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- cultura e memoria resistenti - scienza - 09-02-12 - n. 396
da Aleksandr A. Kusin, Marx e la tecnica, Gabriele Mazzotta Editore, Milano, 1975
trascrizione per www.resistenze.org a cura di Valerio
Aleksandr Abramievic Kusin
Marx e la tecnica
Conclusione
Nei cento anni che ci separano dalla pubblicazione del primo libro di Il Capitale, la tecnica si è andata continuamente sviluppando in modo rapido e multiforme.
L'automazione di reparti e stabilimenti, l'elettronica, la cibernetica, l'utilizzazione delle proprietà dell'atomo, la creazione di materie sintetiche dalle caratteristiche prestabilite ecc.; tutto questo va oltre la tecnica del XIX secolo.
Ciononostante le previsioni e le conclusioni scientifiche tratte da Marx sulla base della tecnica del suo tempo e della storia della tecnica non hanno perso nulla della loro importanza. Esse sono attuali oggi come un secolo fa.
Fondandosi su fatti di ordine tecnico-storico, Marx previde nelle sue linee fondamentali la tecnica odierna e persino la tecnica futura, la sostituzione del vapore ad opera dell'elettricità e le fonti energetiche della produzione futura. Egli riteneva che questa produzione diventa possibile solo dopo la rivoluzione politica, che rappresenta la conseguenza necessaria della rivoluzione economica.[1] Nel prevedere l'automazione, Marx prefigurò un lavoratore, che «interviene accanto al processo produttivo invece di esserne l'agente principale». Qui la scienza per la scienza, che viene impiegata nella produzione, si trasforma «in una forza produttiva immediata».[2]
Marx scopri che le conseguenze sociali dello sviluppo della tecnica sono legate da un rapporto causale alla grande industria capitalistica: in relazione al costituirsi del mercato mondiale, all'ineluttabile tendenza dei capitalisti al controllo comune, decisivo e preventivo sulla produzione, alla loro unità d'azione nei momenti di grande pericolo immediato. Ma, afferma Marx, tutte queste tendenze in generale sono indubbiamente inscindibili dalle leggi della produzione capitalistica e non possono impedire le conseguenze ad esse legate.[3] Nella misura in cui il progresso dell'industria sviluppa, allarga e approfondisce «l'opposizione di classe tra capitale e lavoro, per cui il "potere governativo" assume sempre più il carattere di un potere nazionale del capitale sul lavoro»,[4] questo potere deve immancabilmente tendere a ricondurre a sé anche tutte le funzioni menzionate.
Attualmente nei paesi capitalisti avanzati si compiono determinati mutamenti nella struttura della classe operaia e dell'intera popolazione, che sono conseguenza dello sviluppo della tecnica. Ma già aveva previsto che nel corso dello sviluppo cresceranno quegli strati della popolazione che non prendono parte direttamente alla produzione materiale.
Tutto questo contraddice pienamente l'interpretazione di alcuni sociologi ed economisti borghesi, i quali affermano che la teoria di Marx è valida solo per la società del XIX secolo e che le conclusioni di Marx hanno perso la loro importanza nelle condizioni del moderno progresso scientifico-tecnico.
Le parole di Marx di oltre cento anni fa sono oggi attuali come non mai per il mondo capitalista: «Noi constatiamo come il macchinario, che è dotato del miracoloso potere di ridurre e di rendere più fecondo il lavoro umano, lo faccia deperire e lo dissangui fino all'esaurimento. Per uno strano incantesimo le nuove fonti della ricchezza si trasformano in fonti della miseria. Le vittorie della scienza sembrano acquisite a prezzo di una perdita di dignità Nella misura in cui l'umanità assoggetta a sé la natura, l'uomo appare soggiogato da altri uomini o dalla propria infamia [...] alcuni possono lamentarsi di questo stato di cose; altri possono desiderare di sbarazzarsi delle moderne conquiste tecniche per sbarazzarsi dei conflitti moderni.»[5]
Nello sviluppare creativamente il marxismo, Lenin si dedicò anche allo studio della tecnica. Nelle nuove condizioni che caratterizzavano la sua epoca, lo sviluppo della tecnica creava sempre più rapidamente la possibilità della sostituzione dei rapporti capitalistici di produzione con quelli socialisti, cioè la possibilità della rivoluzione sociale.[6]
«Di giorno in giorno la tecnica del capitalismo», scriveva Lenin, «oltrepassa senza modificarle, le condizioni sociali che condannano gli operai alla schiavitù salariata.»[7] II fondatore dello Stato sovietico non si limitò a sviluppare i principi teorici di Marx sulla tecnica, ma propose anche soluzioni pratiche per lo sviluppo della tecnica dopo la vittoria della Rivoluzione socialista. Egli ribadì che il capitalismo viene definitivamente sconfitto dal socialismo, perché quest'ultimo crea «una produttività del lavoro superiore»,[8] fondata sull'impiego sempre più esteso delle macchine.
