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- cultura e memoria resistenti - storia - 25-08-11 - n. 375
da Vo Nguyen Giap, Guerra del popolo esercito del popolo, Cap IV, Feltrinelli, Milano, 1968, pp. 161-198
Per il 100° compleanno (25/08/1911) del Generale Vo Nguyen Giap - trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Vo Nguyen Giap: Guerra del popolo esercito del popolo
Capitolo IV
Dien Bien Phu
Dien Bien Phu é la più grande vittoria ottenuta dall'Esercito popolare vietnamita nella lunga lotta di liberazione nazionale contro gli imperialisti aggressori francesi e americani. Per le sue immense ripercussioni ha segnato un grande mutamento nella situazione militare e politica dell'Indocina; ha portato un contributo decisivo al successo della Conferenza di Ginevra convocata per ristabilire la pace in Indocina sulla base del rispetto della sovranità, dell'indipendenza, dell'unita e della integrità territoriale del Viet Nam e dei due paesi amici vicini, la Cambogia e il Laos.
In occasione dell'anniversario della vittoria di Dien Bien Phu, vorrei qui porre in evidenza certe esperienze acquisite dal nostro Partito nella condotta della guerra. Vorrei ricordare l'indistruttibile volontà di vittoria del nostro esercito e del nostro popolo e come la solidarietà dell'esercito e del popolo nella lotta, sotto la direzione del Partito, sia stato il fattore decisivo della vittoria; questa é stata per noi una lezione della massima importanza. Dien Bien Phu ci ha insegnato che una nazione debole, che un esercito popolare che si levano uniti e risoluti nella lotta per l'indipendenza e la pace sono in grado di vincere tutte le forze d'aggressione, quali che siano, anche se appartenenti ad una potenza imperialista come la Francia spalleggiata dagli Stati Uniti.
1. Breve cenno sulla situazione militare nel corso dell'inverno 1953 e della primavera 1954
All'inizio dell'inverno 1953, la guerra patriottica del nostro popolo entrava nel suo ottavo anno.
Dal periodo della liberazione della zona di frontiera (1950), le nostre truppe erano passate di Vittoria in vittoria nel corso di parecchie campagne succedutesi le une alle altre e avevano costantemente mantenuto l'iniziativa delle operazioni su tutti i fronti del Nord Viet Nam. Dopo la liberazione di Hoa Binh, le basi di guerriglia del delta del Fiume Rosso si erano ampliate; quindi avevamo recuperato una dopo l'altra vaste regioni del Nord-Ovest. Il nemico, costretto sulla difensiva, si trovava in una situazione in via di progressivo peggioramento. Gli imperialisti francesi e americani si rendevano sempre più conto che, per salvare la situazione, era loro necessario inviare altri rinforzi, mutare il comando, rivedere il piano di guerra. La recente fine della guerra di Corea aveva spinto gli imperialisti americani a impegnarsi ancora maggiormente nel loro tentativo di prolungare ed estendere la guerra in Indocina. Fu in queste circostanze che a Parigi e a Washington fu elaborato e messo a punto con ogni cura il piano Navarre, per un prolungamento e un'estensione della guerra.
Il piano Navarre era, detto in breve, un piano strategico di grande ampiezza, che mirava ad annientare in diciotto mesi la maggior parte delle nostre forze regolari, ad occupare tutto il nostro territorio e a trasformare definitivamente il Viet Nam in una colonia e in una base militare degli imperialisti americani e francesi.
Il piano prevedeva, nella prima fase, un'importante concentrazione di unità mobili per attaccare e mettere fuori combattimento le nostre forze regolari operanti nel delta, e l'occupazione di Dien Bien Phu, in modo da trasformare la zona occupata del Nord-Ovest in una solida base operativa.
In una seconda fase, il nemico contava di approfittare della stagione delle piogge, che avrebbe impedito alle nostre truppe ogni azione di qualche rilievo, per concentrare le sue forze nel Sud, in modo da occuparvi tutte le nostre zone libere e tutte le nostre basi di guerriglia della 5ª Interzona fino al Nam Bo. (1)
Infine nel corso dell'autunno e dell'inverno 1954-1955, una volta che fosse stata realizzata la "pacificazione" del Sud, il nemico avrebbe dato luogo, attraverso una massiccia concentrazione di forze mobili sul fronte Nord, ad una grande offensiva contro le nostre retrovie. Partendo simultaneamente dal delta del Fiume Rosso e da Dien Bien Phu, la potente massa di manovra del Corpo di spedizione avrebbe attaccato le nostre forze regolari per annientarle e per occupare la nostra zona libera, mettendo così vittoriosamente fine alla guerra. La realizzazione di questo piano avrebbe fatto del paese una colonia degli imperialisti francesi e americani, una base militare che avrebbe loro consentito di intraprendere nuovi progetti di aggressione.
Nell'autunno del 1953, il generale Navarre incomincia a porre in opera l'ambizioso piano strategico. L'Alto comando del corpo di spedizione francese, in obbedienza alle parole d'ordine lanciate per la circostanza: "Mantenere sempre l'iniziativa" e "Attaccare senza tregua", dopo aver concentrato 44 battaglioni mobili, dà inizio a violente operazioni di polizia nella zona occupata del delta, lancia una serie di attacchi nelle regioni del Ninh Binh e di Nho Quan, minaccia Thanh Hoa e Phu Tho, paracaduta truppe a Lang Son. Al tempo stesso organizza disordini nel Nord-Ovest per mezzo di pirati. Infine il 20 novembre invia truppe aeroportate a Dien Bien Phu, con l'intenzione di rioccupare Na San, di consolidare le sue posizioni a Lai Chau e di ampliare la zona di occupazione nel Nord-Ovest.
In novembre ancora, dopo avere annientato una parte delle truppe nemiche sul fronte di Ninh Binh, le nostre truppe danno inizio alla campagna di inverno-primavera per infrangere il piano Navarre.
Nel dicembre marciano verso il Nord-Ovest, annientano una parte importante del potenziale umano nemico, liberano Lai Chau ed accerchiano Dien Bien Phu.
