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- osservatorio - mondo - politica e società - 08-06-09 - n. 277
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Le sfide del continente nella Giornata della Liberazione dell'Africa
di Abayomi Azikiwe - Editor, Pan African News Wire
31/05/2009
Il 25 maggio di quest'anno coincide con il 46° Anniversario dalla fondazione dell'Organizzazione dell'Unità Africana (OUA) ad Addis Abeba, Etiopia. Nel 1963 oltre trenta stati costituivano questo organismo continentale nel pieno dello sviluppo delle lotte di indipendenza. Ogni anno la data del 25 maggio è celebrata nel continente e nel mondo come "Africa Day" o "La Giornata della Liberazione dell'Africa".
La creazione dell'OUA ha rappresentato il culmine della resistenza contro il sistema schiavistico imposto dall'Europa dal 15° secolo. Nel corso del 20° secolo, dopo numerose rivolte per la libertà e l'autodeterminazione del popolo africano, i movimenti di liberazione nazionale hanno acquistato un carattere di massa, accelerando il passo verso l'indipendenza dal colonialismo.
Nel contempo, nei Caraibi e negli Stati Uniti venivano ingaggiate lotte di massa per l'autodeterminazione, l'indipendenza e la parità, tra cui le lotte per i diritti civili negli Stati Uniti. Le origini del pensiero di "comunità" tra i Neri, ha preso corpo nell'emisfero occidentale, discendendo dalle sollevazioni contro la schiavitù e per l'autodeterminazione da parte della popolazione africana nelle varie colonie nelle Americhe.
Kwame Nkrumah è stato il primo ministro e presidente del Ghana, il primo Stato a raggiungere l'indipendenza nazionale a sud del Sahara. In un opuscolo pubblicato nel 1968 dal titolo The Specter of Black Power (ristampato nel 1973 in Revolutionary Path), Nkrumah scriveva: "Il Panafricanismo trae le sue origini nella lotta di liberazione degli afroamericani, espressione delle aspirazioni dei popoli africani e della loro discendenza. Dalla prima Conferenza panafricana, tenutasi a Londra nel 1900, fino alla quinta e ultima Conferenza svoltasi a Manchester (Regno Unito) nel 1945, gli afroamericani sono stati forza motrice del movimento. Il Panafricanismo si è poi spostato in Africa, sua dimora naturale, con l'organizzazione della Prima Conferenza degli Stati africani indipendenti di Accra (Ghana) nel mese di aprile 1958, e la Conferenza di tutti i Popoli Africani del dicembre dello stesso anno".
Nello medesimo opuscolo Nkrumah prosegue richiamando l'attenzione su alcune delle figure di spicco della lotta che hanno svolto un ruolo di primo piano nella costruzione del movimento mondiale per la liberazione e l'unità. Egli osserva: "Il lavoro dei primi pionieri del Panafricanismo, Sylvester Williams, Dr. W.E.B. Dubois, Marcus Garvey e George Padmore, dei quali nessuno nato nel continente nero, ha valore inestimabile nella storia dell'Africa. È significativo che due di loro, il Dr. Dubois e George Padmore, si stabilirono su mio invito in Ghana. Dubois morì, secondo il suo stesso desiderio, in terra africana, mentre lavorava ad Accra all'Enciclopedia Africana. George Padmore è diventato il mio consigliere per gli affari africani, e ha trascorso gli ultimi anni della sua vita in Ghana, per aiutare la lotta rivoluzionaria per l'unità africana e il socialismo".
Nel febbraio 1966, il governo ganese di Kwame Nkrumah di orientamento socialista fu rovesciato con il sostegno degli imperialisti statunitensi. Trasferitosi in Guinea dove fu nominato co-presidente con Ahmed Sékou Touré, Nkrumah giunse alla conclusione che l'OUA non avrebbe potuto compiere la sua missione fino a quando l'imperialismo degli Stati Uniti avesse mantenuto la sua influenza sul continente.
Nkrumah ha scritto nel 1968: "L'Organizzazione per l'Unità Africana è praticamente inutile a causa delle macchinazioni neocoloniali e dei loro fantocci. Viene preservata la sua esistenza, relegandola ad un ruolo innocuo, nella speranza che ciò possa ritardare la formazione di un'organizzazione panafricana realmente efficace e che conduca a una reale unificazione politica. Viene incoraggiata la formazione di organizzazioni economiche regionali africane, nella certezza che senza coesione politica saranno inefficaci e serviranno a rafforzare, e non indebolire, lo sfruttamento e il dominio neocolonialista". (Introduzione a The Specter of Black Power)
Le sfide dell'Unione Africana oggi
Nel 2002 gli Stati membri dell'Organizzazione per l'Unità Africana decisero di ridar vigore all'organismo continentale, accogliendo molti degli obiettivi che Nkrumah aveva anticipato nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. L'OUA è stata quindi rinominata in Unione Africana (UA), con gli obiettivi dichiarati di formare un sistema monetario e parlamentare, una forza di pace, di raggiungere una maggiore integrazione economica e commerciale, ecc. Fu costituito un Parlamento panafricano con sede nella Repubblica del Sudafrica.
