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"Il Calendario del Popolo"
Ambrogio Donini e l’ateismo scientifico
Il 10 giugno 1991 moriva a Roma, all’età di 88 anni, Ambrogio Donini,
dirigente comunista e storico delle religioni. Era stato in gioventù l’allievo
preferito di Ernesto Buonaiuti, massimo rappresentante del modernismo italiano,
estromesso dall’insegnamento universitario nel 1926 per decisione personale di
Mussolini, che aveva ceduto al ricatto del Vaticano, che aveva condizionato la
prosecuzione delle trattative per la “Conciliazione” all’allontanamento dal
mondo accademico del “prete scomodo”, che, con le sue nuove interpretazioni
delle dottrine cristiane, conformi ai progressi della critica storica e
dell’esegesi biblica, metteva in discussione il fondamentalismo a cui si
ispiravano le gerarchie ecclesiastiche. Il ventitreenne Donini venne allora
considerato il continuatore di Buonaiuti, in quanto, contemporaneamente alla
“defenestrazione” del maestro, iniziò i suoi corsi liberi di storia del
cristianesimo nell’ateneo romano, che coprirono il biennio che va dal 1926 al
1928, anno in cui, ormai braccato dall’Ovra, per la sua attività antifascista e
come militante del Partito Comunista, al quale aveva aderito nel ’26, dovette
riparare all’estero, iniziando un esilio durato diciassette anni. Emigrò negli
Stati Uniti, prima tappa di una lunga serie di peregrinazioni, che lo portarono
in Francia, Belgio, Spagna, Tunisia, Unione Sovietica.
La sua esperienza di dirigente di primo piano del Partito Comunista clandestino
è ricostruita nel volume autobiografico “Sessant’anni di militanza comunista”
(Teti ed. , Milano, 1988), che dà conto anche dell’attività politica svolta da
Donini nel secondo dopoguerra, prima come ambasciatore italiano a Varsavia, nel
’47, defenestrato l’anno successivo dal ministro degli esteri, il repubblicano
Carlo Sforza, che prese a pretesto la sua partecipazione alla campagna
elettorale, in sostegno del Fronte democratico popolare, e poi come senatore
della Repubblica, dal ’53 al ’63, e dirigente di partito caratterizzato da
quella passionalità e da quell’ “impeto” che il maestro Bonaiuti aveva
individuato in lui tracciandone il profilo nelle sue memorie. Donini è stato
per il partito un punto di riferimento non solo politico, ma anche culturale.
In particolare, ha riscosso la stima di Togliatti: assieme, nel corso della
guerra di Spagna, sotto i bombardamenti, al lume di candela, leggevano le
pagine più significative dei “Quaderni del carcere” gramsciani, pervenuti da
Mosca, e abbozzavano un piano editoriale, che, a causa degli eventi bellici, si
realizzerà solo nel dopoguerra con la pubblicazione presso Einaudi.
Come studioso di storia delle religioni, dobbiamo a Donini alcune opere che
costituiscono altrettante pietre miliari nell’evoluzione della disciplina:
“Lineamenti di storia delle religioni” (Editori Riuniti, Roma, 1959),
successivamente ripubblicati, in edizione aggiornata, con il titolo di “Breve
storia delle religioni” (Newton & Compton editori, Roma, 1991); “Storia del
cristianesimo dalle origini a Giustiniano” (Teti ed. , Milano, 1975);
“Enciclopedia delle religioni” (ibidem, 1977). Egli ha avuto il merito
indiscusso di dare basi scientifiche all’ateismo, superando i limiti della
tradizione riformista, anarchica e radicale, incentrata principalmente sulla
propaganda anticlericale. L’ “apprendistato” presso Buonaiuti, la
specializzazione in ebraico e in siriaco presso la Harvard University di
Cambridge e il confronto con la scuola antropologica sovietica hanno consentito
a Donini di analizzare i testi sacri da un punto di vista tecnico, rilevandone
le incongruenze e le contraddizioni. Per lui i vangeli e tutto il materiale
neotestamentario non sono documenti attendibili per dimostrare l’esistenza
storica di Gesù Cristo. Essi sono popolati di miti e di leggende, nulla ci
dicono sul contesto storico- sociale in
cui sarebbe vissuto e avrebbe operato il Nazareno, essendo stati pensati e
scritti lontano dalla Palestina, nel greco popolare dei centri urbani dell’Asia
Minore e dell’Africa settentrionale, dove esisteva da tempo una forte
migrazione ebraica. Elementi essenziali, come la data di nascita di Gesù,
risultano incerti, anzi contraddittori, persino attraverso il confronto tra i
vangeli “sinottici”, che presentano il maggior numero di affinità tra loro.
