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- osservatorio - mondo - politica e società - 23-04-15 - n. 541
America latina e Stati Uniti: Una relazione asimmetrica
Vertice dei popoli, Università di Panamá, 10 aprile 2015.
Tavolo 1: "America Latina: Regione di pace assediata dagli Stati Uniti"
Marco A. Gandásegui *| alainet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
11/04/2015
Le relazioni tra America latina e Stati Uniti sono in una fase di cambiamento molto rapido. A differenza delle relazioni tra le due regioni che caratterizzarono gran parte dei secoli XIX e XX, tutto indica che quello che caratterizzerà il presente secolo, lascerà un segno differente. Tra il 1800, fino alla fine del secolo scorso, il ruolo degli Stati Uniti nella regione latinoamericana era in fase ascendente. Durante quei due secoli si appropriarono di enormi territori, investirono in imprese agro estrattive con enormi vantaggi, formarono solide alleanze con le oligarchie che si consolidarono nel potere locale dopo le guerre di indipendenza e seminarono le loro basi militari nel continente.
Il successo nordamericano sul continente sperimentò puntualmente delle interruzioni, in quei due secoli. La più significativa, senza dubbio, fu la Rivoluzione cubana, che non mise in discussione solo il potere economico e politico di Washington sull'isola, ma sfidò anche l'egemonia culturale e rivendicò la dignità non solo di Cuba, ma di tutto il continente. Altre esperienze come la Rivoluzione messicana, l'Unità Popolare cilena o il Justicialismo argentino - tra le altre - furono scintille che col tempo vennero schiacciate dalla forza militare statunitense.
Tuttavia, dal 1990 l'America latina ha cominciato a vivere un nuovo periodo durante il quale è stata messa sempre più volte in discussione l'egemonia degli Stati Uniti. La Rivoluzione bolivariana del Venezuela, la rivoluzione cittadina in Ecuador, lo Stato multiculturale della Bolivia si sono uniti a Cuba per formare una solida Alleanza che potesse affrontare Washington: l'ALBA. Questo nucleo di paesi ha trovato governi amici nel Nicaragua, Argentina, Uruguay e Brasile, costituendo un blocco storico capace di frenare le ambizioni smisurate di saccheggio economico da parte statunitense nella regione.
Forse il momento clou della nuova correlazione di forze è stato nel 2005 con il Vertice delle Americhe a Mar del Plata, quando sotto la guida del presidente venezuelano Hugo Chavez, l'America Latina ha sconfitto il progetto ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe) ideato da Washington. Gli Stati Uniti notarono il cambiamento nella correlazione di forze e cominciarono a sviluppare un'alternativa per affrontare il blocco latinoamericano che si stava consolidando.
Gli USA stanno perdendo i loro vantaggi economici nella regione. Non sono grandi estrattori ed importatori di materie prime dell'America latina. Neanche grandi esportatori di macchinari e tecnologia. Di conseguenza, stanno perdendo la loro influenza politica e molti governi della regione stanno cercando soluzioni che siano a vantaggio dei propri interessi. Dal punto di vista culturale, gli Stati Uniti conservano ancora la loro egemonia ideologica sulla base del loro controllo sulle istituzioni chiave, nella riproduzione delle credenze fondamentali della gente. Infine mantengono il loro dominio militare, rappresentato da una serie di basi militari in tutto il continente e dalla vendita di armi.
Vediamo di seguito che cosa è stata la strategia di Washington nel decennio tra il 2005 e il 2015 per conservare il dominio nell'emisfero. In primo luogo esamineremo i cambiamenti che ha sperimentato l'economia nordamericana e la sua relazione con l'America latina. In secondo luogo cercheremo le chiavi che spieghino i cambiamenti politici che caratterizzano attualmente le relazioni tra le due regioni. In terzo luogo, si vedrà come si è sgretolata parzialmente l'egemonia culturale costruita in un secolo e mezzo dagli USA. Infine, data la situazione mutata in campo economico e politico, Washington è ricorsa all'arma che continua ancora ad essere il suo asso nella manica: la carta militare.
L'accumulazione capitalista
Gli Stati Uniti sottomettono agli inizi del XIX secolo i paesi del Gran Caribe ad una politica di sfruttamento agro-estrattivo che si estenderà al resto della regione prima che finisca il secolo. A partire dal 1930 impongono la loro politica di industrializzazione mediante la sostituzione di importazioni, trasformandosi nel principale esportatore di tecnologia. Il collasso del modello produce una crisi profonda nell'economia statunitense, che la trasforma in una macchina specializzata in depredare i paesi della regione delle ricchezze. Nell'orizzonte emerge la Cina con la sua politica indirizzata a rimpiazzare gli Stati Uniti come 'compratore' agro-minerario.