Durante lo stesso mese, l'esercito di liberazione del Pathet-Lao e le unità dei volontari vietnamiti aprono una offensiva sul fronte del Medio Laos, distruggendo importanti forze nemiche. Con la liberazione di Thak-het le truppe Lao-Viet raggiungono la riva sinistra del Mekong.
Nel gennaio del 1954, sulla 5ª Interzona, le nostre truppe lanciano una possente offensiva sugli Altopiani dell'Ovest, infliggendo pesanti perdite al Corpo di spedizione. Liberano la città di Kontum e stabiliscono un collegamento con il Basso Laos, dove era stato appena liberato l'altopiano dei Bolovens.
Sempre in gennaio, l'Esercito di liberazione del Pathet-Lao e unità di volontari vietnamiti assumono l'iniziativa sul fronte dell'Alto Laos ove infliggono alle forze francesi serie perdite. Liberano il bacino del fiume Nam Hu e minacciano Luang Prabang.
Sulle retrovie nemiche frattanto, sia nel delta del Fiume Rosso e nel Binh Tri Thien (2) che nell'estremo Sud del Trung Bo (3) e nel Nam Bo, la guerriglia ha assunto vastissime proporzioni.
Nella seconda decade di marzo, ritenendo esaurito il periodo di offensiva delle nostre truppe, l'Alto comando francese concentra una parte delle sue forze per lanciare l'operazione Atlante nella parte meridionale del Centro Viet Nam. Il 12 marzo si impadronisce di Qui Nhon.
L'indomani, il 13 marzo, le nostre truppe danno inizio alla grande offensiva contro il campo trincerato di Dien Bien Phu.
Per 55 giorni e 55 notti si sarebbero battute su questo fronte, fino al coronamento della campagna d'inverno e primavera, fino alla storica vittoria del 7 maggio 1954, quando il campo trincerato venne totalmente annientato.
Questa, nelle sue grandi linee, la situazione dei diversi fronti nel corso dell'autunno e dell'inverno 1953 e all'inizio della primavera 1954.
2. La direzione strategica
La direzione strategica della campagna di Dien Bien Phu e, più generalmente, dell'inverno 1953 e della primavera 1954, costituì un tipico successo della strategia militare rivoluzionaria marxista-leninista, applicata alla concreta realtà della guerra rivoluzionaria vietnamita.
Col piano Navarre la strategia nemica tentava, nella speranza di salvare la situazione e di conseguire una vittoria decisiva, di dare soluzione alle gravi difficoltà poste dalla guerra d'aggressione.
La nostra strategia si caratterizzò, nel corso di questa campagna d'inverno-primavera, come strategia di un esercito rivoluzionario in lotta in una guerra di popolo. Mediante una analisi approfondita delle contraddizioni del nemico e un'opera di sollecitazione estrema dello spirito offensivo di un esercito ancora materialmente debole ma eccezionalmente eroico, la nostra strategia mirava, attraverso una concentrazione delle truppe nei settori pin vulnerabili nello schieramento nemico, tanto a distruggere le sue forze scelte quanto a liberare una parte del territorio, così da disperderlo e da creare quindi le condizioni per una vittoria decisiva.
La guerra degli imperialisti francesi e americani era una guerra d'aggressione, una guerra ingiusta che, per il suo carattere colonialista, non poteva avere fini diversi dall'occupazione e dall'asservimento del nostro paese. Il carattere e gli stessi fini della lotta obbligarono il nemico a disperdere le sue forze per potere occupare le regioni invase, e quindi lo sviluppo della guerra non fu altro, per il Corpo di spedizione francese, se non un processo continuo di dispersione delle forze. All'inizio articolato in divisioni, si frazionò successivamente in reggimenti, quindi in battaglioni, quindi in compagnie e infine in drappelli acquartierati in migliaia di punti d'appoggio e di postazioni disperse in ogni angolo del teatro di operazioni indocinese. II nemico si trovava così di fronte ad una contraddizione: non disperdere le truppe voleva dire trovarsi nell'impossibilità di occupare i territori invasi; disperderle voleva dire crearsi da se altre difficoltà: così frazionate le sue unità divenivano infatti facile preda delle nostre truppe, le sue forze mobili si trovavano sempre più ridotte e la scarsità degli effettivi si accentuava senza tregua. D'altro canto concentrare truppe per essere in grado di fare fronte alla nostra azione e per riprendere l'iniziativa voleva dire una parallela diminuzione delle forze di occupazione, così che conservare il territorio conquistato diventava difficile, impossibile; ma abbandonare questi territori significava rinunciare al fine stesso della guerra di riconquista.
Durante tutto il corso della resistenza, mentre la linea militare nemica era costretta ad una sempre maggiore dispersione delle forze, la nostra strategia consistette nell'aprire ovunque operazioni di guerriglia e nello scegliere, su ogni teatro operativo, i punti di relativa debolezza del nemico, così da poterlo annientare mediante grandi concentrazioni di forze, nell'intento di rafforzare le nostre truppe attraverso il combattimento stesso e aumentare gli effettivi del nostro esercito nel corso stesso delle battaglie. Mentre le forze francesi tendevano dunque a disperdersi sempre più, le forze armate rivoluzionarie del nostro popolo intensificavano ed estendevano senza tregua la guerriglia, pur promuovendo incessantemente il lavoro di concentrazione e di formazione delle unità regolari. Nel corso dell'edificazione delle nostre forze attraverso il combattimento stesso, passammo progressivamente dalle compagnie autonome ai battaglioni mobili, quindi dai battaglioni ai reggimenti, alle divisioni. La prima apparizione delle nostre brigate, in occasione dei combattimenti avvenuti nella zona di frontiera, segnò la nostra prima grande vittoria che produsse ulteriore disorientamento nel campo nemico.
