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- cultura e memoria resistenti - storia - 26-10-10 - n. 337
da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. VIII, Teti Editore, Milano, 1975
Capitolo I
La rivoluzione d’Ottobre, svolta decisiva nella storia dell’umanità
Parte Prima (1 di 3)
Il 25 ottobre (7 novembre) 1917 trionfò in Russia la grande Rivoluzione socialista d’Ottobre, che ha aperto una nuova era nella storia universale. Da quel momento il capitalismo ha cessato di essere l’unico e assoluto sistema economico-sociale. In una sesta parte della terra nasceva una nuova società, quella socialista.
La grande Rivoluzione socialista d’Ottobre fu il risultato obiettivo di tutto il precedente sviluppo della società umana. Le sue premesse materiali si andarono formando nel periodo del dominio del capitale monopolistico e dell’imperialismo, che Lenin definisce “la vigilia della rivoluzione sociale del proletariato”. (V. I. Lenin: “L’imperialismo, fase suprema del capitalismo”, Opere, vol. 22, pag. 196.). La guerra mondiale accelero a ritmi velocissimi il processo di maturazione della rivoluzione socialista, avviando la crisi generale del capitalismo.
La rivoluzione socialista ha vinto per la prima volta in Russia, l’anello più debole del sistema imperialistico mondiale, dove il capitalismo monopolistico conviveva con residui di rapporti feudali, rendendo particolarmente aspri l’oppressione e lo sfruttamento.
In Russia, nel corso delle lotte di classe, si era formata una potente forza sociale capace di abbattere il capitalismo, d’instaurare la dittatura del proletariato e di costruire una società socialista. La classe operaia russa, sotto la guida del partito bolscevico, seppe trascinare i contadini poveri con sé, nella lotta vittoriosa per la liberazione dal giogo sociale e nazionale e per la costruzione di una società comunista.
La classe operaia dei paesi capitalisti più sviluppati, egemonizzata dalla socialdemocrazia, sembrava lontana dal prendere iniziative rivoluzionarie.
Ma la Rivoluzione d’Ottobre, rivoluzione a carattere internazionale ancora prima che nazionale, avrebbe ben presto dato l’esempio al proletariato degli altri paesi che, traducendone gli insegnamenti nell’esperienza nazionale, avrebbero dato il loro contributo alla rivoluzione mondiale e alla difesa del primo Stato socialista.
La Russia alla vigilia della rivoluzione socialista
LA CRISI NAZIONALE GENERALE
La rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1917, che aveva abbattuto l’autocrazia, rese possibile il passaggio della Russia alla rivoluzione socialista. Le crisi politiche di aprile, giugno, luglio e il tentativo sedizioso di Kornilov furono gli avvenimenti più importanti del periodo che va dal febbraio all’ottobre e costituirono le tappe della crisi generale del paese. La rivoluzione si andava sviluppando impetuosamente. Il partito bolscevico, con a capo Lenin, agì come suo portabandiera.
Nel corso della lotta i bolscevichi unirono le più larghe masse, formarono l’esercito politico della rivoluzione, rafforzarono l’unità della classe operaia con i contadini poveri: forza sociale determinante nella lotta per la vittoria della rivoluzione socialista. In Russia il processo di trasformazione della rivoluzione democratico-borghese in rivoluzione socialista ebbe, nel corso del suo sviluppo, due periodi fondamentali: fino alla crisi di luglio il partito bolscevico sostenne il corso dello sviluppo pacifico della rivoluzione; poi si preparò ad abbattere il potere della borghesia e dei proprietari fondiari per mezzo dell’insurrezione armata.
Lo sviluppo pacifico della rivoluzione fu interrotto a causa del tradimento degli opportunisti, menscevichi e socialrivoluzionari, che consegnarono volontariamente il potere alla borghesia imperialista e si macchiarono nel luglio del 1917 del sangue di operai e soldati. Il VI congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (Bolscevico) orientò il partito verso la preparazione dell’insurrezione armata e chiamò le masse a prepararsi a impadronirsi del potere statale “per utilizzarlo a fini di pace e per la riorganizzazione socialista della società”. Le contraddizioni politiche ed economico-sociali, che si erano via via approfondite nel paese, accelerarono il processo di maturazione della crisi rivoluzionaria. Le masse popolari russe, con la classe operaia alla testa. furono portate, da tutto il corso dello sviluppo sociale, nell’ottobre 1917, alla rivoluzione socialista come unico mezzo di salvezza da una catastrofe nazionale e di liberazione dei lavoratori dall’oppressione sociale e nazionale.
Il governo provvisorio non aveva soddisfatto nessuna delle rivendicazioni popolari; non aveva dato al popolo né la pace, né la terra, né il parte. Nella sua politica economica esso era guidato dagli interessi del capitale monopolistico. I profitti delle banche, soprattutto della Banca Internazionale Riunita di Pietrogrado, della Banca di Sconto e della Banca Commerciale di Mosca. raggiunsero livelli favolosi. Uguali guadagni si dividevano i grossi monopoli, come il “Prodamet” e altri. Il governo provvisorio, aderendo alle loro richieste, concedeva sussidi finanziari e sanzionava docilmente l’aumento continuo dei prezzi dell’oro. Il potere borghese, d’altra parte, nulla faceva per combattere lo sfacelo in cui versava l’economia del paese e per migliorare le condizioni di vita delle masse lavoratrici.
