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Le approfondite recensioni di Tim Howells su due libri:
Nafeez Mosaddeq Ahmed, Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi
occidentali e della Commissione “Indipendente” USA sull’11 settembre e su Al
Qaeda, Fazi Editore, 2005, Roma
Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della Nato. Operazione Gladio e
terrorismo in Europa Occidentale, Fazi Editore, 2005, Roma
La sponsorizzazione del terrorismo da parte
dei governi occidentali, terrorismo che ha come bersaglio la popolazione di
questi stessi governi, è sempre stato un argomento scottante. Sebbene alcuni
grossi scandali abbiano avuto una seppur superficiale attenzione da parte dei
media, l’argomento è stato poi rapidamente fatto sparire senza ulteriori
discussioni o investigazioni. Quindi quest’anno l’apparire di due grossi studi
su questo tema è un bel passo avanti e costituisce una lettura obbligata per
chiunque cerchi di capire gli eventi dell’11 settembre 2001 e il mondo dopo
l’11 settembre.
Questi due studi sono complementari. Gli eserciti segreti della Nato.
Operazione Gladio e terrorismo in Europa Occidentale di Daniele Ganser
riguarda il terrorismo supportato dai servizi segreti statunitensi e britannici
nell’Europa Occidentale e in Turchia tra la fine della II Guerra Mondiale e il
1985. Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della
Commissione “Indipendente” USA sull’11 settembre e su Al Qaeda di Nafeez
Mosaddeq Ahmed è la cronaca dell’attenzione e del supporto agli estremisti
islamici dato dai servizi segreti degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia dal
1979 ad oggi. Entrambi gli studi sono modelli di erudizione, meticolosamente
documentati e con un filo logico attentamente preparato, ma il quadro del mondo
che ne esce risulta inverosimile anche agli occhi dei più sfrenati maniaci
delle cospirazioni.
Creare il terrorismo “comunista” per alimentare la Guerra Fredda.
Gli eserciti segreti della Nato descrive come, dopo la fine della II
Guerra Mondiale, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, temendo un’invasione
sovietica dell’Europa, stabilirono unità paramilitari dormienti in tutta
l’Europa Occidentale e in Turchia. Se la temuta invasione sovietica si fosse
verificata, queste unità avrebbero messo in moto dei gruppi di resistenza
armata equipaggiati e addestrati, con un solido sistema di comunicazione tra
loro stesse e con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. In alcuni paesi, ad
esempio la Norvegia e la Svezia, queste unità dormienti rimasero fedeli al loro
scopo originario, rimanendo inattive fino al loro smantellamento alla fine della
Guerra Fredda. In altri paesi, tuttavia, le unità paramilitari vennero attivate
dai loro burattinai negli Stati Uniti come parte di una “Strategia della
Tensione” finalizzata a convincere in Italia, Belgio, Grecia, Turchia e altri
stati, quella parte di popolazione orientata politicamente a sinistra che le
loro vite erano messe a rischio dal terrorismo comunista. Le armi e gli ordigni
che originariamente erano state preparate per essere usate contro i sovietici
vennero invece usate contro i propri compatrioti, con lo scopo di gettare poi
la colpa dell’ondata di attacchi terroristici sui comunisti.
In Italia l’operazione dormiente venne ribattezzata Gladio (parola latina per
“Spada”). La bomba di Piazza Fontana, che causò la morte di 16 persone e il
ferimento di altre 80 poco prima del Natale del 1969, fu l’inizio di una serie
di attacchi terroristici che i membri attivi di Gladio effettuarono per tutti
gli anni ’70. La peggiore esplosione si ebbe alla stazione di Bologna nel 1980,
perirono 85 persone e ne rimasero ferite 200.
Un altro attacco di Gladio a Brescia nel 1974 uccise otto persone e ne ferì
102. Nello stesso anno un treno venne fatto oggetto di un altro attacco a Roma,
morirono 12 persone e 48 furono i feriti. Il caso che però portò alla scoperta dei
piani di Gladio da parte degli inquirenti italiani fu una bomba posta nel 1972
che uccise tre poliziotti.
Le operazioni di Gladio in Italia sono relativamente note e conosciute grazie
alle diverse investigazioni giudiziarie che hanno avuto una copertura sulla
stampa europea e sono anche stati argomento di qualche libro. Un valore
aggiunto del libro di Ganser è di raggruppare tutto questo materiale in
un’opera concisa e ben organizzata. Inoltre Genser estende i suoi studi oltre
l’Italia per esaminare gli effetti delle operazioni dormienti in tutta l’Europa
Occidentale e la Turchia.