Fu dopo questa campagna che il generale De Lattre de Tassigny fu inviato in Indocina nel tentativo di salvare la situazione. De Lattre aveva individuato il problema, aveva constatato l'eccessiva dispersione delle truppe francesi e interamente valutato il pericolo rappresentato per esse dalla guerriglia. Risolse così di concentrarle e di aprire operazioni di polizia di estrema violenza per "pacificare" le sue retrovie nel delta del Fiume Rosso, ma si trovo ben presto di fronte alla stessa insolubile contraddizione. Concentrare le truppe voleva dire trovarsi nell'impossibilità di estendere la zona di occupazione, per cui, alla fine, dovette rassegnarsi a disperdere i suoi effettivi ed a organizzare il famoso attacco contro Hoa Binh. Ma ottenne solo il risultato di subire gravi perdite, mentre invece le nostre basi di guerriglia del delta del Fiume Rosso si rafforzavano e si ampliavano considerevolmente.
Quando gli imperialisti francesi elaborarono nel 1953 il piano Navarre si trovarono di fronte allo stesso dilemma. Privi di effettivi che consentissero loro di riassumere l'iniziativa, attaccare e annientare le nostre unità regolari, si posero l'obbiettivo di ricostituire ad ogni costo il loro corpo di battaglia, e di fatto riuscirono a concentrare unità mobili piuttosto considerevoli nel delta del Fiume Rosso. Intendevano, mediante questa concentrazione, indebolire progressivamente le nostre unità regolari, obbligarle a disperdersi fra il delta e la zona elevata della regione; ciò avrebbe loro permesso di realizzare progressivamente il loro piano operativo, di preparare una grande e decisiva offensiva.
I termini della situazione non sfuggirono al Comitato Centrale del nostro Partito che, mediante una approfondita e lungimirante analisi delle intenzioni nemiche e della situazione del teatro operativo, e mediante una adeguata conoscenza delle contraddizioni e delle leggi della guerra di aggressione, riuscì ad individuare le enormi falle che il nemico aveva creato nel suo dispositivo per la concentrazione delle truppe. Sempre nella convinzione che il problema essenziale consisteva nell'annientamento delle forze nemiche, il Comitato Centrale fondò su questa analisi scientifica il suo piano d'azione: concentrare le nostre forze per passare all'offensiva su importanti settori strategici in cui il nemico si trovasse relativamente allo scoperto, annientare così una parte delle sue forze, obbligarlo a disperdere i suoi effettivi nel tentativo di parare eventuali attacchi contro punti nevralgici da conservarsi ad ogni costo. Le nostre direttive strategiche erano: dinamismo, iniziativa, mobilità, decisione istantanea di fronte alle situazioni nuove.
La direzione strategica del Comitato Centrale si rivelò corretta e lungimirante: il nemico operò forti concentrazioni di truppe nel delta per minacciare la nostra zona libera; da parte nostra noi non lasciammo effettivi in gran numero nel delta, né disperdemmo le nostre forze nella zona libera per proteggerla mediante un'azione difensiva, bensì concentrammo le nostre truppe per assumere audacemente l'offensiva in direzione di Nord-Ovest. Di fatto, le nostre divisioni si portarono al Nord-Ovest con slancio irresistibile, spazzarono le regioni di Con La e di Thuan Chau dai pirati che le infestavano a migliaia, liberarono Lai Chau e, durante la sua ritirata, fecero a pezzi la maggior parte della guarnigione di questa città. Simultaneamente accerchiavamo Dien Bien Phu e costringevamo il nemico a inviarvi rinforzi per evitare il pericolo di un annientamento. Col delta, Dien Bien Phu divenne un secondo punto di concentrazione delle forze del nemico.
Durante la nostra offensiva nel Nord-Ovest, le forze alleate Pathet Lao-Viet Nam aprirono una seconda offensiva contro un importante settore, il fronte del Medio-Laos, in cui il nemico era relativamente allo scoperto. L'avanzata avvenne in modo fulmineo, diverse unità mobili nemiche furono annientate, la città di Thakhet fu liberata. Le forze Lao-Viet si spinsero in direzione di Seno, importante base aerea nella provincia di Savannakhet. Il nemico fu costretto a ritirare precipitosamente truppe dal delta e da altri fronti per inviarle come rinforzi a Seno. La base di Seno divenne così un terzo punto di concentrazione delle forze del Corpo di spedizione.
Né la spettacolare preparazione, né l'apertura all'inizio del 1954 dell'operazione Atlante contro la regione libera della 5ª Interzona, modificarono il nostro piano di non dedicare se non una parte ridotta dei nostri effettivi alla protezione delle nostre retrovie in questa regione, e di concentrare le nostre forze per una offensiva contro gli Altipiani, importante settore strategico in cui il nemico era relativamente allo scoperto. Questa vittoriosa offensiva consentì la distruzione di importanti forze nemiche e la liberazione della città e della provincia di Kontum. Le nostre truppe compirono un'incursione su Pleiku, la cui guarnigione dovette essere rafforzata. La città di Pleiku e diversi altri punti d'appoggio degli Altipiani si trasformarono così in un quarto punto di concentrazione delle forze francesi.
Verso la stessa epoca, le forze alleate Pathet Lao-Viet Nam aprirono, a partire da Dien Bien Phu un'offensiva verso l'alto Laos, nell'intento di fare una diversione e di creare condizioni favorevoli ai preparativi di attacco del campo trincerato. Furono annientate parecchie unità nemiche, e il vasto bacino del Nam Hu fu liberato. Il nemico fu costretto a rafforzare la guarnigione di Luang Prabang, che divenne così un quinto punto di concentrazione delle forze francesi.
Nella prima fase della campagna di inverno e primavera, dopo tre mesi di attività, le nostre truppe erano riuscite ad infliggere al nemico pesanti perdite su tutti i fronti, vaste regioni di importanza strategica erano state liberate, e il piano di concentrazione delle forze del generale Navarre sconvolto da cima a fondo. Il nemico era stato costretto a frantumare la pur notevole concentrazione di unità mobili del fronte del delta del Fiume Rosso, realizzata d'altro canto a prezzo di grandi rinforzi, e a modificare quindi il suo piano iniziale, realizzando concentrazioni di truppe di minore importanza in più punti differenti. In altri termini, il generale Navarre si era trovato costretto, nel giro di un breve lasso di tempo, a disperdere le forze mobili di cui aveva voluto, nel suo piano, la concentrazione al fine di poter riprendere l'iniziativa. Gli effettivi del famoso corpo di combattimento concentrato nel delta del Fiume Rosso erano caduti da 44 a 20 battaglioni. Fu l'inizio del fallimento del piano Navarre.