L’industria versava in condizioni catastrofiche. La sua produzione globale, rispetto al 1916, era diminuita di quasi la metà. Dal marzo all’agosto 1917 cessarono la loro attività, per cause diverse, 568 imprese, molte delle quali a causa di serrate, adottate come rappresaglia contro gli operai rivoluzionari. Negli Urali chiusero sino al 50% delle imprese, né diversa era la situazione nel Donbass e in alcuni altri centri industriali del paese.
Il governo provvisorio incoraggiava il sabotaggio degli imprenditori. Nel settembre 1917 fu deciso di chiudere altre imprese a Charkov e nel bacino del Donez, e nell’ottobre a Mosca. Gli organi governativi definivano demagogicamente questa politica economica come “regolamentazione della produzione”, ma, in effetti, concedevano piena libertà d’azione ai capitalisti. In tal modo però si minacciava una completa bancarotta finanziaria nel paese. L’emissione di cartamoneta e l’apertura di nuovi prestiti dovevano rappresentare le fonti di copertura per le spese militari, continuamente crescenti. Dal 1° luglio 1914 al marzo 1917 la circolazione di cartamoneta salì da 1.600 a 9.500 milioni di rubli; in novembre toccava i 22 miliardi 400 milioni. L’indebitamento statale raggiungeva la colossale cifra di 50 miliardi di rubli, dei quali circa 16 erano per debiti contratti all’estero.
Cresceva costantemente la dipendenza economica della Russia nei confronti delle potenze imperialistiche dell’Occidente, che avevano trasformato il governo provvisorio in un loro servile commesso. La conferenza dei “circoli d’affari”, tenutasi nell’estate 1917 presso il Ministero del Commercio e dell’Industria, prese la decisione di dare in concessione al capitale americano le miniere di minerali ferrosi degli Urali, il bacino carbonifero di Mosca. le miniere aurifere degli Altai, il petrolio e il carbone dell’isola di Sahalin e le miniere di rame del Caucaso. Le condizioni di concessione erano, per la Russia, semplicemente catastrofiche. Approvando questa decisione, il presidente della conferenza speciale per la difesa, P. Palcinskij, ebbe a dire che l’attrazione di capitale americano era per la Russia “questione di saggezza statale e di necessità”.
La guerra, lo sfacelo economico e la fame si abbattevano con tutta la loro gravità sui lavoratori e in primo luogo sulla classe operaia. Il salario reale degli operai era sceso nel 1917 al 57,4% rispetto al 1913. I principali generi alimentari, durante gli anni della guerra, erano rincarati a Mosca di 9,5 volte e i generi di largo consumo di ben 12 volte.
La continuazione della guerra imperialistica e l’attività antipopolare del governo provvisorio accrebbero l’odio dei lavoratori. Verso l’autunno del 1917 la crisi del paese investì tutte le sfere dei rapporti economici e politici e trovò la sua espressione prima di tutto nello sviluppo dell’attività rivoluzionaria creativa delle masse popolari, che si rifiutavano di vivere alla vecchia maniera e decisamente rivendicavano trasformazioni rivoluzionarie del regime sociale.
Lo sviluppo della rivoluzione unì le masse popolari sempre più strettamente attorno al partito bolscevico, guidato da Lenin. Esso accrebbe la sua influenza nei sindacati, nei comitati di fabbrica e nelle altre organizzazioni della classe operaia. I sindacati organizzavano oltre 2 milioni di operai e impiegati. I comitati di fabbrica, nell’autunno del 1917, sulla base di dati non completi, erano presenti in 34 grandi città. Nelle loro elezioni, che si tennero in ottobre, i bolscevichi ottennero una grande vittoria. Nel comitato di fabbrica della officina di tubi di Pietrogrado, per esempio, i bolscevichi conquistarono 23 seggi su 33.
Il movimento degli scioperi acquistava un chiaro e manifesto carattere politico, con parole d’ordine bolsceviche. Lo sciopero dei tipografi, iniziatosi nella prima metà di settembre, si diffuse presto in tutto il paese. Nello stesso tempo lo sciopero generale dei ferrovieri costrinse il governo a fare alcune concessioni. Lo sciopero degli addetti all’industria del petrolio di Baku si concluse con una grande vittoria degli operai, che costrinsero gli imprenditori a sottoscrivere un contratto collettivo di lavoro. Dappertutto gli operai lottavano contro i tentativi della borghesia di fermare il lavoro delle fabbriche e ponevano con forza il problema del controllo sulla produzione e sulla distribuzione. Centomila persone parteciparono allo sciopero di protesta contro le serrate in massa negli Urali.
