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- cultura e memoria resistenti - storia - 14-03-11 - n. 355
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Come l’Egitto divenne una neocolonia
di Shabait
09/03/2011
Il successore di Nasser, il presidente Anwar el-Sadat condusse l’Egitto lungo una strada molto diversa: allontanamento dei nasseriani dai posti chiave dello Stato, sotterramento dell’ascia di guerra con Israele, riavvicinamento con gli Stati Uniti e, in particolare, privatizzazione dell’economia. La rivoluzione che ha avuto ragione di Mubarak dovrebbe farci ritornare su questo punto di svolta della storia egiziana? (Investig'Action).
Sotto la leadership di Gamal Abdel Nasser, l’Egitto è stato in grado di far fronte all’85% del suo fabbisogno alimentare attraverso una rivoluzione agricola e industriale. Inoltre, è riuscita a lanciare oltre 1.200 diversi progetti industriali, in aggiunta allo sviluppo di un’industria di armamenti pesanti per rafforzare la propria capacità di difesa. Secondo la Banca mondiale, durante questo periodo il valore della produzione di queste imprese è stato pari a 1.400 miliardi di dollari. Il prodotto interno lordo dell’Egitto aveva superato del 4-5% quello dei paesi del G-7 dell’epoca.
Quaranta anni dopo, l’Egitto è un paese incapace di fare fronte a meno del 10% delle sue esigenze alimentari divenendo il maggiore importatore mondiale di cereali. Anche oggi, il paese riceve 3 miliardi di dollari l’anno in sovvenzioni. Nonostante questo, sorprendentemente patisce una massiccia disoccupazione e una profonda povertà dei suoi cittadini. La cosiddetta politica di apertura, osservata nel corso dei 40 anni dalla morte di Gamal Abdel Nasser non è stata di alcun aiuto. Prima di esaminare la questione nelle sue motivazioni, dobbiamo analizzare le strategie politiche e militari sviluppate dopo la morte di Nasser e che hanno condotto il paese a una tale impasse.
Anwar el-Sadat, che era vice-presidente alla morte di Nasser, ne assunse la successione. Il fatto che l’apparentemente oscuro Sadat escluse dal potere numerosi alti ufficiali che occupavano posizioni chiave nel 1971, sorprese molti osservatori. Quando Sadat entrò in carica, la popolazione che era in collera di fronte all’occupazione israeliana dei territori egiziani dopo la guerra del 1967, non solo era pronta a riprendere la lotta, ma esercitava anche una forte pressione sul governo affinché prendesse tutte le azioni necessarie contro gli aggressori.
Tuttavia, Anwar el-Sadat, contrariamente alla pressione popolare, non riprese la guerra. Inoltre, dichiarò ufficialmente che l’Egitto non aveva intenzioni aggressive e sollecitava il ritiro di Israele dai territori egiziani occupati. Ma Israele fece orecchio da mercante.
All’epoca, Israele era armato fino ai denti con attrezzature militari statunitensi. L’assistenza militare sovietica all’Egitto non era paragonabile. Inoltre, i dirigenti israeliani sostenevano l’idea molto sciovinista dell’incapacità dell’Egitto di lanciare azioni militari a seguito della sua sconfitta nel 1967. Nel frattempo, Anwar el-Sadat conduceva trattative segrete con la Siria, i cui territori erano stati ugualmente occupati dopo il 1967, per attaccare Israele.
Nel settembre 1973, Egitto e Siria lanciarono un attacco a sorpresa contro Israele. L’esercito egiziano smantellò velocemente le linee di difesa israeliane e penetrò in profondità nella penisola del Sinai. Allo stesso modo, l’esercito siriano riacquistò il controllo di una parte delle Alture del Golan. Tuttavia, né Siria né Egitto poterono consolidare il loro vantaggio sul terreno. Rapidamente, Israele riorganizzò le sue forze con l’assistenza immediata dagli Stati Uniti e lanciò la controffensiva. Durante i 18 giorni di feroce guerra ininterrotta che seguirono, le forze israeliane scacciarono le forze egiziane dai territori da queste controllati e riuscirono ad attraversare il Canale di Suez, prendendo il controllo della riva occidentale. Questa situazione portò ad un confronto tra le due superpotenze, Unione Sovietica e Stati Uniti, in seno al Consiglio di Sicurezza. Il Consiglio di Sicurezza quindi adottò una risoluzione che chiedeva alle tre parti l’immediato cessate il fuoco e l’avvio di negoziati.
