Questione “foibe”
documentazione raccolta da Curzio Bettio
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Un articolo del Prof. Angelo Floramo che comparirà domani sul settimanale
friulano "Il Nuovo FVG" ( http://www.nuovofriuli.com/).
Contiene:
- commento introduttivo
- intervista a Claudia Cernigoi, autrice del libro: “Operazione foibe: tra
storia e mito”
- intervista a Gabriella Gabrielli, del gruppo Zuf de Zur sull'ultimo album:
“Partigiani!”
Il 10 febbraio si è celebrato il giorno del ricordo. No, non quello della
memoria (anche se i due lemmi potrebbero sembrare, ai più sprovveduti tra i
lettori, comuni sinonimi); quello c'era già. Ma è una memoria che appartiene
agli altri. Tutti gli altri: gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali, i
comunisti, i preti rossi, i partigiani.. Un giorno che ogni 27 gennaio ritorna
con il suo corredo dejà vu di filo spinato, stivali, vagoni piombati, divise a
strisce e numeri tatuati sul braccio. Suggestioni belle e pronte, già divenute
immaginario collettivo, tanto da agevolare migliaia di chilometri di pellicole,
documentari, drammi con effetti speciali alla Steven Spielberg. Senza contare
poi che quella giornata la si celebra in virtù dell'Armata Rossa, che come
tutti ben sanno fu il braccio militare dell'Impero del Male. Furono i ragazzi
del generale Zukov infatti ad aprire i cancelli dei campi.
No. Si sentiva proprio il bisogno di qualcosa di diverso, di
"italiano". Di esclusivamente italiano, di "nostro",
insomma, qualcosa da contrapporre alla memoria degli altri. In fondo Auschwitz.
non è un monumento che ci appartiene. Non del tutto, almeno. Come non ci
appartiene San Sabba, quel bubbone così politicamente scorretto che deturpa nel
cuore della Trieste riguadagnata all'Italia il mito degli "italiani brava
gente". Meglio dunque seguire il consiglio del poeta Carolus Cernigoy, che
rivolgendo il pensiero proprio alla Risiera chiedeva ironico ai Triestini: “Su
femo i bravi. / In fondo xe un brusar / ebrei e sciavi.” Gli altri, appunto.
Coloro che ben prima delle leggi razziali varate nel 1938 si videro negare i
diritti più elementari di uomini e cittadini.
Chissà se pensieri simili a questi hanno mosso il ministro Maurizio Gasparri
quando ha patrocinato, voluto, richiesto l'istituzione di una "giornata
del ricordo", ispirato dalla "ferma volontà" di un deputato di
Alleanza Nazionale, l'italianissimo e triestinissimo Roberto Menia, "un
autentico patriota che ha voluto con forza questo gesto di riparazione che il
Parlamento ha condiviso e che finalmente ricolloca nella memoria collettiva
pagine di storia a lungo rimosse", come lo stesso onorevole ha
recentemente sottolineato sulle colonne del "Secolo d'Italia". Il
ricordo delle foibe, dell'esodo di migliaia di istriani, fiumani e dalmati ha
perfettamente soddisfatto alla bisogna. Era già pronto.
Quale altra pagina di storia avrebbe mai potuto coniugare meglio tante
ossessioni così care alla Destra come il comunismo, l'orda slava, l'amor di
Patria che si spinge fino all'eroico martirio, il sacrificio dell'italianità e
la subliminale (?) convinzione che in fondo in fondo il Fascismo ha pur sempre
rappresentato (pur con i suoi errori e le sue manchevolezze) la luce
dell'italica virtù contro la barbarie dello straniero, e dello straniero slavo
e comunista in particolare ! Lo sosteneva anche l'irredentista Ruggero Timeus
Fauro, in anni non sospetti (tra il 1911 e il 1915), spiegando che "la
lotta nazionale è una fatalità che non può avere il suo compimento se non nella
sparizione completa di una delle due razze che si combattono. Se una volta
avremo la fortuna che il governo sia quello della patria italiana, faremo
presto a sbarazzarci di tutti questi bifolchi sloveni e croati"! E la
fortuna l'hanno avuta. Esercitandola per più di vent'anni. Comunque ora
l'occasione è finalmente arrivata.
Anche noi italiani abbiamo la nostra giornata del ricordo, guadagnandoci
finalmente il posto tra le vittime degli eccidi. Peccato che sia un ricordo
senza memoria. Se di ricordo si deve parlare infatti, perché non ricordare
tutto, fino in fondo, senza paura ? Davanti ai "martiri delle foibe",
in cui la follia nazionalista fece cadere molti innocenti, si rievochi anche
l'incendio del Narodni Dom di Trieste, nel 1920, o la strage di Strunjan-Strugnano,
del 1921, quando i fascisti, tra Isola e Pirano, spararono da un treno in corsa
su di un gruppo di bambini intenti a giocare, uccidendone due, ferendone
gravemente altri cinque. Si ricordi l'allontanamento forzato dagli uffici
pubblici di tutti i dipendenti di etnia slovena e croata in virtù delle leggi
speciali per la difesa dello Stato, varate nel 1926. Non si dimentichino le
umiliazioni subite da coloro che dovettero cambiare nome, che non poterono più
parlare la loro lingua, che videro violentata l'identità dei loro paesi, in
nome dello svettante tricolore. Ricordiamo anche le deportazioni di massa di
civili nei campi fascisti di Rab-Arbe in Dalmazia o di Gonars, nella pianura
friulana. Furono in tanti a non tornare più a casa.
Sull'orlo delle foibe dovremmo avere il coraggio di chiamare per nome, uno ad
uno, tutti gli 11.606 internati croati e sloveni, tra cui moltissime donne e
bambini, morti nei lager italiani tra il 1941 e il 1943. La verità, tutta la
verità, soltanto la verità potrà onorare la Storia. Ma forse il problema è un
altro, e ben lontana dalla verità è la motivazione che sta alla base di questa
"giornata". Perché in fondo tutti questi non sono i
"nostri" morti. Sono i morti degli "altri" e la loro
memoria non ci appartiene. Il 10 febbraio, da ieri, è un'esclusiva
squisitamente italiana. Parola di Gasparri. E con parere quasi unanime di tutto
il Parlamento italiano. A chi dunque il ricordo ? A noi
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Claudia Cernigoi è nata a Trieste
nel 1959. Giornalista pubblicista dal
1981, ha collaborato alle prime radio libere triestine e oggi dirige
il periodico "la Nuova Alabarda". Ha iniziato ad
occuparsi di storia della seconda
guerra mondiale nel 1996, e nel 1997 ha pubblicato per la Kappa Vu il suo primo studio sulle foibe, “Operazione
foibe a Trieste”. In seguito ha curato
una serie di dossier (pubblicati come supplemento alla "Nuova Alabarda") su argomenti storici
riguardanti la seconda guerra mondiale e
sulla strategia della tensione.
Nel 2002, assieme al veneziano Mario Coglitore, ha pubblicato “La memoria
tradita”, sull'evoluzione del fascismo nel dopoguerra (ed. Zeroincondotta di
Milano). Esce proprio in questi giorni “Operazione Foibe. Tra storia e mito”, edito
dalla Kappa Vu dell'editrice Alessandra Kersevan.
La monografia, ricchissima di documentazione, è stata presentata a
Trieste lo scorso 7 febbraio.
La memoria lottizzata. In epoca di revisionismi, riletture, decontestualizzazioni, sembra proprio che il
dibattito gridato diventi l'unica
possibilità di intervento. Ma chi di storia si occupa lascia che siano
i documenti a parlare, tacitando gli
umori e gli isterismi di ogni colore.
"Operazione Foibe", con i suoi ricchi apparati documentari, si
prefigge questo scopo. E' una ricerca
che ha impegnato la Cernegoi per oltre sette anni, sette anni di meticolose indagini seguite a una
prima edizione, già di per sé
estremamente ricca e stimolante. Qual è stata la motivazione che l'ha
spinta (ogni storico ne ha una!) e cosa
ne è emerso ?
“Chi non vive a Trieste non può conoscere il
clima che si respira in questa città
che il poeta (triestino) Umberto Saba definì "la più fascista
d'Italia". Quindi devo spiegare
che da noi le campagne stampa o campagne politiche sulla "questione foibe" sono più o meno cicliche. Tanto
per fare un paio di esempi: una
campagna si sviluppò a metà anni Settanta, per fare da contraltare all'istruttoria e poi al
processo in corso per i crimini della
Risiera di San Sabba. In altri periodi per contrastare le mobilitazioni
per la legge di tutela degli Sloveni in
Italia.
Otto anni fa, quando per la prima volta
ho iniziato ad occuparmi seriamente di "foibe", era il momento in cui era iniziata una nuova campagna,
questa volta in parte come
"risposta" di destra al processo Priebke ed in parte, a mio
parere, perché dopo lo sfascio della
Jugoslavia c'era chi aveva interesse in Italia a destabilizzare ulteriormente Slovenia e Croazia che non vivevano
una situazione proprio tranquilla, a
scopo neoirredentista. Il fatto nuovo, all'epoca, fu che da polemiche politiche si era passati ad un più alto
livello di scontro, se mi si passa
l'espressione: cioè era iniziata un'inchiesta
giudiziaria per i cosiddetti "crimini delle foibe", e questa
inchiesta stava coinvolgendo ex
partigiani che avevano ormai raggiunto una certa età, ed a questo punto decisi che era il caso di
fissare dei paletti in merito ai
presunti "crimini delle foibe", dato che non mi sembrava
giusto che quelli che all'epoca, non
conoscendoli, mi venne da definire "poveri vecchietti" (e voglio subito dire che i "poveri
vecchietti" che ho conosciuto in seguito a queste mie ricerche erano tutti anziani sì, logicamente, ma pieni
di energie e di voglia di fare)
dovessero venire messi sotto giudizio sulla base di inesistenti prove storiografiche, come i libri di Marco Pirina e
di Luigi Papo.
Così presi in mano sia i libri di Pirina, sia gli studi sugli "scomparsi da Trieste per mano
titina" (sia chiaro che certe terminologie non mi appartengono, ma le riporto perché questa, purtroppo, è la
vulgata vigente), per cercare di capire
l'entità reale del fenomeno "foibe". In base a questo è nato il primo "Operazione
foibe", che aveva come scopo
essenzialmente quello di spiegare che gli "infoibati" non
erano migliaia, né molte centinaia, nonostante quello che si diceva da
cinquant'anni. Per esempio, da Trieste
nel periodo di amministrazione jugoslava (maggio 1945), scomparvero perché
arrestati dalle autorità, o perché morti nei campi di internamento per
militari, o ancora per vendette personali, circa 500 persone, e non le 1458 indicate da Pirina, che aveva inserito
tra gli "infoibati" anche
persone ancora viventi oppure partigiani uccisi dai nazifascismi”.
