da: Accademia delle Scienze dell'URSS, 1975, Storia universale, vol. VIII, Teti Editore
Spinta immediata all'azione delle masse popolari cinesi, la prima dopo la guerra mondiale, furono gli avvenimenti di politica estera. Nel 1918 nell'opinione pubblica cinese si era largamente diffusa l'ingenua speranza che la vittoria della coalizione antitedesca, a cui aveva partecipato anche la Cina, avrebbe portato al paese l'immediata "pacifica" liberazione dal dominio straniero. I "14 punti" di Wilson e in particolare le sue dichiarazioni demagogiche su un "mondo giusto" e sull"autodecisione dei popoli" davano esca a queste illusioni.
A quell'epoca invece era stato già sottoscritto alle spalle del popolo cinese l'accordo nippo-americano del 1917 sul riconoscimento di "speciali interessi" del Giappone in Cina. I trattati segreti, conclusi dal governo di Pechino con il Giappone nel 1918, concedevano agli imperialisti giapponesi il controllo del-l'esercito cinese e il diritto a mantenere proprie truppe in diversi punti della Cina e, cosa fondamentale, lasciavano al Giappone la penisola dello Shantung, che esso aveva preso alla Germania nel 1915. Inoltre i trattati obbligavano la Cina a partecipare, assieme al Giappone, all'intervento antisovietico nello Estremo Oriente.
Non conoscendo gli autentici piani degli imperialisti, l'opinione pubblica cinese collegava le più radiose prospettive alla fine della guerra mondiale. La firma dell'armistizio di Compiègne venne festeggiato in Cina con affollate manifestazioni. Quando si aprì la conferenza della pace a Parigi, l'opinione pubblica cinese era convinta che essa avrebbe soddisfatto immediatamente le aspirazioni nazionali del popolo cinese. Nel gennaio 1919 .la delegazione cinese pose alla conferenza la questione della restituzione della penisola dello Shantung e tre mesi dopo chiese la restituzione di tutti i "territori affittati", dei settlements, l'abolizione delle "21 richieste giapponesi" e il ritiro delle truppe straniere.
In breve però si scoprì la completa illusorietà di queste speranze. Il 30 aprile i capi della conferenza di Parigi informarono la delegazione cinese che tutte le sue proposte erano state respinte. Lo Shantung rimase al Giappone "per diritto di conquista" e per gli accordi del governo di Pechino con il Giappone; l'esame del problema delle "21 richieste" venne escluso come estraneo alla competenza della conferenza; sotto svariati pretesti si respinse anche l'esame delle altre questioni poste dalla delegazione cinese. L'unica cosa che le potenze imperialitiche restituirono alla Cina furono alcune attrezzature astronomiche, asportate dalle truppe tedesche a Pechino nel 1901 nel corso della repressione dell'insurrezione dei Boxers. Tutta la Cina fu allora percorsa da una possente ondata d'indignazione. Si mosse dapprima la gioventù studentesca. Il 4 maggio 1919 ebbe luogo a Pechino una dimostrazione di molte migliaia di studenti sotto le parole di ordine: "Rifiutarsi di firmare il trattato di pace", "Abolire le 21 richieste", "In politica estera lotta per la sovranità statale, in quella interna punizione dei criminali statali", "Boicottare le merci giapponesi".
Il governo inviò contro i dimostranti le forze di polizia. Molti studenti vennero arrestati. Ma la re-pressione servì solo a versare nuovo olio sul fuoco. Gli studenti di Pechino proclamarono lo sciopero di protesta. A esso aderirono immediatamente gli studenti di varie altre città. In poco tempo le agitazioni studentesche si estesero a tutto il paese e all'inizio del giugno 1919 si trasformarono in un ampio movimento antimperialista, al quale si unirono gli operai, i poveri della città e numerosi rappresentanti della borghesia nazionale. In molte grandi città vennero create associazioni di rappresentanti degli intellettuali, dei commercianti e degli industriali.