A seguito del cessate il fuoco, il segretario di Stato americano dell’epoca, Henry Kissinger, condusse per molti mesi negoziati segreti per convincere il primo ministro israeliano Golda Meir e il presidente egiziano Anwar el-Sadat a concludere un accordo. Questo obiettivo venne ottenuto nel gennaio 1974. Esso prevedeva il ritiro di Israele da entrambe le sponde del Canale di Suez e la creazione di una zona smilitarizzata nella penisola del Sinai, separando gli eserciti dei due paesi, consentendo al contempo alle navi israeliane di attraversare il Canale di Suez sotto controllo egiziano.
Anche se il punto segnato dall'esercito egiziano nello smantellamento delle linee israeliane nel 1973 fu in grado di ridare al popolo egiziano un senso di dignità e una certa fiducia in se stesso, l’incapacità di mantenere il vantaggio nei combattimenti che seguirono ebbe un impatto negativo sui successivi sviluppi politici.
Prima della guerra del 1973, Anwar el-Sadat non era soddisfatto dell’assistenza militare che riceveva dall’Unione Sovietica, la quale non era commisurata al massiccio sostegno militare fornito dagli USA ad Israele. Dopo la firma dell’accordo tra Egitto e Israele sotto la mediazione di Kissinger, Sadat optò per il campo di Washington.
Egli inoltre annunciò ufficialmente che il suo paese non sarebbe più entrato in guerra con Israele e che cercava di stabilire con questo rapporti di buon vicinato, il tutto al fine di rafforzare le sue relazioni con Washington. In questo modo, Sadat si pose sotto il giogo della dominazione degli Stati Uniti. Successivamente, gli ex nemici di sempre divennero il fantoccio dell’egemonia statunitense.
In un discorso pronunciato il 6 novembre 1970, per celebrare il quarantesimo giorno della morte di Nasser, Sadat ipocritamente prometteva di mantenere intatto il vasto patrimonio di Gama Abdel Nasser. Al contrario, il 20 novembre 1977 si recò in Israele. Durante la sua visita, dichiarò in un discorso al parlamento israeliano (Knesset), di aver “messo il piede sulla amata terra di Israele per chiedere la pace e il cessate il fuoco”. Dopo la sua resa a Israele e la sua trasformazione in un lacchè degli Stati Uniti, l’allora presidente Usa, Jimmy Carter, invitò Sadat e il premier israeliano Begin a recarsi negli Stati Uniti per una visita durante la quale le due parti avrebbero firmato l’accordo definitivo di Camp David nel settembre 1978. L’accordo prevedeva il ritiro totale a tappe di Israele dalla penisola del Sinai e il rafforzamento delle relazioni diplomatiche tra Egitto e Israele. Il fatto che l’Egitto, nazione considerata la punta di lancia della lotta araba contro il sionismo, diveniva un servo di Stati Uniti e Israele, diffuse in tutto il mondo arabo e in particolare in Egitto un senso di umiliazione e vergogna. Mentre al tempo stesso, questo scenario appariva una grande vittoria diplomatica e politica degli Stati Uniti e di Israele.
Dopo che Washington ebbe fissato l’Egitto sotto il proprio dominio, impose una politica che offrì alcuna compensazione. Gli Stati Uniti fecero del loro meglio per assicurare che l’Egitto non risultasse mai in grado di rappresentare una minaccia per Israele. Successivamente, Washington continuò a garantire che l’Egitto venisse ridotto a un paese incapace di soddisfare le proprie esigenze sia sul piano militare che economico.
La prima richiesta fatta a Sadat, dopo esser caduto sotto il dominio degli Stati Uniti, fu di cambiare la sua politica precedente. Fu costretto a cambiare la sue politiche economica ed estera. La politica di apertura economica perseguita da Sadat per ingraziarsi le nazioni occidentali è in profonda contraddizione con quella seguita nei venti anni precedenti. “L’economia aperta” consisteva essenzialmente nel restringere il ruolo del governo alla guida dei programmi di sviluppo e di porre tutto il settore economico nazionale sotto l’autorità del settore privato, escludendo il governo dalla gestione di tutte le istituzioni economiche. Questa politica è stata pienamente coerente con i programmi delle istituzioni finanziarie internazionali come Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, che hanno cercato di imporre la loro visione a tutti i paesi in via di sviluppo nel corso degli ultimi dieci anni. Le politiche di questo tipo sono tutte incentrate sull’apertura dei mercati ai produttori occidentali, agendo così da culla per le influenze esterne, lo sfruttamento, la corruzione e altri atti di cospirazione. La politica di economia aperta di Sadat ha complessivamente silurato i principi generali della rivoluzione di luglio [23 Luglio 1952], che miravano a trasformare la condizione socio-economica del popolo e della nazione. Alcuni considerano questa sua manovra come un enorme tradimento della Rivoluzione del Popolo. Questa politica di apertura economica si è pienamente tradotta in realtà negli anni del regno di Hosni Mubarak.
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