"Tra storia e mito". E' il significativo sottotitolo del suo libro.
A sessant'anni di distanza sembra
ancora molto difficile separare le due cose,
o perlomeno impedire che si influenzino a vicenda. E' facile per
chiunque voglia stravolgere i fatti
vestire la storia con i panni del mito. Il
recente dibattito stimolato dal discusso film in uscita per Rai Fiction:
"Il cuore nel pozzo", ne è la
più evidente dimostrazione. E proprio questa
incerta lettura intorbida la memoria e agevola ogni possibile strumentalizzazione politica. Accade ancora
per Porzus, accade per le foibe e per
molte altre tragedie del Novecento. Perché ? E' forse colpa della controversa realtà di confine? O qui da noi
la storia indugia, stenta a passare...e
quindi diventa facile occasione di attualizzazione, veicolandola nei labirinti del dibattito politico?
“Sulla questione delle foibe non è mai stata
fatta veramente ricerca storica.
Altrimenti, come prima cosa, non si parlerebbe di una "questione
foibe", perché le persone che
veramente sono morte per essere state gettate nelle foibe istriane o carsiche sono pochissime, rispetto non solo alle
migliaia di morti (sempre per parlare
del territorio della cosiddetta "Venezia
Giulia", cioè le vecchie province di Trieste, Gorizia, l'Istria e
Fiume) di quella enorme carneficina che
fu la seconda guerra mondiale, ma degli stessi
morti per mano partigiana. Voglio ricordare che la maggioranza di questi fatti si riferiscono a cose accadute in
periodo di guerra: ad esempio i circa
400 "infoibati" che furono uccisi nell'Istria del dopo
armistizio (settembre '43), non possono
che essere inseriti in un contesto di guerra.
Però è da rilevare che mentre tutti (storici e mass media, oltre a politicanti e propagandisti) si sconvolgono
all'idea di questi 400 morti, non
battono ciglio di fronte alla notizia storicamente dimostrata che il ripristinato "ordine nazifascista"
in Istria nell'ottobre '43 causò migliaia
di morti, deportati nei lager, paesi bruciati e rasi al suolo e violenze
di ogni tipo. È come se ci fossero,
secondo certa storiografia, istriani di
serie A e istriani di serie B, cioè rispettivamente quelli di etnia italiana, la cui morte deve destare orrore e
scandalo, mentre per gli altri, quelli
di etnia croata o slovena, sembra essere stata una cosa "normale"
che siano stati colpiti dalla
repressione nazifascista.”
Al contrario uno dei pregi della sua ricerca è proprio la "contestualizzazione dei fatti",
dalla quale è impensabile prescindere per
tentare almeno di capire il fenomeno nella sua complessità. Come
vanno contestualizzate le foibe? Qual è
la chiave per comprenderne i significati
storici, sociali..forse anche antropologici?
“Ho già accennato al fatto che le foibe sono
diventate appunto un "mito", in
quanto il fenomeno in realtà è un "non fenomeno" che è
diventato tale a suon di propaganda.
Che questa propaganda sia stata sviluppata esclusivamente su fatti concernenti il confine orientale
(ricordiamo che in Francia, dopo la
liberazione, ci furono delle vendette contro gli italiani, già
occupatori, che erano stati fatti
prigionieri, però nessuno in Italia ha mai detto niente su questi episodi) ha secondo me diversi significati. Il
primo è che i vari governi italiani
succedutisi negli anni (dalle guerre di indipendenza del Risorgimento, per intenderci) hanno sempre tentato
l'espansione ad est, quindi il fatto di
avere perso, dopo la fine della guerra, un bel pezzo di territorio orientale ha significato una
grossa frustrazione per i nazionalisti.
Inoltre ha pesato il fatto che qui i vincitori erano non un esercito considerato regolare e di una
potenza come potevano essere Gran
Bretagna o Stati Uniti, ma si trattava di un esercito popolare,
partigiano, comunista, e composto da
popoli "slavi", considerati "inferiori" dal nazionalfascismo italiano. Quindi nella
frustrazione per la perdita della
guerra vanno qui inserite anche le componenti anticomuniste ed
antislave.
Grave mi è sembrato però leggere l'Unità (non il Secolo d'Italia o
Libero!) che (cito) parla di "odio
degli slavi verso gli italiani", generalizzando un concetto inesistente con connotazioni oserei
dire razziste. Come si può attaccare la
destra xenofoba quando se la prende con gli immigrati e poi esprimersi in questi termini?”
Quanto alla "contestualizzazione",
vorrei dire che è impossibile fare un'analisi
unica di un fenomeno che non è un fenomeno. Parliamo degli scomparsi
da Trieste? Un centinaio di essi sono
stati condotti a Lubiana e probabilmente
fucilati dopo essere stati processati come criminali di guerra; centocinquanta o duecento sono forse i morti
nei campi di internamento per militari;
una cinquantina le vittime recuperate da varie foibe e per le quali si ricostruì che erano state uccise in
regolamenti di conti e vendette. Però
diciotto di questi "infoibati" erano stati uccisi da un gruppo di criminali comuni che si erano
infiltrati tra i partigiani. Come si
può contestualizzare una simile varietà di cause di morte? Ecco
perché secondo me non si può parlare di
"fenomeno" foibe.
Quanto ad un'altra vulgata che va attualmente per la maggiore, cioè che si
trattò di repressione politica contro
chi poteva creare dei problemi all'instaurazione di un nuovo stato comunista, secondo il mio parere se fosse stato
questo il motivo delle eliminazioni,
non sarebbero state uccise così poche persone.
Forse posso sembrare cinica mentre lo dico, voglio chiarire che la mia
è solo un'analisi storico-politica, non
intendo mancare di rispetto a nessuno.
Ma teniamo presente che a Trieste gli squadristi della prima ora, quelli
che avevano la qualifica di
"sciarpa littoria" e veterani della marcia su Roma erano più di 400; 600 membri contava
l'Ispettorato speciale di PS (una
struttura antiguerriglia che lavorava come squadrone della morte in
funzione repressiva antipartigiana), e
non contiamo poi le Brigate Nere, la Polizia
non politica, la Milizia territoriale, i funzionari del Fascio che
rimasero al proprio posto. Se si fosse
voluto fare un "repulisti" politico, gli uccisi sarebbero stati dieci volte tanto, ritengo.”
Su questa tragedia c'è stato un colpevole silenzio della sinistra che
dev'essere “rimosso”. Sono le parole dell'onorevole Walter Veltroni,
sindaco di Roma, pronunciate durante la
sua recente visita alla foiba di Basovizza.
Come le interpreta ? Tenendo anche conto del fatto che tale silenzio
(che non ha riguardato la solo
sinistra, in verità) ha anche permesso alle destre di classificare ideologicamente tutti i partigiani sloveni e
croati (e non solo loro) come
infoibatori, permettendo anche di rimuovere dalle coscienze degli italiani il clima politico e culturale
che per vent'anni il regime fascista ha
imposto a quelle terre, perpetrando violenze fisiche e psicologiche di estrema gravità !
“Io sono dell'opinione che, ammesso e non
concesso che di foibe non si sia mai
parlato prima (cosa che non è vera, visto che di libri - non solo di propaganda disinformativa, ma anche seri
come il primo studio di Roberto
Spazzali, "Foibe un dibattito ancora aperto", uscito nel 1992
- ne sono usciti molti), questo fatto
non può giustificare in alcun modo che adesso se ne parli senza cognizione di causa, ma solo riprendendo le
vecchie notizie della propaganda
nazifascista, senza un minimo di senso critico. Quanto ai crimini commessi dall'Italia fascista,
coloniale e imperialista, in Africa
come nei Balcani, fino in Grecia ed Albania durante la guerra, su di
essi sì è calato un pesante silenzio,
una censura totale, al punto che il buon
documentario di Michael Palumbo, "Fascist legacy" sui crimini
di guerra italiani (e su come i
criminali se la sono cavata senza problemi) è stato "infoibato" dalla RAI che non ha la minima intenzione
di mandarlo in onda, dopo averlo
acquisito. Però la RAI finanzia sceneggiati televisivi di disinformazione sulle foibe: questo dovrebbe
essere un motivo di scandalo, non tanto
che Gasparri promuova il filmato che lui stesso ha ispirato un paio di anni fa.”
Restiamo in tema. Quando l'onorevole Veltroni ha deposto la rituale corona
d'alloro anche ai piedi del monumento
che ricorda la fucilazione di cinque sloveni
fucilati per ordine del Tribunale Speciale Fascista, ha suscitato lo
sdegno di Roberto Menia il quale ha
affermato che "mentre non vi e' nulla da dire per ciò che riguarda le tappe di Veltroni alla Foiba di Basovizza
e alla Risiera, anche se fatte con
qualche decennio di ritardo, e' evidente che non possono essere eletti a martiri di una italianità cattiva nel
1930, coloro che erano dei terroristi
macchiatisi di reati di sangue e di omicidi. Questi non possono essere contrabbandati per martiri ed e' evidente che
Veltroni sbaglia ed e' sbagliata questa
ricostruzione che e' la ricostruzione che
vuol fare la sinistra". Una ulteriore dimostrazione di quanto
abbiamo detto fin'ora ?
“È un dato di fatto che i martiri di
Basovizza siano stati fucilati dopo una
sentenza di un Tribunale speciale di uno stato non democratico. Quindi
prima di accettare acriticamente la sentenza
di questo Tribunale che li definiva
"terroristi", io quantomeno pretenderei, in democrazia, un
nuovo processo, per determinare quali
fossero effettivamente le loro responsabilità
concrete. Ma a prescindere da questo, resta il fatto che la loro lotta
era contro un regime dittatoriale che,
spero, nessun democratico di oggi intende avallare come legittimo.
Quindi che loro fossero o no "terroristi", secondo me non ha la minima importanza da un punto
di vista storico. Erano degli
antifascisti che lottavano contro la dittatura: tutto qui. In
Germania nessuno avrebbe il coraggio di
chiamare "terroristi" gli attivisti della Rosa bianca o Canaris che attentò, senza successo a Hitler. In
altri tempi, il tirannicidio era cosa
considerata corretta, in fin dei conti.”
Alessandra Kersevan, il suo editore, ha affermato di essere consapevole
che i risultati della ricerca non
basteranno a tacitare la propaganda
antipartigiana che continua con toni sempre più violenti, anche da parte
di alcuni autori ritenuti fino a
qualche tempo fa vicini alle tematiche della
Resistenza. L'auspicio è tuttavia che serva acciocché si affrontino
tali tematiche con il dovuto rispetto
storiografico, tenendo conto della
documentazione presentata . E' in fondo questo il valore civile
della Storia, non le pare?
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Operazione "Partigiani !"