Dalla fine della guerra civile nordamericana, 1860 -1865, fino alla fine del XX secolo, la crescita economica degli Stati Uniti è stata costante e spettacolare. Si possono considerare le grandi recessioni capitaliste del 1870 e del 1929, rispettivamente, come crisi di riaccomodamento della forma di accumulazione. Da una piccola potenza dell'epoca di un secolo e mezzo fa, si trasformò nella potenza capitalista egemonica nel XX secolo.
Questo salto lo fece sulla base dello sfruttamento di una massa lavorativa concentrata in un paese continentale, che è riuscita a sottomettere il mondo che gli ha fornito le materie prime e la manodopera richiesta dalla sua crescita industriale. Allo stesso tempo, è riuscita a costruire un impero finanziario che aveva tentacoli in ogni continente.
Per accumulare le ricchezze generate da una crescente classe operaia, gli Stati Uniti si lanciarono in prima istanza - secolo XIX - alla conquista del Messico e del Gran Caribe. I territori messicani annessi all'Unione e le ricchezze minerarie del paese azteco, alimentarono l'industria nordamericana. I Caraibi e il Centro America furono generosi nel fornire cibo per i lavoratori industriali del nord. Allo stesso tempo, Panama aprì il suo angusto istmo, affinché il vigoroso 'Est' nordamericano si unisse all 'Ovest'.
L'industrializzazione nordamericana sembrava instancabile ed insaziabile. Gli Stati Uniti non si appropriarono solo delle risorse naturali e delle ricchezze, neutralizzarono anche e distrussero ogni sforzo delle classi produttive del Messico e dei Caraibi, per spingere il proprio sviluppo ed emergere come concorrenti. Nel caso del Sud America, gli USA agirono allo stesso modo, soppiantando le incursioni precedenti della Gran Bretagna. In pochi decenni riuscirono ad impadronirsi delle materie prime della regione e sottomettere tutti i paesi al loro sistema finanziario.
I grandi industriali nordamericani investivano in America latina, con finanziamento di Wall Street e con l'intervento militare del governo a Washington. Mentre gli Stati Uniti accumulavano sulla base dello sfruttamento degli operai nordamericani e del super-sfruttamento dei lavoratori latinoamericani, i paesi della regione diventavano più dipendenti. La dialettica generava sempre più ricchezza in un polo e più povertà nell'altro.
La Rivoluzione cubana nel 1959 fu il primo segno di ribellione di fronte a questa logica perversa. Come punizione, il blocco statunitense dell'accesso dell'economia cubana al mercato mondiale. La politica neo-liberale, finanziamento dell'economia nordamericana, a partire dagli anni 70, ebbe effetti disastrosi per l'America Latina. Il cosiddetto 'decennio perduto' 1980, ha colpito il continente che cercava di adattarsi senza successo ai cambiamenti di modello di accumulazione degli Stati Uniti. Nel decennio 1990 la nuova politica neoliberale diede ossigeno alle economie capitaliste latinoamericane iniziando un processo di trasferimento di ricchezze dai lavoratori (90 percento della popolazione), ad una piccola minoranza formata dalle oligarchie e dai loro soci.
Il modello basato sul lavoro flessibile, la deregolamentazione e la privatizzazione riuscì a produrre un 'boom' che durò cinque anni, in alcuni casi dieci. Tuttavia, rapidamente si sgonfiò e provocò riflusso in tutti i paesi. Dove più si sentì la sferzata, fu in paesi come Argentina, Bolivia, Brasile, Ecuador e Venezuela. Governi populisti, alleanze operaio-borghesi, arrivarono al potere e scoprirono che gli USA non rappresentavano una via d'uscita alla crisi economica che avevano ereditato dei neoliberisti.
Allo stesso tempo, alla fine degli anni 90 e all'inizio del primo decennio del XXI secolo, cominciò ad emergere con inusitata forza, l'economia della Cina. Per una serie di circostanze, riuscì a generare una crescita industriale poche volte vista nel passato capitalista. Come Gran Bretagna, USA, Germania e Giappone, nel suo momento, la Cina era affamata di materie prime per alimentare le sue industrie ed i suoi lavoratori. In America latina trovò una regione disposta ad iniziare uno scambio che avrebbe fatto bene ad entrambi. In cambio di materie prime, la Cina inviava agli esportatori dollari nordamericani.
Le oligarchie latinoamericane continuarono ad accumulare sulla base della dialettica della dipendenza. Tuttavia, i governi 'populisti' compresero che dovevano generare programmi di aiuto ai settori più impoveriti, per contenere le proteste.
La dominazione politica
Politicamente gli Stati Uniti hanno perso gran parte della loro capacità di manovra contro i popoli latinoamericani. I loro alleati oligarchi, con poche eccezioni, sono diventati dei pesi senza la volontà di condurre una lotta contro i popoli. I paesi dell'Alba, espressioni come la CELAC e le sconfitte che soffrono gli Stati Uniti nelle loro guerre in Colombia e Messico, sono esempi della perdita di egemonia. Nel caso del Venezuela si pone come unica uscita la destabilizzazione, la 'guerra soft' e finalmente il colpo di stato militare.
