www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 24-02-11 - n. 353

Le donne nella rivoluzione russa
 
di Marcello Grassi
 
A quanti per ignoranza o in malafede mettono sullo stesso piano nazifascismo e comunismo suggerirei di riflettere, tra l’altro, non solo sulle diverse risposte politiche date dai due movimenti alla questione femminile, ma anche sul diverso ruolo che le donne vi ebbero. Sono differenze abissali che da un lato vedono il perpetuarsi e anche l’aggravarsi dell’inferiorità femminile, testimoniata tra l’altro nel bellissimo film di Scola “Una giornata particolare”, dall’altro uno sforzo di emancipazione e un protagonismo femminile ai più alti livelli.
 
Non credo di sbagliare affermando che senza l’ottobre rosso, che per primo estese l’elettorato attivo e passivo alle donne, la causa dell’emancipazione femminile avrebbe subito molti ritardi e arretramenti, inoltre le donne, nelle lotte di liberazione che ne seguirono, furono protagoniste attive e beneficiarie.
 
Non si ricorda nessuna donna ai vertici della politica e dello stato nell’Italia mussoliniana e nella Germania hitleriana: il motivo è semplice. Le donne ne erano escluse ipso jure e ipso more.
Ci fu qualche donna fascista attivamente? Margherita Sarfatti fu a fianco di Mussolini, amante e ninfa Egeria; ne scrisse una biografia intitolata Dux, poi fu travolta dalle leggi razziali e sopravvisse alla tragedia bellica. Era una donna colta e intelligente , maltrattata alla fine dal suo dispotico idolo.
Dovremmo ricordare la tragica figura della Petacci, che volle morire accanto al duce, malgrado l’invito di Valerio a farsi da parte.
 
Le donne in epoca fascista furono condannate ad una funzione subalterna, con la sola eccezione forse della partecipazione a ludi ginnici, deplorati sommessamente dalla chiesa, più preoccupata delle scandalose gambe nude delle avanguardiste che della soppressione delle libertà, delle leggi razziali, delle guerre di aggressione (ma ad esempio gli Etiopi erano monofisiti, quindi eretici e quindi si potevano uccidere tranquillamente anche coi gas).
Nell’antifemminismo ci fu una delle tante consonanze tra fascismo e chiesa cattolica.
 
Ma torniamo alla rivoluzione, anzi alle rivoluzioni russe.
 
Debbo premettere che la storia del movimento operaio si distingue non solo per l’attiva partecipazione femminile, ma soprattutto per il ruolo dirigente che molte donne vi ebbero, e non soltanto in ruoli subalterni come crocerossine, infermiere, vivandiere o compagne di uomini illustri.
 
Basti ricordare tra le tante Dolores Ibarruri, la Pasionaria, segretaria del partito comunista spagnolo, dirigente del Comintern, che applaudii a Roma nel 1975,quando portò il suo saluto al congresso del PCI, Anna Pauker, segretaria del partito comunista romeno e ministro degli esteri della neonata repubblica popolare romena, Rosa Luxemburg, una delle maggiori teoriche del movimento operaio, capo dello Spartacus Bund, uccisa nel 1919 a Berlino, insieme a Karl Liebnecht dagli ufficiali dei freikorps, formazioni paramilitari similfasciste, tollerate, se non incoraggiate dai governanti socialdemocratici della repubblica di Weimar, Camilla Ravera, che resse la segreteria del PCI negli anni ’30 insieme a Togliatti, Jeannette Weermersh, della segreteria del PCF, moglie di Thorez e figlia di un combattente della comune, Anna Kuliscioff, compagna prima di Andrea Costa poi di Filippo Turati, indomita combattente per il socialismo, giornalista e intellettuale di alto livello, la dirigente anarchica americana Emma Goldmann e molte altre, per ognuna delle quali non basterebbe un libro per celebrarne la memoria.
 
Ho deciso di limitare i ricordi alle rivoluzionarie russe, anche perché il processo rivoluzionario consentì il massimo dispiegamento del coraggio, dell’intelligenza, della presenza politica e culturale delle donne.
Bisogna partire da lontano, dalla seconda metà dell’800 quando la Russia è percorsa da sussulti rivoluzionari per lo svilupparsi del movimento populista, che predicava e praticava il terrorismo individuale contro l’oppressione zarista.
 