A sessant'anni dalla Liberazione, in epoca di
"memorie deboli" e di revisionismo convinto, esce un disco che
raccoglie i canti della Resistenza. E
per di più sono voci che vengono da terre in cui più feroce, aspro e doloroso fu lo scontro. Le terre del confine,
quelle del Carso Goriziano, dove
partigiani italiani, friulani e sloveni combatterono Assieme, contro i nazifascisti. Gabriela Gabrielli, degli 'Zuf de
Zur, è la voce di questa epica corale,
che idealmente si allarga a tutti i luoghi in
cui la scelta difficile e sempre dolorosa di combattere ha privilegiato
l'opzione per la Libertà contro ogni
forma di tirannia dell'Uomo sull'Uomo. Ma come
nasce il progetto, cosa vi ha animato ?
“Questo Cd nasce da un spettacolo musicale
intitolato "Le vie dell'Eresia",
messo in scena due anni fa. Si trattava di uno spettacolo che
raccoglieva una serie di testimonianze ai
confini fra poesia e musica che raccontavano
la storia della Lotta di Liberazione della nostra città, Gorizia.
Un percorso di giustizia sociale che,
partendo dalle memorie di chi aveva
combattuto la guerra di Liberazione nelle formazioni partigiane o che comunque aveva scelto di
"resistere", voleva riproporre l'attualità di un messaggio che è innanzitutto insofferenza
per l'oppressione e amore per la
libertà.
Da qui l'idea di farne un CD, soprattutto oggi che queste tracce assumono maggior valore; da un parte inutili, sterili
polemiche, dall'altra indifferenza
rispetto alle passate ed alle nuove sofferenze.”
Il vostro lavoro risulta essere anche una fonte documentaria di
notevole pregio, sia per il recupero
dei testi e delle musiche, che per la
contestualizzazione dei fatti. Non è solo un'operazione filologica
e storica, ma civile. E' una risposta a
quanti oggi propongono letture
"inedite" della Resistenza ?
“Siamo felici che tu dia un giudizio così
buono sul lavoro che abbiamo fatto,
nato perlopiù da spinte dettate dal cuore senza velleità
filologiche particolari.Ci è costato due
anni di fatica, con persone che ci
sconsigliavano di farlo, ritenendola un'operazione musicale e
culturale anacronistica e fuori luogo.
Per noi non è stato e non è così, soprattutto
oggi nel clima politico e culturale di basso profilo in cui viviamo.
Se questo nostro lavoro può essere una
risposta a tutto questo e in special
modo ad una lettura revisionista della Storia (cosa che da più parti si
sta cercando di fare) non può che farci
piacere.”
Quello che colpisce maggiormente dall'ascolto e dalla lettura del vostro album
sono proprio i profili intensi delle donne e degli uomini che hanno combattuto. Oltre ogni possibile retorica ne
emergono i tratti, forti e struggenti,
profondamente umani: Friderich Sirok, Goriziano, arrestato a sedici anni per aver inciso col temperino
una falce e martello e mai più tornato
a casa; il comandante "Lauro", che dopo un'azione afferma: "si
può essere in gamba anche senza
sparare". Enrichetta, la partigiana "zingara" morta nell'eccidio di Temnica, sul Carso Triestino..ma
dove sono le belve assetate di strage ?
O gli ancor più prosaici rubagalline travestiti da eroi?
“Le figure che compaiono nelle pagine del
libretto e di cui si sente l'eco delle
canzoni sono figure che fanno parte della storia di Gorizia e della storia personale di Mauro Punteri (autore
del gruppo): il comandante Lauro era
suo padre, Friderick Sirok, suo zio da parte materna, l'idea era proprio quella di parlare di persone
"normali", uguali a noi, persone normali che ad un certo punto della loro vita, trovandosi
in una situazione di guerra, di
mancanza di diritti, hanno dovuto fare delle scelte. Cosa faremmo noi se
ci trovassimo in una situazione
analoga? E' una domanda che non
ci sfiora nemmeno.. e spesso non ci
rendiamo conto che in questo stesso momento ci
sono decine e decine di situazioni di guerra nel mondo, e che persone
come noi le stanno provando sulla loro
pelle. e non occorre andare tanto lontano.
Non dimentichiamo che solo dieci anni fa, a sette ore di macchina, c'era
l'assedio di Sarajevo.”
Il disco è introdotto dalle parole di Giovanni Padoan: "Oggi, rivivere
i fatti della resistenza vuol dire
attualizzarli, vivere di memoria non serve". Sono davvero emblematiche, quasi una risposta al dibattito di
questi giorni, così polemico, così
acceso, così poco civile da contrapporre i morti e rileggere le "memorie" in chiave puramente ideologica.
Le canzoni che voi raccogliete sono la
voce di quelle memorie. Sono passati sessant'anni. Cosa va gridando ancora, quella voce ?
“Il significato di questo lavoro sta in due
citazioni, che si ritrovano nel Cd ; la
prima la si può leggere nella prefazione a Canti clandestini di Carolus Cergolj, "oggi i cieli sono
puliti, ma non bisogna dimenticare come
certi vorrebbero le lacrime ed il sangue versato per renderli
puliti", e questo è il valore
della memoria, che è importante, importantissimo, perché almeno teoricamente dovrebbe impedirci di
ripetere errori del passato.Ma la
memoria da sola non basta, deve essere utilizzata in qualche modo, altrimenti diventa sterile commemorazione. e
qui entrano le parole del comandante
Vanni (Giovanni Padoan, sue sono le parole che aprono il cd): "vivere solo di memoria non serve.
Essere partigiani oggi vuol dire
difendere i diritti, i diritti dell'uomo, i diritti del cittadino, i
nostri come quelli, già calpestati, di
tutte quelle persone che vengono da noi
sperando di trovare un futuro migliore. Difenderli con gli strumenti che
la democrazia ci mette a
disposizione".
I musicisti lo possono fare con la musica.”
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UE: FINI, CROAZIA ENTRERÀ SE
COLLABORA SU CRIMINALI GUERRA
(ANSA) - TRIESTE, 10 FEB - '' La Croazia avvierà il negoziato per l' adesione all' Unione Europea, solo se collaborerà
con il Tribunale internazionale dell'
Aia per riconsegnare i criminali di guerra '': lo ha detto il Ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, intervenendo
a Trieste, al Teatro Verdi, alle
cerimonie per il '' Giorno del Ricordo ''.
Sottolineando che '' non lo ha chiesto solo l' Italia, ma tutti i
25 Paesi dell' Unione '', Fini ha
invitato la platea a '' capire e convivere ''.
Riguardo inoltre alla mancanza di indennizzi per gli esuli di Istria e Venezia Giulia e Dalmazia, Fini
ha sottolineato che '' non aver trovato
un modo per l' indennizzo la dice lunga sull' ignavia che per anni e' regnata su questa vicenda. E gli
amici croati lo sanno ''. Fini ha poi
concluso sottolineando che '' non e' con i rancori che si costruisce la storia, ma con la verità ''.
(ANSA). BUO/MST 10/02/2005 13:59
REPETITA JUVANT:
Da: "Coord. Naz. per la
Jugoslavia"
Data: Lun 10 Gen 2005 10:15:28 Europe/Rome
Oggetto: [JUGOINFO] Visnjica broj 471
L'HAN GIURATO
8 novembre 1992: Gianfranco Fini e' ritratto al fianco di Roberto Menia (allora
segretario della federazione MSI-DN di Trieste) al largo dell'Istria, nell'atto
di lanciare in mare bottiglie tricolori recanti il seguente testo:
<< Istria, Fiume, Dalmazia: Italia!...
Un ingiusto confine separa l'Italia dall'Istria, da Fiume, dalla Dalmazia,
terre romane, venete, italiche.
La Yugoslavia [sic, con la Y] muore dilaniata dalla guerra: gli ingiusti e
vergognosi trattati di pace del 1947 e di Osimo del 1975 oggi non valgono
più...
E' anche il nostro giuramento: "Istria, Fiume, Dalmazia:
ritorneremo!" >>
Vedi: http://www.cnj.it/immagini/meniafini.jpg
( fonte: redazione de La Nuova Alabarda - http://www.NuovaAlabarda.tk)
Sull'irredentismo di Gianfranco Fini, oggi leader della formazione nazionalista
"Alleanza Nazionale" e Ministro degli Esteri della Repubblica
Italiana, vedi anche:
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3522/1/51/
<< Spalato all’Italia, Trieste alla Croazia (18.10.2004). Reazioni in
Croazia alle dichiarazioni del vice premier italiano Fini su Istria, Fiume e la
Dalmazia... >> )
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Reduci dalla visione del primo episodio de "Il cuore nel pozzo", ne
scriviamo.
Ci siamo sorbiti gli "italiani brava gente" che sembrano capitati
lì per caso, il repubblichino buono e
"pacifista" , i partigiani sadici e
vampireschi, il solito prete, l'uso dei bambini come "scudi
umani", mentre si fa bieca
propaganda...
Non una parola sull'italianizzazione forzata, sul razzismo anti-slavo, sui massacri compiuti dai nazifascisti fino
a pochi giorni prima. Tra questi ultimi
non poteva non esserci il personaggio interpretato da Beppe Fiorello. Ci viene presentato quasi come uno sfollato post-Armistizio, ma qui non siamo nel '43,
siamo nella primavera del '45. Quindi è
un repubblichino. Quando parla dei suoi compagni morti in azione, a quale azione si riferisce?
Rappresaglie? Rastrellamenti? Incendi
di villaggi?
E i pochi slavi "buoni"? Le classiche eccezioni che confermano
la regola: buoni *benché* slavi, ma
soprattutto: buoni perché
sufficientemente *italianizzati* (cioè, anche se nella fiction non viene mai detto, *collaborazionisti*: una è
la fidanzata del repubblichino di cui
sopra!).
Da questi ultimi, oltre che dal prete, tocca sorbirsi implausibili pistolotti antirazzisti, come se in quelle
terre (nel frattempo annesse al Reich)
nazionalismo e razzismo avessero fatto capolino con la Resistenza e fossero fenomeni estranei al
nazifascismo... I timori degli antifascisti istriani e delle comunità slovene
di qua e di là dal confine erano
pienamente giustificati. Non lo erano invece i
timori di certi figuri della destra, per i quali "Il cuore nel
pozzo" non era abbastanza
schierato ed era addirittura eufemistico nel
denunciare i crimini dei partigiani. Costoro non si preoccupino, lo sceneggiato risponde pienamente alle loro
esigenze.
[Il regista Alberto Negrin, qualche anno fa, aveva diretto la fiction su Giorgio Perlasca. Alla luce di quanto ci
ammannisce ora, sospettiamo che
l'intento fosse accendere i riflettori sull'occasionale fascista buono, uno che imboscava i deportandi
anziché aiutare a metterli sui treni,
così da aprire la strada a nuove, interessanti riletture. Si veda la recente dichiarazione del camerata
Gramazio, secondo cui persino Giorgio
Almirante - capo-redattore della rivista "La difesa della razza" - era un salvatore di ebrei.]