Gli Stati Uniti riuscirono a sottomettere i paesi della regione latinoamericana sulla base di una strategia che poneva un settore dell'oligarchia in lotta contro un altro. Quando era conveniente ai propri interessi mobilitava le forze popolari: artigiani, contadini, operai e/o classi medie. I conservatori con la Chiesa cattolica come alleata, affrontavano i liberali ed i loro quadri massoni, mentre gli Stati Uniti consolidavano posizioni dentro la struttura politica. Quando Washington dava priorità ai suoi interessi minerari, si alleava ai liberali nemici dei proprietari terrieri conservatori.
Bolivar nel 1825 annunciò le intenzioni statunitensi nella Carta della Giamaica. Un anno dopo era enfatico nei suoi colloqui con Santander sulla non convenienza di invitare Washington al Congresso Anfizionico che si celebrò nella città di Panama.
Nel 1888 Washington convocò una riunione 'Panamericana' per appianare la strada e che gli permettesse di trasformarsi in asse commerciale in tutta la regione. Dopo la Seconda guerra mondiale sottomise tutti i paesi, non senza qualche protesta, ai dettati dell'Organizzazione degli Stati Americani (OEA). Per assicurare la sua egemonia politica nel mondo, particolarmente in America latina, sollevò la minaccia dell'Unione Sovietica. Mediante questa strategia, insieme ai suoi alleati oligarchici nella regione, organizzò un sistema politico che gli permise di reprimere e subordinare i lavoratori, specialmente operai e contadini, per super sfruttarli.
La resistenza ai piani di dominazione nordamericana da parte dei paesi latinoamericani obbligò gli USA ad imporre dittature militari per continuare strappare profitti straordinari della regione. Cuba fu l'unico paese latinoamericano nel XX secolo, che riuscì a liberarsi del giogo politico delle grandi corporazioni nordamericane e dei militari locali.
La crisi del capitalismo nordamericano e del modello neoliberale alla fine del XX secolo, produssero un cambiamento nell'ordinamento politico. Alla nuova correlazione di forze contribuì il collasso dell'esperimento sovietico in Europa. Una nuova oligarchia finanziaria si impadronì dello Stato e dei partiti politici, tanto di destra, che di sinistra. Il PRI (Messico), PS (Cile), Partito Giustizialista (Argentina), PSDB (Brasile), PRD (Panama) ed altri, assunsero il progetto neoliberale come soluzione unica ai problemi della regione. Hanno gareggiato per il favore delle imprese e dei loro clienti elettorali, nelle campagne elettorali.
Questo quadro venne sgretolato quando apparvero, sotto il vuoto creato dalla vecchia 'sinistra' , il PT (Brasile), l'ala sinistra del Giustizialismo (Argentina), la Nuovo República/PSUV (Venezuela), il Movimento Cittadino (Ecuador) ed il Fronte Ampio (Uruguay).
In Centro America, i fronti militari di liberazione nazionale dei decenni 70 e 80 - FSLN e FMLN - arrivarono al potere mediante elezioni agli inizi del XXI secolo.
I paesi dell'Alba riuscirono a mantenere, nonostante gli attacchi statunitensi, un fronte comune, con molta autonomia. Invece, le altre sinistre al potere dovettero negoziare con Washington per conservare gli spazi necessari per continuare a governare.
Gli Stati Uniti non abbandonarono le loro tattiche golpiste. Nel 2007 toccò a Mel Zelaya in Honduras ed allo stesso modo a Lugo nel 2012 in Paraguay. Nel 2002 organizzano un colpo militare-corporativo (frustrato) contro il presidente Chávez in Venezuela. Da quella data gli Stati Uniti non hanno smesso di destabilizzare e minacciare con interventi militari il governo venezuelano presieduto da Nicolás Maduro.
I golpe militari statunitensi in America latina rappresentano cambiamenti radicali nella correlazione di forze. Nel XX secolo ebbero tre assi. Il primo fu nella prima metà di quel secolo, quando collassò il sistema capitalista mondiale, con la recessione e gli USA vollero assicurare la loro dominazione. Durante la Seconda guerra il mondiale manovrarono per conservare la regione come fornitore di materie prime e beni industriali per lo sforzo bellico. Il terzo momento fu conseguenza dell'ondata di movimenti di un proletariato maturo, che scosse le fondamenta politiche della regione e fu soffocato violentemente a partire dal decennio1960.
Gli Stati Uniti hanno anche fatto ricorso a omicidi per sbarazzarsi di leader politici che minacciavano la loro egemonia: Gaitán in Colombia, Jaime Roldós in Ecuador, Torrijos a Panama, Allende in Cile e probabilmente Chávez in Venezuela.
