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Ernesto “Che” Guevara: l’universalità di un Uomo
 
di Andrea Galileo
 
21-09-2010
 
Il 9 Ottobre 1967 Ernesto “Che” Guevara fu ucciso a sangue freddo dall’esercito boliviano difensore dell’oligarchia borghese filo-statunitense.
 
Molti, ancora oggi, non conoscono la sua vita ed il profondo senso della sua esistenza dedicata all’umanità.
Alcuni, per comodità, preferiscono ignorarla.
Altri invece, la denigrano, arruolandosi, come tanti soldatini di piombo, nell’esercito delle libertà, che necessita del revisionismo storico, per plasmare l’opinione pubblica verso politiche liberiste, reazionarie ed imperialiste.
 
Ma chi era, o forse meglio dire, chi è Ernesto “Che” Guevara?
 
Sicuramente non è soltanto il Guerrigliero Eroico, né un utopico visionario.
 
Semplicemente un precursore dei suoi tempi e avanguardia del genere umano; un uomo che ha tracciato le linee per l’emancipazione dell’essere e che risulta essere tale anche per l’epoca attuale, dove i conflitti, la fame, l’egoismo, l’individualismo, la competizione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, continuano ad essere le colonne portanti di questa putrefatta società.
 
L’essenza del suo pensiero filosofico, deriva dal suo modo intenso di vivere la realtà e le sue esperienze di vita lo portano a sposare il marxismo.
La miseria, lo sfruttamento e l’oppressione delle masse latinoamericane che conobbe durante i suoi viaggi per tutto il continente, formano una delle qualità essenziali della sua versione marxista: il carattere antidogmatico.
 
Ernesto concepiva questo contributo teorico come un qualcosa che poteva e doveva svilupparsi in funzione della trasformazione della realtà ma chiarendo che ".. nuovi avvenimenti determinano nuovi concetti, ma non si potrà cancellare mai la parte di verità degli avvenimenti passati."
 
Guevara si lamentò spesso della scolastica che frenava lo sviluppo della filosofia marxista, che si basava, a suo dire, su enunciazioni e messa in pratica di interpretazioni eterodosse che si allontanavano sia dal marxismo originale che dal marxismo-leninismo.
Ernesto rifiutava quella tendenza a condensare il marxismo in un sistema di verità eterne, immobili e immutabili che portano ad una forma di dogmatismo, invitando a considerarlo piuttosto come una guida per l’azione politica.
 
Il “Che” interpreta la filosofia marxista secondo quella caratteristica umanistica che a suo dire è stata indubbiamente parte dell’ispirazione iniziale (1).
 
Scrive nel prologo del libro Il Partito marxista-leninista (1963)
 
…perché bisogna ricordare sempre che il marxismo non è una macchina automatica e fanatica, diretta, come un siluro, mediante telecomandi verso un obiettivo determinato.
 
 
Di questo problema si occupa espressamente Fidel in uno dei suoi interventi: «Chi ha detto che il marxismo è la rinuncia ai sentimenti umani, al cameratismo, all'amore per il compagno, al rispetto per il compagno, alla considerazione per il compagno?
Chi ha detto che il marxismo è non avere anima, non avere sentimenti? Se fu proprio l'amore per l'uomo che generò il marxismo; fu l'amore per l'uomo, per l'umanità, fu il desiderio di combattere l'infelicità del proletariato, il desiderio di combattere la miseria, l'ingiustizia. il calvario e il continuo sfruttamento subìto dal proletariato, che fa sorgere dalla mente di Karl Marx il marxismo, esattamente quando il marxismo poteva sorgere, quando poteva sorgere una possibilità reale e, più che una possibilità reale, la necessità storica della rivoluzione sociale di cui fu interprete Karl Marx.
Ma che cosa lo fece essere interprete, se non la ricchezza di sentimenti umani di uomini come lui, come Engels, come Lenin?»
 