Secondo il vangelo di Luca, Cristo sarebbe nato a Betlemme in occasione di un
censimento, ma l’unico censimento disposto dai romani in Palestina è quello
dell’anno 6 o 7 d. C. . Secondo il
vangelo di Matteo, sarebbe, invece, nato “ai tempi del re Erode”, che morì
nell’anno 4 a. C. . La data riconosciuta dalla chiesa cattolica, andrebbe,
dunque, spostata in avanti o indietro. Rimane poi l’enigma degli “anni oscuri”
della vita di Gesù, che vanno dai 12 ai 30, dei quali i vangeli canonici non
parlano.
Donini non esclude che, tra i tanti predicatori che battevano le strade della
Palestina autoproclamandosi “messia”, possa esserci stato un uomo chiamato Gesù
(ipotesi, quest’ultima, approfondita in via autonoma, in un libro eponimo,
pubblicato dall’editore Teti nel 1993, da un “allievo” di Donini, Marcello
Craveri). Egli documenta che la sua esistenza storica non è desumibile dal
materiale neotestamentario. La stessa data “ufficiale” di composizione e
la “paternità” dei vangeli sono
discutibili. Ad esempio, il vangelo
attribuito all’apostolo Giovanni è incentrato sul concetto fondamentale di Gesù
come “incarnazione” del “Verbo” di Dio. Ma tale concezione del “lògos” è di
origine giudeo- alessandrina, è stata elaborata soprattutto da Filone e dalla
filosofia gnostica, per cui risale a non prima della seconda metà del II sec.
d. C. . Attraverso un’analisi testuale,
Donini ha, inoltre, dimostrato, con lungimiranza, il legame tra i manoscritti
di Qumran, trovati in Palestina nel 1947, e le origini del cristianesimo. Solo
oggi la chiesa cattolica comincia a riconoscere tale legame, naturalmente in
una prospettiva e con una datazione diverse da quelle di Donini, dopo averlo
negato per diversi decenni.
Oltre all’analisi “interna”, testuale, il Nostro ha condotto un’analisi
storico- sociale del fenomeno religioso, che è per lui fenomeno assolutamente
umano, espressione delle esigenze e dei bisogni materiali, storicamente
determinati, dell’uomo. Donini si è, però, allontanato dall’ingenuo
meccanicismo kautskiano, sottolineando che “le variazioni che intervengono nei
rapporti sociali si riflettono nelle credenze religiose; ma le idee, una volta
entrate a far parte della sovrastruttura, si muovono poi seguendo una loro
linea autonoma di sviluppo, che prescinde dalle condizioni di fatto, in cui
sono sorte”. E’ qui viva e presente la lezione di Labriola e di Gramsci, che
consente anche a noi di capire oggi come mai il fenomeno religioso, nei Paesi
dell’Est europeo, nonostante il mutamento radicale della realtà economico- sociale,
non sia stato debellato, anzi ha covato sotto la cenere per decenni, fino ad
emergere come un fiume carsico, che ha contribuito a travolgere i regimi
comunisti. Donini ha, altresì, preso le distanze dalle interpretazioni
progressiste del messaggio evangelico, proprie di alcuni settori, seppur
minoritari, della chiesa e del suo stesso maestro Buonaiuti, definendole
“manifestazione di buone intenzioni e di coraggioso impegno sociale, sul
terreno della lotta per la libertà e per il progresso”, in quanto “sia i
quattro vangeli che gli altri scritti neotestamentari (…) sono preoccupati in
primo luogo di «spoliticizzare» al massimo la biografia di Gesù e di
inquadrarla in un mito religioso di salvezza ultraterrena”.
Nel corso della sua carriera accademica, Ambrogio Donini subì numerose
persecuzioni di matrice clericale. Quando insegnava a Bari, un professore di
latino, digiuno di storia delle religioni, tenne in facoltà una requisitoria
contro i suoi titoli accademici, con lo scopo dichiarato di non fargli confermare
l’incarico. Donini presentò una dettagliata controrelazione davanti al “plenum”
del consiglio di facoltà. Il professore di latino rimase isolato, perché tutti
gli altri docenti votarono per la riconferma del Nostro. A distanza di molti
anni, Ugo Bianchi, docente universitario di materie ecclesiastiche, confesserà
a Donini di essere stato lui a scrivere il testo letto dal professore di
latino. Nell’ultima fase della sua travagliata esistenza, Ambrogio Donini,
semicieco, ha vissuto nella sua casa di campagna, a Rignano Flaminio, a 40 km
da Roma, assieme alla moglie, Olga Jahr, una russa di lontana origine tedesca,
conosciuta alla Harvard University, negli anni dell’esilio, e a un fedele cane
pastore.
Antonio Catàlfamo