Commemorazione in onore di Jurizza Pietro
4 novembre 2004
Jurizza Pietro nasce a Zara nel 1920 e si chiama Jurica Petar (pr. Juriza)
E’ da poco finita la grande guerra, la vita non è facile e la Croazia poco dopo
passa sotto l’occupazione fascista dell’Italia.
Pietro cresce in una famiglia semplice e modesta, con l’ottimismo, l’animosità
e l’impeto tipici della gioventù vissuta nelle città di mare croate come Zara,
ricche di storia, cultura e desiderio di libertà dalle varie occupazioni
subite.
Dopo aver convissuto per anni con le ingiustizie dell’occupazione italiana,
all’età di vent’anni, viene messo di fronte agli orrori della seconda guerra mondiale.
Vede la sua città distrutta dai bombardamenti e deturpata dalle atroci violenze
dei fascisti italiani, perde parenti ed amici, e si sente così obbligato a
scegliere: e Pietro scelse di diventare
un partigiano ancor prima che Tito organizzasse la resistenza a Zara.
E’ un ragazzo convinto, ha paura, non è felice d’aver scelto d’imbracciare le
armi ma non sopporta le ingiustizie.
Pietro diventa presto un partigiano coraggioso ed intelligente: militerà prima
nella resistenza partigiana jugoslava organizzata da Josip Tito e poi anche in
Italia nella lotta di liberazione nazionale dal nazifascismo .
Durante la guerra dimostrò tutto il suo impeto, la sua abilità e la sua arguzia
riuscendo a combattere i nazifascisti sulle montagne jugoslave ed anche nelle
città del nord Italia da Padova a Trieste esposto qui a rischi forse maggiori.
Numerosi sono gli episodi in cui si distinse, come ad esempio la cattura di 400
soldati tedeschi in un’imboscata organizzata da lui con soli 5 partigiani.
Dimostrò anche il suo equilibrio e la sua umanità aiutando ad esempio gli ebrei
jugoslavi a fuggire dai nazisti ed aiutando la popolazione italiana di Padova a
sopravvivere alla fame con la distribuzione presso la Chiesa di San Carlo di
viveri da lui sottratti ai convogli tedeschi.
Dimostrò equilibrio anche non negando il suo aiuto a quei soldati tedeschi che
in guerra si rifiutarono di obbedire agli atroci ordini che venivano loro
impartiti dai diretti superiori contro la popolazione civile.
A quei soldati diede rifugio e dieci anni dopo la fine della guerra vennero a
ringraziarlo facendogli visita a Padova.
Jurizza Pietro durante la guerra conobbe la famiglia Perin che a causa della
guerra si trovava in una difficile situazione e ad essa egli diede tutto il suo
sostegno.
Si innamorò di Nella Perin, decise di sposarla e di vivere con lei a Padova
rinunciando poi alla cittadinanza juogoslava.
Al termine della guerra ricevette la medaglia Garibaldina e l’attestato di
Patriota per la libertà dei popoli dal maresciallo Alexander di encomio in
riconoscimento del suo impegno e dei risultati raggiunti nella lotta contro il
nazi-fascismo e spinto da grande passione sociale e senso civico continuò a
distribuire viveri anche presso le scuole di Padova.
Purtroppo il coraggio che tanto gli era servito in guerra gli creò non pochi
problemi in pace: basti pensare ai due anni di confino cui fu condannato senza
processo per avere osato, a guerra finita, ribadire ad un comizio pubblico il
mancato arrivo a Padova degli aiuti promessi, con il piano Marshall, alla
popolazione civile.
Il coraggio di ribadire i suoi ideali di giustizia sociale assieme alla sua
origine slava hanno alimentato non pochi pregiudizi nei suoi confronti e
proprio nel paese per lui straniero ma per cui tanto aveva fatto durante
la guerra.
Nell’Italia del dopo guerra non trovò nessuna forma di riconoscimento per
quanto fatto per la liberazione e per la popolazione civile.
A causa delle sue origini slave e degli ideali di cui andava sempre fiero senza
mai nasconderli, per molti anni gli vennero offerti solo i lavori più faticosi
e precari che egli fu costretto ad accettare: ma lui non si perse mai d’animo e
lottò con la stessa determinazione dimostrata in passato ma questa volta nel
lavoro e per la famiglia che andava costruendosi con sua moglie Nella Perin.
Si dedicò molto alla famiglia: ebbe due figlie Cristina e Antonella.
Burbero nel carattere ha sempre dimostrato nei fatti tutto il suo amore per sua
moglie e per la sua famiglia.
Portava un affetto rispettoso anche per la madre di sua moglie che aiutò nei
momenti difficili e con la quale si dimostrò sempre disponibile e paziente.
Fu sempre disponibile anche con i familiari della moglie.
Con i suoi quattro nipoti, Emiliano, Miriam, Elisa e Silvia fu sempre allegro,
tenero ed affettuoso, un vero nonno.
Mantenne sempre vivo il suo interesse per la società, trovando sempre il tempo
di informarsi sui fatti e gli avvenimenti della politica leggendo libri e
giornali, e la sua capacità di ragionare e confrontarsi criticamente con le
persone senza perdere mai in questo una vitalità davvero invidiabile.
La sua vita da pensionato gli permise di dedicare il tempo libero ai suoi
nipoti e all’approfondimento delle sue letture preferite, conferendogli sempre
un animo giovane e dinamico a dispetto dei suoi crescenti problemi di salute.
Jurizza Pietro passò 60 anni in Italia, che divenne così la sua seconda terra,
ma non dimenticò mai la sua terra madre.
Sempre felice di andare a trovare ogni estate tutti i suoi parenti di Zara ha
permesso alle sue figlie ed alle loro rispettive famiglie di scoprire,
conoscere ed amare la sua terra e la sua gente.
E’ di sole tre settimane fa la triste scomparsa di suo nipote Tonci Sikic al
quale voleva molto bene.
A tutti noi piace pensare che ora si siano ritrovati a discutere, litigare e
scherzare come erano soliti fare.
Questo è Jurizza Pietro: una persona su cui non si possono fare commenti ma di
cui si possono e si devono ricordare le cose fatte, che tutto dicono della sua
anima.
Una persona straordinaria, di poche parole, vissuta sempre lottando e guidata
da tre profondi e grandi ideali: l’eguaglianza, la famiglia e la giustizia
sociale.
Basterà ricordare di lui le grandi cose che ha fatto in vita per sapere chi era
e cosa ci ha insegnato ad essere.
Pietro i tuoi ideali non sono morti, continuano in noi e di questo te ne saremo
eternamente grati.
commemorazione pronunciata dal nipote Emiliano al funerale