Si svilupparono la campagna di boicottaggio delle merci giapponesi e gli scioperi dei commercianti e degli impiegati. Il più importante fenomeno di questo periodo fu l'enorme dimensione assunta dagli scioperi operai, che venivano attuati all'insegna di parole d'ordine antimperialiste. Il 5 luglio entrò in lotta il proletariato di Shanghai: scioperarono gli operai degli stabilimenti tessili giapponesi, delle officine meccaniche, delle tipografie, dei trasporti urbani e i ferrovieri, raggiungendo il numero di 70 mila persone. L'esempio del proletariato di Shanghai fu seguito dagli operai di Nanchino, di Chenkiang, di Hangchow, di Changsha, di Hankow, di Tsinan e di altre città. Il movimento patriottico interessò oltre 10 milioni di persone in 150 città e 20 province della Cina. Parteciparono a esso anche gli studenti cinesi e gli emigrati che vivevano negli Stati Uniti, in Francia e in altri paesi.
Al governo di Pechino convenne liberare gli studenti arrestati, licenziare tre alti funzionari particolarmente invisi al popolo per aver sottoscritto nel 1915 e nel 1918 i trattati-capestro con il Giappone e proclamare il suo dissenso con le condizioni del trattato di pace con la Germania elaborate dalla conferenza di Parigi. Il 28 giugno 1919, nel giorno della conclusione del trattato di Versailles, gli operai e gli studenti cinesi che vivevano a Parigi circondarono la residenza della delegazione cinese e non permisero l'uscita dei delegati dall'edificio fino a che essi non rinunciarono alla firma del trattato: "Un simile comportamento della debole, impotente Cina - notano gli storici cinesi - sembrava inverosimile agli imperialisti, ma questo inverosimile comportamento era il risultato della lotta del popolo cinese".
Il motivo immediato dal sorgere del "movimento del 4 maggio" erano stati gli avvenimenti di politica estera, ma questo movimento democratico della classe operaia, della borghesia nazionale, della piccola borghesia cittadina e degli intellettuali, nel maggio-giugno del 1919, ebbe un significato assai più profondo. Esso fu la risposta all'appello della Rivoluzione d'Ottobre. Per la prima volta nella storia cinese il proletariato entrava nella lotta politica. Assieme a esso crebbe e si rafforzò il numero degli intellettuali marxisti, che si battevano per la liberazione nazionale della Cina, per la distruzione dell'oppressione feudale e imperialistica, per la diffusione del marxismo-leninismo. In seguito molti degli attivi partecipanti al "movimento del 4 maggio" tra cui Mao Tse-tung, Li Ta-chao, Ch'u Ch'u-pai, Chu En-lai e altri diressero il Partito Comunista Cinese.
Il " movimento del 4 maggio " significò il passaggio a una rivoluzione democratico-borghese di nuovo tipo, che si sviluppava sotto la guida del proletariato come parte integrante della rivoluzione socialista mondiale
Il "movimento del 4 maggio" dette inizio al risveglio politico del proletariato cinese. Aumentò la coscienza di classe delle masse. S'intensificarono gli scioperi di carattere politico ed economico. Nel 1918 si astennero dal lavoro 6500 operai, 91 mila nel 1919, nel 1920 (sulla base di dati incompleti) oltre 50 mila, 130 mila nel 1921.
Nel 1920 a Shanghai fu festeggiata per la prima volta la giornata internazionale dei lavoratori, il 1° maggio. Alla dimostrazione parteciparono più di 5 mila persone. Nel paese si diffuse l'ideologia comunista. I primi comunisti cinesi furono i rappresentanti degli intellettuali rivoluzionari provenienti in prevalenza dalla gioventù studentesca. Nel maggio 1920 si formò un circolo marxista a Shanghai, sotto la guida di Chen Tu-hsiu. Nel settembre, sotto la direzione del professore di economia politica dell'università, Li Ta-chao, venne creato a Pechino un circolo marxista.
