www.resistenze.org
- cultura e memoria resistenti - storia - 14-09-09 - n. 286
Il muro di Berlino: un altro punto di vista
di Adriana Chiaia
Siamo, in questi giorni, in occasione dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, sommersi dagli inni in onore alla riconquistata libertà dai “totalitarismi”. L’evento ha perfino meritato una legge commemorativa del Parlamento italiano (1). Naturalmente non sono altrettanto esecrati i tanti muri nel frattempo eretti dai regimi “democratici” borghesi: da quello dello Stato di Israele che trasforma in carceri a cielo aperto i territori palestinesi occupati, a quello che “mette al riparo” gli Stati Uniti dall’immigrazione messicana.
Sulla storia rivisitata o meglio capovolta dalla versione revisionista relativa agli anni del secondo dopoguerra, Annie Lacroix-Riz, docente di Storia contemporanea all’Università di Parigi 7, così scrive (2): “… Quando la Rft assorbì la Germania intera, l’obiettivo della revisione drastica della storia del fascismo tedesco, dei suoi sostenitori (padroni nazionali e internazionali) e dei suoi nemici interni (il KPD) ed esterni (l’URSS), ebbe nuove possibilità di successo. Queste crebbero ancora di più per il fatto, generalmente del tutto sconosciuto, che i docenti universitari dell’Est persero la loro cattedra nel giorno dell’unificazione, come i magazzini persero i loro prodotti made in GDR”.
Ci sembra quindi giusto dare la parola a Kurt Gossweiler, uno di questi docenti, militante comunista ed eminente storico della Rdt, che così aveva commentato i fatti del 13 agosto [1961 - Inizio della costruzione del muro di Berlino, n.d.r.]:
1961
13 agosto – Presa di posizione affissa da me (Kurt Gossweiler, n.d.r.) nel giornale murale della Sezione Storia dell’Università Humboldt (di Berlino Est, n.d.r.) il 13 agosto 1961.
“Finalmente!
Questo 13 agosto 1961 ha recato finalmente una decisione che da tempo era dovuta.
Nel dicembre 1958, dunque 13 anni dopo la fine della guerra, il primo ministro sovietico (Chruščëv, n.d.r) dichiarava essere ormai finalmente tempo di concludere un trattato di pace con la Germania e per questo aveva indicato come termine estremo il maggio 1959.
Nel frattempo, da questo annuncio sono passati non 6, ma 33 mesi! In questi due anni e mezzo le potenze occidentali più Bonn non hanno tuttavia predisposto la conclusione della seconda guerra mondiale mediante un trattato di pace, ma – utilizzando le loro posizioni a Berlino Ovest – il sabotaggio dell’ordinamento economico e politico della Rdt come gradino per il passaggio dalla guerra fredda alla guerra mondiale n.3.
Nessun paese socialista è stato mai esposto, dopo la seconda guerra mondiale, ad un tale concentrato fuoco di fila da parte dell’insieme dell’imperialismo mondiale contro la sua economia come la nostra Rdt in questi due anni e mezzo. Washington e Bonn hanno speso per questa guerra economica centinaia di milioni. Adesso possono registrare questi milioni sul libro delle perdite, così come già hanno dovuto fare con le consegne di armi a Chang-Kai-Shek e con le somme che hanno dovuto spendere per l’invasione a Cuba.
Credevano questi signori dunque veramente che noi fossimo suicidi? Consideravano la nostra dirigenza di Partito e di Stato come figure amletiche, alle quali sarebbe mancata la forza di decidere l’azione necessaria? Si immaginavano veramente che avremmo consentito senza fine che cittadini della nostra Repubblica, adescati dalle loro melodie di cacciatori di topi, si consegnassero nel campo dei loro nemici e pervertitori, alla propria infelicità? Il 13 agosto li ha istruiti con rigore che devono gettare a mare illusioni del genere. Per essi questa domenica è stata veramente un cattivo 13.
Per noi invece è stata una delle più belle feste.
Ciò nonostante, non tutti coloro, che pur vi avrebbero motivo, la hanno intesa come tale. In parecchi lo sferragliare dei carri armati, con cui noi abbiamo reso sicura la nostra frontiera sinora aperta, ha suscitato uno spavento ottuso, senza senso.
Abituati dal passato tedesco, per cui diritto e forza erano fra loro ostili; che il diritto è stato sempre debole e impotente, il non diritto invece in pugno alla forza, a taluni l’esercizio della forza appare di per sé come segno del non diritto o comunque di un diritto non del tutto puro, per impulso di abitudine parecchia simpatia inclina verso il lato del più debole, che si vede costretto a indietreggiare di fronte alla forza.
Ma non deriva la grandezza e bellezza del nostro tempo, fra l’altro, proprio anche dal fatto che ciò che spetta al bene dell’umanità: diritto e forza, finalmente si trovano riuniti; che il diritto cresce forte e potente, il non diritto si fa sempre più debole e alla fine impotente? Ciò però solo se il diritto non paventa di applicare senza remissione la forza attribuitagli contro il pur sempre potente non diritto.
Ciò è accaduto in questo 13 agosto 1961 e dovrà accadere in futuro ancora molto e spesso – affinché con il diritto la pace riporti la vittoria definitiva sul non diritto e la guerra”3.
Contro il revisionismo per la verità sulla storia del movimento operaio rivoluzionario e comunista.
1 Il parlamento italiano, con la legge n. 61 del 15 aprile 2005, ha dichiarato il 9 novembre "Giorno della libertà", quale ricorrenza dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo.
2 Nella sua presentazione al libro di Kurt Gossweiler: La (ir)resisitibile ascesa al potere di Hitler. Zambon editore, 2009.
3 Dal Vol. II dei Diari, p.353-364 (stralci). I diari costituiscono una parte del libro: Kurt Gossweiler, Contro il revisionismo. Da Chruščëv a Gorbačëv. Saggi, diari e documenti, Zambon editore, che sarà disponibile nelle librerie dal prossimo dicembre.