in Iraq, Medio Oriente e Siria, per il momento, dove è focalizzata la nostra attenzione" sebbene "penso che nello stesso tempo stia aumentando il nostro interesse per l'Est Europa".
Questo aumento dell'attenzione è dovuto al fatto che "la Russia sta cercando di sfidarci ovunque può": affermazione indubbiamente intrigante da parte di un uomo che per parte sua si tira dietro spavaldamente oltre 11000 operatori speciali per il mondo.
Votels si è tenuto largo rispetto ai suoi compiti proseguendo nel dire: "Noi pensiamo di essere una forza globale. Sosteniamo i comandanti americani nelle varie aree geografiche, ma non siamo vincolati dai confini artificiali che normalmente definiscono le aree regionali dove essi operano. Quello che cerchiamo di fare è operare a cavallo di tali confini". In altre parole, ci facciamo noi le regole, concetto che rivela indubbiamente un atteggiamento di sfida.
Operare a cavallo dei confini da basi situate in 135 paesi può essere considerato "un incrementato attivismo" delle forze armate americane in tutto il mondo. E non ci si ferma qua.
Il pezzo del New York Times va oltre e afferma che l'"incrementato attivismo" delle operazioni russe" è consistente laddove la Russia estende le proprie operazioni militari in luoghi come la Crimea, l'Ucraina orientale e la Siria, dove il Presidente Vladimir Putin desidera mostrare un più ampio raggio d'azione delle proprie forze di mare, di aria e di terra.
Passando sopra per un momento al fatto che Crimea e Ucraina difficilmente possono essere definiti "un più ampio raggio d'azione" per la Russia - l'una essendo storicamente parte della Russia con oltre il 90% dei suoi cittadini di lingua e cultura russa e l'altra essendo ai suoi confini - l'affermazione che la Siria dimostra "un più ampio raggio di azione" è assurda. La distanza dalla città più meridionale della Russia, Sochi, ed Aleppo in Siria è di circa 800 chilometri (550 miglia). La distanza tra la città più occidentale degli Stati Uniti (Portland, nel Maine) e l'ultima città occidentale della Siria (Latakia) è di 8000 chilometri. Dunque chi è che estende in lunghezza il proprio raggio di azione? Non sono forse gli Stati Uniti con le loro basi militari tutto intorno al Medio Oriente e con le tredici navi da guerra della Flotta del Mediterraneo? (4)
L'esatto numero delle basi USA in tutto il mondo è difficile da determinare ma risulta documentato dal Pentagono nel suo ultimo rapporto strutturale sulle basi (5) nel quale Washington ammette di avere oltre 600 basi attualmente dislocate in 74 paesi.
David Vine, professore alla American University, nota che "mentre il numero di 686 siti con basi militari è piuttosto un numero a se stante, tale conteggio stranamente esclude molte note basi americane come quelle in Kosovo, Kuwait e Qatar. Meno sorprendentemente, il conto del Pentagono esclude anche basi segrete o secretate come quelle segnalate in Israele ed Arabia Saudita. Ci sono così tante basi che il Pentagono stesso non conosce esattamente il numero reale" (6).
Come osservato dal Presidente Putin nel giugno 2015 in un'intervista al quotidiano italiano Il Corriere della Sera: "la spesa militare aggregata dei paesi NATO è 10 volte - si noti: 10 volte - più alta di quella della Federazione Russa. La Russia virtualmente non possiede basi all'estero…. Vi invito a pubblicare la mappa mondiale con l'indicazione di tutte le basi militari USA sulla carta. Così vedrete la differenza" (7). Poteva esserci uno sviluppo interessante se il New York Times avesse pubblicato una simile mappa, ma vedremo volare i maiali prima che accada.
Il Presidente Putin ha puntualizzato che "noi non ci stiamo espandendo da nessuna parte, sono le infrastrutture NATO che si stanno muovendo fuori dai loro confini. Non è forse questa una manifestazione di aggressività verso di noi?"
Dall'altro lato, il Presidente Obama si è vantato che "è l'America che ha riunito il mondo contro le aggressioni russe" (8) e che "nessun altra nazione può giocare il ruolo che giochiamo noi negli affari globali", perché "gli Stati Uniti sono una nazione indispensabile negli affari globali"(9). Egli è inesorabilmente conflittuale e ha proclamato il 2 ottobre che "Putin è dovuto andare in Siria non per forza, ma per debolezza, perché il suo cliente, Assad, era sull'orlo del baratro. L'Iran e Assad costituiscono la coalizione di Putin al momento. Il resto del mondo costituisce la nostra" (10) .
Venerdì 2 ottobre gli Stati Uniti e i loro alleati nella guerra in Siria, nella quale essi addestrano, pagano ed equipaggiano i ribelli "moderati" antigovernativi, hanno rilasciato una dichiarazione nella quale condannano le azioni della Russia a supporto del governo siriano. Si dichiaravano "particolarmente preoccupati sugli attacchi della Forza Aerea Russa su Hama, Homs e Idlib" che, come asserito senza prova alcuna, "hanno causato danni alla popolazione civile" (11).
Poche ore più tardi, in Afghanistan, una cannoniera della Forza Aerea USA della classe AC-130 ha bombardato (12) un ospedale a Kunduz City nel quale erano di stanza "80 membri dello staff medico e 105 pazienti all'inizio dell'attacco, che è durato dalle 2:08 fino alle 3:15 di mattina… 22 persone sono rimaste uccise, inclusi 12 membri dello staff e tre bambini e oltre tre dozzine sono rimaste ferite. Più di trenta persone tra membri dello staff e pazienti risultano ancora dispersi.
Questo è molto più che giocare un ruolo negli affari globali. Sfortunatamente, quando la nazione che è indispensabile al mondo "estende il suo raggio d'azione", lo estende distruggendo ospedali. Ma questo è tutto nell'interesse dell'"incrementato attivismo".