www.resistenze.org
- cultura e memoria resistenti - scienza - 06-02-12 - n. 395
da Aleksandr A. Kusin, Marx e la tecnica, Gabriele Mazzotta Editore, Milano, 1975
trascrizione per www.resistenze.org a cura di Valerio
Aleksandr Abramievic Kusin
Marx e la tecnica
V - Marx e lo sviluppo della tecnica
1. Leggi e cause dello sviluppo della tecnica
Le considerazioni politiche, socioeconomiche e storiche condotte da Marx sulla base dello studio della tecnica, compresi i suoi aspetti storici, forniscono un quadro dell'importanza che essa ha per la vita degli uomini. Essa caratterizza il loro ruolo e il loro posto nella storia dell'umanità. Sebbene Marx non si sia assegnato come scopo specifico quello di chiarire i problemi della storia della tecnica, scoprì tutta una serie di cause e di condizioni che influenzano il suo sviluppo. Alcune di queste sono per natura leggi dello sviluppo della tecnica. La tecnica ha alcune leggi generali, che operano a tutti i livelli del progresso tecnico, altre invece che nascono e operano solo in determinate condizioni storiche.
La più generale di queste leggi, scoperta da Marx grazie allo studio della storia della tecnica dei mezzi di trasporto, dell'industria del cotone, dei cantieri navali e di altri rami dell'industria, consiste nel fatto che scoperte e invenzioni tecnico-scientifiche vengono suscitate dalle esigenze della produzione.[1] Non solo scoprì la legge, ma anche il meccanismo con cui opera.
La prassi detta la necessità che questo o quel mezzo di lavoro venga inventato, perché sono nati bisogni che non possono più essere soddisfatti con i mezzi esistenti. In questo «l'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere» e il problema stesso sorge solo «quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione».[2]
Le parole citate di Marx si applicano a qualsiasi scopo in cui sia compreso l'aspetto tecnico. Semplificando, possiamo dire che gli inventori cominciano a lavorare alla creazione di questa o quella costruzione quando già i presupposti reali per la soluzione del problema esistono o stanno per verificarsi.
Queste tesi vengono sviluppate nei quaderni preparatori a Il Capitale, cui abbiamo già accennato. Le possibilità materiali di forme di produzione successive nascono nell'ambito delle forme precedenti. Questa legge generale significa che nella tecnica della produzione esistente sorgono elementi della nuova, futura tecnica. Gli elementi di un modo di produzione tecnologico futuro sorgono contemporaneamente ai primi segni dei nuovi rapporti economici. Nella forma di produzione precedente sorgono sia i presupposti tecnologici della forma successiva sia la corrispondente struttura economica delle imprese.
È vero che nell'ambito del capitalismo non nascono elementi fondamentali dei rapporti di produzione socialista, ma nella produzione dei paesi capitalisti avanzati è facile osservare elementi della tecnica futura tipica del socialismo, e della sua organizzazione.
Marx caratterizzò gli elementi della nuova tecnica come invenzioni che rivoluzionano la produzione, a differenza delle invenzioni che migliorano soltanto la tecnologia produttiva esistente.[3] Il sorgere di elementi della tecnica della produzione futura nell'ambito della passata ha luogo analogamente al formarsi dei concetti scientifici, che forniscono una «completa obiettività» per il modo in cui sono fondati e perché confermati dalla prassi.[4]
Dapprima sorgono solo nuove idee tecniche. In esse si esprimono la prospettiva generale, la meta e la direzione dello sviluppo della tecnica. Esse rispecchiano processi obiettivi e vengono suscitate dalle esigenze dello sviluppo sociale. «Da idee soggettive l'uomo arriva a una verità oggettiva attraverso la "prassi" (e la tecnica).»[5] Se idee tecniche avanzate vengono concretizzate, nascono gli elementi materiali della tecnica futura. Questi non possono certo di per sé trovare d'un tratto applicazione pratica, perché essi non riflettono la tecnica esistente utilizzata dalla società, ma solo le potenzialità e le tendenze del suo sviluppo.
I contorni della futura tecnica si delineano gradualmente. I suoi elementi si sviluppano. Comincia ad essere impiegata nella produzione. Infine vengono sviluppati mezzi tecnici che preparano il passaggio a un nuovo modo di produzione tecnologico. È la rivoluzione tecnica.