Sono rimasto piuttosto sorpreso dall’apprendere che le operazioni dormienti più
estese e distruttive furono quelle svolte in Turchia sotto il nome in codice di
Contro-Guerrilla. Tra i diversi crimini perpetrati ci sono svariati attacchi
bomba, assassini e uccisioni causali eseguiti da agenti di Contro-Guerrilla
controllati dalla CIA alla fine degli anni ’70, utilizzati come pretesto per un
colpo di stato militare nel 1980 che portò all’insediamento di un governo
filo-americano e filo-israeliano. Mi ha lasciato stupito anche vedere come gli
agenti dormienti si siano macchiati di orrendi attacchi terroristici in Belgio
proprio alla fine della Guerra Fredda, nel 1985, sebbene questi siano ancora
poco convincentemente rinnegati dalle fonti ufficiali.
Un limite dello studio di Ganser, che egli stesso frequentemente lamenta, è la
non disponibilità di documentazione ufficiale perché tutto il materiale
relativo alle operazioni dormienti rimane top secret. Tutte le richieste del
Freedom of Information Act sono state sinora rifiutate dalle autorità
statunitensi. Si potrebbe perlomeno pensare che, dopo la fine della Guerra
Fredda, si sia rinunciato a queste strategie atroci e che i governi implicati
abbiano fatto ogni sforzo per ripulirsi e assicurarsi che fatti simili non si
ripetano. Sfortunatamente, come spiega Guerra alla verità di Nafeez
Ahmed, la Strategia della Tensione si è rivelata uno strumento così utile sia
in politica interna sia estera che, lontana dall’essere abbandonato, queste
operazioni sono diventate un luogo comune e sempre più accettate.
Creare il terrorismo “islamico” per il dopo Guerra Fredda
Lo studio di Ahmed si concentra sugli attacchi dell’11 settembre 2001, ma la
storia inizia in Afghanistan prima dell’invasione sovietica del 1979. Zbigniew
Brzezinski, al tempo consulente sulla sicurezza nazionale sotto la presidenza
di Jimmy Carter, ha descritto in un’intervista come, anche prima
dell’invasione, gli Stati Uniti avessero già iniziato a versare fondi verso i
Mujahedeen e infiammare gli animi dell’Islam più militante nella regione.
L’obiettivo era di destabilizzare la regione e costringere di conseguenza i
sovietici a invadere, attirandoli in questo modo in un pantano simile a quello
che si rivelò il Vietnam per gli USA.
Secondo Brzezinski, “non abbiamo spinto i russi ad invadere, ma abbiamo
coscientemente aumentato la possibilità che lo facessero. Questa operazione
segreta fu un’idea eccellente. L’obiettivo era di attirare i russi nella
trappola afgana.”
Dopo l’ingloriosa ritirata sovietica dall’Afghanistan, e ancor di più dopo il
crollo dell’Unione Sovietica diversi anni dopo, la politica di infiammare e
sfruttare l’estremismo islamico venne accreditata da molti all’interno
dell’establishment dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale (NSA) per questi
sviluppi storici. Ahmed ha raccolto prove incontrovertibili che gli Stati Uniti
non hanno abbandonato questa strategia dopo la fine della Guerra Fredda.
Infatti ai più alti livelli della politica statunitense si è continuato di
nascosto a proteggere, fornire assistenza e guida ai militanti islamici in
generale, e ad Al Qaeda in particolare, in diverse aree geopoliticamente molto
importanti nel mondo, tra cui l’Asia Centrale, il Nord Africa, i Balcani e le
Filippine.
È impossibile rendere giustizia alle densissime 550 pagine del libro di Ahmed
in questa sede, ma porterò alcuni esempi che reputo rappresentativi.
Il sergente Ali Mohamed si unisce ad Al Qaeda
Ali Mohamed, un agente dei servizi segreti egiziano, venne licenziato nel 1984
a causa del suo estremismo religioso. Nonostante questo e nonostante il suo
nome fosse sulla lista del Dipartimento di Stato che elencava i possibili
terroristi, gli venne garantito un visto per entrare negli USA e divenne un
cittadino statunitense. Nel 1986 era un sergente dell’esercito USA e istruttore
alla prestigiosa Special Warfare School presso Fort Bragg.