Le foibe, è palese, vengono usate come "diversivo" da parte
della destra al governo, e per giunta
diversivo pre-elettorale, come se a
guidare la GAD o la FED o come cazzo si chiama non ci fosse Prodi
bensì Josip Broz detto
"Tito".
Madornali idiozie vengono scritte e ripetute in modo ossessionante, come quella del "silenzio" su
quegli eventi. Accade lo stesso per i
fatti successi più a Ovest, il "Triangolo rosso" etc.: ogni
volta si ricomincia da capo. Complice
il Pansa di turno, par sempre di assistere
a una scoperta nuova, anche al trecentesimo libro (scientifico o sensazionalistico che sia), al
cinquantamillesimo scoop, alla
miliardesima puttanata detta in tv.
Tutto questo fingere che a Trieste e in Istria non sia successo nulla prima del '45 fa venir voglia di rispondere
con lo humour nero, come qualche anno
fa "Mladina", la rivista satirica slovena.
Estate 2000: "Mladina" mette on line un videogame modellato sul
Tetris, solo che l'ambientazione è
l'orlo di una cavità carsica e i mattoncini
da far scendere sono - a scelta - cadaveri di "domobranci"
(miliziani filo-nazisti) o di
partigiani titini.
Già questa ironica forma di "par condicio" (in realtà aderente
alla realtà storica, dato che nelle
foibe furono gettati *prima* sloveni e
antifascisti e *poi* nazi e collaborazionisti) dovrebbe far drizzare
le orecchie, ma gli italiani che
passano di là - su imbeccata di qualche
fascistone giuliano - non sanno lo sloveno né conoscono la storia.
La parola "domobranci" è per
loro un mistero.
Il gioco viene scambiato per un attacco all'Italia, all'Italianità e chi più ne ha più ne metta, anche se in
"Fojba 2000" non figurano
italiani: le vittime virtuali - di destra e di sinistra - sono
tutte slave.
A rigore, uno che non sappia chi erano i domobranci non dovrebbe avere il diritto di aprir bocca sulle foibe, tanto
meno di scandalizzarsi per quanto
avvenne in quelle zone. Ma questo fa parte del problema: nessuno sa un cazzo, e chi più apre bocca per darle
aria è proprio chi meno sa. Per farla breve, scoppia un grande scandalo al di
qua del confine, e il bello è che dalla
messa on line sono già passati diversi anni. Come sempre è tutto un cadere dalle nuvole, un finto rimanere a
bocca aperta, un artificioso
indignarsi. Il ministro per l'innovazione
tecnologica Lucio Stanca chiede alla Farnesina di "attivare i
canali diplomatici affinché venga posta
alle autorità slovene l'esigenza di
oscurare subito l'offensivo e vergognoso gioco". Le autorità
slovene, giustamente, se ne fottono.
A sfuggire è il contesto. "Mladina", con pazienza, lo spiega:
"Il gioco rifletteva il clima politico dell'estate del 2000, quando
un esecutivo di centrodestra aveva
sostituito il governo di Janez
Drnovsek. Il premier era Andrej Bajuk, sloveno ritornato in patria dall'Argentina, che non ha mai nascosto le
sue simpatie per i domobranci e
l'ostilità per tutto ciò che ricordava l'epoca di Tito. Il suo governo durò solo sei mesi,
nell'ottobre del 2000 fu sconfitto
dalla coalizione di centrosinistra che riportò al governo Drnovsek. Nella presentazione ci si riferiva, infatti,
alle elezioni imminenti. 'Offriamo ai
lettori di Mladina un singolare attrezzo di fitness per un allenamento preelettorale' "
Il gioco è qui (per giocare cliccate su "Torej"):
http://www.mladina.si/projekti/igre/fojba2000/
Se invece di giocare on line lo volete scaricare, cliccate qui:
http://www.thekey.it/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=18
Per chi invece non predilige lo humour nero, oppure a integrazione di quest'ultimo, c'è il bel libro di Claudia
Cernigoi, uscito nel 1997 per le
edizioni Kappa Vu di Udine, oggi disponibile gratis on line per iniziativa dell'editore e dell'autrice.
Si chiama: "Operazione foibe a
Trieste: come si mistifica la storia":
http://www.cnj.it/foibeatrieste/ Cernigoi smonta, col metodo e gli strumenti
dello storiografo serio, le leggende,
esagerazioni e falsità della propaganda di destra su questo tema.
Chi non ha molto tempo a disposizione può rivolgersi a un testo più breve (in pdf), un articolo di Federico
Vincenti apparso su "Patria
Indipendente" (la rivista ufficiale dell'ANPI) nel settembre 2004: http://www.anpi.it/patria_2004/08-04/17-18_VINCENTI.pdf
Non possiamo competere con la potenza di fuoco di uno sceneggiato trasmesso in prime time da Rai1. Ma la
guerra non è soltanto potenza di fuoco,
meno che meno la guerra culturale.
[tratto da Giap#5, VIa serie - 7 febbraio 2005]
http://www.wumingfoundation.com/
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Croazia / Slovenia / “Il cuore nel pozzo”
In merito al film “Il cuore nel
pozzo”prodotto da Angelo Rizzoli per RAI FICTION:
Comitato contro le falsificazioni storiche (Trieste)
http://www.cnj.it/PARTIGIANI/altri.htm -
falsificazioni
Iniziativa dell'Associazione Promemoria su "Il cuore nel pozzo":
Promemoria - Društvo za zašcito vrednot protifašizma in protinacizma
http://www.cnj.it/PARTIGIANI/altri.htm - promemoria
Redazione de "La Nuova Alabarda" (Trieste)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3793
Que viva Novak! (La Plebe)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3798
L'intervento di una esule istriana
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4239
Foibomania nei media e libri italiani
Intervento del giornalista e scrittore
Armando Černjul
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4233
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FOIBE: ANTIFASCISTI ISTRIANI CONTRO FILM “IL CUORE NEL POZZO”
(ANSA) - (ANSA) - ZAGABRIA, 4 FEB - Gli antifascisti croati dell'Istria si sono detti oggi amareggiati da come il
film “Il cuore nel pozzo” tematizza la
tragedia delle foibe e che domenica e lunedì sarà trasmesso dalla Rai in occasione del 10 febbraio, “Giornata
della Memoria” dell'esodo. Lo riferisce
oggi l'agenzia di stampa 'Hina'. Il
segretario dell'Associazione dei combattenti antifascisti della regione istriana Tomislav Ravnic ha detto oggi a una
conferenza stampa tenuta a Pola che '' nella lotta antifascista in Istria non e' successo
un crimine organizzato come con il film
vogliono far credere i neofascisti e la
destra italiana ''.
Secondo lui il film, firmato dal regista Alberto Negrini e prodotto dalla Rai, ''e' un'immagine distorta e falsa della lotta
antifascista in cui gli Slavi vengono dipinti come un popolo genocida, mentre
gli italiani sono rappresentati come vittime
dell'espansionismo slavo''.
''Si tratta di una distorsione tendenziosa
dei fatti e di un tentativo di revisionismo storico con lo scopo coprire le
violenze e le responsabilità del fascismo'', ha aggiunto Ravinic.
''In ogni conflitto bellico occorrono
crimini e muoiono vittime innocenti, ma
nella Resistenza in Istria queste vittime erano solo il frutto di vendette individuali e non di
operazioni pianificate'', ha
voluto precisare il suo punto di vista. Per questa ragione gli antifascisti istriani protestano contro la
messa in onda de “il cuore nel pozzo”,
che, come hanno detto, ''non e' che
propaganda diffamatoria con cui si
offende il popolo istriano e che rappresenta una provocazione politica diretta verso lo stato croato''.
Il vicepresidente dell'associazione istriana, Miljenko Bencic, ha spiegato
che ''il
movimento partigiano non aveva alcuna ragione per uccidere innocenti, a differenza del nazifascismo nella cui stessa
ideologia e' radicato il genocidio''.
Secondo Bencic ''e' inammissibile che
vengano equiparate le colpe
dell’aggressore e della vittima, il fascismo come un'ideologia criminale e l'antifascismo come una reazione
di resistenza di tutto il mondo
democratico''.
Volendo ricordare i crimini commessi dai fascisti italiani in territorio croato,
i dirigenti dell'associazione hanno organizzato la prima visione in Croazia del
documentario della Bbc, 'L'eredita' fascista'. L'estate scorsa il film 'Il
cuore nel pozzo' aveva scatenato una
simile reazione anche in Slovenia: molti lo hanno definito ''un falsificato della
storia''.
(ANSA). COR 04/02/2005 19:17
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Le foibe viste dalla Croazia
07.02.2005 Da Osijek, scrive Drago Hedl.
Dure reazioni in Croazia alla proiezione dello sceneggiato televisivo "Il cuore nel pozzo", prodotto
dalla Rai e dalla Rizzoli audiovisivi.
Secondo il quotidiano di Fiume/Rijeka, “Novi List” , si tratta del
peggior film di propaganda mai
realizzato. Questa l'opinione di Furio Radin,
rappresentante della minoranza italiana al Parlamento di Zagabria,
e della Unione dei Soldati
Antifascisti. Tace la Zagabria ufficiale.
"Sporchi e malvagi partigiani di Tito
sterminano Italiani innocenti".
Con questo titolo a tutte colonne, il quotidiano di Rijeka
(Fiume) "Novi List" ha
pubblicato sabato scorso in terza pagina il servizio di Elio Velani, corrispondente dall'Italia che,
insieme ad alcune migliaia di
rappresentanti della alta società triestina, ha partecipato alla visione del film "Il cuore nel
pozzo" nella sala da concerti
"Tripcovich". Il giornale di Rijeka parla del film come dell'"assalto
alla storia da parte della destra italiana", riportando
come il film "conduce il pubblico italiano negli abissi delle foibe dove la
destra italiana ha trovato il proprio
senso più profondo dell'esistenza."
Questa è, allo stesso tempo, la reazione più forte che si è potuta ascoltare in Croazia a proposito del film
"Il cuore nel pozzo", una
fiction che descrive le sofferenze dei soldati italiani nella ex Jugoslavia (in particolare nelle ex
repubbliche di Croazia e Slovenia), dopo
la disfatta dell'armata di Mussolini nel corso della seconda guerra mondiale. La Zagabria ufficiale
infatti non ha commentato, il che è
comprensibile dal momento che la leadership del Paese è totalmente concentrata sul caso del generale
Gotovina e sulla ferma posizione
espressa dall'Unione Europea [si noti il ricatto: se reagisci a "Il cuore nel pozzo" mi oppongo
all'accesso nella UE]. Per Bruxelles,
infatti, la data per l'apertura dei negoziati di ingresso nell'Unione, fissata per il 17 marzo, non
verrà rispettata a meno che il generale
croato latitante non compaia davanti al Tribunale dell'Aja entro quel giorno.