Gli scioperi erano accompagnati dalla instaurazione del controllo operaio in molte fabbriche degli Urali, di Pietrogrado, di Mosca, del Donbass, di Charkov, di Nižnij Novgorod. della regione tessile di Ivanovo-Kinešima eccetera. Il movimento operaio nel suo sviluppo approdò alla instaurazione della dittatura del proletariato nella forma dei soviet.
La classe operaia riuscì a conquistare alla sua causa la gran massa dei contadini poveri, i quali si convinsero, sulla base dell’esperienza, della necessità di allearsi al proletariato, perché i partiti dominanti dei cadetti, dei menscevichi e dei socialrivoluzionari non volevano risolvere la questione della terra nell’interesse del popolo. Una potente ondata di manifestazioni contadine investì, nell’autunno 1917, il 91,2% di tutti i distretti della Russia. In base a dati ufficiali governativi, nel maggio si ebbero 152 casi di occupazione delle terre e delle tenute dei proprietari fondiari, 440 in agosto e 958 in settembre. Dato che i contadini rappresentavano la stragrande maggioranza della popolazione attiva, questo manifestazioni erano il sintomo più evidente della crisi generale che investiva il paese.
Il rafforzamento dell’influenza dei bolscevichi nell’esercito concorse enormemente al successo dell’imminente rivoluzione socialista. Particolarmente forte era l’influenza bolscevica nelle guarnigioni dei grossi centri industriali, tra i marinai della flotta del Baltico e i soldati dei fronti settentrionale e occidentale. Lo spirito rivoluzionario crebbe rapidamente anche tra i soldati degli altri fronti. Il 1° (14) ottobre 1917 il giornale “Soldat” scriveva: “L’appello ‘Tutto il potere ai soviet!’ si diffonde irresistibilmente per tutto il fronte, dall’estremo sud all’estremo nord; non vi è quasi nessuna rivoluzione che non lo riporti”.
In questo periodo si modificò anche il carattere del movimento di liberazione nazionale. Le masse popolari delle nazioni oppresse si raggruppavano sempre più attivamente attorno alla bandiera internazionalista della classe operaia. E poiché più della metà della popolazione della Russia era composta dai popoli oppressi delle diverse nazionalità, il fatto acquistava un’importanza eccezionale.
Il processo di penetrazione dello spirito rivoluzionario nelle masse popolari trovò la sua chiara espressione nella bolscevizzazione dei soviet. Gli operai delle fabbriche e delle officine sostituivano i delegati socialrivoluzionari e menscevichi con delegati bolscevichi: avvenne così, per esempio, a Pietrogrado, in nove grosse fabbriche dei rioni Moskovskij e Narvskij, al cantiere navale dell’Ammiragliato, alle officine Skorochod ecc. Seguendo l’esempio delle risoluzioni prese dai soviet di Pietrogrado e di Mosca sul passaggio del potere ai soviet, in settembre centinaia di consigli locali si dichiararono per il passaggio di tutto il potere nelle mani degli operai e dei contadini.
La crisi era ormai manifesta anche nel campo della controrivoluzione borghese-latifondista, in preda alla confusione e alla discordia. La coalizione governativa dei partiti borghesi e opportunisti dimostrava chiaramente il suo carattere antipopolare. Il presidente del Consiglio dei ministri del governo provvisorio, A. F. Kerenskij, che dopo la repressione della rivolta di Kornilov occupava anche la carica di comandante supremo, si smascherò agli occhi del popolo come difensore della borghesia russa e straniera, come meschino, presuntuoso aspirante ad avventure di tipo bonapartista.
Anche altri membri del governo di coalizione, e con essi i ministri socialisti V. M. Černov e M. I. Skobelev, si rivelarono difensori aperti della borghesia imperialista. Nei partiti menscevico e social-rivoluzionario aumentò il dissenso e si rafforzarono nuclei di opposizione alla politica dei gruppi dirigenti. I socialrivoluzionari di sinistra, sotto la pressione delle masse rivoluzionarie contadine, formarono una organizzazione autonoma. Tra i menscevichi si formò il gruppo di opposizione degli internazionalisti.
Anche la situazione internazionale favorì il successo della lotta della classe operaia russa per la rivoluzione socialista. La guerra mondiale divideva e indeboliva le maggiori potenze imperialiste. Fra le masse popolari dei paesi in guerra: in Germania, in Austria-Ungheria, in Francia, in Italia, nei Balcani si rafforzava lo spirito pacifista. In alcuni di questi paesi, sotto l’influenza degli avvenimenti rivoluzionari russi, andava maturando una situazione rivoluzionaria. S’allargava il movimento di liberazione nazionale nei paesi coloniali e semicoloniali. Nel settembre 1917, sulla base di una profonda analisi della situazione interna e internazionale, Lenin rilevò la presenza di una crisi nazionale generale: “La crisi è matura”. (V. I. Lenin: “La crisi è matura”, Opere, vol. 26 pag. 69.)
In risposta alla generale indignazione, il governo Kerenskij prese misure per sbarrare il passo all’avanzata rivoluzionaria. Concentrò nella capitale i reparti cosacchi per sostituire la guarnigione rivoluzionaria di Pietrogrado e varò una riorganizzazione dell’esercito per isolare i reggimenti che simpatizzavano per i bolscevichi. Il comando supremo e il governo preparavano un nuovo complotto controrivoluzionario di tipo kornilovista.
