Tratto da:
“La Rivoluzione Bolivariana” – ed. La
Città del Sole, Napoli
A cura della delegazione italiana
comunista per il XVI F.M.G.S. di Caracas 2005
Simon
Bolivar
Vita:
Nella storia dell’America latina riecheggia sempre il nome di Simon Bolìvar,
soprannominato il LIBERTADOR perché ha combattuto per l’indipendenza dei paesi
sudamericani dalla Spagna e dal Portogallo.
Nato a Caracas il 24 luglio 1783 da una ricca famiglia spagnola, fu educato
secondo le idee dell’Illuminismo, vivendo tra la Spagna, l’Italia e la Francia
e conoscendo da vicino la Rivoluzione francese e l’ascesa napoleonica.
Durante un viaggio in Europa, a Parigi conobbe lo scienziato tedesco Alexander
von Humboldt; da quest’incontro, in Bolìvar cominciò a radicarsi la convinzione
che le colonie americane dovessero essere libere. Continuando il suo viaggio,
giunse a Roma e, salendo sul colle Aventino in compagnia del suo amico e
maestro Simon Rodriguez, prestò questo giuramento: “Per il Dio dei miei
genitori, giuro per loro; giuro per il mio onore e giuro per la patria, che non
darò pace al mio braccio, né riposo alla mia anima, finché non avrò spezzato le
catene che ci opprimono!” (Giuramento Del Monte Sacro 15/8/1805)
La miccia della ribellione si accese in seguito all’invasione della Spagna da
parte di Napoleone nel 1808. Il re Ferdinando VII fu deposto e sostituito da
Giuseppe Bonaparte. Nel resto della Spagna si formarono Giunte Autonome di
Governo e lo stesso accadde nelle colonie americane, dove nacque un grande
movimento indipendentistico guidato dai creoli (bianchi nati nelle colonie),
che assunsero l’autogoverno che desideravano.
Caracas fu la prima città ad eleggere una Giunta che rifiutò l’autorità del
Consiglio di Reggenza spagnolo e che adottò misure radicali, come la riduzione
della pressione fiscale e l’apertura commerciale; quest’ultima era sempre stata
impedita dalla madre patria, che voleva sfruttare in maniera esclusiva le
ricchezze delle terre americane. Il movimento, però, non ebbe la forza di
estendersi alle altre città, anche perché i creoli, rappresentando la minoranza
della popolazione, non cercarono mai l’appoggio degli Indios e dei Meticci.
Infatti, la Costituzione che si adottò a Caracas nel 1811, sul modello di
quella nordamericana, manteneva, però, i privilegi dell’oligarchia dei creoli e
la loro egemonia politica, con poche pretese liberali.
Questa esperienza repubblicana fallì presto, poiché nella regione Llanos,
contrapposta all’oligarchia di Caracas, i gruppi di Llaneros di Josè Tomàs
Boves si scontrarono con Bolìvar ed i suoi uomini, fino alla caduta di Puerto
Cabello, difesa da Bolìvar stesso. Questi si diresse perciò a Cartagena per
mettersi al servizio della Giunta e della rivoluzione di questa città.
Simon Bolìvar, consapevole del fatto che in sudamerica, vasto territorio senza
strade, con pianure ed alte montagne inesplorate, l’arte militare non poteva
essere appresa dai libri, si affidò solo alla sua tenacia ed alla sua capacità
di imparare dai propri errori e, riorganizzandosi, ritornò a Caracas. Qui abolì
la Costituzione e fondò una nuova Repubblica, assumendo, però, poteri
dittatoriali. Ma ancora una volta le truppe di Boves ebbero la meglio su di
lui, sconfiggendolo a Puerta; decise così di abbandonare la resistenza e di
rifugiarsi nuovamente a Cartagena, cercando, però prima di raggiungerla, di
liberare le città di Santa Marta e Maracaibo.
Nel frattempo in Europa, con la caduta di Napoleone e l’avvento della
Restaurazione, si tornava alla monarchia: re Ferdinando VII, tornato sul trono
di Spagna, cercò subito di favorire la riconquista delle colonie sudamericane
ed, infatti, nel dicembre del 1815 il principale porto della Nueva Granada
(attuale Colombia) cadde in mani spagnole. Nel giugno del 1816 tutta la Nueva
Granada era di nuovo sotto il dominio spagnolo.