Queste affermazioni di Fidel sono fondamentali per il militante del nuovo partito; ricordatele sempre, compagni, scolpitele nella memoria come la vostra arma più efficace contro tutte le deviazioni. Il marxista deve essere il migliore, il più retto, il più completo degli esseri umani, ma sempre, al di sopra di tutto, un essere umano; un militante di un partito che vive e vibra a contatto con le masse; una guida che plasma in direttive concrete i desideri a volte oscuri delle masse; un lavoratore instancabile, che dà tutto al suo popolo, un lavoratore che con abnegazione pone al servizio della rivoluzione le sue ore di riposo, la sua tranquillità personale, la sua famiglia o la sua vita, ma che non si estrania mai dal calore del contatto umano”.
 
Conclude poi la prefazione affermando :
"Noi, militanti di un partito nuovo, in una nuova regione libera del mondo e in una condizione nuova, dobbiamo tenere sempre alta la stessa bandiera di dignità umana che alzò il nostro Martí, guida di molte generazioni, presente oggi con la sua freschezza di sempre nella realtà di Cuba: «ogni uomo vero deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato sulla guancia di qualsiasi uomo»"(2)
 
Questo umanismo, sin dal principio e durante tutto il suo sviluppo è la caratteristica principale del pensiero e dell’azione guevarista, che si pone al di sopra della prospettiva economica, sebbene assolutamente non tralasciata.
Questo convincimento è dovuto al fatto di considerare l’uomo come punto centrale, o meglio, fattore essenziale della rivoluzione. Per questa ragione l’umanismo di Ernesto Guevara è prima di tutto, un umanismo che si può definire rivoluzionario, perché non si limita ad interpretare la natura umana, ma si pone l’obiettivo di trasformarla.
 
 
L’evoluzione della dottrina marxista nella concezione guevarista, non accetta la determinazione meccanica della storia data dall’insieme delle forze economiche, ma la considera come il processo secondo il quale le relazioni di produzione vengono definite dagli uomini che si muovono nella dimensione storica.
 
A tal proposito è significativa una delle sue analisi a riguardo:
"Marx pensava alla liberazione dell’uomo e vedeva il comunismo come la soluzione alle contraddizioni che produssero la sua alienazione, ma come atto cosciente (…) L’uomo è l’attore cosciente della storia. Senza la coscienza, come parte di questo processo, non si può avere il comunismo".
 
Possiamo quindi considerare che Ernesto Guevara ha certamente dato uno dei contributi maggiori e più significativi allo sviluppo dell’umanesimo marxista.
 
La Rivoluzione non è soltanto una trasformazione delle strutture sociali e delle istituzioni, è anche una profonda e radicale trasformazione degli uomini, della loro coscienza, dei loro costumi, valori e abitudini, delle loro relazioni sociali.
 
Una Rivoluzione è autentica solo quando è capace di creare un “ Uomo nuovo” e questo secondo Ernesto Guevara, avrebbe dovuto essere l’uomo del XXI secolo (1).
Per il “Che”, questo uomo sarebbe il risultato della formazione di abitudini che l'eleverebbero ad un piano superiore come rivoluzionario e lo trasformerebbero nel centro e nel principale protagonista della costruzione del socialismo ed il comunismo.
 
Tutto, ovviamente, sulla base del ruolo dell'uomo dentro le relazioni sociali di esistenza ed il miglioramento delle stesse sul piano materiale e spirituale.
Secondo il pensiero guevarista, l’uomo nuovo deve manifestare in ogni momento un alto livello di patriottismo la cui espressione più pura ed elevata è l'amore profondo all'umanità stessa, la patria grande; deve, inoltre, avere una piena vocazione intellettuale che lo porti ad investigare permanentemente la realtà che lo circonda; mostrare in ogni momento una genuina volontà e predisposizione al sacrificio a beneficio degli altri, spogliandosi di ogni individualismo e fare sfoggio di una profonda sensibilità ed umanesimo senza macchia.
 
Deve essere un infaticabile difensore della giustizia e sentire in carne propria il dolore degli altri uomini; deve essere un esempio da imitare, mostrando eroismo davanti all'avversità e fare sfoggio di una volontà di acciaio e di un carattere forte e deciso; deve mostrare in qualsiasi momento il dissenso e la disposizione a trasformare tutto quello che meriti essere invertito a beneficio degli altri.
Deve essere un solidale incondizionato col dolore e con le aspirazioni degli altri uomini, allo stesso modo deve essere disposto ad offrirsi incondizionatamente per rendere possibili i suoi sogni di libertà; e deve, infine, mostrarsi tenero e delicato coi suoi cari, mostrando un'ammirabile cavalleria ed un amore senza limiti.
 