Il corrispondente di Novi List descrive il film come "l'esempio difficile da
eguagliare del film di propaganda più brutto, maldestro, assurdo e inappropriato che sia mai stato
fatto", e sostiene che sia
molto peggio dei film simili prodotti in Jugoslavia sui partigiani e
le loro avventure di guerra. "Dopo questo film, apparirà chiarissimo a tutti cosa intende la destra italiana quando
parla della necessaria revisione degli
eventi storici. E' alla stessa destra italiana che va attribuito il maggiore credito per la produzione di questo film,
mentre la televisione di Stato Rai non
ha fatto che dare ascolto ai leader
attuali finanziando servilmente l'intero progetto",
afferma Novi List.
Il quotidiano sostiene le proprie affermazioni citando un anonimo giornalista de "Il Messaggero"
che, secondo Novi List, dichiara: "Viene posto un parametro incredibile: le vittime
innocenti delle foibe sono state uccise
ancora una volta da questo film". Oltre a questa citazione, Novi List pubblica anche
l'opinione del noto storico triestino
Fulvio Salimbeni che dichiara che si tratta di un "lavoro
vergognoso" e che gli esuli istriani dovrebbero
citare in giudizio il produttore del
film per "il totale
travisamento della ricostruzione
storica degli eventi."
Tuttavia, sono stati gli stessi esuli, secondo il corrispondente di Novi List,
a enfatizzare il significato del film, e sarebbero stati loro i più rumorosi
nella sala tra quelli che gridavano
"Hurrah, sono arrivati i nostri", nella scena in cui il giovane
soldato italiano Ettore, ritornato dalla Russia, uccide due partigiani [sic!].
Se da un lato non ci sono state reazioni a "Il cuore nel pozzo" da
parte della Zagabria ufficiale, la
Unione dei Soldati Antifascisti della
Croazia è però intervenuta nel dibattito. Il segretario della sezione istriana dell'organizzazione, Tomislav
Ravnic, ha affermato che gli
antifascisti croati sono sconvolti dal fatto che i media italiani scrivano che i partigiani uccidevano gli
Italiani solo in quanto Italiani. "Questa è una menzogna – dichiara
Ravnic – quando nel 1943 abbiamo catturato 15.800 soldati italiani,
non gli è successo nulla. Avevamo un rapporto
umano nei confronti dei prigionieri italiani. E' per questo che io dico a Berlusconi, a Fini e alla compagnia
che dovrebbero inchinarsi di fronte ai
nostri soldati che hanno salvato
migliaia di persone. I partigiani non hanno ucciso gli Italiani, ma
i fascisti che sono stati condannati
dai Tribunali nazionali."
Oggi, tuttavia, nessuno in Croazia nega che ci siano state molte vittime nel periodo delle foibe. Furio
Radin, rappresentante della minoranza
italiana nel Parlamento croato, dichiara: "Non
dobbiamo dimenticare quello che abbiamo
dimenticato negli ultimi 60 anni, le
foibe. Ci sono state vittime collaterali, e c'erano naturalmente anche i fascisti. Resta il fatto che finire la
propria vita all'interno di una caverna
non è normale, indipendentemente dal fatto che uno fosse un fascista oppure no, e bisogna ricavarne un
insegnamento affinché una cosa del
genere non possa più ripetersi."
In Croazia si parla solitamente di circa 500, 600 Italiani uccisi nelle foibe,
ma il pubblico conosce anche le fonti
italiane secondo le quali circa 17.000
persone [sic!] sarebbero state gettate nelle foibe.
"Posso affermare che, secondo alcuni
storici considerati esperti della materia, circa 5.000 persone sarebbero morte
nelle foibe. Il fatto è che la maggior parte
delle foibe era situata nel territorio che ora appartiene alla Slovenia, anche se ce n'era un numero
considerevole anche in Croazia, in Istria", dichiara Furio
Radin.
Qualche tempo fa, Radin ha proposto la edificazione di un monumento alle vittime delle foibe in Istria, ma questa
idea ha incontrato la opposizione della
Unione dei Soldati Antifascisti. Radin ritiene che ancora oggi questa questione sia troppo legata alla politica,
e sostiene la necessità di una ricerca
della piena verità storica. Non
ritiene, tuttavia, che agli Italiani venga costantemente detto che
sono gli stranieri a dover essere
accusati per tutto quello che è accaduto
di sbagliato nella propria storia: "A
parte Trieste, il resto dell'Italia non
ha nessuna idea delle foibe, non sanno quello che stava accadendo durante la seconda guerra mondiale
in Istria e Dalmazia, e non hanno alcun
interesse per questa parte della storia", dichiara Radin.
La Croazia ha cominciato a parlare di foibe e di azioni criminali commesse dai partigiani durante la seconda
guerra mondiale solo dopo
l'indipendenza e il riconoscimento internazionale, nel 1992. La
destra ha cercato di abusare di questo
fatto storico per presentare l'intero
movimento antifascista come criminale, e per dare una stessa
identità ad antifascismo e comunismo.
Negli ultimi anni, tuttavia, l'attuale
sinistra croata ha affermato la necessità di un approccio storico obiettivo al problema, anche se in realtà
nel corso del governo di sinistra
(2000-2003) non sono stati fatti particolari sforzi verso questo obiettivo.
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3870/1/51/
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3873/1/51/
]
La Slovenia e “Il cuore nel pozzo”
07.02.2005 - Riportiamo alcune reazioni oltre Adriatico allo sceneggiato "Il cuore nel pozzo"
trasmesso in questi giorni dalla RAI.
Qui di seguito la traduzione di un articolo pubblicato su Vijesti,
uno dei maggiori quotidiani
montenegrini. Proprio in Montenegro, tra i
vicoli della città di Kotor, è stata girata la fiction.
Dal quotidiano di Podgorica Vijesti, 7 febbraio 2005
Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani
Il film "Il cuore nel pozzo", la cui prima parte è stata trasmessa
ieri sera dalla televisione di stato
italiana RAI, in Slovenia solleva forti
critiche. A queste si è unito il presidente dei veterani
antifascisti sloveni ed ex presidente
della assemblea presidenziale repubblicana, quando ancora esisteva la Jugoslavia, Janez Stanovnik.
Ieri sera Stanovnik ha dichiarato che
il film sulle foibe e sulla pulizia etnica subita dagli Italiani sulla costa slovena, in Istria ed
in Dalmazia rappresenta non solo una
falsificazione della verità storica, ma anche l'apice di un'operazione di "lavaggio del cervello",
che, rispetto a questo tema, si è
sviluppata in Italia, e in particolare a Trieste, nel corso degli anni.
Il film "Il cuore nel pozzo" girato l'autunno scorso in Montenegro
dal regista Alberto Negrin, parla di
una famiglia italiana dell'Istria al
tempo della Seconda guerra mondiale che rimane vittima dello
scontro etnico al tempo della caduta
del fascismo. Il personaggio principale
del film è il bambino Francesco, al quale i partigiani hanno ucciso
i genitori. Particolarmente crudele
nella cacciata degli Italiani si mostra
il comandante partigiano Novak, interpretato dall'attore serbo Dragan Bjelogrlic.
In Slovenia negli ultimi mesi ha preso corpo una forte critica al film, con la tesi che già con la scelta del
principale personaggio negativo,
rappresentato da un partigiano sloveno si mostrano gli Sloveni come
un "popolo che attua un
genocidio". Si tratta di un sopruso della verità storica che in Italia viene manipolata dalle forze di destra,
alle quali negli ultimi anni si è
piegata anche la sinistra.
Tra le valutazioni fatte ci sono state anche quelle che affermano che si tratta di una "berlusconiana
consacrazione postuma di Tito" e che è
una "soap-opera storica", che in modo emotivo tocca un tema
sensibile e mostra nuovamente gli
Italiani contro gli Sloveni e i Croati, che nel film sono rappresentati come "barbari". Stanovnik, ai
partigiani sloveni radunati ad una
commemorazione nei pressi di Koper, ha detto
che con il film si prosegue con la costruzione di una falsità storica: "Vi ricorderete se abbiamo attaccato
noi l'Italia o l'Italia ha attaccato
noi. L'Italia attaccò (l'allora) Jugoslavia, e non il contrario", ha detto Stanovnik, aggiungendo che la
riconciliazione e le relazioni di buon
vicinato vanno edificate sulla verità e bisogna esprimere il dispiacere per gli errori, ma in "modo
europeo". Stanovik ha poi concluso
affermando che i dati che in Italia vengono posti in relazione col numero degli Italiani uccisi e gettati nelle
fosse sarebbero esagerati.
*************************************************************
--- CILIEGINA ---
“Il cuore nel pozzo”: intervista a Leo
Gullotta
09.02.2005; scrive Andrea Rossigni.
Non è una ricostruzione storica, ma un'occasione per aprire una riflessione su di un periodo oscuro. Così
"Il cuore nel pozzo", la
controversa fiction sulle foibe prodotta dalla Rai e da Rizzoli audiovisivi, nelle parole di Leo
Gullotta/Don Bruno. L'intervista, in
collaborazione con Radio Onda d'Urto, è stata realizzata prima della messa in onda del film...
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3880/1/51/
Un estratto da questa intervista veramente ignobile:
<< ... Non è, e lo risottolineo, non è una ricostruzione storica di
quel momento... potevamo soltanto
prenderla da un altro punto di vista. E'
la storia inventata... >>
Certo, inventata a bella posta: infatti è
solo la continuazione della
propaganda fascista contro i partigiani che liberarono la Jugoslavia e
l'Italia.
******************************************************************
Documento di Claudia Cernigoi,
direttrice del periodico “la Nuova Alabarda” di Trieste, in merito al film “Il cuore nel pozzo”
prodotto da Angelo Rizzoli per RAI Fiction,
recensito da “nuova unità”, mensile-n.7/2004, ppgg. n.10 e 11.
I polemici sostengono che la televisione è l’arma finale del dottor Goebbels.
Noi non ci sentiamo di essere così perentori, però è un dato di fatto che dire
“l’hanno detto in tivù” dà una patente di veridicità alle fesserie più enormi.
Ed è pure un dato di fatto che, quando si vuole influenzare in un determinato
modo la coscienza collettiva su argomenti specifici, il modo migliore per
ottenere il risultato voluto è quello di far passare in televisione ciò che si
vuole far entrare nella testa della gente. Ed a questo scopo, un “buono”
sceneggiato (adesso lo chiamano “fiction”, che fa più “americano”) è il sistema
perfetto per plagiare la testa della gente. Così, quando in questi giorni
leggiamo di quello che si sta preparando come sceneggiato sulle “foibe”, e come
esso viene presentato, ci vengono i brividi per quanto danno provocherà questa
operazione mediatica.
