www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società - 31-03-09 - n. 267

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In Europa per i lavoratori e i diritti sociali
 
Intervista a Vaclav Exner, deputato e vicepresidente del Partito Comunista Ceco
 
di Claudio Buttazzo
 
Sembra ancora lontana da una soluzione la crisi di governo nella Repubblica Ceca. Dopo le dimissioni del premier e leader del principale partito di destra (Ods), Mirek Topolanek, la situazione politica è in fase di stallo, bloccata dai veti incrociati dei vari partiti. L’Ods vorrebbe un reincarico a Topolenk. Ma il presidente della Repubblica, Vaclav Klaus, anch’egli dell’Ods, è intenzionato a dare l’incarico a qualcun altro. Il Partito socialdemocratico (Cssd) di Jiri Paroubek propone un governo a termine, sostenuto da una larga maggioranza, che duri fino alla fine di giugno per consentire alla Repubblica Ceca di portare avanti fino alla scadenza del mandato la presidenza di turno ceca nell’Unione Europea. E propone anche elezioni anticipate per il prossimo autunno.
 
Di diverso avviso la terza forza politica del paese, il Partito comunista di Boemia e Moravia (Kscm), che è, invece, fortemente contrario alla chiusura anticipata del parlamento, ritenendo che ciò sia irresponsabile di fronte alla crisi economica che attanaglia il paese. Un vuoto governativo non farebbe che aggravare la situazione.
 
Il Kscm propone che si dia vita a un governo di intesa nazionale con la partecipazione delle principali forze politiche e con una larga base parlamentare e di consenso nel paese; un governo che porti avanti la legislatura fino alla sua naturale scadenza, cioè fino alla primavera del 2010.
 
Per saperne di più sul senso e le finalità di questa proposta, abbiamo intervistato membro della segreteria nazionale del Kscm, Vaclav Exner, che è anche deputato e componente della Commissione Estri del Parlamento ceco.
 
Ecco il testo dell’intervista.
 
In cosa consiste esattamente la proposta del Partito comunista di Boemia e Moravia per la costituzione di un governo di intesa nazionale?
 
La nostra società, e di conseguenza anche il nostro parlamento, è oggi caratterizzata da una situazione di disordine, di divisione, di disorientamento. Sarebbe necessario che, per un periodo seppur limitato, le forze politiche principali si mettessero assieme (diciamo, da qui alle elezioni politiche del 2010), in modo da poter andare a una pacificazione della scena politica sulla base di un programma minimo che affronti le questioni più urgenti. Sono questioni di grane rilevanza che non possono essere affrontate da un governo con una scarsa base di consenso, da un governo costituito solo da uno o due partiti.
 
Concretamente, cosa dovrebbe fare un simile governo: affrontare i problemi della crisi economica?
 
La crisi è il problema principale, anche se essa riguarda non solo la Repubblica Ceca, ma tutto il mondo. E un governo come quello che ha governato finora non è in grado di affrontarlo. Ma nel nostro paese la crisi si intreccia anche tutta una serie di altre questioni politicamente molto sensibili.
 
Ad esempio: la questione della privatizzazione di ulteriori settori produttivi di decisiva importanza. E poi: la questione dei fondi pubblici per la sanità e del modo come vengono utilizzati, come garantir l’effettivo accesso a tutti i cittadini alle cure sanitarie. Vi è, poi, il grave problema della crescente disoccupazione, fortemente connesso con la crisi economica. Si tratta solo di alcune delle grandi questioni che un governo di intesa nazionale dovrebbe affrontare e la loro soluzione dovrebbe avvenire sulla base di un grande impegno comune.
 
Avete, come partito comunista, delle proposte specifiche da avanzare per la soluzione della crisi economica?
 