A questo punto Bolìvar si rifugiò prima in Giamaica e poi ad Haiti; da qui
riuscì a stabilire buoni contatti con i guerriglieri delle Guyane e dei Llanos
e ad organizzare un primo sbarco ad Oculare nel maggio del 1816, che purtroppo
fallì; successivamente ne preparò un altro a Nueva Barcelona, che finalmente
riuscì. Rientrato sul continente istallò il suo quartier generale nella città
di Angostura, sull’Orinoco e si dedicò alla preparazione di nuove campagne
militari contro gli Spagnoli, che per tutto l’anno 1817 avevano ottenuto
importanti vittorie: erano infatti riusciti a riconquistare quasi tutto il
territorio.
Nel 1819 Bolìvar indisse un congresso in cui propose la nascita di una grande
nazione, costituita dai territori dell’antico vicereame della Nueva Granata,
cioè le attuali Venezuela, Colombia ed Ecuador, chiamata Gran Colombia. Egli fu
nominato presidente provvisorio, fino alla conclusione delle guerre di
indipendenza.
Nello stesso anno iniziò una nuova campagna militare attraverso le Ande, dal
Venezuela verso la Colombia; come sempre alla testa dei propri uomini, si
distinse nella dura battaglia di Boyaca, che gli consentì di dirigersi
facilmente verso Bogotà, dove fu proclamato LIBERTADOR. Fondò pochi giorni dopo
il Nuovo Stato di Colombia.
A questo punto Bolìvar ed i suoi uomini si resero conto che era arrivato il
momento di sferrare il colpo di grazia: ingaggiarono una dura battaglia a
Carabobo, a sud di Valencia, il 24 giugno 1821, contro le truppe regie, che
furono pesantemente sconfitte, riuscendo così a giungere a Caracas. Il
Venezuela era finalmente libero.
L’opera di Bolìvar non era però ancora conclusa. Infatti, una volta
riorganizzate le proprie truppe, si diresse verso ovest alla volta delle ultime
città della Nueva Granata, ancora in mani spagnole, e di Quito. Già nel 1820
Antonio Josè de Sucre, generale di Bolìvar, arrivò in Ecuador e liberò
Guayaquil per poi dirigersi verso Quito; nell’attuale capitale ecuadoregna, le
truppe di Bolìvar e di de Sucre si unirono per liberare la città; riuscirono
poi a sconfiggere le truppe regie a Pichincha, antica capitale inca.
A questo punto restava da liberare l’Alto Perù (attuale Bolivia) e la zona
andina peruviana prese contro i dominatori spagnoli.
A Guayaquil giunse nel 1822 anche il generale argentino San Martìn, che intanto
stava combattendo per la liberazione degli attuali Cile ed Argentina.
Bolìvar, de Sucre e San Martìn avevano l’intenzione di unire i loro sforzi per
liberare definitivamente il Sudamerica dal dominio spagnolo, ma dopo poco il
generale argentino abbandonò l’impresa per partire alla volta dell’Europa; in
questa maniera Bolìvar e le sue truppe venezuelane presero le redini delle
nuove campagne indipendentiste.
Il Libertador istallò il suo quartier generale sulla costa peruviana e nel
maggio del 1824 cominciò ad avanzare verso sud, ottenendo importanti vittorie a
Junin e ad Ayacucho. Agli inizi del 1825 il generale de Sucre riuscì ad
eliminare gli ultimi nuclei di resistenza realista nella zona di Charcas.
Nel frattempo anche il Brasile, che era sotto la dominazione portoghese, si
rese indipendente. Fu l’unico paese, però, a seguire una via pacifica per la
conquista dell’indipendenza.
Dopo l’invasione del Portogallo da parte delle truppe napoleoniche, il re
Giovanni VI di Briganza e la sua corte si erano trasferiti a Rio de Janeiro;
solo nel 1821 il sovrano decise di tornare in patria, lasciando in Brasile suo
figlio don Pedro. Questi, per evitare che anche lì si diffondessero i moti
indipendentisti che da alcuni anni caratterizzavano la vita sudamericana,
proclamò il 7 settembre 1822 l’indipendenza del Brasile, facendosi eleggere
imperatore con il nome di Pedro I.
