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- osservatorio - italia - politica e società - 30-05-16 - n. 591
Ma l'ANPI lo sa che sta usando il "centralismo democratico"?
Tiziano Tussi
30/05/2016
Ma l'ANPI lo sa che sta usando il "centralismo democratico" per la questione che la vede interessata in queste settimane e cioè la posizione da tenere in vista del referendum costituzionale di ottobre.
Ricapitoliamo. Il ministro Boschi ha dichiarato, qualche settimana fa, nel programma, in Mezz'ora, condotto da Lucia Annunziata sulla rete Tre della televisione statale che i "veri partigiani voteranno sì al referendum di ottobre". Non l'avesse mai detto. Grande polemica e disvelamento di alcuni "veri partigiani" che si sono palesati come campioni del SI al referendum prossimo venturo. E subito il Comitato nazionale ANPI ha ribadito, per la bocca e la penna del suo presidente attuale, Carlo Smuraglia, che ognuno poteva avere la posizione che voleva ma che non poteva fare campagna per il SI facendo valere le medaglie ed gli incarichi tenuti nell'ANPI che aveva deciso, a maggioranza, nei suoi organi centrali, dopo profonda e decisamente lunga discussione, di aderire al comitato per il NO.
Decisione chiara ma col sapore di altri tempi, appunto centralismo democratico. E subito sul Corriere della Sera, Gian Antonio Stella lo ha prontamente sottolineato in un articolo di spalla, il 16 maggio, articolo che reclama la tristezza di tale imposizione: Fila compatta! Avanti, marsch! Centralismo referendario. E Stella dice che questo è peggio dell'altro, del centralismo democratico di secchiana memoria.
Si potrebbe dire ben gli sta all'ANPI; allineata da anni su posizioni politiche del Partito Democratico (PD) ora si scopre orfana di sponde partitiche e cerca di arrangiarsi come può. Si potrebbe dire ben gli sta all'ANPI che, almeno al vertice, non ammette altro che accodamenti al capo, leggi Smuraglia, e coltiva il culto della personalità e della piaggeria. Ma al di là di limiti evidenti in quella organizzazione, l'ANPI, volente o nolente, riveste un ruolo, è depositaria di un patrimonio importantissimo.
E al di là dei suoi leader che possono esser considerati più o meno in grado di rappresentare tanta storia, non si può non schierarsi con la stessa contro le piccinerie del governo e dei suoi corifei.
L'attacco all'ANPI, se passasse, aprirebbe una voragine, l'ennesima, sotto la nostra storia patria, sotto l'unica recente pagina importante, sotto l'unica "rivoluzione francese" tentata in Italia: tale fu appunto la Resistenza. Naturalmente i nostri governanti neppure sanno cosa voglia dire aprire con insofferenza e leggerezza il registro storico contemporaneo e mandare all'aria la sua organizzazione popolare più importante. Non riescono a capire che mettendo a soqquadro l'ANPI si rimette in gioco l'interpretazione della nostra storia recente. Ora è chiaro che questo si può fare, sempre. La storia rimette sempre in discussione il passato. Questi cambia sempre. Ma occorrono grandi capacità e grande cultura e presenza di qualità quali non paiono proprio alla portata di giovani ragazzini e ragazzine che giocano con la storia come un bambino imbronciato. Occorre la lungimiranza dello studioso.
Sarebbe il caso che l'ANPI sapesse con chi ha veramente a che fare, sarebbe il caso che i nostri governanti fossero più circospetti e lungimiranti.
Se poi invece sanno benissimo quello che stanno facendo, allora la questione è ancora più spessa ed allora ancora di più occorre difendere l'ANPI da questi attacchi.
Prepariamoci a vincere il referendum di ottobre per ristabilire un minimo livello di democrazia nel nostro Paese, un minimo di decenza. Usiamo pure tutti gli strumenti che ci possono essere utili. Usiamo l'intelligenza.
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