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Voto in Sicilia, cosa dice ai comunisti?
 
di Stefano Franchi
 
30/10/2012
 
La realtà si prende sempre il compito di stabilire la bontà o meno di linee e progetti politici.
E' quindi bene partire da qui, dai dati di realtà.
 
- In Sicilia ha votato il 47% degli aventi diritti, una persona su due non ha votato.
- Il nuovo Presidente del Consiglio regionale della Sicilia è stato eletto con il 30,8% dei consensi, significa che gode del 15% di consensi della popolazione siciliana: il modello amerikano è già in Italia.
- L'intera sinistra politica (rifondazione-Pdci-Sel-Verdi, con il sostegno esplicito della Fiom) prende il 3,1%, questo significa che rappresenta l'1,5% del popolo siciliano. Sommando l'Idv si arriva al 3% del popolo siciliano (il 99% della popolazione ridotto politicamente al 3%...)
- il candidato del movimento Grillo prende il 18% dei consensi: solo qualche anno fa non esisteva in Sicilia, così come non esisteva in nessuna parte d'Italia. Qualsiasi sondaggio accredita questo movimento al 20% nazionale, i risultati siciliani rappresentano benzina per questo movimento.
 
Sono dati di realtà, nudi e crudi, prescindere da essi significa continuare a vivere sulla luna, non fare i conti con il disastro politico, sociale e culturale nel quale i comunisti, tutti, sono immersi.
Sono dati talmente eclatanti e cristallini che rendono superflue e inesseziali spiegazioni di carattere contingente, territoriale o regionale.
 
Alcune riflessioni.
 
LA CRISI ECONOMICA, CRISI DEL "CAPITALE"
 
E' da anni che si è manifestata, con crudezza, la crisi sistemica del capitalismo occidentale. Non mi dilungo sulle ragioni, qui mi interessa evidenziarne gli effetti, ne contingenti ne di breve durata: drastica riduzione dei salari reali, dei diritti dei lavoratori, del salario indiretto (pensioni, sanità, scuola, casa, servizi sociali), impoverimento e pauperizzazione dei ceti medi. In una parola crisi complessiva dell'interà società italiana. Tutti gli indicatori economici evidenziano la tendenza a un peggioramento.
In Sicilia, così come nell'intero meridione, gli effetti sociali di questa crisi capitalistica sono maggiori che non nel centro-nord d'Italia.
 
In tale contesto risulta eclatante l'assenza di risposta del movimento operaio preso nel suo complesso. Il sindacalismo di classe, generoso nelle sue iniziative, mantiene tutt'ora i suoi caratteri minoritari. Il sindacalismo confederale semplicemente non c'è, svolge un oggettivo ruolo di ammortizzatore del conflitto sociale, Cgil in primis. Anche questo è un dato di realtà, nudo e crudo.
Vi è in Italia una virulenta lotta di classe fatta a senso unico, quella fatta dal Capitale.
 
GRILLISMO, MOVIMENTO ANTISISTEMICO?
 
La risposta è ambivalente: si e no.
Il grillismo è un movimento antisistemico se visto dal basso, esso catalizza e incanala una gigantesca richiesta di cambiamento rispetto allo 'stato di cose esistente'. Non cogliere questo aspetto significa non cogliere l'essenziale.
 
Beppe Grillo non è il nuovo condottiero del socialismo, al più sembra essere il nuovo condottiero della reazione, con significativi consensi popolari. Al fondo egli, in modo scientifico, costante e coerente canalizza il malessere popolare contro il 'bivacco di manipoli' che siede in Parlamento, si pone come paladino di un diverso modo di fare politica dentro questo sistema. Nessuna parola sui contratti nazionali sostanzialmente aboliti, nessuna parola sui diritti sindacali sostanzialmente aboliti, nessuna parola sul tema di una ri-nazionalizzazione dei settori portanti dell'economia italiana. E' l'opposizione a sua maestà: un sistema in crisi che si contruisce la propria opposizione, incanalando il malessere sociale su binari che non intaccano le fondamenta di questo sitema e nemmeno la sua direzione di marcia.
 
CRISI ECONOMICA E REGIME REAZIONARIO DI MASSA
 
Che contesto si sta costruendo nell'Italia di oggi?
Le organizzazioni sindacali sono diventate non essenziali: si possono abolire i contratti nazionali, si possono abolire i diritti sindacali, si possono abolire i diritti acquisiti senza neanche discuterlo con le organizzazioni sindacali.
 
I partiti politici del movimento operaio sono sostanzialmente scomparsi, nella realtà. Sono diventati extra-parlamentari, a livello nazionale e nella grande parte delle amministrazioni locali, quando sono presenti sono inessenziali, se va bene, altrimenti sono collusi. Con molta probabilità lo rimarranno.
Nella sostanza si sono demolite le principali organizzazioni (sindacali e politiche) del movimento operaio, così come si erano costruire nell'intero dopoguerra.
 