In Schema di un piano per i lavori tecnico-scientifici per l'Accademia delle scienze (1918), Lenin stabilì le direttrici principali dello sviluppo economico del paese, dedicando particolare attenzione all'elettrificazione di tutti i settori dell'economia nazionale.[9] Egli è l'autore della teoria dell'elettrificazione, che rappresenta una parte della teoria marxista-leninista della costruzione socialista. Sotto la sua direzione fu delineato il programma della trasformazione tecnica dell'industria e dell'agricoltura, soprattutto in vista di una trasformazione della mentalità contadina.[10] Lenin parlò della necessità di sviluppare l'industria chimica e di creare nuove branche della tecnica, compresa la radiotecnica. Egli volle che i lavori pesanti e faticosi fossero meccanizzati.
Poggiando sulla teoria marxista-leninista e sotto la direzione del suo Partito comunista, l'Unione Sovietica si dedicò alla creazione della base materiale-tecnica del comunismo. Nella creazione di questa base risiede il compito economico fondamentale del partito e del popolo sovietico. Ciò significa la completa elettrificazione del paese e su questa base il perfezionamento della tecnica, della tecnologia e dell'organizzazione della produzione sociale in tutti i rami dell'economia nazionale; totale meccanizzazione e anche sempre più spinta automatizzazione dei processi produttivi; largo impiego della chimica nell'economia nazionale; sviluppo generale di nuovi rami produttivi economicamente redditizi come anche di nuove forme di energia e di nuovi materiali; utilizzazione globale e razionale delle ricchezze naturali, delle risorse materiali e della forza-lavoro; legame organico tra scienza e produzione; rapido progresso economico e tecnico.
I successi tecnici dell'Unione Sovietica sono indiscussi in tutto il mondo. Per i sovietici e per tutti gli abitanti progressisti del pianeta, le possenti centrali idroelettriche dell'Unione Sovietica, munite dei più potenti generatori del mondo, i reparti e gli stabilimenti automatizzati, gli altiforni e le acciaierie completamente automatizzati, le stazioni automatiche interplanetarie, che compiono atterraggi morbidi sulla Luna, su Venere e su Marte e molte altre realizzazioni sono diventati fatti quotidiani.
Nel celebrare solennemente nel 1968 il centocinquantesimo anniversario della nascita del fondatore del comunismo scientifico, ricordiamo ancora una volta con quale genialità Marx abbia pronosticato i contorni della tecnica della futura società socialista e della ancora più grandiosa tecnica del comunismo.
[1] Cfr. W. Liebknecht, Ricordi su Marx, in AA.VV., Ricordi su Marx.
[2] K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, II, cit., p. 403-
[3] K. Marx, Il Capitale, III, cit., pp. 157 sg. e 401.
[4] K. Marx e F. Engels, Werke, cit., Bd. 17, p. 608.
[5] K. Marx e F. Engels, Werke, cit., Bd 12, pp. 3 sg.
[6] V. I. Lenin, Documenti per la revisione del programma del partito, in Opere, Roma, Editori Riuniti, 1966, vol. 22, p. 45.
[7] V. I. Lenin, Una grande vittoria della tecnica, in Opere, vol. 19, Roma, 1967, p. 45.
[8] V. I. Lenin, La grande iniziativa, in Opere, cit., vol. 29, p. 390.
[9] V. I. Lenin, Schema di piano per i lavori tecnico-scientifici, in Opere, cit., vol. 27, pp. 289 sg.
[10] V. I. Lenin, X Congresso del PCR (b). Discorso di chiusura del dibattito sul rapporto del CC del PCR (b), in Opere, cit., vol. 32, pp. 176 sgg.
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