Il 19 luglio 1900 partirono da Napoli due battaglioni di soldati italiani costituenti il nostro corpo di spedizione in Cina per soffocare, con gli altri reparti europei, la rivolta dei boxers. (da: Il Calendario del Popolo, luglio 1950)
Da: Accademia delle Scienze dell'URSS, 1975, Storia universale, vol. VII, Teti Editore
L'insurrezione dei boxers
Verso la fine del XIX secolo l'oppressione feudale imperialistica s'aggravò per
l'aumento delle tasse imposto dalle necessità di raccogliere l'ingente somma
chiesta dal Giappone a titolo di riparazioni di guerra e per affrontare i
disastri causati dalle alluvioni nelle province della Cina settentrionale nel
1898-1899. Il malcontento popolare aumentò e sempre più frequente risuonava la
parola d'ordine: "Morte agli invasori stranieri e ai funzionari
venduti!".
Il punto di partenza dell'insurrezione popolare fu la provincia della Shantung,
che gli imperialisti tedeschi, dopo la conquista di Kiaochow, avevano
trasformato in un vero e proprio possedimento coloniale. Negli anni 1898-1899
si rafforzarono in questa provincia le tendenze antimperialiste e antigovernative.
Molto attiva fu la società segreta "Il pugno alzato in nome della
giustizia e della pace" ("I-ho-ch'üan"), una diramazione della
società segreta del "Loto bianco". Questa associazione, nota in
occidente con l'appellativo di "Boxers", costituì dei reparti
militari e sviluppò un'attiva propaganda. I suoi aderenti giuravano
solennemente fedeltà alla società, obbedienza completa ai superiori, e
osservavano una disciplina ferrea. Loro compito era l'organizzazione di azioni
contro i missionari, i militari, i rappresentanti consolari e commerciali
stranieri e contro i cinesi legati allo straniero. Essi credevano nell'aiuto
"miracoloso" di forze soprannaturali, di talismani eccetera.
La popolazione nutriva una profonda simpatia per questo movimento. Oltre a contadini,
artigiani, piccoli borghesi, partecipavano al movimento anche diversi
proprietari terrieri e funzionari governativi, che soffrivano direttamente o
indirettamente per gli arbitri degli imperialisti tedeschi nello Shantung.
Capi del movimento erano il veterano dell'insurrezione dei Taiping Li
Lai-chung, il barcaiolo Chang Te-cheng, il popolano Ts'ao Fu-tien eccetera.
Poiché l'oppressione imperialistica suscitava la resistenza di tutta la
popolazione dello Shantung, il governatore Yü Hsien fu costretto a venire a un
compromesso con i dirigenti della società "I-ho-ch'üan".
Le autorità locali decisero di riconoscere la società, e questa rinunciò a sua
volta alle manifestazioni antimanciù, caratteristiche del primo periodo del
movimento, e proclamò la parola d'ordine dell'appoggio alla dinastia Manciù e
della distruzione degli stranieri. Fu cambiato anche il nome in "Reparti
per la giustizia e la pace" (I-ho-t'uan). Nell'inverno 1899 una missione
tedesco-americana a Pechino otteneva la sostituzione di Yü Hsien da governatore
dello Shantung per l'appoggio dato ai Boxers e la nomina di una loro creatura
Yuan Shih-kai, che, appena giunto nello Shantung, cercò assieme alle truppe
tedesche di soffocare il movimento degli "I-ho-t'uan"; ma questi,
sebbene possedessero solo armi bianche, opposero una resistenza eroica e non
solo respinsero l'attacco delle truppe tedesche e governative, ma allargarono
la sfera della loro attività al nord, nella provincia di Pechino.
Lo sviluppo del movimento spaventò gli imperialisti: nell'aprile del 1900
l'Inghilterra, gli Stati Uniti, la Germania, l'Italia, la Francia e la Russia
zarista effettuarono una dimostrazione della loro forza navale nel porto di
Taku, vicino a Tientsin, esigendo dal governo manciù una lotta più energica
contro i Boxers.
Il 21 maggio il corpo diplomatico presente a Pechino indirizzò una nota
ufficiale al governo chiedendo severe repressioni contro il movimento dei
Boxers, e minacciando in caso contrario un intervento armato. Il 31 maggio le
stesse potenze, alle quali si era unito anche il Giappone, inviarono a Pechino
rinforzi militari, mentre 16 navi da guerra di sette potenze compivano una
nuova dimostrazione militare nel golfo del Chihli; il 6 giugno sbarcava a Taku
un forte contingente di truppe straniere; il 10 giugno il vice-ammiraglio
inglese Seymour, alla testa di un distaccamento di 2000 soldati con cannoni e
mitragliatrici, partì da Tientsin verso Pechino, ma dovette tornare a Tientsin
per l'accanita resistenza dei Boxers; il 17 giugno le truppe interventiste
occupavano il forte di Taku.