Gli elementi della nuova tecnica non nascono necessariamente solo nei paesi che iniziano per primi il mutamento del modo di produzione. «Secondo la nostra concezione dunque, tutte le collisioni della storia hanno la loro origine nella contraddizione tra le forze produttive e la forma di relazioni. D'altronde non è necessario che, per provocare delle collisioni in un paese, questa contraddizione sia spinta all'estremo in questo stesso paese. La concorrenza con paesi industrialmente più progrediti, provocata dall'allargamento delle relazioni internazionali, e sufficiente per generare un'analoga contraddizione anche nei paesi con un'industria meno sviluppata.»[6]
Esistono cause di sviluppo della tecnica che agiscono sempre o durante periodi piuttosto lunghi, come anche cause di relativamente breve periodo. Causa costante dello sviluppo della tecnica è la contraddizione tra lavoro oggettivato (passato) e lavoro diretto (vivo). Gli strumenti di lavoro rappresentano prodotti del lavoro passato, in essi è stato incorporato lavoro.[7] Nel processo di lavoro l'uomo muta tanto la natura quanto se stesso («la natura sua propria»). Per questa ragione è come se il lavoro vivo si sviluppasse in avanti nei confronti del lavoro oggettivato. Una simile costante non concordanza tra il lavoro vivo e soggettivato - tra il lavoro passato e il diretto - doveva senz'altro provocare lo sforzo di «attirare» il lavoro passato verso il lavoro diretto, cioè di trasformare gli strumenti di lavoro, di sviluppare la tecnica.
Lo sviluppo della tecnica è influenzato dalla concorrenza. e dal commercio internazionale. Marx scrive in Miseria della filosofia: «Quando in Inghilterra il mercato ebbe preso uno sviluppo tale che il lavoro manuale non poteva essere sufficiente, si sentì il bisogno delle macchine. Si pensò allora all'applicazione della scienza meccanica, già completamente elaborata nel XVIII secolo.» [8]
Nel Manifesto del Partito Comunista Marx ed Engels descrissero il mercato cinese e delle Indie orientali. La colonizzazione dell'America, il traffico con le colonie, diedero al commercio, alla navigazione e all'industria un potente impulso. Come conseguenza, la produzione basata sull'organizzazione corporativa dell'artigianato fu soppiantata in un primo tempo da quella della manifattura, e in seguito dalla fabbrica con la tecnica delle macchine.[9]
La formazione di un mercato mondiale relativamente vasto provocò una domanda di materie prime, che suscitò, dapprima in Inghilterra, «la grande industria - l'impiego delle forze elementari a scopi industriali, le macchine e la divisione del lavoro portata al massimo».[10]
Le scoperte scientifico-tecniche sono appunto determinate dagli scopi e dalle funzioni che corrispondono allo sviluppo della società e agli interessi del progresso generale.[11] I perfezionamenti tecnici «sono unicamente ed esclusivamente dovuti alle esperienze ed osservazioni collettive che procura e consente la produzione dell'operaio collettivo organizzato in combinazione su larga scala».[12]
Soprattutto nell'epoca attuale, è impensabile un perfezionamento della tecnica senza l'utilizzazione di conoscenze scientifiche e in molti casi anche senza precedenti ricerche scientifiche specifiche. Già ai tempi di Marx le ricerche assumevano i connotati di una sperimentazione industriale. La produzione capitalistica crea «in larga misura dapprima i mezzi materiali per la ricerca, l'osservazione, la sperimentazione. [...] Perciò per la prima volta con la produzione capitalistica il fattore scientifico viene coscientemente sviluppato, utilizzato e creato in una misura assolutamente impensabile nelle epoche precedenti ...»
Sebbene, come Marx dimostra, nella produzione capitalistica meccanizzata invenzioni e scoperte divengano una particolare professione, esse sono in realtà il risultato dell'attività creativa di molti uomini e generazioni. Gli inventori utilizzano le idee tecniche del passato, inclusi i risultati di precedenti tentativi, non riusciti in condizioni diverse.
Nel XVIII secolo furono create le macchine a vapore - la macchina a vapore atmosferica fra le altre - da D. Papin, Th. Newcomen, I. I. Polsunov e J. Watt. Alcuni perfezionamenti tecnici furono proposti da Hulls, Wilkinson, Jouffroy e [... interruzione nel libro ...]
Sebbene tutte queste invenzioni abbiano il loro autore, «una storia critica della tecnologia dimostrerebbe, in genere, quanto piccola sia la parte di un singolo individuo in un'invenzione qualsiasi del secolo XVIII. Finora tale opera non esiste».[13]
La tecnica si sviluppa incessantemente. Solo eventi eccezionali possono arrestare il corso di questo processo per un certo periodo. Esso è strettamente legato ai rapporti di produzione, i quali possono o creargli potenti vincoli, oppure dare libero corso allo sviluppo delle forze produttive e quindi anche della tecnica.