Dunque Rai Fiction ha commissionato al produttore Angelo Rizzoli (ve lo
ricordate? Era stato travolto dallo scandalo della P2, tempo fa. E chi ancora
aveva la tessera della P2, così, a primo colpo di memoria? Berlusconi,
l’avvocato Augusto Sinagra…) uno sceneggiatosulle “foibe”. Regista Alberto Negrin; uno dei protagonisti è tale Leo
Gullotta che ci dicono sia simpatizzante di Rifondazione Comunista… sarà vero?
Sul sito “Panorama.it” troviamo un articolo firmato da Laura Delli Colli che
dice “Foibe. Un film per capire”. Cosa capiranno dunque i volonterosi
spettatori di questo sceneggiato che andrà in onda a febbraio prossimo venturo?
“Il massacro di migliaia di civili inermi. La tragedia della pulizia etnica
nelle terre slavizzate a forza. Gli spietati partigiani di Tito in azione…”,
scrive la giornalista. Ed ancora: “una tragedia rimossa costata non meno di
20-30 mila vittime, uccise dalla feroce repressione del regime di Tito. Un
massacro e una persecuzione di massa con un solo obiettivo, ancora attuale: la
pulizia etnica (…) Mentre l’Italia viveva la fine della guerra, i partigiani
iugoslavi con la stella rossa di Tito eliminarono con ferocia intere famiglie,
uomini e donne e spesso con loro i bambini, solo perché oppositori, dichiarati
o anche solo potenziali, della slavizzazione dei territori. Almeno diecimila i
desaparecidos di unmassacro…”.
Complimenti alla giornalista, che è riuscita in così poche righe ad accumulare
una tale quantità di boiate storiografiche (oltre che falsità belle e buone)
finalizzate alla diffusione di idee razziste da meritarsi il premio Minculpop
alla memoria dei solerti redattori de “La difesa della razza”. Ma per capire se
questo è il “messaggio” di verità storica che il regista Negrin intende
diffondere alle masse teledipendenti italiane, leggiamo la trama del film.
“La storia è quella di don
Bruno, in fuga nelle campagne istriane per mettere in salvo, tra i bambini,
Carlo e Francesco. Carlo è figlio di un’italiana, violentata dal capo
partigiano Novak. E Novak va a caccia di quel bambino per eliminarlo. Il prete
lo difenderà fino al sacrificio (…); sotto la tonaca di un mite sacerdote di
frontiera, ha il cuore di un leone mentre salva i bambini in fuga dalle fiamme
che i titini hanno appiccato all’orfanotrofio”.
L’attore Dragan Bjelogrlic, che impersona il “crudele Novak”, afferma: “La
crudeltà efferata del mio personaggio? Potrei dire che forse per un serbo che
ha sofferto le guerre recenti non è poi tanto difficile immedesimarsi in uno
sloveno così negativo… In questi luoghi nessuno è sopravvissuto indenne alla
sofferenza delle violenze etniche”.
Quanto al “rifondarolo” Gullotta, ecco come risponde alla domanda della
giornalista su cosa gli dica “la sua coscienza civile sulle foibe”: “Ho cercato
di capire, di saperne di più (…) dar voce a una tragedia dimenticata è la prima
ragione che mi ha convinto ad accettare. Questo non è un film schierato, ma un
atto di doverosa civiltà”.
Ha cercato di capire, Gullotta? Di saperne di più? In effetti, con questo film
si arriva a sapere tanto di più rispetto a quello che è successo in realtà:
perché, da quanto scritto in questo articolo, appare una sceneggiatura che si
basa su presupposti storici falsi per raccontare una vicenda degna della
fantasia di una Liala sadomaso, e che arriva a delle conclusioni che sembrano
fatte apposta per rinfocolare quegli odi etnici che al nostro confine orientale
non si sono mai sopiti.
Quali sono le falsità? La pulizia etnica, mai esistita da parte dei “partigiani
di Tito” (ma è tanto difficile accettare il dato di fatto storico che si era
trattato di un esercito, sia pure popolare, riconosciuto come cobelligerante
dagli Alleati?); la “slavizzazione forzata”, dove nei territori di cui si parla
(l’interno dell’Istria) gli italiani non sono mai stati la maggioranza; la
quantità dei morti, che non sono stati né “venti-trentamila”, né migliaia, ma
poche centinaia nell’autunno del ’43 e nessuno (sì, avete letto bene: nessuno)
dopo la primavera del ’45, in Istria, perché mentre nella prima ventata di
potere popolare, dopo l’8 settembre, una sorta di jacquerie comportò esecuzioni
più o meno sommarie nei confronti di esponenti delregime fascista, alla fine del conflitto, quando
le autorità statali jugoslave presero il controllo del territorio, non ci
furono esecuzioni sommarie: e se qualcuno fu processato e condannato a morte da
tribunali regolarmente insediatisi, questo è un fatto che non avvenne solo in
Jugoslavia, ma in tutta Europa, Italia compresa.
Ma la falsità più grossa, e quella che fa particolarmente schifo, è l’uso
strumentale che viene fatto dei bambini in questa operazione di bassa
macelleria cinematografica. È del regista Negrin (che ci dicono sia ebreo)
l’idea (che non appare neppure nei peggiori libelli prodotti dalla propaganda
nazifascista dell’epoca) che i “partigiani di Tito” si dedicavano alla
deportazione ed al massacro dei bambini, bruciando orfanotrofi ed
“infoibandone” gli ospiti? Forse il regista è stato influenzato da tutte quelle
sceneggiature uscite negli ultimi anni sulla Shoah, dove si vedevano i nazisti andare a caccia di bambini ebrei
che poi venivano fortunosamente salvati, e dato che, essendo in epoca di par
condicio e banalizzazione storica, allo scopo di dimostrare che nazisti e
comunisti erano cattivi ugualmente, il soggetto che va bene per una fiction sui
cattivi nazisti va bene anche per una sui cattivi comunisti?
La “consulenza storica”, leggiamo sempre nell’articolo, sarebbe di un certo
Giuseppe Sabbatucci, ma in Internet non abbiamo trovato nessuno storico con
questo nome: l’unico storico Sabbatucci fa di nome Giovanni, che, da quanto
siamo riusciti a capire, dovrebbe essere un autore di testi scolastici. Ma se
scrive i libri con la stessa serietà e veridicità storica con cui ha dato la
propria consulenza per uno sceneggiato come questo, pensiamo che dovrebbe
essergli impedito di proseguire con questo mestiere.
Ci chiediamo se sia possibile riuscire a fermare la messa in onda di questo
film, che può produrre solo altre tensioni ed altri odi, e non farà sicuramente
“luce” su alcunché.
Eppure non avrebbe dovuto essere tanto difficile riuscire a “saperne di più”,
come dice Gullotta, senza incappare in certe falsità come quelle che abbiamo
letto sopra. Basta cercare alcune pubblicazioni (neanche tutte di fonte
“slavocomunista”, come vedremo nelle note) e si riesce a saperne di più,
inquadrando correttamente il problema dell’Istria e delle foibe istriane.
Il primo periodo che va preso in considerazione è quello immediatamente
successivo all’8 settembre 1943, quando le truppe partigiane dell’Esercito di
Liberazione Jugoslavo presero possesso di una parte del territorio istriano. Il
potere popolare durò una ventina di giorni in alcune zone, un mese in altre:
poi i nazifascisti ripresero il controllo su tutta l’Istria. Dai giornali
dell’epoca [1] leggiamo che l’“ordine” riconquistato costò la vita di 13.000
istriani, nonché la distruzione di interi villaggi. Nel contempo i
servizi segreti nazisti, in collaborazione con quelli della RSI, iniziarono a creare la mistificazione delle
“foibe”: ossia i presunti massacri che sarebbero stati perpetrati dai
partigiani.
In realtà, dalle “foibe” istriane furono riesumati, stando al cosiddetto
“rapporto” del maresciallo Harzarich, che guidò le esumazioni dalle foibe su
incarico dei nazifascisti nell’inverno 1943/44 [2], poco più di 200 corpi di
persone la cui morte potrebbe essere attribuita a giustizia sommaria fatta dai
partigiani nei confronti di esponenti del regime fascista (ma per alcune cavità
si sospetta che vi siano stati gettati dentro i corpi dei morti a causa dei
bombardamenti nazisti). Però basta dare un’occhiata ai giornali dell’epoca ed
agli opuscoli propagandisti nazifascisti per rendersi conto di come l’entità
delle uccisioni sia stata artatamente esagerata, per suscitare orrore e terrore
nella popolazione, in modo da renderla ostile al movimento partigiano. Esempio
di questa manovra è la pubblicazione di un libello dal titolo “Ecco il conto!”,
pubblicato sia in lingua italiana che in lingua croata, contenente alcune foto
di esumazioni di salme e basato fondamentalmente su slogan anticomunisti.
I contenuti ed i toni di tale mistificazione sono gli stessi che per
sessant’anni abbiamo visto propagandare dalla destra nazionalista: “migliaia di
infoibati solo perché italiani, vecchi, donne e bambini e persino sacerdoti”;
“infoibati ancora vivi” e “dopo atroci torture” (non di rado s’è poi visto che
le sedicenti “vittime scampate alle sevizie titine” erano in realtà criminali
di guerra che descrivevano le cose che essi stessi avevano fatto ad altri) e
così via. Del resto, dal racconto di Harzarich risulta chiaramente che i corpi,
riesumati più di un mese dopo la morte furono trovati in stato di avanzata
decomposizione, ed era quindi praticamente impossibile riscontrare su essi se
le vittime fossero state soggette a torture o stupri mentre erano ancora in
vita; così come certi particolari raccapriccianti che vengono riportati dalla
“letteratura” delle foibe (ad esempio il sacerdote con il capo cinto da una
corona di spine ed i genitali tagliati ed infilati in bocca) non hanno alcun
riscontro nella relazione di Harzarich.
Tornando al numero degli “infoibati” in Istria nel ‘43, vediamo che da stessa fonte
fascista (il federale dell’Istria Luigi Bilucaglia) risulta che nell’aprile del
1945 erano circa 500 i familiari di persone uccise dai partigiani in Istria tra
l’8/9/43 e l’aprile 1945. Infatti Bilucaglia inviò ad una persona di propria
fiducia, il capitano Ercole Miani, dirigente del CLN di Trieste “alcuni documenti che costituiscono una pagina di
sanguinosa storia italiana in questa Provincia (…) trattasi di circa 500
pratiche per l’ottenimento della pensione alle famiglie dei Caduti delle foibe
(…) corredate di tutti i documenti e contengono gli atti notori che illustrano
lo svolgimento dei fatti” [3].