L'Unione Africana ha anche nominato un suo rappresentante permanente per gli Stati Uniti, la signora Amina Salum Ali, che lavora nei dintorni di Washington, DC. Ali, della Tanzania, ha recentemente visitato la città di Detroit, dove ha parlato alla Wayne State University. Nel corso della conferenza e nella successiva intervista per Pan-African News Wire, Ali ha sottolineato la necessità del continente di superare l'eredità della schiavitù e del colonialismo.
L'ambasciatrice ha dichiarato che l'Unione Africana "sta attuando un piano triennale strategico (2009-2012) centrato, come conseguenza dei molteplici conflitti in atto sul continente, sulla pace e la sicurezza. L'Unione africana sta sviluppando linee guida in questo senso, nonché una Stand-by Force e una Forza a rapido intervento militare. Inoltre, l'Unione Africana ha istituito un "gruppo dei saggi" composto da ex capi di Stato che intervengano per risolvere i conflitti".
Con specifico riferimento alla condizione femminile in Africa, Ali ha dichiarato: "Le donne devono acquisire emancipazione, elemento fondamentale per l'attuazione degli obiettivi dell'Unione Africana. La UA ha adottato una dichiarazione sui diritti delle donne che si pone come obiettivo il raggiungimento paritario della rappresentanza femminile nel governo sia nell'ambito legislativo che esecutivo. La dichiarazione sui diritti delle donne investe anche l'accesso all'istruzione, l'assistenza sanitaria e il contrasto alla violenza basata sul genere".
Per quanto riguarda lo sviluppo economico, l'ambasciatrice dell'Unione Africana ha detto: "l'integrazione continentale deve creare un mercato comune. Dobbiamo poter accedere e far circolare le merci, i servizi e la conoscenza. L'eredità del colonialismo ci condanna al ruolo di fornitori di materie prime. Abbiamo bisogno di sviluppare una infrastruttura interna: trasporti, telecomunicazioni e autostrade. Nonostante il potenziale esistente nella produzione di petrolio, gas naturale ed energia geotermica, l'Africa importa 28 miliardi di dollari di prodotti agricoli ogni anno".
Ali ha continuato ricordando che "Alcuni paesi africani hanno fatto molto bene nel corso degli ultimi tre anni. Tuttavia, la crisi economica mondiale ha avuto ripercussioni sul continente con il calo dei prezzi delle materie prime e del turismo. E' giunto il momento di cercare un maggiore coinvolgimento negli affari mondiali".
Per quanto riguarda la storia post-coloniale dell'Africa, Ali ha detto che: "La guerra fredda ha avuto un grande impatto sul continente e negli anni successivi le politiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale non sono state proficue. E' necessaria una riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite poiché l'Africa non ha alcun rappresentante permanente. Il G20 conta un solo Stato africano, il Sudfrica".
Quando le abbiamo chiesto del coinvolgimento militare degli Stati Uniti nel continente africano, Ali ha commentato che "L'Africa Command (AFRICOM) è stata realizzata senza una reale consultazione dei vari Stati. L'Unione Africana ritiene che gli Stati Uniti possano sostenere le forze africane di interposizione ma che le truppe non debbano acquartierarsi sul continente".
L'ambasciatrice ha inoltre rilevato che gli Stati Uniti hanno già rapporti con vari Stati africani, per esempio con la nazione di Gibuti nel Corno d'Africa, paese in cui alloggiano truppe statunitensi.
Riguardo le relazioni tra lo Zimbabwe e gli USA, Ali ha rilevato che l'Unione Africana sostiene il nuovo governo di unità dello Zimbabwe e ritiene che debbano essere revocate le sanzioni. L'Unione Africana sollecita il dialogo tra lo Zimbabwe e l'amministrazione Obama.
L'ininterrotto problema dell'interferenza statunitense
Forse la situazione più difficile che l'Unione Africana deve affrontare oggi ruota attorno alla missione in Somalia (AMISOM). Al momento il governo americano riposizionato 4.000 soldati provenienti dall'Uganda e dal Burundi come forza di interposizione in Somalia. Il Governo Federale di Transizione (TFG) in Somalia è sotto l'attacco dei movimenti di resistenza Al-Shabab e Hisbul Islam, i quali hanno rifiutato di riconoscere il regime appoggiato dagli USA a causa dell'ininterrotta presenza delle forze AMISOM.