Lo sviluppo della tecnica ha spesso un carattere di unilateralità. Nei paesi imperialisti, ad esempio, la tecnica bellica conosce uno sviluppo impetuoso e prioritario. Molte invenzioni e scoperte, particolarmente invenzioni che rivoluzionano la produzione, in questi paesi vengono spesso «tirate per le lunghe» se non addirittura respinte.
Nelle condizioni odierne, in cui il capitalismo si vede costretto a sostenere la concorrenza dei paesi socialisti, in cui scienza e tecnica vengono sviluppate intensamente, i capitalisti non possono più, come prima, comprare e riporre tranquillamente nel cassetto i brevetti d'invenzione. Comunque lo sviluppo della tecnica alla lunga non può essere arrestato, perciò i suoi progressi acuiscono ulteriormente le contraddizioni sociali, che conducono alla rivoluzione socialista.,
La rivoluzione sociale, che ha come conseguenza il mutamento dei rapporti di produzione, crea nuove ampie possibilità allo sviluppo della tecnica.
Marx notò una caratteristica di questo processo: «Quando le condizioni sociali corrispondenti a un determinato stadio della produzione sono in via di formazione o sul punto di sparire, compaiono naturalmente perturbamenti della produzione, sia pure differenti per intensità ed efficacia.»[14] Lo sviluppo della tecnica nella produzione capitalistica meccanizzata è determinato soprattutto dal suo fine: accaparrarsi plusvalore. Il capitalista che per primo introduce una macchina realizza un extraprofitto fintantoché l'introduzione su larga scala di macchine analoghe non determina un nuovo valore e un nuovo prezzo della merce prodotta. Nel dare la caccia al profitto i capitalisti sviluppano la tecnica.[15]
Al tempo stesso però nella società capitalistica vige un'altra legge, che limita l'introduzione di mezzi tecnici. Se è vero che l'impiego di una macchina in qualsiasi società è oggettivamente opportuno quando il lavoro richiesto per la sua fabbricazione è inferiore al lavoro che essa sostituisce grazie alla sua applicazione, nelle condizioni del capitalismo questo limite si è ristretto, perché qui «l'uso delle macchine è limitato dalla differenza fra il valore della macchina e il valore della forza-lavoro da essa sostituita».[16]Questa differenza dipende da molte circostanze ed è fluttuante. Nelle condizioni del capitalismo le guerre possono avere un influsso stimolante sullo sviluppo della tecnica.
«Ma nel 1860», scriveva Marx, «che fu l'anno dello zenit dell'industria cotoniera inglese, chi avrebbe potuto presentire i perfezionamenti galoppanti delle macchine e la corrispondente soppressione del lavoro manuale provocati dal triennio successivo, sotto il pungolo della guerra civile americana?»[17] La tecnica delle macchine si sviluppò più. velocemente nell'industria bellica che nell'industria preposta ai bisogni civili. Tuttavia l'esperienza di due guerre mondiali e dell'aggressione americana in Vietnam ha mostrato come lo sviluppo della tecnologia bellica non stabilizzi l'economia capitalistica nel suo complesso, ma determini solo una temporanea espansione in alcuni settori, e in ogni caso ai popoli porta solo miseria e dolore.