Per quanto ci riguarda, la prima fase della campagna d'inverno-primavera fu costituita da una serie di offensive lanciate contro diversi importanti settori, ma relativamente sguarniti, del nemico. Avevamo annientato diverse unità scelte, liberato vasti territori, costretto il nemico a disperdere i suoi effettivi; avevamo costantemente mantenuto l'iniziativa delle operazioni e ridotto il nemico sulla difensiva. Sempre in questa fase le nostre forze regolari bloccarono, sul teatro principale delle operazioni, il nemico a Dien Bien Phu, creando così condizioni favorevoli per le nostre truppe operanti su altri fronti. Nell'insieme del paese, la coordinazione tra linee frontali (4) e linee di retrovia era realizzata su vasta scala, e ciò su ogni teatro operativo. Dien Bien Phu era divenuto il punto di maggior concentrazione di forze nemiche di tutto il campo di battaglia indocinese e, perciò stesso, la linea frontale più importante. Il prolungato accerchiamento del campo trincerato favoriva un potente sviluppo della guerriglia, che otteneva importanti successi nell'estremo Sud del Trung Bo e nel Nam Bo, in cui il nemico, per mancanza di effettivi, non era più in grado di organizzare operazioni di polizia di qualche importanza. Al tempo stesso era stata allontanata la minaccia che pesava sulle nostre zone libere. La popolazione poteva liberamente dedicarsi ai suoi lavori anche durante il giorno, senza doversi preoccupare dell'aviazione.
Durante la prima fase della campagna d'inverno-primavera portammo avanti anche i preparativi per l'attacco di Dien Bien Phu. Durante questo periodo la fisionomia del campo trincerato si era profondamente modificata. Da un lato gli effettivi della guarnigione si erano accresciuti, e le opere di difesa erano state rafforzate; dall'altro, dopo la successiva liberazione di Lai Chau, di Phong Sa Ly e del bacino del Nam Hu, Dien Bien Phu si trovava completamente isolata, a centinaia di chilometri da Hanoi e dalla Piana delle Giare (5), le sue più vicine basi di rifornimento.
Il 13 marzo 1954 segnò l'inizio della seconda fase della campagna di inverno-primavera. Aprimmo la grande offensiva contro il campo trincerato di Dien Bien Phu, e ciò apportò un elemento nuovo nella fisionomia della guerra. Attenendoci saldamente alla parola d'ordine: dinamismo, iniziativa, mobilità, decisione istantanea di fronte alle situazioni nuove, e sfruttando per il meglio i nostri vantaggi sul fronte di Dien Bien Phu, avevamo modificato la nostra tattica e diretto il nostro attacco principale contro il più potente campo trincerato del Corpo di spedizione. Sul fronte principale, le nostre unità regolari non avevano più il compito di accerchiare e di bloccare la guarnigione, ma di passare all'attacco e di concentrare le forze per annientare il nemico. Gli altri fronti del Centro, del Sud e del Nord dovevano mantenersi in costante attività, in coordinazione con Dien Bien Phu, per infliggere nuove perdite al nemico, per obbligarlo a disperdere e a immobilizzare le sue forze e per intralciare l'invio di rinforzi al campo trincerato. Sul fronte di Dien Bien Phu le nostre truppe si batterono con un accanimento e un eroismo eccezionali, ma anche ovunque sugli altri fronti superarono, a prezzo di sforzi considerevoli, le enormi difficoltà che si frapponevano al proseguimento delle azioni militari, riuscendo al tempo stesso a riorganizzarsi e ad eseguire in modo magnifico l'ordine di coordinazione.
Questa fu, per l'essenziale, la nostra direzione strategica durante la campagna di Dien Bien Phu e, più generalmente, durante la campagna di inverno-primavera. Il Comitato Centrale si attenne sempre senza fallo at principio strategico: dinamismo, iniziativa, mobilità, decisione istantanea di fronte alle situazioni nuove, avendo sempre l'obbiettivo fondamentale delta distruzione delle forze avversarie, sfruttando a fondo le contraddizioni del nemico e sviluppando al massimo lo spirito offensivo di un esercito rivoluzionario. La correttezza, la lungimiranza e la fermezza di questa direzione ci permisero di far perdere al nemico ogni possibilità di riprendere l'iniziativa, e di creare cosi le condizioni di una battaglia decisiva su un teatro operativo scelto e preparato da noi. Fu questa direzione strategica che decise della vittoria dell'insieme delta campagna d'inverno-primavera della quale Dien Bien Phu fu il coronamento.
3. La direzione delle operazioni a Dien Bien Phu
Abbiamo esposto il contenuto essenziale della direzione strategica della campagna d'inverno-primavera 1953-1954. Nei confronti dello spirito di questa direzione strategica, la condotta delle operazioni sul fronte di Dien Bien Phu poneva due problemi :
1. Attaccare o non attaccare Dien Bien Phu?
2. In caso affermativo, come affrontare l'attacco?
Non perché il nemico aveva occupato Dien Bien Phu con i paracadutisti si poneva per noi la necessità di attaccare in questo settore. Dien Bien Phu era un campo trincerato estremamente possente, ed era impossibile decidere l'apertura di un'offensiva senza avere soppesato con ogni cura il pro e il contro. I campi trincerati costituivano un nuovo dispositivo di difesa adottato dal nemico di fronte alla crescente forza del nostro esercito. Ne erano stati costituiti a Hoa Binh e a Na San, e nel corso della campagna di inverno-primavera altri fecero la loro apparizione non solo a Dien Bien Phu, ma anche a Seno, Muong Sai e Luang Prabang sul fronte del Laos, come su quello degli Altipiani a Pleiku.