Mentre il movimento dei Boxers si estendeva e ingrossava le proprie file,
scoppiarono agitazioni di contadini nelle campagne della Cina settentrionale. I
contadini si rifiutavano di pagare le tasse, manifestavano apertamente contro
le imposizioni dei proprietari terrieri e contro gli arbitri delle autorità. In
tal modo l'insurrezione dei Boxers dava alla resistenza del popolo cinese una
triplice finalità di lotta antimperialista, antimanciù e antifeudale, ma, trovandosi
allora la Cina sotto la minaccia di una spartizione imperialistica e
dell'assoggettamento coloniale, le rivendicazioni antimanciù e antifeudali
passarono in secondo piano e i Boxers concentrarono tutte le proprie forze
nella lotta contro l'aggressione imperialista. Mutamenti nella politica del
governo manciù facilitarono loro questo compito.
L'incapacità delle truppe governative e straniere a sconfiggere i reparti
militari dei Boxers, che marciavano su Pechino, e la presenza nel governo di un
forte gruppo ostile agli stranieri, determinarono un nuovo atteggiamento
politico del governo nei confronti dei Boxers, nell'estate 1900. I manciù
decisero di servirsi dei Boxers contro i colonialisti stranieri per conservare
il proprio dominio nel paese.
All'inizio del mese di giugno l'imperatrice Tzu Hsi inviò l'ordine segreto ai
comandanti delle truppe e ai governatori delle province di cessare
temporaneamente le operazioni contro i Boxers, ed il 21 giugno, subito dopo
l'entrata di un forte distaccamento di Boxers a Pechino, dichiarò guerra alle
potenze penetrate in Cina, ordinando ai governatori delle province di
organizzare volontari e di costituire reparti "per la difesa dalle offese
straniere". Il governo manciù tuttavia frenò con ogni mezzo l'attività militare
dei Boxers e in particolare esso vietò l'impiego dell'artiglieria contro le
ambasciate straniere e contro le loro truppe presenti a Pechino.
Il decreto della dichiarazione di guerra incontrò la disapprovazione di alcuni
alti dignitari, i quali speravano nella caduta del governo manciù in seguito
all'intervento straniero e nella formazione di un ministero "puramente
cinese", ed essi svolsero nelle proprie province trattative con i
rappresentanti delle potenze imperialiste.
Gli ambienti borghesi condannavano l'insurrezione degli "I-ho-t'uan",
giudicandola uno scoppio di collera di contadini e di artigiani arretrati. Kang
Yu-wei, Liang Chi-chao e altri leaders della "Società per la difesa
dell'imperatore", da essi costituita nell'emigrazione, invitarono le
potenze straniere a soffocare celermente l'insurrezione dei Boxers, ad
allontanare Tzu Hsi e a rimettere Kuang Hsü sul trono.
Le potenze imperialiste, col pretesto di liberare le ambasciate straniere
assediate a Pechino, inviarono nuove truppe. Il 14 luglio gli interventisti
occupavano Tientsin, il 2 agosto un esercito formato da truppe di sei potenze,
Giappone, Inghilterra, Germania, Stati Uniti, Russia, Francia, complessivamente
di 40 mila uomini (in seguito si unirono reparti militari inviati anche
dall'Austria-Ungheria e dall'Italia) marciò da Tientsin verso Pechino,
depredando e bruciando lungo il cammino villaggi e città. Il 14 agosto esso
occupò la capitale della Cina, sottoponendola ad un mostruoso saccheggio, e
massacrando con i cannoni e le mitragliatrici i suoi cittadini inermi.
Il feldmaresciallo Waldersee, che era sbarcato in Cina alla testa di un
contingente tedesco di 20.000 uomini, assunse, nel settembre 1900, il comando
dell'esercito alleato degli interventisti e compì feroci repressioni. Le
operazioni militari contro i Boxers erano già concluse, ma le truppe
interventiste continuavano le loro spedizioni punitive contro la popolazione
civile inerme, i saccheggi, il furto di preziosi monumenti dell'antica cultura
e arte cinese.