I socialrivoluzionari e i menscevichi cercarono di contrapporre ai soviet, nei quali avevano perso la maggioranza, la cosiddetta “Conferenza democratica” e il “Consiglio provvisorio della repubblica” (il pre-Parlamento). Gli atti demagogici del governo Kerenskij (la proclamazione della repubblica, lo scioglimento della IV Duma) avevano lo scopo di mascherare il complotto controrivoluzionario: il governo era intenzionato a cedere Pietrogrado ai tedeschi per avere l’opportunità d’infliggere una sconfitta al movimento rivoluzionario. I controrivoluzionari aprirono contro i bolscevichi una nuova campagna di menzogne e di insinuazioni. La potente ascesa rivoluzionaria delle masse popolari da una parte e la contemporanea offensiva delle forze controrivoluzionarie dall’altra obbligarono il partito bolscevico, in vista della salvezza del popolo e del paese, ad accelerare al massimo la preparazione dell’insurrezione armata.
LA PREPARAZIONE DELL’INSURREZIONE ARMATA
Lenin, dopo i fatti di luglio a Pietrogrado, si trovava nella più completa clandestinità per sfuggire alle persecuzioni del governo provvisorio. Egli visse in tali condizioni in Finlandia nel settembre del 1917. Nelle sue lettere indirizzate al Comitato Centrale e ai comitati di partito di Pietrogrado e di Mosca, ai membri bolscevichi dei soviet di Pietrogrado e di Mosca, alla conferenza cittadina di Pietrogrado, ai partecipanti del congresso regionale dei soviet della regione settentrionale, Lenin svolse una completa argomentazione sulla necessità storica dell’insurrezione armata e dimostrò che essa era dettata tanto dalle condizioni interne quanto da quelle internazionali, che portavano allo sviluppo della rivoluzione russa.
Il passaggio del potere al proletariato, capeggiato dal partito bolscevico, corrispondeva agli interessi vitali dei popoli della Russia e di tutta l’umanità progressiva. “I bolscevichi possono e debbono prendere il potere”, questa era la conclusione sulla quale insisteva Lenin. Nella lettera del 13-14 (26-27) settembre al Comitato Centrale del partito bolscevico, “Il marxismo e l’insurrezione” egli scriveva: “Per riuscire, l’insurrezione deve fondarsi non su di un complotto, non su di un partito, ma sulla classe d’avanguardia. Questo in primo luogo. L’insurrezione deve fondarsi sullo slancio rivoluzionario del popolo. Questo in secondo luogo. L’insurrezione deve saper cogliere quel punto critico nella storia della rivoluzione in ascesa, che è il momento in cui l’attività delle schiere più avanzate del popolo è massima e più forti sono le esitazioni nelle file dei nemici e nelle file degli amici deboli, equivoci e indecisi della rivoluzione. Questo in terzo luogo”. (V. I. Lenin: “Il marxismo e l’insurrezione”, Opere, vol. 26, pagg. 12-13.)
Tutte queste condizioni erano allora presenti in Russia. “Dalla nostra parte - scrive ancora Lenin - è la maggioranza della classe che è l’avanguardia della rivoluzione, l’avanguardia del popolo, capace di trascinare le masse. Dalla nostra parte è la maggioranza del popolo... La nostra vittoria è certa...”. (V. I. Lenin: “Il marxismo e l’insurrezione”, Opere, vol. 26, pag. 14.). Lenin riteneva particolarmente importante per la vittoria dell’insurrezione avere nel momento decisivo e nei punti decisivi un rapporto di forze nettamente favorevole. Ciò riguardava in primo luogo Pietrogrado e Mosca, i vicini fronti settentrionale e occidentale, la flotta del Baltico.
Nella lettera “Il marxismo e l’insurrezione” vengono pure indicate proposte concrete sulle misure per preparare l’insurrezione: la necessità di organizzare uno Stato Maggiore dell’insurrezione, di mobilitare la Guardia Rossa e la guarnigione rivoluzionaria della capitale, di prepararsi a occupare i più importanti punti della città: il telefono, il telegrafo, le stazioni, gli edifici governativi, di arrestare nei giorno e nell’ora stabiliti il governo e i membri del Quartier generale militare.
Nelle lettere al Comitato Centrale V. I. Lenin avvertiva che prolungando la preparazione dell’’insurrezione si rischiava di compromettere l’esito della rivoluzione stessa e che “ogni ritardo equivale[va] alla morte”. (V. I. Lenin: “Lettera ai compagni bolscevichi, delegati alla conferenza ragionale dei soviet del nord”, Opere, vol. 26, pag. 168.). Il 7 (20) ottobre Lenin ritornò dalla Finlandia illegalmente a Pietrogrado. Il giorno seguente scrisse l’articolo “Consigli di un assente”, nei quale indicava nuovamente le tesi fondamentali della dottrina marxista sull’insurrezione armata:
“1) Non giocare mai con l’insurrezione, ma, quando la si inizia, saper fermamente che bisogna andare sino in fondo.