Di fronte a questa nuova tattica difensiva del nemico, dovevamo attaccare o no i campi trincerati? Quando già il nostro potenziale era ancora nettamente inferiore a quello nemico, attenendoci al principio della distruzione delle sue forze mediante la concentrazione delle nostre nei settori di sua relativa debolezza, avevamo promosso la linea di fissare le sue unità scelte nei campi trincerati e di scegliere altre direzioni più favorevoli per le nostre offensive. Nella primavera del 1952, quando il nemico si trincerò ad Hoa Binh, l'avevamo attaccato con successo lungo il Fiume Nero e sulle retrovie del delta. Nella primavera del 1953, quando si trincerò a Na San, il piano da noi ideato non previde l'attacco di questa posizione, bensì il rafforzamento delle nostre attività nel delta e la apertura di un'offensiva verso Ovest. Negli ultimi mesi del 1953, e all'inizio del 1954, quando il nemico organizzò campi trincerati in diversi luoghi, le nostre truppe lanciarono numerose e vittoriose offensive contro settori relativamente scoperti del suo dispositivo, mentre i nostri guerriglieri raddoppiavano la loro attività nelle retrovie.
Questa linea, che non prevedeva attacchi diretti ai campi trincerati, ci aveva permesso di conseguire molteplici successi. Ma non era l'unica possibilità di azione che fosse a nostra disposizione. Potevamo attaccare direttamente questi campi per annientare il nemico anche all'interno del suo nuovo dispositivo di difesa. D'altro canto solo la distruzione dei campi trincerati poteva modificare le fisionomia della guerra, aprire la via a nuove vittorie per il nostro esercito, per il nostro popolo.
Per questo sul fronte di Dien Bien Phu si poneva il quesito se si dovesse passare all'attacco o no. Avevamo di fronte il campo trincerato più saldamente munito che esistesse in tutto il teatro di operazioni indocinese, e fino allora le nostre truppe non avevano espugnato di sorpresa se non postazioni di una o due compagnie, o al massimo di un battaglione.
In base alla nostra valutazione, Dien Bien Phu era la chiave di volta del Piano Navarre. Solo mediante l'annientamento di Dien Bien Phu avremmo potuto spezzare il piano franco-americano per il prolungamento e l'estensione della guerra. E tuttavia l'importanza di questa posizione non poteva essere considerata il fattore determinante nella decisione da prendere, che doveva viceversa essere in funzione solo della considerazione della nostra possibilità, in quel momento e in quel determinato rapporto di forze, di distruggere il campo trincerato di Dien Bien Phu, della certezza di conseguire la vittoria.
Dien Bien Phu era un campo trincerato particolarmente munito. Ma, da un altro punto di vista, era una posizione posta al fondo di una regione montuosa e boscosa, in un terreno favorevole a noi e nettamente sfavorevole al nemico, i cui rifornimenti dipendevano interamente dall'aviazione, in seguito all'isolamento e alla lontananza delle basi delle retrovie. Circostanze queste che avrebbero potuto privare il nemico di ogni forma d'iniziativa e costringerlo, in caso di attacco, sulla difensiva.
Da parte nostra, avevamo a disposizione e potevamo concentrare unità regolari scelte, in modo da acquisire la supremazia; avevamo la possibilità di superare le difficoltà che si frapponevano alla soluzione dei problemi tattici ; avevamo inoltre a disposizione una vasta retrovia, e i problemi del rifornimento, per quanto difficili, non erano tuttavia insolubili; eravamo dunque in possesso delle condizioni necessarie per mantenere l'iniziativa nel corso delle operazioni.
Per rispondere dunque al quesito se attaccare o non attaccare Dien Bien Phu ci basammo su questa analisi degli elementi a vantaggio e a svantaggio delle due parti. Decidemmo per l'annientamento ad ogni costo della totalità degli effettivi della guarnigione, dopo averne create le condizioni, mediante una serie di offensive sui diversi fronti combinate a intensi preparativi nella zona stessa di Dien Bien Phu. Con questa incrollabile decisione, il nostro Comitato Centrale diede ancora una volta prova di dinamismo, di iniziativa, di mobilità e di decisione immediata di fronte alle situazioni nuove nella direzione della guerra. Il nostro piano prevedeva offensive in quei settori che fossero abbastanza sguarniti cosi da consentire l'annientamento del nemico nel corso dei suoi spostamenti. Ma in condizioni favorevoli e nella certezza della vittoria, eravamo risoluti a non lasciarci sfuggire l'occasione di impegnare una battaglia di posizione per schiacciare il nemico laddove avesse operato una notevole concentrazione di truppe. La ferma decisione di attaccare Dien Bien Phu segna un nuovo passo tanto nello sviluppo della campagna di inverno-primavera quanto nella storia del nostro esercito e della resistenza del nostro popolo.
Presa questa decisione, restava ancora un problema da risolvere: come annientare il nemico? Con un attacco ed una espugnazione rapidi o con un attacco ed una avanzata lenti ma più sicuri? Qui stava il problema della direzione operativa della campagna.
Nei primi tempi, quando le nostre truppe avevano appena accerchiato Dien Bien Phu, e il nemico, da poco paracadutato, non aveva ancora completato le sue opere di trinceramento e non aveva ancora rafforzato i suoi effettivi, si pose il problema dell'attacco rapido: realizzare la supremazia mediante una concentrazione di forze, sfondare in diverse direzioni il dispositivo nemico, tagliare il campo trincerato in parecchi settori, quindi annientarli rapidamente uno dopo l'altro. Una soluzione di questo genere presentava numerosi vantaggi: avremmo lanciato la nostra grande offensiva con truppe fresche, non avremmo avuto da temere né la stanchezza, né le perdite di una campagna di lunga durata, e saremmo stati sicuri in questo caso di potere garantire senza difficoltà il rifornimento del fronte.
Tuttavia un attacco rapido presentava ad una considerazione più attenta uno svantaggio enorme, uno svantaggio fondamentale: cercare una decisione rapida con truppe che mancavano di esperienza nell'attacco a campi trincerati significava l'impossibilità di avere certezza del successo. In seguito a ciò, mentre proseguivamo i preparativi, continuammo a tenere sotto osservazione la situazione del nemico e a riconsiderare le nostre possibilità. Stabilito che in caso di attacco rapido non potevamo essere certi della vittoria, decidemmo di scegliere il principio tattico di un attacco e di una avanzata pia lenti ma più sicuri. Questa scelta corretta traeva ispirazione da un principio fondamentale per la direzione di una guerra rivoluzionaria: attaccare per vincere, attaccare solo se si é certi della vittoria, altrimenti farne a meno.