Marx dimostrò come l'impiego di mezzi tecnici progrediti divenga economico solo nel caso di una produzione «su larga scala» e come la stessa concentrazione della produzione costituisca un incentivo allo sviluppo della tecnica.[18]
Gli strumenti di lavoro vengono continuamente perfezionati. Tuttavia il capitale fisso investito nelle imprese deve essere utilizzato per un certo periodo. Per questo motivo nuove macchine e mezzi tecnici vengono introdotti solo gradualmente, sebbene la lotta concorrenziale, crisi e catastrofi costringano a un precoce «rinnovo dell'attrezzatura su larga scala sociale».[19]
I vari rami della tecnica sono collegati tra loro secondo certe leggi. Un settore produttivo promuove il progresso tecnico nell'altro. «La filatura meccanica», scrive Marx, «rese necessaria la tessitura meccanica».[20] La rivoluzione nella filatura del cotone «rese necessaria l'invenzione del gin per la separazione delle fibre del cotone dal seme».[21] La tecnica dell'estrazione del carbone e del ferro è legata alla metallurgia ecc.[22]
Questi legami appaiono particolarmente evidenti nel settore dei trasporti e delle comunicazioni. Marx mostrò come questi mezzi «tramandati dal periodo della manifattura» si tramutassero rapidamente in pesanti vincoli per la grande industria, che aveva bisogno del piroscafo, della locomotiva e del telegrafo, e come a sua volta l'introduzione di questi mezzi tecnici richiedesse la macchina a vapore, la costruzione di ciclopiche macchine che fossero atte a battere, saldare, tagliare, trapanare e plasmare enormi masse di ferro.[23] In seguito alla costruzione delle ferrovie e grazie alla ricchezza di carbone e ferro, in India si sviluppò la produzione meccanizzata.[24] Anche il legame tra tecnica di fabbricazione delle macchine e industria estrattiva è evidente. La fabbricazione delle macchine determina una messa a punto dei metodi di estrazione e di produzione della materia prima.[25] Marx mostrò come gli uomini contribuiscano all'accrescimento della materia prima, che può stimolare potentemente lo sviluppo della tecnica nell'industria estrattiva e chimica.[26]
Nelle condizioni del capitalismo, il normale influsso di un ramo industriale sull'altro può trasformarsi nel suo contrario. L'adozione delle macchine in alcuni rami produttivi può creare una tale eccedenza di manodopera in altri, che l'abbassamento del salario spesso rende impossibile introdurre le macchine in questi ultimi.[27] L'impiego delle macchine in uno o in alcuni rami produttivi può anche suscitare nuovi bisogni, che a loro volta provocano il nascere di nuovi rami industriali, e in tal modo provocano nuovi perfezionamenti.[28]
Oltre a queste leggi dello sviluppo della tecnica, che hanno carattere obiettivo e dipendono soprattutto da un condizionamento socioeconomico, Marx menziona anche l'impostazione di problemi tecnici che non dipendono direttamente dai presupposti sociali dello sviluppo della tecnica. Essi nascono dalla logica interna di sviluppo della tecnica. Tuttavia per lo più servono come mezzi per il raggiungimento di scopi che sono comunque determinati da leggi socioeconomiche. Implicazioni sociali strettamente legate a questa o a quella invenzione inducono direttamente certe conseguenze socioeconomiche, già esaminate in precedenza. Il filatoio meccanico e il telaio meccanico, afferma Marx, procurarono ad esempio ai capitalisti una maggiore indipendenza nei confronti dei lavoratori e rafforzarono in tal modo il potere dei primi sui secondi.[29]
Soprattutto tra il 1825 e il 1830 quasi tutte le invenzioni tecniche determinarono conflitti tra lavoratori e capitalisti nei paesi progrediti. I capitalisti cercavano «ad ogni costo di deprezzare la specializzazione dell'operaio»,[30] allo scopo di rendere la produzione indipendente dall'abilità dei lavoratori. A questo fine furono trasferite al meccanismo soprattutto quelle operazioni che in precedenza richiedevano «molta abilità e mano sicura» da parte del lavoratore.[31]
In quel periodo, dopo ogni sciopero di una certa importanza appariva una nuova macchina. Come riferisce Marx, l'inventore del maglio a vapore, Nasmyth, in seguito a un grande e prolungato sciopero degli operai nel 1851, introdusse nella fabbricazione delle macchine una serie di macchine, che richiedevano solo la sorveglianza da parte dei lavoratori. Marx porta altri esempi: una macchina per la stampa a colori della mussolina, la self-acting mule,un meccanismo per levigare le catene ecc.[32] Lo sviluppo della tecnica è legato nel contempo per altri versi alla lotta dei lavoratori per i loro diritti e per migliori condizioni di lavoro. Marx cita ad esempio Ure, il quale riteneva che senza gli scontri tra capitalisti e lavoratori e senza la distruzione delle macchine da parte di questi ultimi «il sistema della fabbrica si sarebbe sviluppato ancor molto più rapidamente e ancor molto più utilmente».[33]
Comunque, dopo il 1825, le «guerre tra imprenditori e operai» furono all'origine di invenzioni e dell'impiego di nuove macchine solo in Inghilterra. Nei paesi europei del Continente fu la concorrenza dell'Inghilterra, sia al loro interno sia sul mercato mondiale, che costrinse all'adozione delle macchine. Nell'America settentrionale furono la concorrenza e la mancanza di manodopera.[34]
Marx menziona anche invenzioni la cui causa è riconducibile all'esigenza di protezione della proprietà. Il furto creò la necessità di costruire serrature più perfezionate. La frode promosse l'introduzione del microscopio in campo commerciale. La sofisticazione di merci e l'esigenza di scoprirla sollecitarono lo sviluppo della chimica analitica. La falsificazione del danaro determinò il perfezionamento delle banconote. «II delitto, con i mezzi sempre nuovi con cui dà l'assalto alla proprietà, chiama in vita sempre nuovi mezzi di difesa.»[35]
Lo sviluppo della tecnica ha carattere permanente. In seguito alla concorrenza e per altre cause i mezzi di produzione vengono incessantemente trasformati e perfezionati.[36] Questo fatto è legato a quella legge naturale secondo cui «il primo bisogno soddisfatto, l'azione del soddisfarlo e lo strumento già acquistato di questo soddisfacimento portano a nuovi bisogni: e questa produzione di nuovi bisogni è la prima azione storica».[37]
Il perfezionamento del macchinario è sempre legato alla sostituzione del lavoro manuale o di elementi residui del lavoro manuale con quello delle macchine. Il miglioramento della tecnologia del processo produttivo va di pari passo conla sostituzione delle funzioni dell’uomo in questo o quel punto della catena produttiva da parte di meccanismi e apparecchiature.