Nello stesso mese sorse un altro circolo comunista a Changsha, diretto da Mao Tse-tung, che allora aveva 27 anni. Proveniente da una famiglia contadina del villaggio di Shaoshan (provincia dell'Hunan) a diciotto anni Mao aveva preso parte alla rivoluzione del 1911, entrando come soldato nell'esercito rivoluzionario. Più tardi, dopo aver completato nel 1918 la scuola magistrale dell'Hunan, egli lavorò per circa sei mesi nella biblioteca della università di Pechino, con Li Ta-chao. Ritornato nell'Hunan, prese parte attiva al "movimento del 4 maggio" che era sorto anche in questa provincia. A Changsha egli insegnò e contemporaneamente svolse attività rivoluzionarie e studiò la teoria marxista. Nello stesso anno (1920) si formarono circoli marxisti a Wuhan (sotto la direzione di Ch'en T'anchiu e di Tung Pi-wu), a Tsinan e a Canton. All'inizio del 1921 Chu En-lai, Ts'ai Ho-jen e altri che si trovavano a Parigi organizzarono a loro volta gruppi marxisti. Una organizzazione analoga sorse anche a Tokio.
I membri dei gruppi marxisti svolsero un grande lavoro propagandistico. Sulle pagine delle riviste "Nuova Gioventù " e "Il Comunista" e anche in speciali edizioni per gli operai ("Lavoratori", "La voce del lavoro" ) essi stampavano estratti delle opere di Lenin, informavano il popolo cinese degli avvenimenti e dell'esperienza della Rivoluzione d'Ottobre e illustravano la vita dei lavoratori nella Russia sovietica. Nel 1920 vennero edite per la prima volta in Cina le traduzioni integrali del "Manifesto del Partito Comunista" e alcune parti del lavoro di Lenin "Stato e rivoluzione".
Alla fine del 1920, con l'attiva collaborazione del circolo di Shanghai, sorsero le unioni professionali dei meccanici e dei tipografi. Nel maggio del 1921 i membri del circolo di Pechino aiutarono la formazione a Ch'ang-hsin-chien dell'unione professionale dei ferrovieri; in questo stesso periodo vennero create unioni professionali ad Anyiian, a Canton, a Changsha e in altre città.
Il 1° luglio 1921 si aprì a Shanghai il I° congresso dei rivoluzionari marxisti cinesi, che fondò il Partito Comunista Cinese. Il congresso durò 5 giorni e si dovette tenere in con-dizioni di clandestinità. L'ultima seduta fu tenuta in barca, fingendo una gita sul lago Najm, nella cittadina termale di Chiahsing. In tutto i delegati erano dodici (2 per i circoli marxisti di Shanghai, Pechino, Changsha, Wu-han e Tsinan e uno per i circoli di Tokio e di Canton), in rappresentanza di 53 membri del partito. Accanto a rivoluzionari conseguenti c'erano fra i delegati elementi opportunisti e anarchici. Risultò però vittoriosa la linea marxista-leninista, rappresentata da Mao Tse-tung, Tung Pi-wu, Ch'en T'an-chiu e altri.
Il congresso stabilì di chiamare il partito "Partito Comunista ", riconobbe che scopo finale della lotta della classe operaia doveva essere la dittatura del proletariato e approvò il principio organizzativo del centralismo democratico. Secondo la definizione degli storici cinesi "la creazione del partito politico della classe operaia cinese, fondato sui principi del marxismo-leninismo, appare la più chiara espressione dell'influenza esercitata dalla Rivoluzione d'Ottobre sulla rivoluzione cinese"
Dinanzi al partito comunista stava una via straordinariamente difficoltosa da percorrere. Nel suo processo di sviluppo e di crescita, esso dovette accanitamente lottare con nemici aperti e occulti: epurare le sue file dagli opportunisti di destra e di sinistra, dai "compagni di strada" piccolo-borghesi e dai settari; conquistare la fiducia della classe operaia, dei contadini e di tutti i lavoratori per porsi infine alla testa delle forze progressive del paese e portare alla vittoria la rivoluzione antimperialista e antifeudale. Ma già dai primi passi nonstante la sua esigua forza numerica e l'inesperienza, il partito esercitò una sensibile influenza sul corso del movimento rivoluzionario.