L'egemonia culturale
Il consumismo è l'ideologia che riesce a mantenere la coesione sociale negli Stati Uniti, in America latina e nel resto del mondo. Il consumismo è l'ideologia del sistema capitalista, che gli permette di mantenere il controllo sulla popolazione. Da una parte, il consumismo eguaglia tutti i membri della società capitalista trasformandoli in aspiranti ad essere parti del mercato. D'altra parte, il consumismo crea condizioni per promuovere la concorrenza tra individui. Il risultato più completo del consumismo è la sua capacità di eliminare le linee di classe, che sono la preoccupazione principale dei settori dominanti.
Il consumismo ha due basi chiave affinché possa funzionare. Da una parte, i lavoratori salariati. Senza questa classe di lavoratori, il consumismo si riduce ad un piccolo circolo di redditieri e capitalisti. Il consumismo, nella terminologia della classe dominante, produce una 'classe media'. Il consumatore di merci, prodotte per i lavoratori salariati, è membro della 'classe media'. Non importa da che settore della società provenga.
Inoltre, il consumismo richiede una poderosa macchina pubblicitaria che divulghi quali sono le merci in offerta ed inoltre stimoli il consumo da parte dei lavoratori. Il consumo deve superare l'entrata dei lavoratori, il salario, per creare un'economia virtuale basata sul debito e la speculazione.
Gli Stati Uniti riuscirono a creare questa economia basata su strumenti speculativi agli inizi del XX secolo. Consolidarono il modello nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale (1945 -1975). A partire da quest'ultima data iniziò la costruzione di un'economia virtuale mediante la subordinazione del settore, produttivo, del capitalismo, al settore delle finanze, speculativo.
Il mondo e l'America latina sono stati oggetto di un processo di finanziamento delle proprie economie. Nel XIX secolo la penetrazione del capitalismo nordamericano creò un mercato agro-minerario di enormi dimensioni. Successivamente, nel XX secolo, mediante l'esportazione di tecnologia industriale, il capitale nordamericano creò borghesie nazionali dipendenti ed una classe operaia combattiva. Attualmente, il cosiddetto mercato 'virtuale' del capitale finanziario nordamericano si è impadronito delle economie, distruggendo la borghesia nazionale e debilitando la classe operaia.
La nuova fase di accumulazione capitalista deve conservare l'ideologia consumistica per non perdere la sua egemonia culturale. Il consumismo ha invaso tutti gli spazi della società latinoamericana: la famiglia, l'educazione, le chiese, la comunità, i partiti politici e le altre istituzioni sociali. Nell'attuale fase dello sviluppo capitalista, chi non consuma è espulso, emarginato e virtualmente inesistente. Per esistere bisogna consumare. Consumo, dopo sono. La mia identità si riferisce direttamente al mio status di consumatore.
Gli USA controllano quasi tutte le molle del consumo di merci. Addirittura i prodotti che si consumano possono essere 'prodotto nazionale' o 'made in Cina', ma riproducono l'ideologia nordamericana e l 'American Way of Life.' Alla fine del XX secolo l'ideologo Henry Kissinger si preoccupava della crescente influenza del calcio europeo e del suo impatto sull'America latina ed il resto del mondo. Dopo la crisi del 2008 ed il collasso del progetto europeo, starà riposando più tranquillo.
Il modello cinese toglie un po' attualmente il sonno. Tuttavia, la Cina pretende di sostituire gli Stati Uniti a lungo termine (XXII secolo?), non pretende di presentare un'alternativa. Anche se con qualche carenza, il modello sovietico del ventesimo secolo conteneva gli elementi ideologici di una alternativa: il socialismo.
L'ideologia del socialismo si differenzia dal capitalismo in un aspetto fondamentale: mentre l'ultimo si basa sul consumismo competitivo, il primo ha come ideale la solidarietà. In teoria nel socialismo non vi è spazio alcuno per l'accumulazione. Come conseguenza, è impossibile che sorga un modello finanziario di società (speculativo).
La sudcoreana Samsung è l'impresa che più spende in pubblicità al mondo. Un totale di 14 mila milioni di dollari. Nel 2013 le imprese capitaliste statunitensi hanno speso 100 mila milioni di dollari in pubblicità. La compagnia Procter & Gamble ha investito 5 mila milioni in quell'anno. Più del 40 percento degli acquisti negli Stati Uniti si fa attraverso la televisione (via cavo o altro).
La partecipazione statunitense nella pubblicità mondiale sta diminuendo. Tuttavia, domina ancora -con un 33 percento del totale - il commercio della pubblicità. La Cina che 20 anni fa arrivava appena all'uno percento, nel 2013 si posizionava vicino al 9 percento. L'America latina ha il 7 percento del mercato pubblicitario. Il 40 per cento del bilancio totale di circa 40 miliardi di dollari all'anno per la pubblicità in America Latina, è concentrata in Brasile. La crescita delle spese di pubblicità in America latina è più rapida che nel resto del mondo. Nel 2016 si calcola che si spenderanno solo 31 mila milioni nella regione in internet, a differenza dei 17 mila milioni del 2011. In televisione si passerebbe da 20 mila milioni a 30 mila milioni di dollari nel 2016. Nei giornali stampati aumenterebbe da 8 mila milioni, a 10 mila milioni di dollari.