Si sviluppa il movimento dei narodniki o populisti dal russo narod-popolo, in particolare il gruppo della narodnaja volia-volontà del popolo.
Nel 1881 cade in un attentato lo zar Alessandro II; tra gli autori la 26enne Sofia Perovskaja, impiccata con gli altri attentatori, con l’unica eccezione di Ghesia Helfman, non impiccata, perché incinta e che morirà in carcere.
Tra le populiste più audaci Vera Figner, anche lei attivissima nella lotta contro l’oppressione zarista, partecipe dell’organizzazione dell’attentato allo zar, medico, che fortunatamente sopravvisse ai pericoli e ai disagi della lotta rivoluzionaria e morì in tarda età a Mosca nel 1957.
 
Dal populismo nacque in gran parte il movimento, poi partito, dei socialisti rivoluzionari; a differenza dei socialdemocratici, che si ispiravano al marxismo e dai quali nacquero i due tronconi dei bolscevichi (maggioritari) e menscevichi (minoritari) dopo il congresso di Bruxelles-Londra nel 1903, i socialisti rivoluzionari puntavano per la rivoluzione sulla classe contadina, ritenendo possibile un passaggio diretto al socialismo, partendo dalla primitiva comunità rurale russa, la obsçina.
 
Dalle loro file uscì Caterina Brezko-Brezkovskaja, una vita spesa per la rivoluzione, tra arresti, deportazioni, fughe. Nel 1917 ormai anziana, era nata nel 1844, si schierò contro i bolscevichi per la continuazione della guerra, come del resto la maggioranza dei socialisti rivoluzionari e dei menscevichi.
Dopo la vittoria dei bolscevichi emigrò e morì a Praga nel 1934; era chiamata la babuçka, la nonna della rivoluzione.
 
Destino diverso e certamente peggiore fu quello di Maria Spiridonova; coraggiosissima rivoluzionaria, uccise in un attentato il generale zarista Luzhanovski. Fu arrestata, torturata e violentata dai cosacchi.
Nell’ottobre insieme ai socialisti rivoluzionari di sinistra si affiancò ai bolscevichi; partecipò anche al primo governo dei soviet; poi, assieme con i suoi compagni di partito, entrò in conflitto con Lenin a causa della pace di Brest-Litovsk e si dice che lo minacciasse dicendogli che la sua rivoltella era sempre pronta.
Negli anni successivi visse nuovamente tra arresti e deportazioni e finì fucilata in un lager nel 1941, quando allo scoppio della guerra molti oppositori deportati vennero eliminati dalla GPU.
 
Sempre dalle file dei socialrivoluzionari uscì Dora Kaplan, che attentò alla vita di Lenin all’uscita della fabbrica Michelson di Pietrogrado e finì fucilata dalla Ceka, la commissione straordinaria per la lotta contro la controrivoluzione e il sabotaggio.
 
Tra le mensceviche Vera Zassulic; coraggiosissima rivoluzionaria, fumatrice ostinata, fu tra le fondatrici del partito socialdemocratico russo. Con Lenin, Plechanov, Axelrod, Martov, Potressov costituì il gruppo raccolto intorno al giornale Iskra- la scintilla- primo giornale del marxismo russo.
Nella lotta tra bolscevichi e menscevichi si schierò con questi ultimi e coerentemente con le sue posizioni fu contraria alla Rivoluzione d’ottobre; credo che sia morta in esilio.
 
Ma veniamo alle bolsceviche.
 
Fra tutte giganteggia Alessandra Kollontaj (1872-1952).
Bella, intelligentissima, coraggiosa fu anche una delle maggiori teoriche del femminismo.
Fu tra i massimi dirigenti del partito bolscevico e protagonista dell’ottobre rosso.
Così nel momento più alto della rivoluzione la descrive John Reed nel famoso libro “Dieci giorni che sconvolsero il mondo” subito dopo che il II congresso dei Soviet aveva approvato l’appello alla pace proposto da Lenin il 7 novembre 1917.
 
“Improvvisamente per un comune impulso ci trovammo in piedi mormorando il calmo travolgente motivo dell’Internazionale. Un vecchio soldato piangeva come un ragazzo… Alessandra Kollontaj batteva rapida le palpebre trattenendo le lacrime. L’immenso suono si spandeva nella stanza, prorompeva dalle finestre e dalle porte e divampava nel calmo cielo.”
 
La Kollontaj scrisse numerosi saggi, articoli, libri in cui trattò i problemi della donna, della maternità, della sessualità.
A lei si deve l’affermazione che l’atto sessuale è un fatto semplice, naturale come bere un bicchier d’acqua; Lenin non era d’accordo e in un colloquio con la comunista tedesca Clara Zetkin obiettò che c’era l’acqua pulita e quella sporca.
Contrastò Lenin capeggiando l’”opposizione operaia” e perciò fu spedita a fare la diplomatica all’estero.
 