L'astensionismo ci dice innanzitutto una cosa: una fascia maggioritaria della popolazione italiana ha oramai acquisito una disaffezione e sfiducia di fondo nella possibilità di cambiamento attraverso l'organizzazione in partiti, la forma di democrazia prevista dalla Costituzione: rimane la solitudine dei singoli.
Si sta costruendo un senso comune di massa di impotenza, collegato a una richiesta di massa di cambiamento radicale, a una rabbia sociale: la crisi economica galoppa e galopperà.
Si sta costruendo un brodo di cultura, un senso comune di massa propedeutico a una svolta reazionaria.
 
RIFONDAZIONE, PDCI E CRETINISMO PARLAMENTARE
 
Quando si confrontano idee e progetti diversi c'è solo un modo per chiarire e capire quale è quello giusto, quello rispondente alla tendenze di fondo che vi sono nella realtà: la prassi.
 
Non è più tempo di discussioni astratte, è tempo di bilanci, dal 2008 sono passati oramai 5 anni: dopo il disastro della sinistra arcobaleno vi sono stati 5 anni per risalire la china, dentro una concretissima e violentissima crisi economica, dentro un contesto 'oggettivo' che favoriva e favorisce la popolarizzazione delle idee, delle proposte dei comunisti. Nulla si è prodotto, il declino elettorale è solo la triste fotografia del declino politico.
 
La 'politica' è il teatro dentro il quale recitano gli attori sociali, ci si è concentrati sul teatro.
Parole e fotografia dura, cruda, ma vera.
Nulla si è fatto sulla questione centrale oggi in Italia, la questione sindacale.
 
E' pensabile costruire una risposta del Lavoro senza un'organizzazione sindacale? Che senso ha per i comunisti stare ancora a discutere se la Cgil sia o non sia lo strumento di una possibile riscossa? Cosa altro deve dimostrare la Cgil, non sono bastati anni di governo Berlusconi e un anno di governo Monti?
 
E' ovvio che la maggioranza dei lavoratori sindacalizzati è dentro ai sindacati confederali, è persino normale, un lavoratore concreto si pone innanzitutto il problema della propria tutela individuale. Ma questo ci esime dall'esprimere un giudizio di fondo sulla Cgil?
 
E' vero che il sindacalismo di classe è minoritario, ma questo ci esime dal sostenerlo, dall'investirci, dall'indirizzare innanzitutto lì il lavoro di sostegno dei comunisti?
 
La ragione è presto detta: collateralismo materiale con la burocrazia della Cgil, più prevalente nel Pdci ma abbondantemente presente anche in rifondazione.
 
Un partito comunista senza una gamba sindacale è inevitabilmente intriso di istituzionalismo, la lotta sindacale è il primo terreno su cui si manifesta, si organizza e avanza la lotta di classe. La lotta di classe è innanzitutto e prima di tutto lotta economica, lotta sindacale.
 
Cosa divide e distingue Rifondazione dal Pdci, al fondo? Il tema delle alleanze elettorali, sono cioè accomunati dalla stessa malattia: il cretinismo parlamentare, la malattia senile del comunismo occidentale. Tutto si riduce al terreno istituzionale: è di questo che c'è bisogno?
 
RICOSTRUZIONE COMUNISTA
 
In tutta Europa i comunisti si collocano all'opposizione dei governi di questa crisi capitalistica, in tutta Europa i comunisti sono altra cosa dalla socialdemocrazia, in tutta Europa i comunisti sono dentro e spesso alla testa di imponenti mobilitazioni popolari.
In Italia urge aprire il cantiere della ricostruzione comunista.
 
Rifondazione viaggia per altri lidi, Ferrero propone una Syriza italiana (dell'1%...), Grassi una sinistra unica più moderata, il Pdci ha scelto di ricollocarsi dentro al centro sinistra di governo.
Dalle elezioni siciliane ci arriva innanzitutto un messaggio: è ora di ricostruire su basi diverse l'organizzazione dei comunisti in Italia, l'alternativa è l'esistente, il grillismo, l'astensione, la costruzione di un regime reazionario di massa.
 
Non è certo un obiettivo per la prossima scadenza elettorale, ma in vista dell'ennesimo disastro anche elettorale sarà bene che chi non ha rinunciato e non rinuncia alla ricostruzione comunista non stia con le mani in mano. L'esistente non è adeguato.
 
Al fondo si tratta di ricostruire la filiale italiana di un movimento comunista che in Europa, e non solo in Europa, ha e sta rialzando la testa.
 

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