Adottare per la campagna di Dien Bien Phu il principio di un attacco e di una avanzata più lenti ma più sicuri richiese molta fermezza e risoluzione. La durata dei preparativi e quella stessa della campagna si sarebbero prolungate, e più questo carattere si fosse accentuato più sarebbero insorte nuove e gravi difficoltà. Il problema dei rifornimenti avrebbe assunto proporzioni enormi, le nostre truppe avrebbero rischiato un progressivo indebolimento e logoramento, mentre il dispositivo nemico si sarebbe consolidato e i suoi effettivi avrebbero potuto accrescersi con nuovi rinforzi; ma soprattutto saremmo andati incontro alla stagione delle piogge, con tutte le disastrose conseguenze che avrebbe comportato per operazioni condotte sulla montagna e nella foresta. Cosi non tutti furono pienamente convinti fin dall'inizio della correttezza di questa tattica, e fu necessario un paziente lavoro di chiarificazione, per mostrare che se era innegabile che si sarebbero presentate difficoltà innumerevoli, era tuttavia nostro dovere superarle per creare le condizioni di quella grande vittoria che intendevamo conquistare.
Questo principio operativo determinò il nostro piano di attacchi progressivi. Non pensavamo alla campagna di Dien Bien Phu come ad un attacco di grande respiro contro una postazione fortificata eseguito in poco tempo ma come ad una campagna di grande respiro che, prolungandosi per un periodo abbastanza lungo, si sarebbe articolata in tutta una serie di attacchi contro postazioni fortificate, e ciò in successione fino all'annientamento del nemico. Anche complessivamente noi eravamo superiori per effettivi, ma inoltre avevamo la possibilità, in ogni scontro e in ogni fase della battaglia, di conseguire una superiorità assoluta, così da assicurarci il successo di ogni operazione e infine la vittoria totale della campagna. Un piano di questo genere corrispondeva perfettamente al livello tattico e tecnico delle nostre truppe. Avrebbe loro consentito di addestrarsi attraverso il combattimento stesso e di comprendere la realtà stessa della loro risoluzione di annientare la guarnigione di Dien Bien Phu.
Ci attenemmo insomma fermamente per tutto lo svolgimento della campagna al principio di un attacco e di una avanzata più lenti ma più sicuri. Per tre mesi proseguimmo di continuo, dopo avere accerchiato il nemico, i preparativi, quindi, dopo l'apertura dell'offensiva, le nostre truppe combatterono senza tregua per 55 giorni e 55 notti. Questi minuziosi preparativi e questi combattimenti ininterrotti fecero della campagna di Dien Bien Phu una sfolgorante vittoria.
4. Alcuni problemi tattici
Il campo trincerato di Dien Bien Phu disponeva di forze assai potenti: 17 battaglioni di fanteria, 3 gruppi di artiglieria, senza contare le unità del genio, i carri armati, l'aviazione, i mezzi di autotrasporto, ecc..., forze tutte fra le più agguerrite del Corpo di spedizione francese in Indocina. Il campo comprendeva 49 punti d'appoggio, organizzati in solidi centri di resistenza e raggruppati in tre settori in grado di prestarsi reciproco aiuto. All'interno del settore centrale, efficacemente protetto dai centri di resistenza sistemati sulle colline a Est, si trovavano le unità mobili, le batterie di artiglieria, le unità corazzate e il comando. Nelle vicinanze era posto il principale campo di aviazione di Dien Bien Phu. Tutto questo vasto sistema difensivo era installato in fortificazioni e trincee sotterranee.
Le autorità militari francesi e americane consideravano il campo trincerato di Dien Bien Phu una fortezza di prim'ordine in grado di resistere vittoriosamente a tutti gli assalti, e ritenevano che un attacco si sarebbe risolto per noi in un suicidio, in una certa, inevitabile disfatta. Cosi dalle prime settimane fino all'ultimo minuto l'Alto comando francese lo ritenne poco probabile, e la nostra offensiva costituì quindi una sorpresa.
Il generale Navarre aveva sopravvalutato il dispositivo di difesa di Dien Bien Phu. A suo parere ciascuno dei centri di resistenza era già di per se inespugnabile, dal momento che non erano semplici postazioni come quelle di Na San o di Hoa Binh, bensì centri di resistenza dal dispositivo ben più complesso e ben più trincerato.
A maggior ragione riteneva che il campo fosse nel suo insieme al di là della portata dei nostri mezzi. Riteneva che la potenza di fuoco della sua artiglieria e della sua aviazione sarebbe stata sufficiente ad annientare ogni forza offensiva, ancor prima che questa fosse avanzata nella valle e avesse potuto stabilire un contatto. Non si preoccupava d'altro canto in alcun modo della nostra artiglieria, non solo perché la riteneva ancora troppo debole ma anche perché pensava che non saremmo stati in grado di trasportarla fin nei dintorni di Dien Bien Phu. Non si preoccupava maggiormente per i propri rifornimenti, poiché due campi di aviazione posti nel cuore stesso del sistema difensivo gli sembravano al di là di ogni pericolo. Non ebbe mai il timore che potessimo annientare l'intero campo fortificato.
Questa valutazione del nemico era innegabilmente soggettivistica, ma tuttavia non senza qualche fondamento. Le numerose postazioni fortificate di Dien Bien Phu posero infatti al nostro esercito numerosissimi problemi tattici che si dovette risolvere ad ogni costo per riuscire a schiacciare il nemico.
Il campo fortificato formava un sistema di difesa che aveva a propria disposizione notevoli effettivi, i centri di resistenza strettamente collegati fra loro erano efficacemente protetti dall'artiglieria, dai carri armati, dall'aviazione e facilmente rafforzabili mediante le unità mobili. In ciò stava un vantaggio per il nemico e una difficoltà per noi. La risolvemmo applicando la tattica degli attacchi progressivi, concentrando ogni volta le forze in modo da ottenere la superiorità in un settore, neutralizzando al tempo stesso per quanto possibile l'azione della artiglieria e delle unità mobili del nemico. Creammo così le condizioni per sfondare uno ad uno i centri di resistenza o per distruggere in un solo attacco una parte del sistema difensivo comprendente diversi centri. Mediante la superiorità ottenuta in un settore con la concentrazione delle truppe, avevamo la certezza di potere schiacciare il nemico, soprattutto all'inizio della campagna quando avevamo di fronte le posizioni avanzate.