Piccoli e parziali miglioramenti alle macchine hanno come scopo l'economia di forza motrice, l'innalzamento della produttività del lavoro e il miglioramento dei prodotti.[38]
Sullo sviluppo della tecnica influisce anche il mutamento del materiale con cui è fabbricato l'oggetto della produzione.[39] L'impiego di nuovi materiali costringe a rivedere la tecnologia e a introdurre nuovi strumenti, dispositivi e macchine.
Secondo Marx lo sviluppo delle macchine delinea questo processo: «Utensili semplici, accumulazione di utensili, utensili composti, messa in moto d'un utensile composto ad opera di un solo motore manuale, l'uomo; messa in moto di questi strumenti ad opera delle forze naturali; macchina, sistema di macchine aventi un solo motore; sistema di macchine aventi un motore automatico...» [40]A questo proposito Marx fa osservare che « la macchina» è «un compendio di utensili di lavoro e mai una combinazione dei lavori per il lavoratore stesso».[41]
Al tempo di Marx le macchine rappresentavano quasi esclusivamente mezzi di lavoro meccanici che nell'insieme egli designava con una metafora come «sistema osseo e muscolare» della produzione (a differenza del «sistema vascolare»; vasi, tubi ecc., nella produzione chimica). Questi mezzi di lavoro meccanici furono caratteristici di una determinata epoca della produzione.[42] Nel XIX secolo erano rari i casi di elettrificazione e di chimizzazione della produzione. Ancora oggi la sostituzione di mezzi che operano meccanicamente nella produzione con altri resta un problema largamente aperto.
Ricordiamo un'altra interessante legge della tecnica. Le prime soluzioni pratiche di idee di macchine fondamentalmente nuove vengono realizzate in ampia misura nelle forme della tecnica da esse soppiantata. La configurazione delle prime macchine seguiva fa forma dei mezzi di produzione artigianali. Le prime automobili possedevano la forma delle vetture a cavalli ecc. «Soltanto dopo un ulteriore sviluppo della meccanica e a esperienza pratica accumulata» scrive Marx «la forma delle macchine viene determinata interamente dal principio meccanico e quindi viene interamente emancipata dalla forma corporea tradizionale dello strumento che si trasforma in macchina.»[43]
Al tempo stesso molte macchine e meccanismi, la cui attività era basata su «vecchie», tradizionali forme di movimento della materia, rappresentavano in sostanza una copia di vecchi strumenti di lavoro su una nuova base tecnica. L'analisi del maglio a vapore e delle macchine piallatrici indusse Marx a vedere in esse la ciclopica riproduzione degli usuali strumenti degli artigiani.[44] La specializzazione degli strumenti di lavoro, che prima venivano utilizzati per varie operazioni, fu resa necessaria quando le singole operazioni per la fabbricazione di un prodotto divennero indipendenti.[45]
Questo fenomeno deve essere considerato come una legge generale. Fondamentalmente sulla stessa linea nacquero, ad esempio nel XX secolo, le macchine utensili specializzate e complesse, che giocano un ruolo molto importante nell'automatizzazione della produzione.
Abbiamo già parlato della costante interazione reciproca tra scienza e tecnica. Nell'opera di Marx questa legge è illustrata con molti esempi. Lo sporadico impiego delle macchine nel XVII secolo promosse la nascita della meccanica.[46] La frequente sostituzione dei meccanismi di trasmissione determinò una più accurata ricerca delle leggi dell'attrito. La scoperta di queste leggi permise di sviluppare le ruote dentate e altri elementi delle macchine. L'effetto variabile della forza motrice sui mulini portò alla teoria del volano, che permise di calcolare e di realizzare varie macchine e meccanismi per la grande industria ecc.[47]
Nella nostra epoca il ruolo attivo della scienza aumenta costantemente e la tecnica pone a disposizione della scienza strumenti sempre più efficaci per la sperimentazione.