Nel testo inviato a Carlos Quijano, Direttore del settimanale “Marcha” di Montevideo, il Che espone alcuni di questi concetti:
 
“…il rivoluzionario vero è guidato da grandi sentimenti di amore. È impossibile pensare ad un rivoluzionario autentico senza questa qualità... “
 
“…bisogna avere una gran dose di umanità, una gran dose di senso della giustizia e della verità…”
 
“…tutti i giorni bisogna lottare perché questo amore per l'umanità vivente si trasformi in fatti concreti, in atti che servano da esempio, da mobilitazione... “
 
“…l'internazionalismo proletario è un dovere ma è anche una necessità rivoluzionaria. Così educhiamo il nostro popolo... “
 
“…la rivoluzione si fa attraverso l'uomo, ma l'uomo deve forgiare giorno per giorno il suo spirito rivoluzionario...”
 
“…il nostro sacrificio è cosciente; è una quota per pagare la libertà che costruiamo... “
 
Della concezione del Che sull'uomo nuovo si evidenziano quindi due verità essenziali.
Non c'è vera Rivoluzione:
1) se non si realizza in lei la creazione e la formazione dell’Uomo Nuovo
2) se il prodotto di questa trasformazione non arriva ad essere un uomo il cui simbolo distintivo sia la solidarietà, l'umanesimo, la dedizione totale alle sue idee e la predisposizione al sacrificio (3)
 
E’ comunque altresì importante mettere in risalto alcuni altri fattori che sono di gran rilevanza per Ernesto Guevara e contemporaneamente far emergere il ruolo che hanno nella la società: la gioventù ed il partito.
 
La prima ha una particolare importanza in tutto questo processo poiché è una specie di argilla malleabile con la quale l'Uomo Nuovo può costruirsi senza continuare ad avere le imperfezioni passate, possono essere aggiustati o eliminati i difetti che le generazioni precedenti ereditarono. Ernesto traccia le caratteristiche che deve avere un giovane comunista: deve essere onorato di essere comunista e non deve nasconderlo, al contrario lo deve manifestare continuamente.
Parallelamente deve avere una gran sensibilità davanti a tutti i problemi e le ingiustizie; avere un spirito anticonformista, approfondire tutto ciò che non capisce, deve essere aperto a fare nuove esperienze, per formarsi la gran esperienza dell'umanità.
 
Il secondo fattore importante sono i partiti, che devono essere organizzazioni di avanguardia, dove i migliori lavoratori devono essere proposti dai colleghi per integrarli.
 
In questo senso si parla dell'Uomo Nuovo come uomo politico, chiamato da Guevara "quadro", destinato a compiere una missione fondamentale così definita dallo stesso “Che”:
"È quello che potremmo chiamare una vite dinamica di quel motore; vite in quanto pezzo funzionale che assicura il suo corretto funzionamento, dinamico in quanto non è un semplice trasmettitore verso l'alto o verso il basso di compiti o richieste, bensì un creatore che aiuterà lo sviluppo delle masse e l'informazione dei dirigenti...” (4)
 
Ma per far emergere i tratti essenziali dell’uomo Ernesto Guevara de la Serna, è altresì necessario avere una visione che vada aldilà delle sue opere o del suo credo politico.
E’ opportuno conoscere l’uomo che lavora, soffre, ride, sogna, e che vive nella società che lo circonda.
 
Il Che nella sua dimensione di essere sociale, nella comunicazione, nei gesti, nella vita con i suoi contemporanei.
 
Ernesto, nella sua breve ma intensa vita, fu medico, motociclista, fotografo, alpinista, guerrigliero, pilota di aviazione, giornalista, scrittore, banchiere, ministro e diplomatico.
Se a questo sommiamo il fatto che fu anche operaio, minatore, muratore, scaricatore di porto e molte altre cose ancora, possiamo renderci conto del fatto che conobbe molto bene e direttamente il popolo, condividendo con operai, studenti e contadini la vita di ogni giorno, con tutti i sacrifici, le speranze, le lotte ed il duro lavoro che esso comporta.
 