L'economia reale mondiale produce quasi 30 milioni di milioni. L'investimento in pubblicità rappresenta 30 mila milioni. Un 20 percento.
La forza militare
La congiuntura ci presenta un mondo capitalista agitato, con la potenza egemonica agonizzante - ma dominante - ed una America latina insurrezionale. Siamo di fronte a qualcosa di simile alla crisi che scosse il continente due secoli fa, le cosidette guerre di liberazione (1808 -1825) o piuttosto un ricrearsi della frattura sofferta dal continente con la perdita dei suoi mercati imperiali nel XX secolo? La crisi di egemonia degli Stati Uniti prende una parte importante dei dibattiti attuali. C'è chi, come il professore Nye (dell'Università di Harvard ), discute e nega l'esistenza della crisi di egemonia. E' un noto sostenitore della Scuola del Secolo americano (Bush, Cheney e CIA). I conflitti che Nye vede nel mondo in questa congiuntura, sono segni dell'egemonia nordamericana. Li interpreta come risultato del potere militare nordamericano.
Potere militare, tuttavia, che ha lasciato esistere una base sociale capace di riprodursi. Al suo posto pare che si formi e consolidi un altro asse egemonico (euroasiatico) capace di riprodurre per un nuovo periodo il sistema capitalista di accumulazione. Come nel passato, dovrà risolvere la crisi ambientale, la crisi alimentare e la crisi energetica. Sarà capace di affrontare la sfida nei primi decenni del presente secolo?
Nye non considera che ci sono problemi che deve affrontare la riproduzione del capitalismo. Come consulente degli ultimi quattro presidenti, riduce la questione al potere militare, alla produzione di armi e alla conquista di fonti energetiche(per bloccare l'accesso libero dei concorrenti). Fonti che non sono distribuite a caso - in gran parte - precisamente proprio in Medio Oriente, Russia e Gran Caribe (Venezuela).
Gli Stati Uniti sono uno dei tre paesi al mondo che non ha ratificato la Convenzione Interamericana contro la produzione ed il traffico illecito di armi ed esplosivi. L'Accordo promuove la proibizione della manifattura illegale di armi e lo scambio di informazione. L'Accordo fu firmato dal presidente Clinton nel 1997, senza essere approvato dal Senato. Ugualmente non ratifica il Trattato sul Commercio di Armi dell'ONU del 2013.
Nel Vertice delle Americhe del 2012, la stragrande maggioranza dei presidenti ha proposto un approccio diverso alla Guerra alla droga. E' stato chiesto anche agli USA di controllare le reti criminali, il traffico illegale di armi e rinforzare le leggi contro il loro uso indiscriminato. Senza dubbio, la pazienza dei paesi latinoamericani e la mancanza di credibilità da parte degli USA stanno creando un ambiente ostile a Washington.
761 basi militari statunitensi nel mondo
Gli Stati Uniti mantengono truppe in più di 560 basi e altri siti, all'estero. In totale 761 'luoghi' militari attivi in paesi stranieri. L'esercito nordamericano con i suoi avamposti all'estero risulta avere sotto il suo controllo circa 52 mila edifici e più di 38 mila elementi infrastrutturali pesanti, come moli, banchine e giganteschi magazzini.
In America latina si contano 50 basi militari conosciute. Vediamo la lista.
Argentina: 2 basi
La base aerea e navale, nell'arcipelago di Malvinas, occupato colonialmente dalla Gran Bretagna, Fortezza della NATO a Mount Pleasant, Isola Soledad, la cui pista maggiore ha una lunghezza di 2.600 metri.
La base aerea, El ex gobernador de Tierra del Fuego, in località Tolhuin.
Nel febbraio 2012 diventò pubblica nella provincia del Chaco, l'installazione di un Centro anti catastrofi ed aiuto umanitario, finanziato dal Comando Sud USA. Funzionerebbe nell'Aeroporto Internazionale di Resistenza, capitale di Chaco. Il Centro disporrebbe di un radar e di squadre di comunicazione che abiliterebbero il posto a centro di controllo e spionaggio e che coprirebbe quattro paesi del Cono Meridionale.
Aruba: 1 base
Base Aerea Reina Beatriz.
Bolivia: Non ha basi militari straniere. La Costituzione politica dello Stato approvata durante il governo di Evo Morales le proibisce espressamente.
Colombia: 8 basi USA
La base aerea di Apiay, nel Dipartimento del Meta;
La base aerea di Malambo, ubicata nell'area metropolitana di Barranquilla;
La base aerea di Palanquero, situata a Puerto Salgar, nel dipartimento (provincia) di Cundinamarca che conta una pista di atterraggio di 3500 metri;
La base aerea di Tolemaida, in Melgar, Tolima, è il forte militare più grande dell'America latina e ha un'importante forza di spiegamento rapido;
La base navale di Baia Malaga, nel Pacifico colombiano, vicino a Buenaventura;
La base navale di Cartagena, nella costa del Mar dei Caraibi.