Finalmente tutto il Sudamerica era libero dal dominio spagnolo e portoghese..
L’opera di Bolìvar non era ancora conclusa; da sempre infatti aveva sognato
l’indipendenza dei paesi latinoamericani accompagnata da una loro
modernizzazione da un punto di viste socio-politico.
Pensiero Bolivariano:
La vita del Libertador Simòn Bolìvar fu completamente dedita alla realizzazione
di un’America unita e solidale sotto la bandiera della libertà e della
democrazia. È particolarmente nella carta storica che Bolivar, esiliato,
scrisse a Kingston (Giamaica), il 6 settembre del 1815, pubblicata nel The
Royal Cazette, della suddetta città , che le idee internazionali di Bolivar
acquistano lineamenti precisi e si abbozza il suo progetto di una grande
confederazione americana, che proverà a realizzare più tardi nel Congresso di
Panama del 1826. In questa carta, scritta quando ancora non si poteva prevedere
l’esito glorioso della campagna emancipatrice, Bolivar presentava
l’organizzazione del Nuovo Mondo su basi di solidarietà continentale,
d’uguaglianza giuridica delle nazioni che la formavano, di un comune regime
democratico e repubblicano, assenza d’antagonismo irriducibile e d’identità
d’aspirazioni e dottrine in politica internazionale. “Io desidero – dice il
Libertador - più di tutti gli altri vedere formarsi in America la più grande
nazione del mondo meno per la sua estensione e ricchezza che per la sua libertà
e gloria. È un’idea grandiosa pretendere di formare di tutto il nuovo mondo una
sola nazione con un solo vincolo che leghi le parti tra loro. Poiché hanno una
sola origine, lingua, costumi e religione, dovrebbe di conseguenza avere un
solo governo che confederi i differenti Stati che la formano; di più non è
possibile perché situazioni diverse, interessi opposti, caratteri diversi
dividono l’America. Che bello sarebbe che l’istmo di Panama fosse per noi ciò
che quello di Corinto era per i greci.”.
“Io dirò a voi - continua Bolivar - ciò che può metterci in grado di espellere
gli spagnoli e di fondare un governo libero: è l’unione, certamente, ma
quest’unione non avverrà per prodigi divini, ma per effetto di sforzi ben
precisi. L’America si trova in questa situazione perché e stata abbandonata da
tutte le nazioni, senza relazioni diplomatiche ne aiuti militari”. La carta di
Jamaica, nella quale si rivela la visione politica e il genio di Bolivar,
meriterebbe un ampio commento per interpretare le straordinarie concezioni ed
il nobile pensiero del Libertador d’America.
Lí s’incontra l’uomo di stato, il militare, il diplomatico, l’apostolo della
libertà. Questa è una delle carte più celebri tra quelle che riguardano il
Libertador. Bolivar polarizzò intorno al suo genio politico e al suo prestigio
di primo capitano della libertà d’America, le aspirazioni d’indipendenza in
tutti ed in ognuno dei popoli del continente; egli cercava, in effetti, non
solo di costituire un gruppo di nazioni libere e indipendenti, ma anche di
allacciare, una volta emancipate, una all’altra queste nazioni con i vincoli di
solidarietà più perfetta affinché
l’America Latina potesse divenire una vera famiglia unita sotto l’egida
del diritto e della democrazia. Quando già s’intravedeva all’orizzonte la fine
della lotta, Bolivar, capo supremo del Venezuela, espone una volta ancora, alla
metà del 1818, il suo progetto di confederare i popoli d’America. L’idea che
Bolivar aveva dell’America del Sud, era quella di una stessa razza, stessa
religione, lingua, pericoli e speranze comuni, uguale destino nella storia e
identica concezione del mondo e della vita e la coscienza di formare una stessa
famiglia di nazioni.
Bolivar assunse, dopo la battaglia di Boyacà, la presidenza della Colombia ed
ebbe modo di sviluppare più intensamente e con più efficacia le idee che aveva
preconizzato fino allora e che formano il midollo del trattato “de union, liga
y confederaciòn perpetua” che per ispirazione dello stesso Bolivar, in qualità
di Libertador – Presidente della Colombia e Capo Supremo del Perù, sarà
approvato dal Congresso riunito a Panama nel 1826.