Un uomo che visse tentando di consolidare nella società i nuovi valori per la formazione dell’Uomo Nuovo.
 
Orlando Borrego, uno dei suoi più stretti collaboratori, entra in questa dimensione dell’uomo Ernesto Guevara regalandoci intimi aspetti dell’uomo Ernesto Guevara e del suo carattere.
 
Alcuni aneddoti della vita di tutti i giorni ci aiutano a conoscerlo rivelandoci la sua profonda dimensione umana ed etica; in uno di questi, Borrego racconta:
 
“...poco dopo la nascita del Ministero dell'Industria ricevetti una delle prime lezioni sull'etica e sulla forma in cui doveva comportarsi un funzionario pubblico con responsabilità dirigenziali.
…nella mia gioventù, aspirai sempre ad avere un'automobile propria e di una marca più o meno nota.
Il Che, avendomi assegnato per il mio lavoro, un’auto statale, aveva già soddisfatto in parte il mio desiderio, ma l’aspirazione ad averla di marca, ancora mi tentava parecchio..
Una delle fabbriche di sigarette più importanti de L'Avana, quando venne nazionalizzata, possedeva tra i propri beni, un'auto Jaguar, praticamente nuova.
In realtà, io non ero a caccia di un'altra automobile diversa da quella che mi era stata assegnata, ma successe che il nuovo amministratore nominato, era Santiago Riera che conosceva la mia passione per le auto e l'attenzione con la quale curavo quella che stavo utilizzando in quel momento.
Il mio amico amministratore un giorno mi telefonò e mi informò dell'esistenza della Jaguar suggerendomi di utilizzarla, poiché secondo lui, per la fabbrica non gli era di nessuna utilità, date le sue caratteristiche tecniche.
Insistette adducendo al fatto che ero così diligente che sicuramente nessun altro compagno come me, l’avrebbe conservata così bene.
Fu così che caddi nell'errore di accettare il sincero sollecito, per non dire offerta, che mi fece il mio amico amministratore.
Portai la Jaguar al Ministero, ed in cambio, così come avevamo convenuto, consegnai al mio amico l’auto che mi aveva assegnato il Che.
Dopo un paio di giorni alla guida della potente Jaguar, arrivai come di consueto al Ministero, posteggiai, e quando stavo scendendo dalla macchina, il Che, con la sua modesta Chevrolet del ‘60 arrivò al parcheggio.
Il Comandante avanzò verso di me e guardando con disprezzo la Jaguar, mi gridò: “Pappone!”, ripetendo varie volte l’offesa.
Dal momento che non capii minimamente, la ragione per la quale mi offendeva in quel modo, gli domandai quale fosse il problema.
Allora mi rispose con una certa ironia specchiata in viso: “Tu si che mi capisci, e ti avverto che ti concedo solamente un'ora per riportare quell'auto dove l’hai presa”.
In quel momento mi resi conto dell'errore commesso e ovviamente, restituii immediatamente il controverso Jaguar.
Ma, la cosa peggiore di tutte fu che non ebbi la possibilità di recuperare la mia precedente automobile, poiché nella fabbrica di sigarette, ne facevano un appropriato e produttivo utilizzo e questa ragione non ammetteva alcun ritorno nelle mie mani.
Cosicché rimasi vari giorni chiedendo l'aiuto di alcuni amici per i miei spostamenti di routine.
Continuai a lavorare come se nulla fosse successo, fino a che una mattina il Ministro mi chiamò e mi offrì un'estesa spiegazione sulla ragione del perché mi aveva dato l’ordine di restituire la Jaguar. In buona sostanza mi convinse del fatto che fosse inopportuno che un viceministro del Governo utilizzasse per il suo lavoro un’auto tanto lussuosa.
Fu tale l'argomentazione sostenuta dal Che, che non solo mi convinse, ma quell’insegnamento non lo avrei mai più dimenticato.
A conclusione del suo ragionamento, totalmente amichevole ed educativo, mi informò che mi aveva assegnato un auto Chevrolet, esattamente uguale a quella da lui usata, e di chiamare il Ministro dei Trasporti che aveva già ricevuto istruzioni per consegnarmela”. (5)
 