2) È necessario raccogliere nel punto decisivo, nel momento decisivo, forze molto superiori a quelle dell’avversario, perché altrimenti questo, meglio preparato e meglio organizzato, annienterà gli insorti.
3) Una volta iniziata l’insurrezione, bisogna agire con la più grande decisione e passare assolutamente, a qualunque costo, all’offensiva: la difensiva è la morte della insurrezione armata.
4) Bisogna sforzarsi di prendere il nemico alla sprovvista, di cogliere il momento in cui le sue truppe sono disperse.
5) Bisogna riportare ogni giorno (si potrebbe dire anche ‘ ogni ora ’ se si tratta di una solo città) dei successi, sia pure di poca entità, conservando ad ogni costo la ‘ superiorità morale ’” (V. I. Lenin: “Consigli di un assente”, Opere, vol. 26, pag. 166.)
Il 10 (23) ottobre si tenne una riunione del Comitato Centrale del partito. Presentando un rapporto sulla situazione del momento, Lenin indicò che le condizioni politiche per una vittoriosa insurrezione armata erano pienamente maturate e rilevò la necessità di dedicare particolare attenzione al lato tecnico-militare della questione, alla scelta del momento per assestare al nemico il colpo decisivo.
Il Comitato Centrale adottò la risoluzione proposta da Lenin, nella quale era contenuta una analisi della situazione interna e internazionale e venivano precisati i compiti del partito nella lotta per la vittoria della rivoluzione socialista.
“Il Comitato Centrale - si diceva nella risoluzione - riconosce che tanto la situazione internazionale della rivoluzione russa (l’ammutinamento della flotta in Germania, come più alta manifestazione dello sviluppo, in tutta Europa, della rivoluzione socialista mondiale, nonché la minaccia di una pace separata da parte degli imperialisti allo scopo di soffocare la rivoluzione in Russia), quanto la situazione militare (l’incontestabile decisione della borghesia russa e di Kerenskij e consorti di consegnare Pietrogrado ai tedeschi), come pure la conquista della maggioranza nei soviet da parte del partito proletario - connesso tutto ciò con l’insurrezione contadina e con l’orientamento della fiducia del popolo verso il partito bolscevico (elezioni a Mosca), e infine l’evidente preparazione di una seconda avventura alla ‘Kornilov’ (allontanamento delle truppe da Pietrogrado, invio di cosacchi a Pietrogrado, accerchiamento di Minsk da parte dei cosacchi eccetera) mettono all’ordine del giorno l’insurrezione armata. Riconoscendo in tal modo che l’insurrezione armata è inevitabile e completamente matura, il Comitato Centrale invita tutte le organizzazioni del partito a orientarsi sulla base di questa constatazione e a discutere e risolvere da questo punto di vista tutte le questioni pratiche” (V. I. LENIN: “Risoluzione approvata dal Comitato Centrale del POSDR nella seduta del 10 (23) ottobre 1917”, Opere, vol. 26. pag. 176.)
Contro la risoluzione leninista si schierarono solamente Kamenev e Zinov’ev. In sostanza, nei loro interventi essi approdavano alle posizioni mensceviche di difesa della repubblica borghese. Era un tradimento della rivoluzione. La loro posizione capitolarda rappresentava la diretta conseguenza di tutti i loro ondeggiamenti opportunistici. Il Comitato Centrale con 10 voti contro 2 adottò la risoluzione proposta da Lenin, che divenne la direttiva del partito per preparare senza indugi l’insurrezione armata.
In concordanza con la decisione del Comitato Centrale del partito bolscevico, fu creato presso il soviet di Pietrogrado il Comitato militare rivoluzionario, organismo di lotta e centro legale di preparazione e direzione dell’insurrezione. Come aveva indicato Lenin in una lettera a N. I. Podvojskij, V. A. Antonov-Ovseenko, V. I. Nevskij, il Comitato militare rivoluzionario doveva diventare l’organismo, al di fuori del partito e con pieni poteri, dell’insurrezione, “legato con gli strati più larghi degli operai e dei soldati... Il punto essenziale era la vittoria della insurrezione e questo era l’unico obiettivo del Comitato militare rivoluzionario”. (Pubblicata in “Kommunist”, gennaio 1957, n. 1, pagina 37.). Esso fu composto da rappresentanti del Comitato Centrale e del comitato di Pietrogrado del partito bolscevico, della organizzazione militare presso il Comitato Centrale del partito, del presidium del Comitato Esecutivo e della sezione soldati del soviet di Pietrogrado, del comitato regionale finlandese dei soviet, dei sindacati, dei comitati di fabbrica, delle unioni sindacali dei ferrovieri e dei postelegrafonici e di altre organizzazioni.