E' documentato che gli Stati Uniti hanno elargito oltre 160 milioni di dollari per finanziare AMISOM e per la formazione di un nuovo esercito nazionale e della guardia costiera in Somalia. Eppure, la lotta tra Al-Shabab e Hisbul Islam contro AMISOM e il TFG si è intensificata. All'inizio di maggio le forze della resistenza hanno preso diversi settori chiave a nord della capitale di Mogadiscio. Il 22 maggio le forze AMISOM hanno lanciato quello che è stato descritto come un contrattacco per recuperare le aree sotto il controllo della resistenza attorno la capitale.
Prima della costituzione del nuovo governo di transizione a gennaio, i Somali da due anni erano impegnati in una lotta contro l'invasione e l'occupazione delle truppe etiopi sostenute dagli USA. Gli Stati Uniti si erano opposti alla crescente influenza dell'Unione delle Corti Islamiche (ICU) nel corso del 2006 e, di conseguenza, avevano incoraggiato l'Etiopia a occupare il paese. Nello sforzo di contrastare il fallimento della missione etiope, gli Stati Uniti hanno cercato successivamente di coltivare relazioni con l'ICU, provocando una sua spaccatura tra moderati e radicali.
Anche se la posizione ufficiale dell'Unione Africana è di sostegno al TFG, la maggior parte dei paesi africani non ha inviato truppe per AMISOM, lasciando campo aperto ai governi africani di Uganda e Burundi, sostenuti dagli USA. Sono loro che costituendo la cosiddetta forza di interposizione che ha assunto azioni sempre più aggressive contro il popolo della Somalia.
Questo dilemma politico per l'Unione Africana può essere risolto solo attraverso la consultazione delle varie forze che operano in Somalia. Finché gli Stati Uniti continueranno a sostenere e finanziare una soluzione militare che tende a escludere i movimenti di resistenza all'interno del paese, non vi saranno accordi di pace duraturi. Storicamente l'intervento degli Stati Uniti in Somalia e nel Corno d'Africa ha creato più di instabilità per la popolazione della regione.
Oggi gli Stati Uniti e l'Unione Europea inviano navi da guerra verso il Golfo di Aden e nell'Oceano Indiano al largo delle coste della Somalia e degli altri Stati dell'area. Questa massiccia presenza di flotte di una serie di paesi imperialisti rappresenta una chiara minaccia per la sovranità e gli sforzi di sviluppo del continente africano.
Come Kwame Nkrumah aveva affermato nel suo discorso alla fondazione dell'OUA, nel 1963: "Molti Stati africani indipendenti, sono coinvolti in trattati militari con le ex potenze coloniali. La stabilità e la sicurezza che questi patti tentano di stabilire sono illusorie, perché le potenze occidentali non mancano l'opportunità di sostenere il controllo neocoloniale attraverso il coinvolgimento militare diretto. Abbiamo visto come i neocolonialisti usano le loro basi per radicarsi e anche per sferrare attacchi contro i vicini Stati indipendenti. Queste basi costituiscono centri di tensione e potenziali e pericolosi detonatori di conflitti armati".
Nkrumah in questo stesso discorso aveva sottolineato come la presenza di basi militari imperialiste in Africa "minacciano la sicurezza non solo del paese in cui si trovano, ma anche dei paesi vicini. Come possiamo sperare di fare dell'Africa una zona denuclearizzata e indipendente dalla pressione della guerra fredda se il nostro continente ospita un tale coinvolgimento militare? Solo contrapponendo una comune difesa, ispirata dal desiderio unitario di un'Africa libera dall'influenza straniera e dalla presenza militare e nucleare. Ciò richiederà la costituzione di un Alto Comando di tutti gli Stati africani, soprattutto laddove vengono revocati i patti militari con gli imperialisti. E' l'unico modo in cui possiamo spezzare i legami con il colonialismo del passato e il neocolonialismo presente che sconvolge il nostro presente".
Pertanto, è necessario per l'Africa rompere con l'ininterrotta influenza e il dominio coloniale e imperialista nello sforzo di realizzare una vera e propria indipendenza. L'indipendenza può essere realizzata solo nell'ambito di un sistema socialista in cui la ricchezza del continente e la sua enorme capacità di lavoro possa essere usata a vantaggio dei lavoratori e degli agricoltori del continente.