Mentre aveva questo ruolo, Mohamed viaggiò in Afghanistan per incontrarsi con
Bin laden e assistette all’addestramento di agenti di Al Qaeda sia in
Afghanistan sia negli Stati Uniti. I suoi diretti superiori a Fort Bragg sin
dall’inizio si allarmarono per queste attività illegali e fecero rapporto ai
loro superiori. Quando i loro rapporti non produssero nessun provvedimento,
nemmeno un debriefing ufficiale dopo il ritorno di Mohamed dall’Afghanistan,
almeno uno dei suoi supervisori, il luogotenente colonnello Robert Anderson,
concluse che Mohamed probabilmente faceva parte di un’operazione decisa dai
servizi segreti statunitensi, “probabilmente la CIA.”
Le attività di Mohamed in supporto di Al Qaeda attraverso tutti gli anni ’90
furono di grande peso per quell’organizzazione. Nel 1991 egli si occupò della
sicurezza per il trasferimento di Bin Laden dall’Arabia Saudita al Sudan. Nel
1993, Mohamed accompagnò il secondo in comando di Bin Laden, Ayman Al Zawahiri,
in un viaggio negli Stati Uniti per raccogliere fondi, anche questa volta si
occupò di organizzare le misure di sicurezza per il viaggio. I fondi raccolti
aiutarono Al Zawahiri in una missione nei Balcani supportata dal Pentagono, di
cui parleremo nella prossima sezione.
I membri di Al Qaeda addestrati da Mohamed negli Stati Uniti ne includono molti
che vennero successivamente incriminati perché connessi all’attacco
terroristico perpetrato ai danni del World Trade Center nel 1993. Durante il
processo vennero presentati come prove alcuni manuali di addestramento
classificati top secret e normalmente utilizzati dall’esercito americano, manuali
che Mohamed aveva fornito agli attentatori.
Mohamed stesso eseguì la sorveglianza per i bombardamenti che Al Qaeda eseguì
alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania. Al tempo Mohamed era una
riserva attiva delle Special Forces ed era un informatore pagato dell’FBI.
Mohamed venne alla fine incriminato per il suo coinvolgimento con i
bombardamenti alle ambasciate avvenuti nel 1998. Nell’ottobre del 2000 venne
incriminato per cinque capi di accusa di cospirazione volta all’assassinio di
cittadini degli Stati Uniti. Tuttavia per il tipo di contrattazione della pena
fatto da Mohamed la sentenza è stata sospesa e l’attuale luogo in cui si trova
Mohamed rimane segreto.
Il Pentagono porta Al Qaeda nei Balcani
Le alte sfere del Dipartimento di Sicurezza statunitense non persero tempo nel
cercare di replicare il successo ottenuto in Afghanistan in altre aree
geopoliticamente critiche. Il regime fantoccio sovietico instaurato in
Afghanistan cadde nel febbraio 1992. Nello stesso anno il Pentagono iniziò ad importare
i jihadisti afgani organizzati da Bin Laden in Bosnia per scatenare il caos e
alimentare la guerra civile tra musulmani e serbi che avrebbe devastato l’ex
Jugoslavia negli anni seguenti. Il secondo in comando di Bin Laden, Ayman Al
Zawahiri, prestò servizio come comandante delle forze mujahedeen nei Balcani.
Il ruolo del Pentagono nel trasportare via aerea i terroristi mujahedeen in
Bosnia e Kosovo tra il 1992 e il 1995 è stato ben documentato e ampiamente
diffuso dai media canadesi ed europei, ma quasi completamente ignorato negli
Stati Uniti. Tuttavia i vantaggi geopolitici nello smembrare l’ex nazione
sovrana della Jugoslavia in un caleidoscopio di protettorati NATO, sotto
stretto controllo degli USA, non sono passati inosservati. Jacob Heilbrunn e
Michael Lind hanno scritto nel loro articolo apparso il 2 gennaio 1996 sul New
York Times intitolato “Il Terzo Impero Americano”: “Invece di vedere la Bosnia
come la frontiera orientale della NATO, dovremmo vedere i Balcani come la
frontiera occidentale della sfera di influenza che si sta ampliando rapidamente
nel Medio Oriente… le regioni una volta sotto il controllo della Turchia
Ottomana mostrano oggi i segnali della trasformazione nel cuore di un terzo
impero americano… lo scopo principale dei paesi NATO, nel prevedibile futuro,
sarà di essere usati come appoggio per le guerre statunitensi nei Balcani, nel
Mediterraneo e nel Golfo Persico.”
