da Comitato contro le
falsificazioni storiche (Trieste)
A proposito del filmato - Il cuore nel pozzo - in
programmazione RAI nel febbraio 2005
In un’intervista al
giornale La Stampa del 18 aprile 2002 l’attuale ministro alle telecomunicazioni
Gasparri (di A.N.) alla domanda “Ora gli sceneggiati "vanno" molto: ha
qualche altra idea?” rispose
«Credo
sarebbe interessante realizzarne uno sulla tragedia delle foibe».
E alla successiva:
“E
perché proprio uno sceneggiato e non un programma storico?”
«Se
facciamo un documentario, magari con la riesumazione delle ossa, provochiamo
soltanto ripulsa. Penso che sarebbe più efficace una fiction che raccontasse la
storia di una di quelle povere famiglie. Sono grandi tragedie. Come quella
dell’Olocausto o di Anna Frank.»
Da queste due domande, e dalle due risposte, si può capire quale fosse, da
subito, l’interesse del ministro e della sua parte, e quanto disinteressati
siano stati gli autori, registi e sceneggiatori che si sono impegnati a
realizzare l’opera così “commissionata”. Nessun ordine, sia ben chiaro, solo
una dichiarazione di interesse. E tutti pronti, come un sol uomo, a dire
signorsì, dando prova di una solida ed autorevole indipendenza.
Vediamo come questa tragedia simile, per Gasparri, a quelle dell’Olocausto e di
Anna Frank è stata realizzata.
Innanzitutto è stato scelto un regista, Alberto Negrin, che ha già girato
sceneggiati su storie di persecuzioni naziste contro gli ebrei (lo sceneggiato
“Perlasca”); poi uno degli attori principali (che si dichiara su posizioni di
sinistra) è Leo Gullotta, che ha però accolto la vulgata fascista del 17-20
mila infoibati.
Questa in breve la trama della fiction in programmazione a febbraio: in Istria
una giovane italiana viene violentata da un perfido sloveno, Novak, che poi
diventerà partigiano (bisogna dire che in Istria gli sloveni sono una minoranza
rispetto ai croati, e non abitano la zona nella quale è stata ambientata la
vicenda). Nel 1944 Novak inizia a perseguitare la donna, alla quale ha
infoibato i familiari, compreso il marito, e per riprendersi il figlio (che
sembra sia frutto della violenza) arriva al punto di organizzare l’incendio
dell’orfanotrofio dove il piccolo è ricoverato, per uccidere lui e altri
bambini, massacrando altri buoni slavi che li difendono, uccidendo il parroco
che lotta per la loro salvezza, dandosi ad ogni sorta di
bassezza, vandalismo e saccheggio. Alla fine di tutto questo, ciò che rimane in
mente è che i partigiani sloveni erano feroci e cattivi, mentre gli italiani
erano solo vittime innocenti.
Ma cosa è accaduto veramente in Istria in quel periodo?
Per evitare di essere accusati di parzialità comunista o partigiana daremo la
parola a Nerina Feresini, un’insegnante di Pisino che ha assistito nella sua
città ai fatti dopo l’8 settembre del ’43, e nel 1947 è venuta, “esule”, in
Italia. A Trieste è stata attiva nei circoli istriani di destra (lo si capirà
dalle sue stesse parole).
In risposta alle nostre domande, pubblichiamo quindi alcun stralci tratti dalla
pubblicazione di Nerina Feresini intitolata “Quel terribile settembre”, edita
nel 1993 dalla Famiglia pisinota di Trieste.
PARTIGIANI NEMICI DEGLI ITALIANI SOL PERCHÉ ITALIANI?
« La sera del 12 (settembre 1943, ndr) caddero le prime vittime. Verso le 21 il
lugubre silenzio che incombeva sulla cittadina fu rotto da una nutrita
sparatoria, da scoppi di bombe a mano accompagnati da urla selvagge e dallo
stridio di un treno costretto a fermarsi nei pressi del Calvario. Per telefono
era giunta la notizia dell’arrivo del convoglio alla stazione di Pisino. Il
capostazione Antonio Olmeda aveva dato via libera. Ma i “drusi” (così i
nazionalisti italiani soprannominano i partigiani jugoslavi, ndr) non erano
dello stesso parere. Dopo una breve sosta il convoglio riprese la corsa a gran
velocità, ma alla stazione fu bloccato e assalito dai ribelli. Il capostazione,
accusato di intesa col nemico, fu accoltellato nel suo ufficio. Seguirono la
stessa sorte due ferrovieri, Giovanni Benassi e Benedetto Masini e un
partigiano. Sul treno c’erano circa 400 marinai della scuola CREM: fatti
prigionieri dai tedeschi dopo l’occupazione di Pola, sotto la scorta di otto
soldati venivano tradotti in Germania. Furono costretti a scendere. Si
sparpagliarono nella cittadina, trovando conforto e ospitalità presso varie
famiglie, finché, due giorni dopo, ebbero l’ordine di allontanarsi a piedi. I
loro accompagnatori tedeschi si diedero alla fuga, che ebbe breve durata,
perché furono raggiunti e trucidati »
Ciò che noi capiamo è che i partigiani (croati), rischiando la propria vita,
liberarono 400 militari italiani che venivano deportati in Germania, facendoli
accogliere dagli abitanti, per poi favorirne la fuga verso casa a piedi (le
ferrovie erano controllate dai tedeschi). Gli uccisi erano gli “accompagnatori”
tedeschi e i ferrovieri che, col loro operato, avrebbero invece favorito la
deportazione degli italiani.