Tutta l’attività del Comitato militare rivoluzionario era diretta dal Comitato Centrale, con alla testa Lenin. Tra i suoi membri vi erano, fra altri. A. S. Bubnov, F. E. Dzeržinskij, J. M. Sverdlov, J. V. Stalin, M. S. Urickij del Comitato Centrale del partito bolscevico; G. I. Bokij e M. J. Lacis del comitato di Pietrogrado; V. A. Antonov-Ovseenko, K. S. Eremeev, N. V. Krylenko, K. A. Mechonošin, V. I. Nevskij, N. I. Podvojskij, A. D. Sadovskij, G. I. Čudnovskij della organizzazione militare; P. E. Dybenko del centro del Baltico; I. P. Flerovskij del soviet di Kronstadt; P. E. Lazimir per i social-rivoluzionari di sinistra.
Sull’esempio del Comitato militare rivoluzionario di Pietrogrado altri ne sorsero in diversi centri. Essi si appoggiavano sui soviet nelle retrovie e sui comitati dei soldati al fronte, sulle guarnigioni rivoluzionarie e sulla Guardia Rossa. Gli operai di Pietrogrado e di altre città si dedicavano con entusiasmo all’istruzione militare nelle file della Guardia Rossa. Al momento dell’insurrezione la Guardia Rossa aveva preparato più di 20 mila operai armati a Pietrogrado, 12 mila a Mosca, 5 mila a Kiev, 3.500 a Charkov, 2.600 a Saratov, più di mille a Nižnij Novgorod; complessivamente in 62 città dell’intero paese (sulla base di dati incompleti) si contavano al3’incirca 200 mila membri della Guardia Rossa. Questo esercito armato della classe operaia aveva alla base la volontà e l’appoggio di tutto il popolo lavoratore, che dava ai rivoluzionari una forza insuperabile.
La linea del Comitato Centrale di portare avanti l’insurrezione armata, riscosse il consenso di tutto il partito: l’11 (24) ottobre la III conferenza cittadina dei bolscevichi di Pietrogrado, che rappresentava 50 mila membri del partito, approvò la risoluzione leninista sull’insurrezione. Negli stessi giorni una identica decisione venne presa dalla conferenza di partito di Mosca e dal comitato regionale bolscevico moscovita che dirigeva il partito in 13 province della Russia centrale. Tutte le conferenze di partito che si svolsero nel mese di ottobre posero all’ordine del giorno la preparazione e la mobilitazione di tutte le forze e di tutti i mezzi nella lotta per la rivoluzione socialista. Oltre alla piena approvazione della decisione del Comitato Centrale sulla insurrezione armata, tutte le risoluzioni parlavano della decisa volontà di tutti i comunisti di giungere alla vittoria della rivoluzione socialista.
Così, per esempio, nella risoluzione della conferenza straordinaria di partito della Lettonia si diceva: “La conferenza ritiene che è giunto il momento dell’ultima, decisiva battaglia, il momento in cui si decide il destino non solo della rivoluzione russa, ma della rivoluzione mondiale... Preparandosi alle imminenti battaglie, il proletariato della Lettonia si pone il compito di mantenere una stretta unità con gli operai rivoluzionari di Pietrogrado e di Mosca e di sostenere con ogni forza e con ogni mezzo la lotta del proletariato russo nella conquista del potere statale”.
I bolscevichi lettoni assicurarono il Comitato Centrale che i reggimenti lettoni erano pronti a intervenire assieme al proletariato e alla guarnigione di Pietrogrado nella lotta per il potere dei soviet. In tutto il paese, contemporaneamente alle conferenze di partito, ebbero luogo i congressi dei soviet locali, nei quali vennero eletti i delegati al II congresso panrusso dei soviet dei deputati degli operai e dei soldati. I congressi dimostrarono che i bolscevichi avevano ottenuto successi decisivi nella lotta per la conquista delle masse. Nella maggioranza dei casi ai delegati al congresso panrusso veniva affidato il mandato di esigere il passaggio di tutto il potere ai soviet.
In un clima di crescente ardore rivoluzionario, il 16 (29) ottobre si tenne una seduta allargata del Comitato Centrale del partite bolscevico. A questa riunione, oltre ai membri del Comitato Centrale, parteciparono i rappresentanti del comitato di Pietrogrado, della organizzazione militare, del soviet di Pietrogrado, dei sindacati e dei comitati di fabbrica. Lenin presentò un rapporto sulla situazione politica del paese. Rendendo pubblica la risoluzione del Comitato Centrale del 10 (23) ottobre, egli dichiaro: “La situazione è chiara: o la dittatura kornilovista o la dittatura del proletariato con gli strati poveri dei contadini... Dall’analisi politica della lotta di classe in Russia e in Europa deriva la necessità di una politica estremamente decisa e attiva, che può essere soltanto l’insurrezione armata”. (V. I. Lenin: “Seduta del Comitato Centrale del POSDR del 16 (29) ottobre 1917”, Opere. vol. 26, pagg. 177-178.)
J. M. Sverdlov informò sulla preparazione della insurrezione nei vari centri. Egli rilevò il notevole aumento numerico del partito, che contava in quel periodo non meno di 400 mila iscritti, la sue vasta influenza nelle città, nelle campagne, nell’esercito e nella flotta. I rappresentanti del comitato di Pietrogrado, dell’organizzazione militare e delle organizzazioni operaie dichiararono che gli operai e i soldati della guarnigione appoggiavano i bolscevichi. Il membro del Comitato militare rivoluzionario e della organizzazione militare N. V. Krylenko comunicò, nel suo intervento, che i “reggimenti sono tutti con noi, senza eccezioni”.