2. Importanza della storia della tecnica
Sull'importanza della storia della tecnica Marx si è soffermato ampiamente in Il Capitale, «Darwin ha diretto l'interesse sulla storia della tecnologia naturale, cioè sulla formazione degli organi vegetali e animali come strumenti di produzione della vita delle piante e degli animali. Non merita eguale attenzione la storia della formazione degli organi produttivi dell'uomo sociale, base materiale di ogni organizzazione sociale particolare? E non sarebbe più facile da fare poiché, come dice il Vico, la storia dell'umanità si distingue dalla storia naturale per il fatto che noi abbiamo fatto l'una e non abbiamo fatto l'altra? La tecnologia svela il comportamento attivo dell'uomo verso la natura, l'immediato processo di produzione della sua vita, e con essi anche l'immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali, e delle idee dell'intelletto che ne scaturiscono.»[48]
Già nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 Marx rilevava la necessità di considerare la tecnica in rapporto all'essenza dell'uomo e non dal punto di vista dell'utilità. Egli sollecitava la storia della tecnica come esposizione di quel processo in cui le reali «forze essenziali dell'uomo» si manifestano. Queste forze si rivelano soprattutto nella storia della tecnica e non nella religione, nella politica, nell'arte ecc.
Sulla storia delle scienze naturali e della tecnica, sulla loro collocazione nel sistema delle scienze, Marx si esprime in questi termini: «Cosa mai si deve pensare di una scienza, che nobilmente astrae da questo vasto settore del lavoro umano, e non avverte la propria incompletezza, fintantoché non si rende conto di quell'estesissimo patrimonio dell'attività umana che si può designare con una parola: "bisogno", "bisogno comune".»
Le scienze della natura penetrano con l'aiuto dell'industria, cioè con il «reale rapporto storico della natura, e quindi della scienza naturale, con l'uomo», nella vita dell'uomo. Se vengono allora concepite «come rivelazione esoterica delle forze essenziali dell'uomo, anche l’umanità della natura o la naturalità dell'uomo è intesa. E però le scienze naturali abbandonano il loro indirizzo astrattamente materiale, o piuttosto idealistico, e diventano la base della scienza umana. [...] La storia stessa è una parte reale della storia naturale, della umanizzazione della natura. La scienza naturale comprenderà un giorno la scienza dell'uomo, come la scienza dell'uomo comprenderà la scienza naturale: non ci sarà che una scienza.»[49]
Purtroppo Marx non ci ha lasciato una trattazione completa che abbia per oggetto la storia delle scienze naturali e della tecnica. Queste questioni trovano posto in Il Capitale e in altre opere solo come singoli frammenti. L'analisi del mutamento di singoli mezzi tecnici serve qui da base per varie considerazioni. Marx utilizza, ad esempio, la storia delle pompe e dei mantici, compresi quelli per la fucina, per chiarire il processo della trasformazione degli utensili in macchine.[50] La produzione poligrafica si rivela molto interessante per lo studio delle caratteristiche e dei mutamenti della divisione del lavoro all'interno dell'officina.[51] L'analisi della fabbricazione delle carrozze, la produzione degli orologi, degli aghi ecc. gli consentirono di spiegare le caratteristiche della tecnologia della produzione della manifattura e di rendere comprensibile il processo di nascita della manifattura.[52]
La tecnica dell'industria della maglia e delle confezioni costituì per Marx una nuova fonte per indagare l'aspetto tecnico del processo di passaggio dall'artigianato alla fabbrica.[53]
Egli scopri le tendenze di sviluppo della tecnica verso l'automatizzazione della produzione, grazie all'analisi del perfezionamento tecnico delle macchine per la lavorazione dei metalli (macchine chiodatrici e trapanatrici, trance meccaniche ecc.).[54] Questo sviluppo, oggi universalmente riconosciuto, fu dunque scoperto da Marx grazie all'analisi della storia della tecnica.