Di tutto ciò, ovviamente, non si parlerà nella fiction.
CHI DEVASTÒ LA CITTÀ DI PISINO?
« Il 27 (settembre ‘43, ndr) si
verificò il primo bombardamento aereo tedesco e colse di sorpresa la
popolazione sfollata che era appena rientrata dalla campagna (…) i tedeschi
sganciarono 21 bombe che colpirono diversi edifici ».
« Il giorno 2 ottobre Pisino fu colpita da un secondo bombardamento, questa
volta più massiccio. La formazione era composta da otto apparecchi, che
sganciarono 60 bombe un po’ dappertutto »
« Quel giorno andarono distrutti il Teatro e colpito in più parti il Ginnasio –
Liceo G. R. Carli, di cui crollarono le scale e l’ala rivolta verso piazza
Garibaldi, dove esplosero sette bombe ».
« Gli edifici disastrati non si contavano e numerosi crateri erano stati aperti
nelle strade ».
COME I TEDESCHI RIPORTANO
L’ORDINE?
« Era la mattina del 4. La
colonna (della divisione SS Prinz Eugen, ndr) ebbe l’ordine di fare piazza
pulita. Come si avvicinavano alla periferia di Pisino, i soldati uccidevano
quanti incontravano per la strada o nelle case. Nessuna abitazione fu
rispettata. Tutte ebbero dei morti »
« Triste fu la sorte dei pisinoti rifugiati a villa Merzari. Era una trentina
di persone (…) furono condotti (dai tedeschi, ndr) dietro al negozio dove una
bomba aveva formato un cratere. E quella fu la loro tomba »
« Per due giorni la truppa ebbe licenza di razziare. In città continuarono le
sparatorie. (…) La tiepida sera di ottobre fu illuminata dal falò di 37 case
incendiate col lanciafiamme, tra le quali la scuola elementare di via
D’Annunzio, di cui non rimase che lo scheletro. (…) Così furono saccheggiati
tutti gli appartamenti, fu portata via la biancheria, i corredi delle spose,
l’argenteria e il vasellame. I mobili furono aperti con le baionette,
insudiciati i materassi, i generi alimentari, spaccati i grammofoni e le radio.
Non c’era casa che non portasse il segno della spaventosa razzia »
E dopo questa descrizione, così
cruda ed efficace, cosa succede?
« Alcuni pisinoti che erano riusciti a salvarsi (…) decisero di rimanere e
scelsero coraggiosamente l’unica via allora praticabile in difesa della
popolazione, affiancandosi ai tedeschi. Un gesto volontario di altruismo che
alcuni pagarono con la vita, altri riparando in Patria, con le persecuzioni
comuniste. L’ordine fu dunque ripristinato e i cittadini poterono ritornare
nelle loro case, quelle ancora abitabili »
Infine, ancora una piccola citazione
dal testo di Nerina Feresini.
Nel suo scritto, che in parte prosegue sino al ’45, troviamo gli orfani
dell’ospizio Mosconi, probabilmente quelli cui si riferisce la fiction, perché
nell’interno dell’Istria gli orfanotrofi non dovevano certo essere numerosi. Ma
la professoressa non fa cenno ad alcuna persecuzione operata dai partigiani nei
confronti dei bambini, né a maltrattamenti subiti dai religiosi: narra solo
dello spavento provocato dall’arrivo dei tedeschi.
Speriamo ora che sia chiaro a tutti
chi fu il devastatore dell’Istria, e chi collaborò con esso. Siamo certi che di
tutto questo massacro, narrato da una testimone presente ai fatti, la fiction
girata per la giornata della memoria dell’esodo non farà alcuna menzione,
perché è così che oggi si vuole riscrivere la storia, criminalizzando una parte
politica (ed etnica), attribuendole crimini che non ha commesso, ma sono stati
invece commessi da altri… dei quali si vuole invece cancellare la colpa.
da Comitato contro le falsificazioni storiche (Trieste)
Vedi anche: [In merito al film “Il cuore nel pozzo” prodotto da
Angelo Rizzoli per RAI Fiction]