Tutto ciò veniva a confermare pienamente la conclusione di Lenin che le condizioni per una insurrezione vittoriosa erano mature. Kamenev e Zinov’ev intervennero mantenendosi sulle loro posizioni opportunistiche, ma ricevettero una decisa risposta. Stalin, Sverdlov, Kalinin, Dzeržinskij e altri sostennero che si doveva passare all’insurrezione.
La seduta allargata del Comitato Centrale approvò la risoluzione di Lenin che diceva: “L’assemblea approva pienamente e sostiene completamente la risoluzione del Comitato Centrale, invita tutte le organizzazioni, tutti gli operai e i soldati a preparare in tutti gli aspetti e con tutte le forze l’insurrezione armata, ad appoggiare il centro creato a questo fine dal Comitato Centrale, ed esprime la piena fiducia che il Comitato Centrale e il soviet indicheranno tempestivamente il momento favorevole e i metodi più opportuni per l’offensiva”. (V. I. Lenin: “Seduta del Comitato Centrale del POSDR del 16 (29) ottobre 1917”, Opere. vol. 26, pag. 179.)
Il Comitato Centrale organizzò un centro militare rivoluzionario così composto: Bubnov, Dzeržinskij, Sverdlov, Stalin e Urickij. Questo centro di partito fu incorporato nel Comitato militare rivoluzionario del soviet di Pietrogrado e ne divenne il nucleo dirigente. Sconfitti nel Comitato Centrale, Kamenev e Zinov’ev compirono un inaudito tradimento. Il 18 (31) ottobre il giornale menscevico “Novaja Zizn” pubblicò un’intervista a Kamenev nella quale egli, a nome suo e di Zinov’ev, dichiarava di non concordare con la risoluzione del Comitato Centrale sulla insurrezione armata, svelando in tal modo ai nemici della rivoluzione la decisione segreta di preparare la insurrezione nei giorni seguenti.
Lenin, profondamente indignato, definì il gesto di Kamenev e Zinov’ev “scandaloso crumiraggio”. Il Comitato Centrale, nella seduta del 20 ottobre (2 novembre), dopo aver preso in esame una lettera di Lenin su questa questione, condannò il tradimento di Kamenev e Zinov’ev e pretese che i due cessassero la loro attività disorganizzatrice, imponendo loro di non fare dichiarazioni contro le decisioni del Comitato Centrale e la linea di lavoro da esso stabilita.
Lenin diresse personalmente tutta la preparazione della rivoluzione proletaria. “Interamente, senza risparmio - ricorderà in seguito la Krupskaja - Lenin visse questo ultimo mese con il pensiero all’insurrezione, pensava solo a questo trasmettendo ai compagni questo suo spirito, questa sua ferma fiducia”. Egli dava le direttive ai membri del Comitato militare rivoluzionario, precisandone il piano di azione; controllava se tutto era stato fatto per garantire ll successo dell’insurrezione. Come racconta nelle sue memorie il presidente del Comitato militare rivoluzionario N. I. Podvojskij, Lenin sottolineava che “...l’insurrezione è la forma di lotta più acuta; è una grande arte... I dirigenti che non conoscono la tattica della battaglia di strada perderanno l’insurrezione!”. In una lettera a Sverdlov, egli scriveva: “Attaccate con tutte le forze e vinceremo in pochi giorni”.
Il Comitato Centrale del partito bolscevico inviava propri rappresentanti in tutto il paese, aiutava con consigli e indicazioni i sindacati, i comitati di fabbrica e le organizzazioni militari rivoluzionarie.
Sottovalutandone la forza, la controrivoluzione borghese-latifondista guidata da Kerenskij e da altri esponenti del governo provvisorio sperava di potere ancora prevenire l’insurrezione e di distruggere il Comitato Centrale, centro dirigente della rivoluzione. Quando uno dei dirigenti del partito dei cadetti, V. D. Nabokov, espresse a Kerenskij il dubbio che il governo non potesse aver ragione dei bolscevichi, questi replicò: “Ho più forze di quel che non mi occorra; i bolscevichi saranno schiacciati definitivamente”.
Tuttavia, alcuni ministri avevano già incominciato a capire che la situazione era disperata. Il 17 (30) ottobre, in una riunione segreta del governo provvisorio, vennero discusse le misure di lotta contro i bolscevichi. La maggioranza dei membri del governo chiedeva azioni decise, ma il ministro della difesa, generale Verchovskij, disse: “Intervenire decisamente non è possibile. Il piano c’è, ma occorre aspettare che sia l’altra parse ad attaccare. I bolscevichi sono nel soviet dei deputati operai e le forze per sciogliere il soviet non ci sono. Io non posso offrire al governo provvisorio una forza effettiva e perciò rassegno le mie dimissioni”. L’intervento del ministro della difesa era una nuova testimonianza della crisi che travagliava i “vertici”.