Il campo fortificato disponeva di un'artiglieria, di carri armati e di una aviazione abbastanza potenti. Questo era un ulteriore vantaggio per il nemico, una difficoltà seria per noi, tanto più che la capacità di fuoco della nostra artiglieria era molto limitata, e che non avevamo né carri armati, né aerei. Per venire a capo di queste difficoltà organizzammo tutta una rete di trincee, un sistema di fortificazioni di attacco e di accerchiamento che consentì alle nostre truppe di spostarsi anche sotto il fuoco nemico. I nostri soldati crearono centinaia di chilometri di trincea, una magnifica rete che risolse il problema dell'avanzata delle nostre forze nella valle, e dei loro movimenti, sotto il martellamento degli obici dell'artiglieria e sotto i bombardamenti al napalm. Ma non bastava ridurre gli effetti dell'artiglieria nemica, era necessario anche aumentare la nostra potenza di fuoco. I nostri soldati aprirono nuove strade sui fianchi delle montagne per trasportare la nostra artiglieria fino negli immediati dintorni di Dien Bien Phu. Dove fu impossibile costruire strade, i cannoni furono trascinati con la sola forza delle braccia. Installata in eccellenti postazioni coperte, la nostra artiglieria costituì una concreta sorpresa per il nemico e, malgrado la sua debolezza quantitativa, svolse un ruolo di estrema importanza nella battaglia.
Se da un lato dovevamo neutralizzare i vantaggi del nemico, dovevamo dall'altro sfruttare i suoi punti deboli. La sua maggior debolezza consisteva nelle vie di rifornimento basate esclusivamente sull'aviazione. Fin dall'inizio della campagna la nostra tattica consistette nel paralizzare le piste di atterraggio con la nostra artiglieria e nell'impedire le attività aree con la nostra controaerea. In seguito, via via che si sviluppavano le operazioni, utilizzammo ogni sistema possibile per inceppare i rifornimenti della guarnigione e per conseguire a poco a poco il suo completo isolamento.
Questi sono i problemi tattici che risolvemmo nel corso della campagna di Dien Bien Phu. Pervenimmo alla loro soluzione basandoci su una analisi dei punti di forza e di debolezza del nemico, e facendo appello tanto ai mezzi tecnici quanto all'eroismo, all'ardore lavorativo e allo spirito di combattimento tipici di un esercito di popolo.
Nell'insieme il nostro piano operativo si costituì a partire da tutte queste considerazioni tattiche, e si risolse nell'edificazione di tutto un sistema di linee d'attacco e di accerchiamento in grado di consentire alle nostre truppe attacchi senza tregua per ondate successive. Questo sistema, con le sue innumerevoli trincee, le sue fortificazioni, le sue basi di artiglieria, i suoi posti di comando si sviluppò correlativamente alle nostre vittorie. Dalle foreste e dalle montagne circostanti si estese nella pianura, e ogni posizione elevata finiva col trasformarsi in una postazione per le nostre truppe. In seguito al nostro assedio, il campo trincerato nemico si trovò ad essere in qualche modo accerchiato da un altro campo trincerato, dal campo trincerato costituito dalle nostre forze, da un dispositivo estremamente mobile che chiudeva ogni giorno di più la sua morsa e che riduceva e restringeva correlativamente le posizioni nemiche.
Nella prima fase della campagna ci impadroniamo, partendo dalla rete di trincee d'attacco e di accerchiamento appena organizzata, dei centri di resistenza di Him Lam e di Doc Lap, e quindi di tutto il settore Nord. Il nemico cerca disperatamente di distruggere le nostre batterie. La sua aviazione rovescia un diluvio di napalm sulle alture che circondano Dien Bien Phu, la sua artiglieria concentra il tiro per cercare di distruggere le nostre basi di fuoco. Ma le nostre linee tengono.
Nella seconda fase la trincea fondamentale e le sue innumerevoli ramificazioni avanzano fin nella valle, dividendo il settore centrale dal settore Sud. Gli accaniti ma vittoriosi combattimenti per la conquista delle colline poste ad Est consentono alle nostre postazioni di artiglieria di stringere l'accerchiamento. Il nemico viene a trovarsi allora sotto la minaccia dei nostri pezzi di ogni calibro installati sulle posizioni appena conquistate. Il campo di aviazione é completamente sotto il nostro fuoco. E’ il momento in cui il nemico raddoppia i suoi sforzi; invia rinforzi, lancia contrattacchi, bombarda furiosamente le nostre linee nella speranza di salvare la situazione. Si svolgono accaniti combattimenti di posizione, certe colline sono conquistate e riconquistate per parecchie volte, certe postazioni vengono occupate a metà dal nemico e da noi. La nostra tattica consiste nel distenderci, nell'attaccare reiteratamente, nel lottare per la più piccola frazione di terreno, nell'isolare l'aeroporto e nel ridurre lo spazio aereo del nemico.
La terza fase é quella dell'attacco generale.
Il nemico ridotto in una striscia, da un chilometro e mezzo a due chilometri di ampiezza, ha già subito pesantissime perdite. Quando la collina A-I cade completamente nelle nostre mani, perde ogni speranza di potere sostenere la resistenza, e il suo morale crolla. Il 7 maggio, le nostre truppe attaccano simultaneamente da tutti i lati, si impadroniscono del posto di comando e fanno prigioniero tutto lo stato maggiore. Nella notte seguente sfondiamo il settore Sud.
La battaglia di Dien Bien Phu termina con la nostra completa vittoria.