Ad esse si aggiungono:
La base aerea di Tres Esquinas ubicata nel Dipartimento di Caquetá
La base aerea Larandia, nello stesso dipartimento.
Il porto di Turbo (molto vicino alla frontiera con Panama) usato per l'approvvigionamento della IV Flotta.
Costa Rica: 2 basi USA
La base aerea e navale degli Stati Uniti in Liberia. Nel 2010 il Congresso nazionale autorizzò lo sbarco di migliaia di soldati nordamericani in mezzo ad un conflitto tra Costa Rica e Nicaragua.
La base navale località Caldera. Il vicecomandante dell'Esercito meridionale nordamericano, Paul Trivelli, ha messo a conoscenza di un investimento di 15 milioni di dollari per una base navale che si costruirà nella località di Caldera, provincia di Puntarenas. Lì funzionerà, inoltre, una scuola per l'addestramento di ufficiali guardacoste.
Cuba: 1 base aerea e navale usurpata dagli Stati Uniti, a Guantánamo
Curazao: 1 base aerea USA a Hato Rey
Cile: 1 base aerea e navale con autorizzazione del governo di Sebastián Piñera venne installata nel Fuerte Aguayo, a Concón, vicino a Valparaíso con la motivazione che era necessaria per "eseguire operazioni di mantenimento della pace o di stabilità civile", come indica l'ambasciata nordamericana. L'accordo insiste sulla logica che le Forze armate devono intervenire in caso di conflitti sociali o di "instabilità civile."
Ecuador: con la ritirata USA dalla Base di Manta , non dovrebbero esserci basi militari straniere nel paese.
El Salvador: 1 base aerea a Comalapa, molto prossima all'Aeroporto internazionale di San Salvator.
Guadalupe: 2 basi aeree e navali di Francia e NATO.
Guadalupe, nel mar dei Caraibi, è un dipartimento d'oltremare della Francia. A Guadalupe, a 600 km al nord delle coste dell'America del Sud e a sudest della Repubblica Dominicana, si trova il 41º Battaglione francese della Fanteria di Marina, oltre ad aerei, elicotteri ed effettivi dell'Aviazione.
Guatemala: non ci sono informazioni su basi militari straniere, ma sappiamo che si è estesa a questo paese la militarizzazione delle azioni anti droga (Iniziativa Merida) che si sta applicando in Messico, con una presenza costante di truppe statunitensi.
Guayana Francese: 3 basi.
In questo territorio (residuo coloniale francese in America del Sud) si concentrano principalmente truppe a Cayena, San Juan de Maroni ed altri posti. Ma la più importante è la Base aerospaziale francese a Kourou, ora gestita dall'Agenzia Spaziale Europea. Le sue installazioni sono tra le più avanzate del mondo nella funzione che svolge. È preparata per il lancio di satelliti con obiettivi diversi. Il radar ubicato a Troubiran e la Base Aerospaziale permettono l'osservazione ed il controllo di tutti i paesi della regione. Con l'arrivo del satellite militare Galileo, la Francia conta in Guayana 40.000 barbouzes (agenti non ufficiali), pensionati in attività sotto il comando dello Stato maggiore delle forze armate e dei servizi di intelligenza distaccati in Guayana, capaci di intervenire contro gli indipendentisti guyanesi.
Haiti: 1 base aerea e navale. Oltre alla presenza, dal 2004, della MINUSTAH, si registra una presenza di truppe USA il cui numero non si è potuto determinare, così come l'attracco di imbarcazioni della IV Flotta. Dall'invasione di più di 20.000 effettivi, con la motivazione del terremoto del gennaio 2010, organizzazioni di Haiti denunciano che le truppe sono rimaste e che tutto il loro territorio può essere considerato una grande base militare straniera.
Honduras: 3 basi
base aerea statunitense Soto Cano, a Palmerola con una pista di 2.600 metri;
base aerea, a Puerto Lempira, sulla laguna Caratasca, nel Dipartimento Gracias a Dios, prossimo alla costa del Mar dei Caraibi;
base aerea in Guanaja, Dipartimento Islas de la Bahía , nei Caraibi.
Martinica: 2 basi NATO francesi
Il caso della Martinica è simile a quello di Guadalupe, con almeno due basi francesi (NATO). Sul posto, l'Esercito francese conta di 1.000 effettivi permanenti, includendo il 33º Reggimento di Fanteria con sede nella capitale Fort de France. Lì inoltre si trova posizionata la Marina da Guerra con 500 effettivi e le squadre necessarie. Il paese è una base di appoggio di enorme importanza per la vigilanza, l'intelligence e gli interventi militari nella regione, (insieme a Guadalupe, la Martinica è servita come sosta durante la Guerra delle Malvinas e l'invasione di Granada; inoltre, Francia ed USA organizzano regolarmente manovre militari unitarie.