La nostra idea è che sia necessario smetterla di affrontare la crisi attraverso il pompaggio di ulteriori fondi pubblici a vantaggio delle banche e delle aziende, cioè degli stessi che hanno causato la situazione di crisi. A nostro parere, vanno affrontate le cause strutturali della crisi. Da noi c’è, ad esempio un problema di sovrapproduzione, e ciò soprattutto nel settore automobilistico. Questo è dovuto al fatto che la nostra economia è stata orientata soprattutto sul montaggio delle auto. E’ evidente che non si può più continuare con una produzione ce non ha poi alcuno sbocco di mercato. Noi riteniamo prioritario salvaguardare i posti d lavoro. E questo s può fare solo un massiccio e qualificato intervento pubblico, cioè un intervento pubblico nella costruzione di infrastrutture, nel risanamento e salvaguardia ambientale, nell’istruzione, nella cultura, nella scienza, nella ricerca. Si tratta di settori dove si possono creare posti di lavoro utili e stabili, lavoro buono. E si tratta, peraltro, di settori che richiederebbero quantità di investimenti pubblici assai minori di quello che si richiederebbe per la ristrutturazione dell’industria automobilistica.
 
In secondo luogo, sarebbe necessario sarebbe necessario sostenere uno sviluppo economico di tipo strutturale, interno, per quanto, in questo campo ci si scontra con gli impedimenti da parte dell’Unione Europea. Ma è, tuttavia, indispensabile creare le condizioni per lo sviluppo delle strutture economiche interne. Altri paesi, come la Gran Bretagna, l’Irlanda, i paesi nordici, si sono già mossi verso la ricerca di un vasto consenso politico e sociale interno, in modo che il governo potesse agire nell’ambito di linee largamente concordate.
 
Ciò è necessario per via dello sforzo enorme che è necessario per il percorrimento di vie nuove, verso uno sviluppo che favorisca la produzione ad alta tecnologia, l’utilizzo intensivo della scienza e il suo rapporto col lavoro umano, che deve diventare sempre più qualificato ed essere al meglio valorizzato.
 
A giugno si terranno le elezioni per il parlamento europeo. Come si prepara il Partito comunista di Boemia e Moravia a questo appuntamento?
 
Io stesso sono uno dei candidati al parlamento europeo. Per la campagna elettorale abbiano già approvato il nostro programma. In questo programma, naturalmente, facciamo nostre un po’ tutte le questioni che sono già nel programma della Sinistra europea. Come tu sai, noi siamo presenti come osservatori nella Sinistra europea, non avendo ritenuto opportuno aderirvi pienamente per via di alcune riserve da parte nostra circa il giudizio sul nostro passato ed anche circa i meccanismi di democrazia all’interno della Se. E’ evidente che nel nostro programma chiediamo, innanzitutto, che la democrazia sia davvero rispettata all’interno dell’Ue. Per questo noi abbiamo fortemente contrastato l’approvazione del trattato di Lisbona. Un trattato che non risolve né il problema della burocrazia né il problema di deficit di democrazia nel funzionamento dell’Ue. Un forte accento, nel nostro programma, lo poniamo sulle questioni sociali, le quali sono state del tutto ignorate o accantonate dai vertici Ue. Col pretesto del supporto all’introduzione delle nuove tecnologie, il trattato di Lisbona ha in realtà avvantaggiato solo gli imprenditori, favorendo la disoccupazione e politiche antisociali ai danni dei lavoratori.
 
La borghesia cerca di favorire e utilizzare a proprio vantaggio la frantumazione, la divisione, le disparità tra i lavoratori delle singole nazioni e regioni in Europa.
 
E’ necessario che la Sinistra europea faccia di più per contrastare tutto questo, per unificare politicamente e sindacalmente i lavoratori in Europa, ma anche i lavoratori europei con quelli di tutto il mondo. Anche perché non possiamo pensare di poter risolvere la nostra crisi scaricandola sui lavoratori e sui paesi più deboli del resto del mondo, come vorrebbero le varie borghesie europee e dei paesi ricchi.
 
Occorre, poi, battersi per un salario minimo uguale in tutta Europa e anche per uno standard minimo di servizi e assistenza pubblica agli anziani, ai disoccupati, all’infanzia.
 
Noi ci impegneremo con tutte le nostre forze in questa campagna elettorale. Abbiamo già approntato il materiale di propaganda da diffondere nell’ambito delle nostre manifestazioni, elle assemblee pubbliche, ma anche porta a porta.
 
Per la prima volta abbiamo programmato iniziative elettorali di piazza non solo nelle grandi città, ma anche in quelle più piccole, facendo appello in questo senso alla mobilitazione di tutti i nostri iscritti.