Ebbe una breve relazione con Shliapnikov, un altro dei capi dell’opposizione operaia e poi con Dybenko, commissario alla marina. Entrambi finirono vittime delle purghe staliniane; la Kollontaj servì fedelmente lo stato sovietico come ambasciatrice in Svezia dove svolse una preziosa opera durante la seconda guerra mondiale e morì 80enne a Mosca nel 1952.
Era brillante e spiritosa: deplorando l’asprezza dei toni nelle lotte interne del PCUS, durante un periodo di scontro con Lenin disse:”Se Lenin mi accuserà di aver rubato l’argenteria al Cremlino, vuol dire che tra noi due c’è un forte dissenso politico.”
Stranamente per una femminista portò sempre il cognome Kollontaj del suo primo marito, sposato a 20 anni e da cui presto si separò.
 
Elena Stassova (1973-1965) fu bolscevica dal 1903; eletta nel CC del partito alla conferenza di Praga nel 1912 insieme a Stalin, fu poi segretaria del CC dal 1917 al 1920, dirigente del Comintern, organizzatrice del Soccorso Rosso, segretaria di Stalin.
Prima della rivoluzione fu attivissima nella clandestinità, più volte arrestata e deportata in Siberia.
Durante la guerra civile svolse mansioni di alta responsabilità a Pietrogrado e Baku durante la guerra civile.
Per la sua integrità era soprannominata compagno Absoljut; morì ultranovantenne a Mosca.
 
Nakzhezda Krupskaja, moglie di Lenin svolse un suo personale ruolo nelle vicende politiche russe.
Era una biondina esile, quando nella deportazione siberiana sposò, con i buoni uffici di un pope, il più celebre marito e da allora gli fu a fianco fino alla morte (21 gennaio 1924).
Dopo la morte di Lenin nelle battaglie politiche che ne seguirono si schierò con l’opposizione di Leningrado di Zinoviev e Kamenev contro Stalin, che le era antipatico fin da quando lo aveva conosciuto a Vienna, dove il georgiano, definito da Lenin magnifico, era venuto a contattare il capo indiscusso dei bolscevichi e dove scrisse il suo saggio sulle nazionalità, che Lenin apprezzò molto.
Dopo la sconfitta delle opposizioni svolse ruoli secondari nel Commissariato per l’istruzione e morì a Mosca nel 1939.
Era affetta da morbo di Basedow ed ha scritto un libro “La mia vita con Lenin” piuttosto noioso.
 
23 ottobre 1917 Pietrogrado via Karpovka scala B 3 appartamento 31: in questa casa di Nicola Suchanov, menscevico e cronista della rivoluzione, si tenne la riunione che decise l’insurrezione d’ottobre.
Qui confluirono i 12 membri del partito bolscevico che decisero di passare all’azione e prendere il potere; tra i dodici è presente, unica donna, la Kollontaj.
Ma chi ospiterà quella storica riunione è Galina Suchanova, bolscevica, che tiene lontano il marito, Nicola Suchanov, suggerendogli di restare al giornale menscevico Novaja Zizn, “la nuova vita”, data anche l’insicurezza delle strade.
Il suo appartamento è soprannominato il salotto di Madame de Staël per il livello delle riunioni e dei dibattiti che vi si svolgono; la brava Suchanova rifocilla con tè e sandwich i presenti.
 
Alla riunione Lenin viene dall’appartamento della compagna Margherita Fofanova, 33enne separata dal marito, fedele ed efficiente bolscevica, che ospita Lenin e la Krupskaja.
 
Larisa Rajsner (1897-1928) fu bella, bolscevica, scrittrice, commissario allo stato maggiore della marina e morì precocemente per una malattia infettiva.
 
Ines Armand, bellissima, fu rivoluzionaria bolscevica e amatissima da Lenin; quando morì, poco più che 40enne di tifo petecchiale nel 1920, Lenin rimase sconvolto per molti giorni; la Krupskaja era al corrente dell’amore del celebre marito e tacque comportandosi come molte rassegnate consorti.
 
La Kirsanova fu bolscevica e inflessibile dirigente del Comintern; a lei competeva tra l’altro la gestione dell’Hotel Lux, dove trovarono alloggio i massimi dirigenti del Comintern tra cui Togliatti con la famiglia (una stanza a famiglia).
 
Nazhezda Alliluieva fu la seconda moglie di Stalin; bella e intelligente apparteneva ad una vecchia famiglia di rivoluzionari.
Nell’appartamento degli Alliluiev fu ospitato Stalin prima ed durante le giornate della rivoluzione.
Sbocciò l’amore tra la bella e giovane comunista e il meno giovane e già celebre rivoluzionario georgiano, più anziano di circa 20 anni.
La Alliluieva lavorò come segretaria di Lenin e, malgrado il potente marito, visse con semplicità, recandosi al lavoro con i mezzi pubblici ( prendete nota fruitori e fruitrici di auto blu)) e presentandosi con il suo cognome da ragazza per non godere di trattamenti privilegiati.
Fu anche una brava madre per i figli Vassili e Svetlana e per il figliastro Jakov, poi morto in un lager tedesco durante la II guerra mondiale.
 