Nella lettera di convocazione al Congresso di Panama, diretta ai governi della
Colombia, del Messico, del Río de la Plata, del Cile e del Guatemala, Bolivar
traccia le linee essenziali del suo progetto di integrazione delle giovani
repubbliche americane. La ricerca dell’unità americana è presente sin
dall’inizio della sua epopea militare e politica; si evince un certo
pessimismo, paragonando l’unità americana ad “un delirio”, per come risposero i
governi cui la citata convocazione era indirizzata. Solo il Perù, la Colombia,
il Centro America ed il Messico, riuscirono a partecipare al Congresso, mentre
gli altri paesi sabotarono l’iniziativa bolivariana.
Dal 1815, con la famosa Carta de Jamaica nella quale Bolivar aveva
ripetutamente affermato che i paesi appartenenti alle ex colonie spagnole
dovevano formare un’unica confederazione di Stati, egli pensava che in piccolo
l’America rappresentasse l’intera umanità; un’umanità diversa, nuova, come
profondamente nuova era tutta l’America agli occhi dell’Europa. Bolivar intuì
che l’avvenire delle nuove repubbliche era solo nella ricerca dell’unità
continentale; in America non poteva ripetersi ciò che invece era successo nella
vecchia Europa dove le nazioni che si erano formate dallo smembramento
dell’impero romano possedevano saldi punti di riferimento nella loro storia e
ognuna di loro andò alla ricerca delle proprie origini nelle nazioni violate
dall’imperialismo romano, cercando di ricostruire, con i dovuti mutamenti, le
forme politiche originarie. Le Repubbliche americane non potevano ripercorrere
quelle strade, il loro passato era breve, le loro origini spesso ignote. I
popoli americani erano il prodotto di una razza mista ; essi non erano né
indios, né europei, ma un ibrido prodotto dall’incrocio fra le legittime
popolazioni del continente e gli usurpatori spagnoli. Insomma l’unica strategia
possibile era l’unità, altrimenti si andava verso l’arbitrarietà di paesi che
nulla avevano e, soprattutto, che nulla sapevano della scienza del governo e
ancora meno della libertà. L’America latina dalla “disgrazia” della conquista e
della colonizzazione poteva trarne un vantaggio che avrebbe notevolmente
agevolato il consolidamento del progetto democratico. Infatti, essendo le
province in lotta per l’indipendenza e le loro popolazioni accomunate dallo
stesso “destino storico”, dalla stessa dominazione, dalle stesse vicende culturali,
diveniva indispensabile unirle in un progetto comune di riscatto ed
emancipazione.
Il Congresso di Panama:
Il Congresso di Panama doveva divenire dunque la prassi di tutta la teoria
americana di Bolivar che, dal punto di vista politico-internazionale,
rispettava due fondamentali esigenze: unificare la politica estera delle
giovani repubbliche rispetto alle potenze europee – si rammenti che in Europa
si era in piena restaurazione legittimista – e costituire un organo di
conciliazione e di intesa fra le nazioni americane che, ancora non pienamente
costituite, erano già caratterizzate da rivendicazioni e vecchie dispute
territoriali che avrebbero scatenato quei conflitti di frontiera, ancora oggi
presenti (Cfr. la guerra di frontiera di qualche anno fa fra il Perù e
l’Ecuador). In definitiva Bolivar sperava che a Panama si dibattessero i grandi
temi dell’America libera e che si potessero formulare leggi sovra-nazionali che
garantissero la pace e la coesione fra i nuovi Stati. Vi fu, invece, da più
parti la paura che Bolivar cercasse solo di imporre la propria egemonia e
quella della Gran Colombia che si presentava come un paese con istituzioni più
salde. Al di là di ogni sorta di interpretazione più o meno corretta del
pensiero bolivariano, resta il fatto che il Congresso dell’Istmo è stato il
primo tentativo di convocare un gran numero di nazioni indipendenti per
deliberare sui mezzi atti a conciliare gli interessi comuni ed a preparare la
pace nel Nuovo Mondo. Vi è nelle tesi di Bolivar la ricerca di una solidarietà
a tutti i costi, l’esigenza che si comprendesse che solo federandosi quei paesi
avrebbero potuto aspirare ad essere un soggetto politico autonomo ed
indipendente rispetto alle velleità dell’Europa prima e dei nord americani poi.