Il governo provvisorio, allo scopo di sconfiggere la rivoluzione, ammassò nella capitale truppe controrivoluzionarie. Al Quartier generale, che si trovava a Mogilëv, fu inviato l’ordine di accelerare l’invio di unità dal fronte. I reggimenti cosacchi, che erano di stanza a Pietrogrado, furono messi in stato d’allarme. Per la difesa del palazzo d’Inverno, sede del governo, vennero fatti affluire gli junkers con cinque autoblinde; nella piazza antistante il palazzo furono installati cannoni e mitragliatrici; venne pure rafforzata la difesa degli altri edifici governativi. Il comando del distretto militare di Pietrogrado ordinò di rafforzare il servizio di pattuglia in città e di arrestare coloro che si fossero presentati nelle caserme con l’appello all’insurrezione.
Informato dei preparativi del governo, il giornale “Den” scriveva il 17 (30) ottobre: “I preparativi del governo provvisorio contro una possibile azione dei bolscevichi procedono assai energicamente. Il vice-presidente A. I. Konovalov è in continuo contatto telefonico con il comandante del distretto e con le altre persone incaricate della lotta contro un’azione bolscevica... Konovalov ha dichiarato che il governo dispone di un numero sufficiente di forze organizzate per schiacciare un’eventuale azione...”. Il giornale, che presentava queste notizie con ingiustificato ottimismo, concludeva però riconoscendo che l’imminente azione dei bolscevichi era attesa dal governo con grande preoccupazione.
I rappresentanti americani, inglesi e francesi sollecitavano il governo provvisorio a rafforzare la repressione contro i rivoluzionari. In una speciale riunione dei rappresentanti delle missioni militari dei paesi dell’Intesa, che ebbe luogo il 20 ottobre (2 novembre) presso la sede della Croce Rossa americana, il generale inglese Knox invitò il governo provvisorio a “sparare sui bolscevichi”. Essi rimpiangevano il fallimento del putsch di Kornilov e suggerivano di tentarne uno simile,
Ma nessuna misura del governo provvisorio poteva ormai salvare il potere borghese. Il rapporto delle forze di classe nel paese, nell’ottobre 1917, era definitivamente a favore della rivoluzione socialista. Il 21 ottobre (3 novembre) la riunione generale dei comitati di reggimento della guarnigione di Pietrogrado, a nome di tutti i soldati, riconobbe che il Comitato militare rivoluzionario rappresentava lo Stato Maggiore della rivoluzione, permettendogli così di nominare propri commissari in tutti reparti della guarnigione e, successivamente, in alcune altre organizzazioni. Il Comitato militare rivoluzionario rese noto che, nell’ambito della guarnigione, nessun ordine e nessuna disposizione potevano essere esecutivi senza la firma del commissario, in qualità di rappresentante del soviet. Questo atto condizionò tutta l’attività delle unità militari.
Crebbe e si rafforzò la Guardia Rossa operaia. Il 22 ottobre (4 novembre) la conferenza cittadina della Guardia Rossa di Pietrogrado adottò uno statuto, il cui primo punto diceva: “La Guardia Rossa operaia è l’organizzazione delle forze armate del proletariato nella lotta contro la controrivoluzione e per la difesa delle conquiste della rivoluzione”. L’incorporamento nel Comitato militare rivoluzionario della direzione dei reparti della Guardia Rossa e della guarnigione rivoluzionaria diede la possibilità di una completa utilizzazione di tutte le forze combattenti della rivoluzione.
Da Kronstadt e da Helsingfors furono chiamati a Pietrogrado i marinai della flotta del Baltico. All’incrociatore “Aurora” e ad altre navi furono assegnati compiti di combattimento. La flotta del Baltico contava allora oltre 100 mila uomini di equipaggio e 690 navi da combattimento e ausiliarie. La maggioranza dei marinai era pronta a sostenere decisamente gli operai della capitale.
Il 22 ottobre (4 novembre) si celebrò la giornata del soviet di Pietrogrado, che rappresentò una specie di rassegna dei preparativi insurrezionali delle masse popolari rivoluzionarie. Un testimone degli avvenimenti storici dell’ottobre 1917 in Russia, lo scrittore americano John Reed, nel suo libro “Dieci giorni che sconvolsero il mondo” scrisse: “Pietrogrado presentava allora uno spettacolo curioso. Nelle officine le sale dei consigli erano piene di fucili; la Guardia Rossa si addestrava... In tutte le caserme si svolgevano ogni notte comizi, e le giornate trascorrevano in discussioni interminabili e appassionate. Verso sera la folla si addensava nelle strade; si spandeva in lente ondate, su e giù per la Prospettiva Nevskij...”. Tutta questa gigantesca massa andava verso lo Smolnyj, il Quartier generate della rivoluzione.
Il partito bolscevico, con alla testa Lenin, preparava al combattimento il potente esercito della rivoluzione socialista, pronto ad attaccare, nella battaglia decisiva contro il vecchio mondo dello sfruttamento che aveva ormai fatto il suo tempo.
(Continua)
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