Le potenze imperialistiche speravano di attuare finalmente il loro progetto di
spartizione della Cina: la Russia zarista occupò le province nord-occidentali e
cercò di legittimare il loro distacco dalla Cina; l'Inghilterra mirava a
distaccare dalla Cina le regioni meridionali e la zona del bacino del fiume
Yangtze per farne una sua colonia; la Germania pretendeva la penisola dello
Shantung e le province sulla riva settentrionale del fiume Yangtze; la Francia
esigeva la provincia dello Hunan e si opponeva alle pretese inglesi su tutta la
Cina meridionale; il Giappone aspirava alla provincia del Fukien e si opponeva
alla conquista tedesca dello Shantung. Unite nell'aggressione alla Cina, ora le
potenze imperialiste litigavano per la spartizione del bottino.
All'avvicinarsi delle truppe straniere a Pechino, la corte manciù era fuggita
dapprima a T'aiyüan e poi a Sian, dando ordine alle truppe governative di
collaborare con gli interventisti stranieri nell'opera di soffocamento
dell'insurrezione popolare. Nonostante le repressioni atroci e gli enormi
sacrifici, gli "I-ho-t'uan continuarono la loro eroica resistenza. Essi
passarono alla guerra partigiana e compirono coraggiosi attacchi contro le
forze del nemico e contro le roccheforti degli interventisti, compresa Pechino
e Tientsin. Molto attive furono le azioni militari dei Boxers nella Cina
nord-orientale. Loro proclami apparvero in estate e in autunno 1900 nelle città
e nelle località agricole della Cina settentrionale e nel bacino dello Yangtze.
Sotto l'influenza della lotta degli "I-ho-t'uan" s'intensificarono le
agitazioni armate antigovernative e antinterventiste in diverse province: la
"Società per il rinnovamento della Cina", diretta da Sun Yat-sen,
cercò nell'ottobre 1900 di organizzare una spedizione armata antifrancese nella
provincia del Kwantung. Ma l'insurrezione fallì perché la Società non seppe
ottenere l'unità d'azione con le società segrete locali e perché le armi
acquistate all'estero non vennero recapitate.
La resistenza del popolo cinese fece fallire i progetti di spartizione della
Cina da parte degli imperialisti e li costrinse a giungere ad un accordo con i
manciù per conservare le loro posizioni in Cina. Il 7 settembre 1901 Li Hung
chang firmava a nome del governo manciù con i rappresentanti di undici stati —
Germania, Austria-Ungheria, Belgio, Spagna, Stati Uniti, Francia, Inghilterra,
Italia, Giappone, Olanda e Russia zarista — un "protocollo
conclusivo", noto anche come "protocollo dei Boxers".
La Cina s'impegnava a pagare in rate annuali, per la durata di 39 anni,
l'enorme indennizzo di 980 milioni di liang d'argento; il gettito di tutte le
tasse del paese, esclusa l'imposta agraria, passava sotto l'amministrazione
straniera; il governo manciù era tenuto a soffocare qualsiasi agitazione antimperialista
del popolo cinese; gli stranieri ottenevano il diritto di permanenza delle
proprie truppe in Cina.
Lenin in un articolo pubblicato nel
dicembre 1900 nel primo numero dell'"Iskra ", mise in luce le vere
cause dell'insurrezione dei Boxers: "Potevano i cinesi — scriveva — non
odiare degli uomini che erano giunti in Cina solo per il profitto, che si
servivano della propria civiltà solo per l'inganno, il saccheggio e la
violenza, che conducevano una guerra contro la Cina per ottenere il diritto di
commerciare l'oppio (la guerra dell'Inghilterra e della Francia contro la Cina
nel 1856), che coprivano ipocritamente la politica del saccheggio con la
diffusione del cristianesimo?". Egli affermava che negli ultimi anni
"uno dopo l'altro i governi europei si sono messi a saccheggiare
accanitamente, cioè ad 'affittare', le terre cinesi, tanto che non a caso si
era parlato di una spartizione della Cina."
Dalla tribuna del Reichstag anche August Bebel smascherò la politica della
Germania imperialista in Cina e le atrocità compiute dalle truppe tedesche.
L'insurrezione popolare dei Boxers ebbe una grande importanza per lo sviluppo
della lotta di liberazione nazionale in Cina. Essa dimostrò la decisione del
popolo cinese di resistere all'aggressione e impedì la spartizione territoriale
della Cina tra gli imperialisti. Tuttavia le forze unite degli imperialisti,
dotate di armi più moderne, riuscirono a sconfiggere il movimento e a
rafforzare le proprie posizioni nel paese.
All'inizio del XX secolo era ormai compiuto il processo di trasformazione della
Cina in semi-colonia delle potenze imperialiste.