A questo proposito è d’uopo riportare la “profezia” che il Libertador formulò
nel 1815 dal suo esilio in Giamaica
nella "Lettera guatelamteca" sulla Royal Gazzette di Kingston:
"Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla Provvidenza a piegare con la
fame e la miseria l'America intera in nome della libertà".
Questo riassunto dà un’idea esatta della solida struttura giuridica e politica
del trattato di union, liga y confederación perpetua sottoscritto a Panama.
Per sintetizzare lo spirito del trattato, concordato sotto l’ispirazione
diretta del Libertador Bolivar, si può affermare che detto patto si distingue
principalmente per i seguenti caratteri:
1. Suo obiettivo primordiale è costituire una grande confederazione
continentale composta da tutte le nazioni americane con il fine di mantenere la
pace tra gli Stati membri e tra loro e le altre nazioni del mondo, così come
provvedere alla difesa solidale dei diritti dei confederati.
2. Difendere la sovranità e indipendenza politica e l’integrità territoriale
degli Stati membri.
3. Stabilire come organo principale della confederazione “un’assemblea
generale” composta da due plenipotenziari per ciascuno Stato membro, che si
riunirà ogni due anni in tempo di pace e annualmente in periodo di guerra.
4. L’Assemblea dovrà avere ampi poteri per negoziare e concludere trattati e
convenzioni tra gli Stati membri, per contribuire al mantenimento della pace e
amicizia inalterabile tra le potenze confederate servendo da consiglio nei
grandi conflitti, da punto di contatto nei pericoli comuni, da fedele
interprete dei trattati quando si presenta qualche dubbio e da conciliatore
nelle controversie.
5. Soluzioni amichevoli obbligatorie di tutte le differenze esistenti o che
possono esistere in futuro tra gli Stati confederati.
6. Obbligo per qualsiasi delle parti che avessero ragione - qualsiasi siano le
cause d’ingiuria, danno grave o altro motivo che potesse portare una nazione
contro l’altra - per dichiarare guerra od ordinare rappresaglie uno contro
l’altro dei confederati, di presentare all’assemblea generale “un’esposizione
dettagliata del caso” e sottomettersi alle decisioni conciliatorie della stessa
assemblea.
7. Le parti non potranno dichiarare guerra o rompere le ostilità contro una
potenza straniera senza aver prima sollecitato le funzioni, l’interposizione o
la mediazione degli altri confederati.
8. L’espulsione del confederato restio sarà la sanzione per la violazione del
patto confederale in materia di mantenimento della pace o di rispetto alle
decisioni dell’assemblea generale.
9. Stabilire la cittadinanza continentale a favore dei cittadini degli Stati
confederati.
10. Diritto per tutti gli Stati americani non firmatari originali del trattato,
d’incorporarsi nella confederazione sempre che accetti integralmente il patto
confederale e senza doversi sottomettere ad altre condizioni per la sua
ammissione.
11. Abolizione completa della schiavitù nel Nuovo Mondo.
12. Mantenimento della sovranità e indipendenza dei confederati nelle relazioni
estere con le potenze straniere.
13. La condanna della conquista e della guerra nelle relazioni tra i popoli ed
i governi.
14. La codificazione del diritto internazionale, se possibile in collaborazione
con “le potenze neutre e amiche”, per fissare “tutti quei punti, regole e
principi che devono dirigere la loro condotta.”
15. Un esercito di terra e mare composto da contingenti per ogni Stato
confederato che starà a disposizione della Confederazione per rendere effettive
le stipulazioni del trattato concernenti la difesa collettiva e la sicurezza di
tutti e ciascuno dei membri della Confederazione.