La CIA porta Al Qaeda nelle Filippine
Nel 1991, con la guerra in Afghanistan che stava ormai scemando, nelle Filippine
venne costituito il gruppo terrorista Abu Sayyaf attorno ad un gruppo di
veterani afgani estremisti. Questi condussero la loro prima operazione di
rapimento nel 1992 e furono successivamente autori di una serie di attacchi
bomba e rapimenti lungo tutti gli anni ’90, azioni altamente destabilizzanti
per il governo filippino. Diversi agenti di alto livello di Al Qaeda, incluso
Ramzi Yousef e Khalid Shaikh Mohammed, erano coinvolti. I fondi erano forniti
da uno dei cognati di Bin Laden, Mohammed Jamal Khalifa, un figura importante
nel finanziamento di operazioni di Al Qaeda su scala mondiale.
Ahmed cita diverse fonti autorevoli, incluso l’agente dei servizi segreti
filippino Rene Jarque, il Luogotenente Colonnello Ricardo Morales e il senatore
Aquilino Q. Pimentel, per mostrare come il gruppo Abu Sayyaf abbia ricevuto
assistenza speciale e protezione sia dall’esercito filippino sia da quello
statunitense. Pimentel, in un discorso al Senato nel luglio 2000, ha accusato
la CIA di aver creato l’organizzazione terroristica con l’aiuto dei loro
contatti nell’esercito filippino e nelle comunità dei servizi segreti.
Due incidenti in particolare hanno portato alla luce la connivenza degli Stati
Uniti con il regno di terrore di Abu Sayyaf al di là di ogni ragionevole
dubbio. Nel dicembre 1994, Khalifa venne arrestato durante un soggiorno a San
Francisco per violazioni alle leggi sull’immigrazione. L’FBI era a conoscenza
dei suoi legami con il gruppo Abu Sayyaf e Al Qaeda e iniziò quindi a
investigare sulle sue attività. Gli avvocati di Khalifa cercarono di portare ad
uno stato di stallo l’investigazione e iniziarono i preparativi per
un’estradizione in Giordania. Incredibilmente arrivò a Khalifa dell’aiuto
dall’alto. Il Segretario di Stato Warren Christopher scrisse personalmente una
lettera di tre pagine al Procuratore Generale Janet Reno chiedendo che venisse
approvata la richiesta di estradizione. Conformemente a quanto descritto
sinora, l’investigazione dell’FBI venne cancellata e Khalifa venne spedito in Giordania
secondo sua esplicita richiesta, dove – dopo pochi giorni – era nuovamente un
uomo libero.
Il secondo incidente è ancora più straordinario e rivelatore. Michael Meiring,
un cittadino americano, arrivò nelle Filippine nel 1992 e subitaneamente instaurò
stretti rapporti di lavoro sia con alti ufficiali del governo locale sia con i
leader ribelli del gruppo Abu Sayyaf. Nel 2002, nel bel mezzo dell’ondata di
attacchi bomba di Abu Sayyaf, Meiring accidentalmente fece esplodere una bomba
nella sua camera di albergo a Mindao, causandosi ferite gravi che richiesero un
immediato ricovero ospedaliero. Le autorità statunitensi intervennero
immediatamente. Agenti dell’FBI e “agenti del National Security Council” lo
portarono via dalla sua stanza d’ospedale, per portarlo prima in un ospedale a
Manila, dove Meiring venne tenuto in completo isolamento e curato da un dottore
fatto intervenire direttamente dall’ambasciata statunitense. Poi Meiring venne
rimpatriato in tutta fretta negli Stati Uniti. Come Ali Mohamed, il suo destino
e la sua attuale dislocazione nel paese sono del tutto ignoti. Numerosi
tentativi per riportarlo nelle Filippine perché venisse processato sono stati
bloccati dalle autorità statunitensi.
I motivi del supporto americano al terrorismo nelle Filippine non sono
difficili da comprendere. Nel 1991, lo stesso anno in cui Abu Sayyaf venne
formato, il senato delle Filippine votò per chiudere tutte le basi militari
statunitensi sul loro territorio, un’azione che aveva implicazioni profonde per
la posizione militare strategica degli USA nell’Asia del Sud. Nel 2002, a causa
degli effetti destabilizzanti delle operazioni di Abu Sayyaf, l’esercito
statunitense venne invitato a tornare nel paese per partecipare all’operazione
Balikatan (“spalla a spalla”), un’operazione militare congiunta tra Filippine e
Stati Uniti con lo scopo di eliminare il terrorismo. Queste operazioni
richiesero la non applicazione di alcuni articoli della Costituzione delle
Filippine, che proibisce ad eserciti stranieri di operare sul suolo filippino.