La storia dell'orologio gli servì per desumere la legge generale dell'insorgere degli elementi di una nuova tecnica.[55] La concordanza tra determinati modi di produzione e determinati livelli fu studiata e dimostrata da Marx utilizzando la storia della produzione della carta. «La più antica arte cartaria tedesca», scrive, «ci fornisce i campioni della produzione di tipo artigianale in questa branca; l'Olanda del secolo XVII e la Francia del XVIII ci danno i campioni della manifattura in senso proprio e l'Inghilterra moderna ci dà i campioni della fabbricazione automatica; inoltre in Cina e in India esistono ancora due antiche forme asiatiche, differenti, della stessa industria.»[56]
Marx dedicò particolare attenzione alla storia dei mulini. I mulini ad acqua e a vento avevano una posizione molto netta: la macina, un meccanismo di trasmissione e una propulsione meccanica. Tutte queste parti si svilupparono, furono perfezionate, trasformate e applicate a molte altre macchine.
Marx trasse da questo studio la conclusione che forme di propulsione meccanica venivano impiegate innanzitutto dove già da molto tempo era richiesto un semplice moto rotatorio, che veniva eseguito dall'uomo stesso, e che le macchine a vapore compirono la loro marcia trionfale grazie all'aumento delle dimensioni delle macchine operatrici.[57] La storia della filatura e della tessitura della seta, nonché quella della fabbricazione degli aghi fornirono un quadro esemplare dello sviluppo della produzione dal lavoro a domicilio alla fabbrica, dal lavoro manuale alla meccanizzazione, attraverso cui si accrebbe in misura straordinaria la produttività del lavoro.
Marx studiò la nascita della divisione del lavoro attraverso l'esempio offerto dalla specializzazione all'interno della filatura della seta. In essa operavano innaspatrici, torcitori, tintori, imbozzinatori dell'ordito e tessitori. In base ai dati riportati da Blanqui, nel 1839 tutti questi operatori lavoravano ancora autonomamente a domicilio. Nel 1863 Marx constatava già la formazione della manifattura: la riunione di una parte di quei lavoratori in un unico spazio. E nel 1890 Engels, in occasione della quarta edizione di Il Capitale, faceva notare come in tali fabbriche esistessero telai meccanici mossi dal vapore.[58]
Marx esaminò dal punto di vista storico anche il processo di fabbricazione degli aghi. La produzione di Norimberga, dove ogni artigiano eseguiva venti operazioni differenti, veniva da lui contrapposta alla manifattura inglese, in cui queste venti operazioni venivano portate a termine da venti uomini diversi, e il filo, in seguito a un'ulteriore divisione del lavoro, passava per le mani di un numero di operai parziali che oscillava tra 72 e 92. Questa produzione in seguito si meccanizza, per cui una donna, che lavora contemporaneamente a quattro macchine, produce 600.000 aghi al giorno, mentre nella manifattura un operaio ne produceva quotidianamente solo 4.800.[59]
Lo studio della produzione dei pennini di acciaio aiutò Marx a chiarire le condizioni e la rapidità del passaggio dalla manifattura alla fabbrica. In particolare lo aiutò a stabilire che nei casi in cui la produzione della manifattura non rappresentava una serie di processi successivi tra loro coordinati il passaggio alla produzione meccanizzata si rivelava difficile.[60]
La storia della tecnica fornì a Marx il materiale per la soluzione di molti problemi di politica economica. Per risolvere la questione del modo in cui il valore della macchina si trasferisce alle merci prodotte, fece ricorso alla storia della fucina. Indagò, ad esempio, in base appunto allo sviluppo del processo di fucinatura, con quanti colpi al minuto il metallo veniva lavorato (fucinatrice meccanica brevettata da Ryder).[61] Studiò il carattere ciclico della produzione capitalistica sulla base della teoria delle ferrovie.[62] Il generale peggioramento della condizione dei lavoratori nella produzione meccanizzata, la loro subordinazione alla macchina e la lotta degli operai contro le macchine sono illustrati nell'opera di Marx da numerosi esempi tratti dalla storia della tecnica. Citeremo solo le invenzioni di Arkwright e di Everett,[63] la storia della tecnologia della fabbricazione dei pizzi[64] e delle macchine per cucire[65] ecc. Questo spinse Marx a mostrare la limitatezza di quella elementare e spontanea forma di lotta di classe e a denunciare ai lavoratori il loro nemico reale, la borghesia, il cui dominio deve essere sostituito da quello della classe operaia attraverso la lotta rivoluzionaria sotto la guida di un partito combattivo e con chiari obiettivi.