Anche un articolo del 1949 dà più o meno queste cifre: “Se consideriamo che l’Istria era
abitata da circa 500.000 persone, delle quali oltre la metà di lingua italiana, i circa 500
uccisi ed infoibati non possono costituire un atto anti-italiano, ma un atto
prettamente antifascista. Se i partigiani rimasti padroni della situazione per
oltre un mese avessero voluto uccidere chi era semplicemente “italiano”, in
quel mese avrebbero potuto massacrare decine di migliaia di persone” [4].
Giacomo Scotti, nel suo studio “Foibe e fobie”, cita una “dichiarazione
rilasciata alla fine di gennaio 1944 dal segretario del Partito fascista
repubblicano e pubblicata dalla stampa della RSI dell’epoca”, senza però dare
ulteriori indicazioni, nella quale “l’alto gerarca”, di cui non fa il nome,
avrebbe affermato che “in Istria finirono infoibate dagli insorti 349 persone,
in gran parte fascisti”.
Scotti cita poi una relazione del pubblicista croato professor Nikola Zic,
datata 28/11/44, e redatta per conto dei “servizi d’informazione del Ministero
degli Esteri dello stato croato”, (cioè il governo fantoccio dell’ustascia Ante
Pavelic, quindi sicuramente una fonte che non doveva avere simpatie nei
confronti del movimento partigiano), resa nota dallo storico fiumano Antun
Giron nel 1995. Vale la pena di riportarne alcuni passi.
“All’inizio a nessun Italiano è stato fatto
nulla di male. I partigiani avevano diramato l’ordine che non doveva essere
fatto del male a nessuno. Ma, qualche
giorno dopo lo scoppio della rivolta popolare, [5] alcuni corrieri a bordo di
motociclette sidecar hanno portato la notizia che i fascisti di Albona avevano
chiamato e fatto venire da Pola i tedeschi in loro aiuto, e questi avevano
aperto il fuoco contro i partigiani. Poco dopo, si è saputo che i tedeschi
erano stati chiamati in aiuto anche dai fascisti di Canfanaro, Sanvincenti e
Parenzo, fornendo loro informazioni sui partigiani. Rispondendo alla chiamata,
è subito arrivata a Sanvincenti una colonna tedesca (…).
Pertanto, partigiani e contadini hanno cominciato ad arrestare ed imprigionare
i fascisti, ma senza alcuna intenzione di ucciderli. I partigiani decisero di
fucilarne soltanto alcuni, i peggiori, ma anche molti fra questi sono stati
salvati grazie all’intervento dei contadini croati e ancora più dei sacerdoti.
(…) Purtroppo quando, alcuni giorni più tardi, cominciarono ad avanzare i
reparti germanici, i partigiani vennero a trovarsi nell’impaccio, non sapendo
dove trasferire i prigionieri fascisti per non farli cadere nelle mani dei
tedeschi. In questo imbarazzo hanno deciso di ammazzarli. Ne hanno uccisi circa
200 gettandone i corpi nelle foibe.” [6]
Va da sé poi che, quando la propaganda di destra cita gli “orrori delle foibe”,
si “dimentica” regolarmente di citare la quantità di morti che costò la
“pacificazione” operata dai nazifascisti nei territori da loro “liberati” dai
partigiani.
Scrive, ad esempio, Galliano Fogar [7]:
“Il 7 ottobre
(1943, n.d.a.) Berlino annuncia la conclusione dei rastrellamenti nella regione
di Trieste da parte delle truppe tedesche e di reparti fascisti: sono stati
contati i corpi di 3.700 banditi uccisi. Altri 4.900 sono stati catturati fra
cui gruppi di ufficiali e soldati badogliani”.
Un comunicato del 13 afferma che la “pace” è stata raggiunta grazie a più di
13mila banditi uccisi o fatti prigionieri... A parte la gonfiatura
propagandistica delle cifre, il numero delle vittime è stato altissimo e fra esse
buona parte è di inermi civili (...) “L’impeto dei tedeschi è meraviglioso”:
commenta il quotidiano triestino “Il Piccolo”. Raccontando l’odissea di un
gruppo di prigionieri liberati dall’intervento germanico, il cronista rileva
che gli scampati, mentre si dirigono verso Trieste, possono constatare che
“ogni casa ha uno straccetto bianco di resa e tutti i rimasti salutano
romanamente chiedendo pietà” (questo si riferisce alla zona di Pinguente, in
Istria, n.d.a.). Dopo il passaggio delle truppe tedesche, il giornale riferisce
che è tornata la tranquillità e giustifica lo strazio della cittadina di
Pisino, osservando che “dure misure sono state provocate” dalla resistenza dei
partigiani. Infatti è stato ucciso anche il Podestà italiano e di sentimenti fascisti.
Fogar fa anche riferimento ad una “relazione inedita” del dottor Cordovado,
intitolata “La dura sorte di Pisino” [8], e scrive: “Pisino, la capitale provvisoria del movimento insurrezionale croato,
benché abitata da italiani, è bombardata senza pietà da “Stukas” e cannoni.
Molti cittadini sono mitragliati dai rastrellatori, irritati per un debole
tentativo di resistenza dei partigiani. Vi si insedia temporaneamente il capo
della Polizia, ed SS, Globocnik
che decide sulla vita dei prigionieri, quando ne venivano fatti, ordinando
brutali esecuzioni”. “Inoltre,
prosegue Fogar, Canfanaro è in parte
incendiata ed il parroco è impiccato. A Gimino i tedeschi penetrano in molte
case uccidendo vecchi, donne e bambini, incendiando fienili e cantine dove numerosi
abitanti hanno cercato scampo e lanciano granate nei cespugli, nei fossi, nei
campi, ovunque scorgano dei superstiti”.
Una conferma di questo ci viene ancora una volta da Giacomo Scotti, che,
citando nuovamente la relazione del professor Zic, afferma che “nelle voragini, vecchie cave, ed altre fosse comuni
accomunate col nome di foibe (…) furono gettati anche cadaveri di soldati
tedeschi rimasti uccisi negli sconti del 13 settembre e, alcune settimane dopo,
numerosi cadaveri di partigiani e civili uccisi dai tedeschi e da essi
abbandonati per le campagne”.
Scrive Zic: “Nell’intero comune di Gimino
che contava 4.580 anime, hanno ucciso 15 bambini al di sotto dei sette anni,
197 adulti e 29 sono morti sotto i bombardamenti, in totale 241 persone. (…) Alcuni
uomini al di sopra dei 50 anni, che sono stati costretti a trasportare le
munizioni dei tedeschi, hanno raccontato che nell’Istria settentrionale i
soldati hanno violentato ragazze e donne. A Pisino (…) hanno ucciso anche
alcuni italiani, fra questi il podestà e il direttore del Convitto del Ginnasio
locale” [9] .
Scotti prosegue citando una serie di massacri operati dai nazisti e riferiti da
Zic ed elenca alcuni nomi, indicati nella relazione Zic nella grafia croata
(…); quasi tutti questi nomi, nella loro variante italianizzata, li ritroviamo
in vari elenchi di persone che sarebbero state massacrate e infoibate dai partigiani.
Ed ancora: “Il fatto che i tedeschi procedettero a fucilazioni di “ribelli” nelle
cave di bauxite, come fecero nei medesimi giorni i partigiani per eliminare i
loro prigionieri, è stato “provvidenziale” per la storiografia fascista.
Successivamente (…) furono attribuite ai partigiani pure una parte delle
vittime della repressione tedesca”. [10]
Scotti prosegue citando vari episodi specifici di feroci rappresaglie nazifasciste, descritti nella
relazione Zic, e conclude: “All’epoca alcuni degli “studiosi” fascisti che oggi
blaterano di “italiani trucidati dagli slavi”, collaboravano con i tedeschi nel
massacro di loro conterranei, italiani e slavi.”
[1] “Il Piccolo” di Trieste ed “Il Corriere Istriano”, numeri da ottobre a
dicembre 1943.
[2] Dati della “Relazione tratta dall’interrogatorio di un sottufficiale dei
VV.FF. del 41° Corpo di stanza a Pola”, (Archivio IRSMLT n. 346). Questo testo,
che viene comunemente definito “rapporto Harzarich”, non è stato redatto
all’epoca delle riesumazioni, ma due anni dopo, in base a quanto detto dallo
stesso Harzarich agli Alleati.
[3] Documento datato 24/4/45 pubblicato nel testo di Luigi Papo, “L’Istria e le
sue foibe”, ed. Italo Svevo 1998.
[4] “Trieste Sera”, 8/1/49.
[5] Il 13 settembre 1943.
[6] G. Scotti, “Foibe e fobie”,
supplemento al numero 2/1997 del mensile “Il ponte della Lombardia”. Queste
risultanze storiche sono state esposte dallo studioso anche nel corso del
convegno sul tema “La guerra è orrore. Le foibe tra fascismo, guerra e
Resistenza” organizzato da Rifondazione Comunista a Venezia (13/12/03).
[7] G. Fogar, “Sotto l’occupazione nazista nelle province orientali”, Del
Bianco 1968, che fa riferimento ad articoli del “Piccolo del 4, 6 e 8/10/43.
[8] In Archivio IRSMLT VIII/366.
[9] Il podestà e preside era il dottor Vitale Berardinelli. Troviamo qui la
conferma di quanto riportato precedentemente da Fogar nella citazione della
“relazione Cordovado”.
[10] G. Scotti, “Foibe e fobie”, cit..
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L’intervento di un’esule istriana
----- Original Message -----
From: "Luciana Bohne" <lbohne@edinboro.edu>
To: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" <jugocoord@tiscali.it>
Sent: Monday, February 07, 2005 8:07 PM
Subject: re: [JUGOINFO] Foibomania nei media e libri italiani
Sono in completo accordo con il giudizio di Armando Cernjul sulla "foibomania." Se c'e' stata una
persecuzione etnica in Istria e' stata quella del ventennio fascista e fu
lanciata, sostenuta, ed autorizzata
dallo stato italiano fascista, con la piena autorità di leggi repressive e
discriminatorie, con campagne di snazionalizzazione e rieducazione all'imposto italianismo. Furono bruciate le camere
del lavoro, i centri sociali slavi; fu proibita la lingua slava anche nelle chiese--come bene documenta Giacomo
Scotti in un recente articolo sul
Manifesto.
Scrivo quale nipote di un infoibato.
Mio nonno materno, Giovanni Benassi, fu
detenuto dai partigiani e presunto finito in foiba. Non era italiano,
però si dice ancora oggi in paese che era fascista. Non so a quale grado
risalisse la sua colpevolezza, però posso asserire con tutta fermezza che ne' mia madre ne’ la
famiglia fu punita per associazione a
lui--cosa che fecero i nazisti per tutta l'Istria dal 1943 al 1945. Bruciarono villaggi interi, deportarono famigliari
dei partigiani, rastrellarono
indiscriminatamente. Non mi risulta che i partigiani si comportassero così--non ci sono testimoni di
"collective punishment."