Nel 1932 pesantemente apostrofata dal marito durante una cena a casa Voroscilov (Stalin al massimo della tensione durante la collettivizzazione delle campagne e l’industrializzazione a tappe forzate pare che respingesse le critiche della moglie al suo operare), abbandonò la cena e si suicidò.
Per Stalin fu, secondo le testimonianze dei parenti e collaboratori, un colpo terribile.
Ho visto,la sua semplice tomba al cimitero moscovita di Novo Devici, dove giacciono anche le spoglie di Cechov e di Erhemburg.
 
Negli organi dirigenti del Narkompros, ministero dell’educazione dell’Unione Sovietica, lavorarono con ruoli: dirigenti Maria Andreevna, compagna di Gorki, attrice, dirigente dei teatri municipali di Pietrogrado, capo della sezione artistica del Narkompros e da ultimo direttrice della Casa degli studiosi di Mosca, Vera Menzhinskaja, tra l’altro direttrice dell’Istituto di lingue estere di Mosca, la sorella Ludmila prorettore dell’Accademia comunista Krupskaja, Anna Lunaçarskaja, organizzatrice di colonie sperimentali per ragazzi e scrittrice.
 
La rivoluzione suscitò e risvegliò immense energie culturali ovviamente anche in campo femminile. Ricordo la scrittrice Lidia Seifullina, autrice di bei racconti sulla rivoluzione, le poetesse Olga Bergoltz, Marietta Saginian, Marina Cvetaeva, tornata dall’esilio nell’URSS e poi morta suicida, la pittrice Larionova, la scrittice Lili Brik, che visse uno strano menage a trois con il marito Osip Brik e Majakovski.
 
Ho lasciato per ultima Anna Achmatova, una delle voci più alte della lirica russa del ‘900.
Visse come emigrata interna nella Russia sovietica, perché non accettò mai la rivoluzione; il marito, il poeta Gumiliev, coinvolto in attività controrivoluzionarie fu fucilato dai rossi durante la guerra civile, il figlio fu ripetutamente arrestato.
Lei stessa fu duramente attaccata da Zdhanov nel 1947, durante la stretta politco-ideologica nella vita culturale dell’URSS all’inizio della guerra fredda.
Pure durante la guerra con la minaccia nazista alle porte di Mosca e di Leningrado scrisse, a sostegno della patria minacciata una delle sue liriche più belle:
 
Sappiamo ciò che sta sulla bilancia,
ciò che oggi si compie. L’ora del coraggio
è suonata sul nostro orologio
e per noi non passerà mai più.
Non ci spaventa cadere
Sotto il piombo, restare senza tetto:
noi salveremo la russa favella,
l’altissimo verso russo
Lo porteremo puro e libero
ai nipoti: mai sarà prigioniero,
mai più!
 
Così termino questo breve excursus che mi ha consentito di ricordare tante belle figure di donne: esse soffrirono, combatterono, morirono in alcuni casi, con coraggio, intelligenza, dedizione pari a quelle dei loro compagni; esse amarono e partorirono e allevarono figli in condizioni spesso disperate.
Mi scuso per l’esposizione sommaria e inevitabilmente molto incompleta.
 
Concludo parafrasando Marx, che diceva che un popolo che ne opprime un altro non può essere libero; un uomo che opprime una donna non può essere libero e non può realizzare compiutamente la sua umanità.
 
Alcuni testi di riferimento:
Per quanto riguarda il contributo della Krupskaya, delle Lunatcharskaja, moglie e Lunatcharskaja, sorella di A.V.Lunatcharski, per la Menzhinskaja tutte occupate nella direzione del Comissariato del Popolo all'istruzione ottimo riferimento sono i contributi dela storica S. Fitzpatrick, tra cui in particolare: The cultural front. Power and revolutionary Russia Cornell University Press.
 
ClaudioFracassi, Alessandra Kollontai e la rivoluzione sessuale Ed.Riuniti 1977
Elena Stassova, Compagno Absoliut, Ed Riuniti 1973
N. K. Krupskaja, La mia vita con Lenin, Ed Riuniti 1956
John Reed, 10 Giorni che sconvolsero il mondo
J P Ollivier, Quando farà giorno compagno?, Feltrinelli 1967
N. Suchanov, Cronache della Rivoluzione Russa
 

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