Lo studio della storia della tecnica dei mezzi di trasporto indusse Marx a questa considerazione: «Accanto alle alterne vicende periodiche e generali del ciclo industriale e alle oscillazioni particolari del mercato in ciascuna branca della produzione intervengono in ispecie la cosiddetta stagione [...] le grandi ordinazioni improvvise da eseguirsi alla più breve scadenza.»[66] Non ha importanza da cosa sia determinata questa attività stagionale, ma «ordinazioni improvvise la rendono più consueta, quanto più la ferrovia e il telegrafo si espandono».[67]
Al tempo di Marx l'elettricità non aveva ancora una storia tale da permettere di trarre una qualsiasi conclusione. La grande guida del proletariato seguì con molta attenzione lo sviluppo di questo nuovo settore della scienza e della tecnica. Si interessò agli esperimenti di Deprez,[68]alla batteria di Hartmann,[69] a un modello di treno elettrico ecc. Marx collegò all'elettricità la futura tecnica, ma anche i futuri rivolgimenti sociali.[70]
[1] K. Marx,
II Capitate, I, cit., pp. 426 sg. e pp. 495 sgg.; cfr. anche K. Marx,
Miseria della filosofia, in K. Marx e F. Engels,
Opere complete, VI, cit., p. 196.
[2] K. Marx,
Per la critica dell'economia politica,
Prefazione, cit., p. 11.
[3] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 415.
[4] V. I. Lenin,
Werke, Berlino, 1968, Bd. 38, p. 186.
[6] K. Marx e F. Engels,
L'ideologia tedesca, cit., p. 52.
[7] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., pp. 217 sgg.
[8] K. Marx,
Miseria della filosofia, in K. Marx e F. Engels,
Opere complete, VI, cit., p. 197.
[9] K. Marx e F. Engels,
Manifesto del Partito Comunista, cit., p. 101.
[10] K. Marx e F. Engels,
L'ideologia tedesca, cit., p. 50.
[11] K. Marx e F. Engels,
Werke, Berlino, 1962, Bd. 20, p. 59.
[12] K. Marx,
Il Capitale, III, cit., pp. 111 sg.
[13] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 414 nota 89.
[14] K. Marx,
Introduzione a
Per la critica dell'economia politica, cit., p. 176.
[15] K. Marx,
Il Capitale, III, cit., p. 285.
[16] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., pp. 435 sg.
[18] K. Marx,
Il Capitale, III, cit., p. 111.
[19] K. Marx,
Il Capitale, II, cit., p. 175.
[20] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 426.
[24] K. Marx,
I risultati futuri della dominazione britannica in India, in K. Marx e F. Engels,
India Cina Russia, cit., pp. 87 sgg.
[25] K. Marx,
Il Capitale, III, cit., p. 155.
[26] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 496.
[28] K. Marx,
Der leitende Artikel in Nr. 170 der «Koelniscbe Zeitung», in K. Marx e F. Engels,
Werke, Berlino, 1961, Bd. 1, p. 563.
[29] K. Marx e F. Engels,
Werke, cit., Bd. 16, p. 553.
[30] K. Marx,
Miseria della filosofia, in K. Marx e F. Engels,
Opere complete, VI, cit., p. 197.
52 33
[34] Marx a P. V. Annenkov, a Parigi, 28 dicembre 1846, in K. Marx e F. Engels,
Opere complete, XXXVIII, cit., p. 462.
[35] K. Marx,
Teorie sul plusvalore, I, cit., p. 583.
[36] K. Marx,
Lavoro salariato e capitale, cit., p. 69.
[37] K. Marx e F. Engels,
L'ideologia tedesca, cit., p. 19.
[38] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 477.
[40] K. Marx,
Miseria della filosofia, in K. Marx e F. Engels,
Opere complete, VI, cit., p. 196.
[42] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 214.
[43] Ibid., pp. 425 sg., nota 103.
[47] Ibid., p.419; cfr. anche K. Marx e F. Engels, 28 gennaio 1863, in K. Marx e F. Engels,
Carteggio, IV, cit., p. 160.
[48] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 414, nota 89.
[49] K, Marx,
Manoscritti economico-filosofici del 1844, in K. Marx,
Opere filosofiche giovanili, cit., pp. 265 sg.
[50] K. Marx,
Il Capitale, I, cit., p. 417.
[51] Ibid., pp. 387 e 531 sg.
[53] Ibid., p. 422, nota 101.
[58] Ibid., p. 380, nota 26.
[59] Ibid., pp. 380 e 387.
[67] K. Marx,
Il Capitale, II, cit., pp. 242 sg.
[68] K. Marx e F. Engels,
Werke, cit., Bd. 35, p. 104.
[70] W. Liebknecht,
Ricordi su Marx, in AA.VV.,
Ricordi su Marx, cit., pp. 66 sg.
|
|
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
|