Da queste risoluzioni adottate dal Congresso, che come detto si svolse sotto
l’abile regia del Libertador, si desume come in pratica per Bolivar l’elemento
politico intorno al quale costruire il diritto internazionale non doveva essere
l’equilibrio delle forze, ma una di politica di solidarietà e di cooperazione
continentale. Anche se il fine immediato e lampante era quello di formare
un’Assemblea che proteggesse le giovani Repubbliche dallo scoppio di guerre
intestine, vi era anche un ulteriore aspetto che non andava trascurato e cioè
la possibilità che la Santa Alleanza potesse intervenire in America per
restituire le colonie ai loro “legittimi governanti”, compromettendo di fatto
l’appena raggiunta, ed ancora non ultimata, indipendenza. In quest’ottica deve
essere considerata la presenza dell’Inghilterra a Panama, che avrebbe dovuto
essere “l’alleato” europeo da contrapporre ad ogni pretesa spagnola. Ma
purtroppo questa doveva rivelarsi una previsione totalmente errata. Il
Libertador si rivelò poco lungimirante in merito alle reali intenzioni
dell’Inghilterra. In breve, gli inglesi monopolizzarono tutto il traffico
commerciale, controllando di fatto l’economia latino americana. Nessuno seppe o
poté arrestare l’ingerenza prima economica e poi politica della potenza europea
e questo fu solo il primo passo verso quel neocolonialismo nord americano che
completò definitivamente il processo di indipendenza del secolo appena
trascorso e che ha condannato alla miseria tutti i paesi del continente latino,
riducendoli primi a paesi sottosviluppati e poi a paesi in eterna via di
sviluppo.
Nei mesi seguenti al Congresso di Panama, che tanta parte della storiografia
attuale tende a considerare come un clamoroso fallimento, Simon Bolivar si
trovò addirittura costretto a fronteggiare con le armi le spinte secessioniste
che tra il 1826 e il 1830 avrebbero mandato in frantumi la Confederazione della
Grande Colombia. Incapace di pacificare le varie fazioni in lotta, Bolívar
abbandonò il potere il 27 aprile 1830.
Il 20 settembre del 1830, Simón Bolívar scrive da Cartagena de Indias a Pedro
Briceño Méndez, suo ex ministro della Marina e della Guerra: “Sono vecchio,
malato, stanco, disilluso, nauseato, calunniato e pagato male. Non chiedo altra
ricompensa che il riposo e la salvaguardia del mio onore; disgraziatamente è
quello che non riesco ad ottenere”.
Tre mesi dopo, il 17 dicembre 1830, Bolívar moriva a Santa Marta. Aveva solo 47
anni.
Il progetto di una sola Grande Patria si
scontrò con le posizioni particolaristiche degli antichi vicereami e capitani e
generali dell'impero spagnolo, le cui oligarchie locali preferirono cercare
separatamente l'indipendenza.
Il Libertador macinò 123.000 chilometri – molti di più di quelli percorsi da
Cristoforo Colombo – e portò l'indipendenza a 65.000 chilometri di distanza, il
che equivale ad una volta e mezza il giro
del pianeta. In altre parole: ha peregrinato il triplo del macedone Alessandro
Magno e dieci volte più del cartaginese Annibale.
Come si accennava prima, il giudizio degli storici in merito al Congresso
Anfizionico di Panama tendono sovente a soffermarsi sul fallimento che
nell’immediato tale progetto riportò; di contro però è necessario porsi in
un’ottica di lunga durata per comprendere il vero valore storico di quella
meravigliosa esperienza: 170 anni dopo grazie al popolo venezuelano ed al suo
comandante Hugo Chavez Frias, il pensiero Bolivariano torna incredibilmente
attuale, e sembra essere ora più che mai l’unica via per la reale emancipazione
del continente sudamericano dell’imperialismo statunitense.
Inoltre, resta il fatto che a tutt’oggi
“l’Umanità” si sforza ancora di stabilire un’organizzazione
internazionale così evoluta come quella creata nel trattato di Panama. Né
l’estinta Società delle Nazioni di Ginevra, né l’attuale Organizzazione delle
Nazioni Unite hanno avuto il coraggio di strutturarsi su basi tanto audaci
quanto quelle dell’union, liga y
confederación perpetua creata con il Trattato di Panama del 1826, opera di
Bolivar e creazione esclusiva del suo genio politico. Risale al 14/9/05
l’ultimo clamoroso fallimento dell’O.N.U., che in occasione del vertice indetto
attorno alle tematiche della povertà e della fame nel mondo, del disarmo e del
terrorismo, non è stato in grado di produrre un documento degno di tal nome.
Sintomatico che gli interventi più esplicitamente contrari, siano stati quelli
del Presidente dell’Assemblea Nazionale del Popolo Cubano Ricardo Alarcon de
Quesada, e quella del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela
Hugo Chavez Frias.