Una volta ancora Al Qaeda, con l’aiuto dei suoi amici americani, ha agito per
portare avanti gli interessi geo-strategici degli Stati Uniti.
Il Grande Progetto
Gli esempi qui sopra non sono delle anomalie isolate. Il cuore del bel libro di
Ahmed è dedicato all’esposizione di una serie di prove che consegnano un quadro
finale che ha dello straordinario. Come egli afferma nella sua conclusione,
“non solo la strategia utilizzata nella nuova ‘Guerra al Terrore’ sembra
causare il terrorismo, ma una delle dimensioni che compongono questa strategia
è la protezione di personaggi chiave colpevoli di supporto finanziario,
logistico e militare al terrorismo internazionale.”
E poi c’è l’11 settembre…
Ma che dire degli attacchi dell’11 settembre rivolti verso se stessi?
Si è forse solo trattato di un ritorno di fiamma? Cioè una conseguenza non
voluta avvenuta in casa propria di un’operazione di copertura straniera? Oppure
è parte integrante della Strategia della Tensione? Basandosi in parte su un’analisi
degli allerta diffusi dai servizi segreti sugli attacchi e sull’assenza di una
qualsiasi controffensiva aerea, Ahmed sposa con forza la seconda ipotesi. Egli
rivisita le dozzine di specifici dispacci di allerta, domestici e
internazionali, risalenti a mesi prima dell’11 settembre, riguardo possibili
attacchi terroristici negli Stati Uniti utilizzando aerei di linea. Questi
allarmi portarono ad allerta emessi da funzionari dei servizi segreti a
ufficiali del Pentagono e ad altri, tra cui lo scrittore Salman Rushdie e il
sindaco di San Francisco Willie Brown, in cui si comunicava di cancellare
qualsiasi volo di linea nella data dell’11 settembre 2001. Nel frattempo però
nessuna azione venne intrapresa per avvisare o proteggere i cittadini
statunitensi.
Ahmed sottolinea che le autorità competenti al Pentagono e presso la Federal
Aviation Administration hanno descritto in maniera contraddittoria le azioni
intraprese in quel giorno, ogni resoconto successivo sembrava un modo per
rimediare ai buchi di quello precedente. E, ad oggi, non c’è stato ancora
nessun giustificazione accettabile che spieghi perché non si sia riusciti ad
intercettare nessuno dei quattro aerei coinvolti nell’attentato. In circostanze
normali, l’intercettazione di un aereo dirottato da parte dei caccia militari
sarebbe stata la normalissima routine; questo tipo di intercettazioni sono
state eseguite perlomeno 56 volte nell’anno precedente l’11 settembre 2001.
Ahmed sottolinea ancora che è stato permesso che gli attacchi “potessero essere
eseguiti del tutto non ostacolati per più di un’ora e mezza nello spazio aereo
più controllato del mondo.” Egli ritiene che l’ipotesi che ciò sia avvenuto per
semplice negligenza non possa essere creduto. Invece argomenta che deve esserci
stato un deliberato “nulla osta” del sistema di difesa aerea deciso da alti
funzionari del servizio di sicurezza nazionale, tra di essi il Vice Presidente
e il Segretario della Difesa.
Il futuro della Strategia della Tensione
I libri qui recensiti documentano una continuità storica e di intenti negli
ultimi 40 anni da parte degli Stati Uniti e di altri governi nell’incoraggiare
e nel manipolare il terrorismo per i propri fini. Le organizzazioni
terroristiche sono state usate per destabilizzare governi scomodi in tutto il
mondo e per seminare il caos, che sarebbe poi potuto servire come pretesto per
un intervento militare.
Ancor più importante, il terrorismo è utilizzato per creare un’atmosfera di
crisi entro i propri confini, sotto la cui coltre passano impuniti i crimini e
le attività di corruzione dei membri dell’establishment, le libertà civili sono
calpestate con leggerezza e su false basi e motivi vengono dichiarate guerre di
enorme portata. Sebbene al momento sembri non esserci nessun indizio che porti
a pensare che i maestri del terrore a Washington possano riconsiderare le loro
tattiche, la pubblicazione quest’anno di questi due libri rivelatori fa nascere
la speranza che la Strategia della Tensione, che può solo prosperare nel buio e
nella confusione, debba infine essere abbandonata.
Tim Howells Fonte:
www.onlinejournal.com
Link: http://www.onlinejournal.com/artman/publish/article_277.shtml 28.11.05