Ah, sì. Uso l'inglese perché scrivo dagli Stati Uniti, dove sono andata a finire, quando arrivata esule in Italia, la
mia famiglia e' stata costretta ad
emigrare, tanto nulla fu l'assistenza di quegli italiani che adesso si fanno tanto paladini di noi poveri esuli,
che allora eravamo solo per loro poveri
ed ingombri slavi.
Uso tutta la mia autorità di nipote di un infoibato istriano per negare ed accusare la strumentalizzazione della mia
tragedia a cause tutte fasciste, di
allora come di adesso, nel momento che riaprono ferite ancora vive con questa loro cinica ipocrisia nel
falsificare il passato nel quale la
loro causa comporta la maggiore colpa. Se non fosse stato per il fascismo, me ne sarei rimasta a casa mia,
avrei goduto una vita tra i miei campi
ed i miei cari, avrei parlato la mia lingua--e non avrei sofferto come soffro tuttora lo sradicamento di tutto quel
retaggio etnico e di identità che mi
apparteneva alla nascita.
Grazie ai partigiani, l'Istria si liberò dei nazisti e dei loro collaboratori
fascisti. Non ci fu un genocidio in Istria se non quello ideato dai fascisti--che volevano la morte
della cultura polilinguistica e
multiculturale istriana.
E che la smettano di riscrivere la storia in nome di coloro che l'hanno
veramente subita e sofferta.
Luciana Opassi Bohne
Edinboro, Pennsylvania
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<< ...Il film "II
cuore nel pozzo" e´ in effetti la continuazione della propaganda fascista
sui crimini nelle foibe, che va avanti dal 1943 ai giorni nostri... >>
Intervento del giornalista e scrittore
Armando Cernjul alla conferenza stampa della Presidenza dell'Unione
delle associazioni dei Combattenti Antifascisti, convocato a Pola il 4.02.2005.
Riassunto dell'ampio testo "Foibomania
nei media e libri italiani"
preparato per la tavola rotonda sulle vittime delle foibe.
Del film italiano "II cuore nel pozzo" del regista Alberto Negrin
prodotto dalla RAI, non posso dir niente perché non l’ho visto. Stando però a
certi articoli apparsi sulla stampa italiana e croata e' evidente che il film
parla dei crimini dei partigiani di Tito e della riabilitazione del fascismo
italiano, temi questi da anni cari al centrodestra al governo e all’estrema
destra. Però questa stessa RAI negli scorsi 15 anni ha mandato in onda numerose
trasmissioni e servizi nei quali vengono falsificati i fatti storici. Infatti
sulle tre reti di questa TV stataIe, in vari periodi di tempo, sono stati
presentati i crimini nelle foibe commessi, come più volte sottolineato, dai
partigiani di Tito sugli Italiani solo perché erano di nazionalità italiana,
anche se si sa molto bene che nelle foibe finivano Croati, Sloveni, Tedeschi e
altri. In base a queste trasmissioni, nelle foibe sarebbero stati buttati
3.000, 5.000, 17.000 Italiani...! Dunque alla RAI o non sanno o non hanno
ancora deciso quanta gente sia finita nelle foibe, poiché tirano in ballo cifre
differenti e presentano i comunisti di Tito e i partigiani come criminali
genocidi.
Nel contempo non hanno voluto mostrare al pubblico italiano il documentario
"Fascist Legacy", prodotto dalla BBC inglese, nel quale sono
illustrati i massacri commessi dai fascisti italiani, trasmesso due anni fa
dall’emittente televisiva italiana La 7. In base ai dati trovati nell’archivio
delle Nazioni Unite dallo storico Michael Palumbo, un americano di origini
italiane, i fascisti in Jugoslavia, Albania, Grecia, Etiopia, Libia, Francia e
Russia uccisero oltre un milione di persone. Solo nel territorio dell’ex
Jugoslavia ne uccisero circa 300.000.
Il film "II cuore nel pozzo" é in effetti la continuazione della
propaganda fascista sui crimini nelle foibe, che va avanti dal 1943 ai giorni
nostri. Dapprima si iniziò con articoli su giornali e riviste, poi, dopo la II
guerra mondiale, si passò ai libri per proseguire con articoli su quotidiani e
mensili, nonché con trasmissioni radio e televisive.
Già da diversi anni voglio richiamare l’attenzione sulla foibomania nei media e
libri italiani. Però in Croazia l’argomento non interessa a nessuno, tranne che
ai combattenti antifascisti o a qualche giornalista. Ciò non deve meravigliare,
considerato che il Governo, il Parlamento e i vertici statali non hanno reagito
al varo, un anno fa, della legge italiana con cui il 10 febbraio e´ stato
proclamato “Giornata del ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo degli
Italiani istriani, fiumani e dalmati.”
Nella legge si dice, come riporta l’agenzia ANSA, che nelle foibe finirono
17.000 persone. Con queste falsità, hanno tentato di parificare le vittime del
nazifascismo in Istria.
Ogni crimine, e così anche quelli delle foibe in Italia e sul suolo dell'ex
Jugoslavia, va condannato. Però i crimini prima di tutto devono venire
accertati da storici obiettivi. Purtroppo, in Italia la maggioranza di essi
falsifica i dati mentre nella ex Jugoslavia e anche nella Croazia indipendente,
non hanno fatto quasi nulla. Pertanto e' difficile seguire la foibomania in
Italia, specie la sua presenza sui media che e' molto massiccia, mentre le case
editrici fanno a gara a chi stampa più libri sul tema. Inoltre le città, le
province, le regioni e lo stato italiano finanziano le associazioni dei
cosiddetti esuli, che stampano libri e riviste e che hanno pretese verso i
territori croati!
Tra i primi autori che dopo la II guerra mondiale hanno scritto dei crimini
nelle foibe c´erano persone nate, o che hanno le radici nell’odierna Croazia, e
che hanno gonfiato i numeri degli infoibamenti. Essi sono Luigi Papo e il
sacerdote Flaminio Rocchi; più tardi, a loro si sono aggiunti Giorgio
Bevilacqua, Marco Pirina e altri. Papo, vicepresidente dell’Unione degli
Istriani a Trieste ed ex comandante della Guarnigione delle milizie fasciste a
Montona, ha scritto diversi libri e centinaia di articoli firmandosi con vari
pseudonimi. A seconda delle necessità socio-politiche, nelle foibe gettava
7063, 3739 o addirittura 16.550 vittime. Si tratta dello stesso Papo che nel
1994, in una trasmissione della RAI, era stato presentato come testimone di
quando, durante la guerra, venivano ammazzati gli Italiani, e come scrittore
ricercatore. Ha dichiarato che in base alle sue ricerche, dopo il 1 maggio del
1945, nelle foibe erano finiti 3.739 italiani, e, dal 1943 al 1945, tra Trieste
e l' Istria 16.550. Piu' tardi ha cambiato i numeri, affermando che alcuni di essi "sarebbero stati
buttati nelle foibe".
Undici anni dopo la RAI realizza il film "Il cuore nel pozzo" che
sarà trasmesso il 6 e il 7 di questo mese sulla prima rete!
Uno degli autori più giovani è Marco Pirina, che ha scritto diversi libri sulle
foibe e si dimostra peggior bugiardo del suo "professore" Papo; sul
tema il libro più sporco è intitolato "Genocidio". Si tratta di un
estremista di destra, suo padre era un comandante fascista fucilato in guerra
dai partigiani. Papo e Pirina hanno preparato materiale per l’atto di accusa a
Roma, dove come criminali sono stati accusati gli antifascisti di Croazia e
Slovenia. Papo a Roma era testimone al processo contro Oskar Piskuli´c,
giudicato in contumacia.
Va detto che i vertici delle cosiddette associazioni degli esuli, con l´aiuto
del neoirredentismo e della destra al vertice del potere politico italiano,
hanno definito il piano di stampare questi libri in tiratura limitata. Hanno
anche accolto la proposta che bisognava trovare uno scrittore che
"infiammasse" l’opinione pubblica; lo hanno trovato nel giornalista e
scrittore di successo Arrigo Petacco, di cui l’editore Mondadori (un tassello dell’impero
editoriale di Berlusconi) nel 2002 ha pubblicato il libro "L'esodo degli
Italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia". Il libro ha avuto diverse
edizioni e l’autore è stato premiato. Questo é un libro pieno di falsità e
accuse. Cosa dire ancora dell’autore? Per questa occasione è sufficiente
affermare che Petacco, servendosi della letteratura di quegli storici e di
altri falsificatori, ha scritto che i partigiani di Tito, tra il 1943 e il
1945, gettarono nelle foibe migliaia di vittime innocenti, più di tutto
Italiani, quindi qualche tedesco, ustascia, cetnici e Neozelandesi delle unità
britanniche. In base ai suoi scritti nelle foibe istriane sono finiti 10.000, o
20.000 oppure 30.000 persone.
L´editore berlusconiano, Mondatori, pubblica il libro di Petacco e nei giorni
scorsi ha stampato un libro sull’esodo e sulle foibe di cui è autore Gianni
Oliva. Allo stesso tempo il premier italiano grida "Mai più il fascismo e
il comunismo", mentre pone in rilievo il dittatore fascista Mussolini, che
secondo lui non avrebbe commesso crimini fuori dall’Italia.
Oltre a ciò, la sinistra italiana, o meglio il centro sinistra, dopo essersi
inchinata ai neofascisti, ha cominciato a inchinarsi anche dinanzi ai monumenti
eretti ai fascisti. E per i crimini delle foibe, in primo luogo, Croati, Sloveni ed Italiani danno la colpa ai
partigiani di Tito. Ultimamente si
fanno sentire certi politici e giornalisti croati con interventi a favore della
gentaglia neofascista e di quanti vorrebbero riabilitare il nazifascismo.
Da Pola a Fiume, da Zagabria a Zara e Spalato parlano e scrivono contro i
combattenti antifascisti come dei peggiori criminali.
Riporterò il caso più fresco. Il critico cinematografico e scrittore Jurica
Pavici´c di Spalato, nel magazine del quotidiano "Jutarnji List" (
22.01.2005), ha pubblicato l'articolo intitolato "Tito ucciso dalle sue
armi".
Occupandosi di Tito e di Tudjman, ha scritto tra l'altro: "L’uno e l’altro
hanno attuato la pulizia etnica delle minoranze, Tito degli Italiani e Tedeschi
e Tudjman dei Serbi." E´ chiaro che Pavici´c ha ascoltato l’intervento di
un anno fa al Parlamento croato di Furio Radin (oppure ne ha letto) e
probabilmente non si rende conto di aver scritto falsità e calunnie!!! Della
pulizia etnica a danno degli Italiani, molto prima di Radin e Pavici´c hanno
parlato e scritto anche i politici, scrittori e giornalisti italiani
appartenenti all'estrema destra più radicale.
"During times of universal deceit, telling the
truth becomes a revolutionary act."
- George Orwell …e questo per me è fondamentale! Curzio