Messico: 2 basi
La militarizzazione della lotta anti droga con l'intervento diretto degli Stati Uniti, ha lasciato negli ultimi anni in questo paese decine di migliaia di morti.
L'Iniziativa Merida, firmata nel 2008 dai presidenti Bush e Calderón, implica, secondo gli accordi firmati, l'addestramento delle forze militari messicane da parte USA, la vendita di armi e la strategia militare necessarie per il controllo dello Stato. Col sorvolo su tutto il territorio di aerei spia senza pilota e l'ingerenza di truppe di Washington nella sicurezza interna del paese.
A maggio 2011 la nascita di due basi militari alla frontiera con il Guatemala. Queste due nuove basi militari sono situate a Chiquimosuelo e Jiquipilas, per raccomandazione della DEA. Questo va sommato ai quattordici mila militari già esistenti in Chiapas. La Difesa Nazionale assicura che il Messico è "occupato" dagli organismi di sicurezza statunitensi.
Panama: 12 basi Aeronavali in entrambe le coste.
Sul Pacifico:
1) base aerea e navale Isla de Chapera
2) base aerea e navale Bahía o Puerto Piña a Darién
3) base aerea e navale Quebrada de Piedra a Chiriquí
4) base aerea e navale Rambala, a Bocas del Toro
5) base aerea e navale Punta Coco, a el Archipiélago de las Perlas;
6) base aerea e navale Isla Galera;
7) base aerea e navale Mensabé, a Los Santos;
8) Isla de Coiba, a Veraguas.
Sui Caraibi:
9) base aerea e navale e Sherman, a Colón
10) base aerea e navale El Porvenir, a Kuna Yala
11) base aerea e navale Puerto Obaldía, a Kuna Yala
12) base aerea e navale San Vicente, a Metetí, Prov. de Darién, vicino alla frontiera con la Colombia.
Oltre alle 12 basi elencate, sono previste altre basi militari (rispetto alle quali abbiamo bisogno di ulteriori informazioni) a: La Palma (Pacífico), provincia di Darién; Isla Grande (Caribe), provincia di Colón; Yaviza, provincia di Darién e Estación Naval Rodman (Pacífico) all'imbocco del Canale di Panamá.
Paraguay: 2 basi aeree
base aerea En Mariscal Estigarribia, nel Chaco paraguaiano, con infrastrutture per ospitare varie migliaia di soldati ed una pista di 3.800 metri di lunghezza.
base aerea a Pedro Juan Caballero (Base della DEA statunitense) sulla frontiera col Brasile.
Perù: 3 basi aeree e navali
tre basi militari USA
base aerea Iquitos,
base aerea Nanay e Santa Lucía. Su questa ultima ubicata sul Río Huallaga (Alto Huallaga), mancano dettagli ed informazioni recenti.
Base Navale. Il governo peruviano ha autorizzato gli USA all'uso di porti per l'approvvigionamento della IV Flotta nelle vicinanze del porto di El Callao.
D'altra parte, in virtù degli accordi tra il Governo peruviano e gli Stati Uniti, a partire dal 2006 entrambi gli Stati hanno incrementato le loro azioni di cooperazione militare, nell'intendimento comune che il "narcoterrorismo" costituisse una "minaccia asimmetrica" che giustificherebbe l'assistenza militare degli Stati Uniti "senza condizioni."
Repubblica Dominicana: 1 base
base navale patrocinata dal governo USA nell'isola di Saona, nell'estremo sudest del paese.
Porto Rico
Porto Rico è considerato dagli USA come un "Stato Libero Associato." L'isola fu occupata militarmente nel 1898 come bottino di guerra, dopo l'indipendenza di Cuba.
(Fonte: Guillermo Saavedra)
Interventi militari più recenti degli Stati Uniti in America latina (2015)
Indipendentemente dalla politica contraria agli interessi di tutti i paesi della regione, gli Stati Uniti continuano a intervenire militarmente. Nel 2015 hanno aumentato la presenza militare in Honduras, Perù e Messico.
Honduras: Appena una settimana fa, il 1º aprile, la base militare di Palmerola che opera per gli Stati Uniti in Honduras, ha ricevuto una nuova unità chiamata Task Force for Special Purposes ("Forza Speciale per obiettivi speciali"). Secondo il sito defensa.com, conterà su 250 uomini effettivi, almeno quattro elicotteri pesanti, un moderno catamarano ad alta velocità ed altri mezzi ed armi. La stessa pubblicazione aggiunge che la forza si userà per missioni,in collaborazione con paesi dell'area, di assistenza umanitaria ed operazioni antidroga.