Da questo, come da molti altri aneddoti emerge l’etica e l’integrità morale di Ernesto Guevara, uomo che fece della coerenza uno dei fondamenti della sua esistenza.
In tutti questi anni, molti, e da tutte le parti del mondo, ricordano il “Che” come se fosse ancora tra loro, tra gli altri vorrei citarne alcuni tra cui John Mc Grath che scrive:“ La mia vita è meno accettabile a causa della tua morte, la mia morte sarà più accettabile grazie alla tua vita”.
 
Ahmed Ben Bella, ex leader storico dell’indipendenza ed ex presidente algerino ha recentemente dichiarato: “Il Che ha dato una nuova dimensione alla rivoluzione. Un soffio più forte, più fresco. C’era qualcos’altro in lui, di una semplicità totale. Risplendeva, con una coscienza e una fede nell’uomo ammirevoli. E’ l’essere umano più compiuto che io abbia mai incontrato.
Durante tutta la mia prigionia (quindici anni) , una piccola foto del Che morto, nudo, magro, ferito dalle pallottole, il viso illuminato dalla sua luce interiore, foto che avevo ritagliato da una rivista, mi ha dato speranza quando nella mia vita faceva freddo”.
 
Il pittore e poeta spagnolo Rafael Alberti scrisse: “E’ morto secondo i suoi principi, vicino ai più poveri diseredati d’America, privo di tutto ma non della sua speranza. Là dove lo hanno assassinato, sorgeranno due fontane: la fontana della libertà e la fontana della giustizia. Gli indios di Bolivia, i paria del continente, sussurreranno il suo nome, diranno che è vivo, che bussa alle loro porte perché ha sete, e gli lasceranno un po’ d’acqua alla finestra così che il Che possa dissetarsi quando passa. E, passando, attraverserà il continente intero ed il suo nome sarà la forza del futuro, l’altra stella della Croce del Sud, che chiamerà a raccolta l’America perché si sollevi e combatta per la sua indipendenza politica ed economica contro tutte le dominazioni straniere”. (6)
 
Oggigiorno l’Uomo Nuovo teorizzato e praticato da Ernesto Guevara, è stato in buona parte sostituito dalla pratica comune dell’uomo ordinario.
 
Uomo che, orientato dalla classe oligarchica borghese, sta trasformando il proletariato nella nuova “classe media” assoggettata a quell’idea di “società opulenta”, che istigando al consumismo compulsivo , costruisce il propulsore del capitalismo, per poi affidare al “mercato” il destino delle masse.
 
Un uomo confuso e plagiato che conseguentemente tende a perdere il senso della dignità, della moralità, della coerenza e dell’etica.
 
Un uomo che costruisce la sua storia sulle guerre imperialiste, sul saccheggio del Pianeta, sull’ignoranza, sul razzismo e sull’annientamento dei popoli indigeni e delle diversità.
 
Un Uomo spogliato della coscienza critica essenzialmente impreparato ad uscire da un oscurantismo dai tratti medievali.
 
Il crollo del campo socialista e la dissoluzione dell’Unione Sovietica è stato un evento traumatico ed ha rappresentato per molti partiti comunisti europei la sconfitta dell’ottimismo storico, traducendosi in molti casi nell’abbandono dell’impegno rivoluzionario.
 
Molti hanno iniziato a pensare che la vittoria dell’imperialismo nel mondo sia irreversibile e che, nel nuovo mondo unipolare, il diritto all’autodeterminazione dei popoli non abbia più nessuna vigenza giuridica o etica.
 
All’ottimismo storico si è sostituito il fatalismo.
La speranza utopica è stata sostituita dal “realismo”.
 
Ma anche qui il Che, avanguardista più che profeta, ci avvisa nel considerare la perdita di fiducia nelle possibilità di lotta, un disastro morale molto più grave di quello fisico.
 
Ernesto era convinto che la perdita di fiducia era uno degli obiettivi della borghesia.
 
Il suo ottimismo storico, non si rivolge esclusivamente alla vittoria rivoluzionaria dei suoi tempi, ma all’individuazione di una via di uscita nelle condizioni più avverse.
 
In Guerra de guerrillas traccia chiaramente le caratteristiche necessarie di un combattente:
“..deve essere audace,analizzare correttamente i pericoli e le possibilità di azione, essere sempre pronto ad assumere un atteggiamento ottimista di fronte alle circostanze e a prendere una decisione positiva anche nei momenti in cui l’analisi delle condizioni avverse non conduca ad un saldo positivo”. (7)
 
Questo appello acquista una particolare attualità di fronte al saldo così negativo e disperante cui conduce oggi l’analisi della globalizzazione neoliberale.
 
Dalla guerriglia colombiana all’ascesa elettorale del Movimento al Socialismo in Bolivia, dal processo bolivariano in Venezuela all’affermazione della rivoluzione dei cittadini in Ecuador, sono molte oggi nel continente Latinoamericano, le realtà che aspirano a cambiamenti radicali di stampo anticapitalista.
Ognuno, seppur nel marco della propria interpretazione e caratteristica, ambisce allo sviluppo di una società di tipo socialista dove la figura ed il pensiero di Ernesto Che Guevara è ben presente.
 
* Il guevarismo non è qualcosa di nostalgico o antico.
Ha un’impattante attualità e ha molto da offrire all'attuale fase politica.
Come pensiero politico e progetto ideologico, il guevarismo costituisce la continuazione l’eredità di Mariategui ( il “primo marxista delle Americhe” ) e la massima espressione latinoamericana della tradizione comunista inaugurata da Marx e Lenin. (8)
 
La morte fisica del Che non ha quindi significato la morte delle sue idee. Il recupero del pensiero guevarista e degli insegnamenti della sua opera può servire per riscoprire i sentieri del marxismo antidogmatico e creativo del quale Ernesto fu uno dei più distaccati esponenti.
Oggi la sua opera è indispensabile come non mai, in un mondo in cui le contraddizioni così esplosive, pongono l’umanità di fronte al noto dilemma “ socialismo o barbarie”.
 
Pensando a Ernesto Che Guevara, alla sua vita, al suo fulgido esempio, alla sua totale dedizione ed al suo più alto sacrificio, possiamo intimamente ricordarlo con le parole di Bertolt Brecht:
Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli imprescindibili”. (9)
 
Ernesto Che Guevara è uno di questi,
e se crediamo che un mondo migliore sia possibile oltreché necessario,
non possiamo prescindere da lui.
 
L’Uomo Universale non muore mai !
 
* Nestor Kohan coordina un progetto che dà l’impulso al Collettivo AMAUTA e si pone l’obiettivo di formare in tutto il continente sudamericano centri di studio della tradizione marxista latinoamericana ( ne esistono già in Argentina, Venezuela, Cile, Uruguay e Bolivia; a Cuba è attivo, in sintonia con il Centro Che Guevara de La Habana).
 
Note
 
1) Tratto e tradotto da El Hombre Nuevo según Ernesto Che Guevara-Universidad – Fidel Canelón Central de Venezuela - Facultad de Ciencias Económicas y Sociales
2) Tratto e tradotto dal libro El partido marxista-leninista, - Dirección Nacional del Partido Unido de la Revolución Socialista de Cuba, La Habana, 1963
3) Tratto e tradotto da Che, el hombre nuevo y los Cinco Héroes - Percy Francisco Alvarado Godoy - www.rodelu.net
4) Tratto e tradotto da El Cuadro, Columna vertebral de la Revoluciòn- Ernesto Guevara de la Serna- Revista Cuba Socialista, septiembre 1962
5) Tratto e tradotto dal libro Che Guevara , Recuerdos en Rafaga – Orlando Borrego
6) Tratto dal libro Che Guevara , la più completa biografia – Roberto Occhi
7) Tratto e tradotto da Guerra de Guerrillas – 1960 Ernesto Che Guevara
8) Tratto e tradotto da El movimiento de cátedras Che Guevara y la disputa ideológica en América Latina - Nestor Kohan - www.rebelion.org
9) Tratto da In morte di Lenin – Bertolt Brecht
 

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