L 'unità speciale' sarà pronta per entrare in azione nella regione tra giugno e novembre 2015. La base di Palmerola - a 86 chilometri della capitale onduregna di Tegucigalpa - è considerata una delle più importanti degli Stati Uniti nella regione ed ospita circa 500 soldati nordamericani in modo permanente. La nuova 'task force ' fa parte della rete che coordina il Comando Sud degli Stati Uniti, la cui sede sta nel sud della Florida. La vigilia del dispiegamento del nuovo contingente USA in Honduras, il segretario generale dell'Unione delle Nazioni Sudamericane, Ernesto Samper, propose di eliminare le basi militari di quel paese nella regione. Le qualificò come residui dell'epoca "della Guerra Fredda."
Perù: Washington incrementerà il contingente militare di 3.200 soldati. Secondo dichiarazioni ufficiali, l'aumento servirà per migliorare la lotta unitaria coi soldati della Marina peruviana contro gli insorti ed i narcotrafficanti, informa Defensa.com. L'informazione del Dipartimento della Difesa statunitense dice che "le forze peruviane si confrontano regolarmente col gruppo guerrigliero Sendero Luminoso e Lima ha manifestato di voler chiedere almeno 2.500 effettivi per raddoppiare la presenza della polizia nelle zone meno accessibili".
Secondo il ricercatore principale dell'Istituto del Perù, Miguel Santillana, l'iniziativa USA si basa sul proprio interesse di conservare la presenza militare in Sud America, a spese del popolo peruviano. "I nordamericani hanno una presenza in Perù come in qualunque paese dell'America Latina, perché sentono che siamo la loro zona di influenza. Essi si sentono in diritto di avere presenza ufficiale e non ufficiale sul nostro territorio", ha detto Santillana a Russia Today. Il congresso peruviano ha autorizzato l'entrata di truppe straniere nel territorio nazionale il 29 gennaio 2015. Le truppe nordamericane sono arrivate in Perù in tre tappe. Il primo contingente, composto da 58 soldati, è sbarcato in territorio peruviano il 1º febbraio, due giorni dopo avere ricevuto il permesso dal Congresso. Il secondo, formato da 67 soldati, è arrivato il 15 marzo. Il terzo contingente, in totale 3.200 soldati nordamericani, arriverà il 1º settembre 2015.
Messico: Agli inizi del 2015 il Messico annunciò che avrebbe comprato aeronavi e veicoli militari USA, per un importo di 1.441 milioni di dollari, il che rappresenta la quinta parte del bilancio annuale della difesa messicana. La vendita di veicoli ed aeronavi autorizzata dal Dipartimento di Stato, include 3.335 fuoristrada Humvee, ad un costo di 556 milioni di dollari. Si tratta quasi dello stesso numero di veicoli che l'Afghanistan acquistò nel 2011. Inoltre, si è autorizzato l'acquisto di 23 elicotteri Blackhawk per un importo di 905 milioni di dollari, così come l'acquisto di un lotto di aerei da addestramento Beechcraft T-6C Texan per un importo di 480 milioni di dollari, segnala l'Agenzia per la Cooperazione alla Difesa della Sicurezza del Pentagono. Per l'importo degli acquisti, il Messico si situa al primo posto in America Latina e Caraibi tra coloro che realizzano acquisti militari dagli Stati Uniti, secondo informazione dell'Agenzia e della Security Assistance Monitor.
Vendite di armi USA all'America latina 2005-2010
Tra il 2005 e il 2010 la vendita di armi è quasi raddoppiata. Nel 2005 gli Stati Uniti vendevano ai paesi della regione mille milioni di dollari di armi. Nel 2010 la somma arrivò a 1,7 mila milioni di dollari. Nel periodo indicato, hanno venduto per un totale di 9,2 mila milioni di dollari all'America Latina. Cifre ufficiose vedono le vendite di armi statunitensi ai paesi latinoamericani tra il 2011 e il 2014 aumentate di altri 15 mila milioni.
Vendite di armi USA all'America latina 2005-2010
(in dollari)
2005 1,071,212,054
2006 1,435,276,238
2007 1,194,534,296
2008 1,921,083,254
2009 1,898,858,064
2010 1,726,581,395
totale 9,247,545,301
Il Messico ha comprato 3,2 mila milioni di dollari in armi solo tra il 2005 e il 2010. Lo ha seguito la Colombia, con 2 mila milioni. I due paesi rappresentano la metà di tutte le vendite USA nella regione latinoamericana.
Secondo in importanza, segue il Cile (1,2 milioni) e il Brasile (mille milioni di dollari). Per completare i dieci paesi con più armi vendute dagli Stati uniti nella regione latinoamericana, ricordiamo l'Argentina (340 milioni), il Perù (260 milioni), la Rep. Dominicana (150 milioni), Costa Rica (88 milioni), Panama (65,8 milioni) e Venezuela (65,2 milioni). Costa Rica e Panama non possiedono eserciti, secondo le loro rispettive Costituzioni.
* Marco A. Gandásegui, figlio
Professore di Sociologia dell'Università di Panama e ricercatore associato del CELA (Centro de Estudios Latinoamericanos)
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