5. Il morale dell'esercito
Il Comitato Centrale del Partito e il Governo avevano affidato a tutto l'esercito e a tutta la popolazione una missione importante: concentrare le forze, riunire le energie, "spingere all'estremo l'eroismo nel combattimento e lo spirito di sopportazione e di sacrificio di fronte alle privazioni per assicurare il successo completo della campagna." Infatti la campagna di Dien Bien Phu, come sottolineavano giustamente il Presidente Ho Chi Minh e l'Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori vietnamiti, era una campagna storica, di importanza eccezionale per la situazione militare e politica del paese, per lo sviluppo dell'esercito, e per la salvaguardia della pace nel Sud-Est asiatico.
Il nostro esercito tutto ha assolto questa alta missione con determinazione incrollabile. La sua volontà di vincere é stata uno dei fattori decisivi che hanno fatto della campagna di Dien Bien Phu, e più generalmente della campagna di inverno-primavera, una sfolgorante vittoria su tutti i fronti.
In tutta la storia della lotta armata del nostro popolo mai i nostri combattenti si erano visti affidare una missione così importante e così gravosa. Il nemico da abbattere era potente, le forze da opporgli massiccie. I teatri operativi si estendevano su vasti territori, i combattimenti sarebbero durati circa sei mesi. A Dien Bien Phu, così come su tutti i fronti ad esso collegati, il nostro esercito ha constantemente dato prova di eroismo e di resistenza, e venuto a capo di enormi difficoltà e ha superato ostacoli innumerevoli per potere annientare il nemico ed assolvere la sua missione. Questi caratteri di eroismo e di resistenza erano foggiati nel corso di lunghi anni di lotta. In particolare durante l'autunno e l'inverno 1953-1954, i corsi politici sulla mobilitazione delle masse per l'attuazione della riforma agraria avevano decuplicato l'ardore rivoluzionario del nostro esercito. Difficilmente si potrebbe abbastanza sottolineare il ruolo svolto da questa politica agraria nelle vittorie dell'inverno e della primavera, particolarmente a Dien Bien Phu.
Sul fronte di Dien Bien Phu il nostro esercito riuscì con la forza creatrice del suo lavoro ad aprirsi, durante il periodo preparatorio, la via di rifornimento da Tuan Gao a Dien Bien Phu, altre ne apri per portare l'artiglieria sul campo di battaglia attraverso montagne e foreste, costruì postazioni protette per le nostre batterie, scavò trincee che partivano dalle alture per scendere fino nella valle, trasformò la configurazione naturale del terreno, rase al suolo enormi ostacoli e diede vita a tutte le condizioni favorevoli per l'annientamento del nemico... Le difficoltà, la fatica, i bombardamenti non poterono spezzare la sua volontà.
Fin dall'apertura dell'offensiva e durante tutta la durata della battaglia, il nostro esercito combatté con straordinario eroismo. Sotto il diluvio di fuoco dell'aviazione, sotto il martellamento dell'artiglieria, andò all'assalto delle posizioni nemiche, si impadronì nel suo slancio irresistibile delle colline di Him Lam e di Doc Lap, travolse i punti d'appoggio delle colline ad Est, estese le proprie linee, isolò il campo di aviazione, respinse tutti i contrattacchi, e strinse incessantemente l'accerchiamento. Il nemico bruciò col napalm, in questa fase, tutta la vegetazione delle colline, e la sua artiglieria sconvolse le risaie esistenti nelle nostre linee. Ma il nostro esercito, malgrado le perdite, avanzava sempre, come una ondata di impetuoso eroismo che nulla avrebbe potuto arrestare. Si era di fronte a un fenomeno di eroismo collettivo, di cui, fra gli altri, i casi di Ta Vinh Dien che si gettò sotto le ruote di un cannone per impedire che scivolasse, di Phan Dinh Giot che ostruì col proprio corpo una feritoia, del gruppo d'assalto che piantò la bandiera della vittoria sulla collina di Him Lam, e di quello che si impadronì del posto di comando nemico furono i simboli più sfolgoranti e mirabili.
Su tutti gli altri fronti che agivano in coordinazione, il nostro esercito diede prova ulteriore di un eroismo e di una resistenza degni di ricordo. Ottenne grandi vittorie sugli Altipiani dell'Ovest, a Kontum, a An Khe. Nel Delta del Fiume Rosso, lanciò attacchi contro gli aerodromi di Gia Lam e di Cat Bi, conquisto numerose postazioni fortificate, interruppe la strada n. 5. Sul fronte del Nam Bo, conquistò o obbligò al ripiegamento pin di un migliaio di postazioni, distrusse depositi di bombe, e attaccò convogli fluviali... Sui fronti del Laos e della Cambogia, le unità dei volontari vietnamiti combatterono a fianco dell'esercito e del popolo di questi paesi amici, decimando l'invasore e compiendo brillanti operazioni belliche.
Mai le nostre truppe combatterono con tale resistenza e per un periodo altrettanto lungo come nella campagna dell'inverno 1953 e della primavera 1954. Certe unità, marciando e inseguendo il nemico, coprirono più di tremila chilometri a piedi. Altre si dislocarono nascostamente per più di mille chilometri attraverso la giungla della Grande Cordigliera, per potere coordinare le operazioni sui fronti lontani. Le nostre unità provenienti dal delta attraversarono, per risalire a Dien Bien Phu, montagne e foreste; appena arrivate si dedicarono alla costruzione delle opere di difesa, iniziando i combattimenti per proteggere i preparativi dell'offensiva; una volta aperte le operazioni, vissero e combatterono per due mesi in trincea dopo aver passato tre mesi nella boscaglia; nel corso della battaglia alcune furono inviate a due, trecento chilometri per lanciare attacchi di sorpresa, e tornarono in seguito per partecipare alla conquista del campo trincerato di Dien Bien Phu. Nel combattimento si foggiò e si fortificò lo spirito di cooperazione fra le diverse unità, le diverse armi, e i diversi fronti.
Questa volontà di vincere, che era tutt'uno con la realtà stessa di un esercito rivoluzionario costruito dal Partito, si temprò attraverso i combattimenti e attraverso un paziente lavoro di educazione politica. Accadde tuttavia che nei momenti critici si manifestassero segni di rilassamento o anche di stanchezza. La grande missione dell'organizzazione di Partito, delle cellule e dei quadri, consistette nel tenere viva e nello sviluppare la volontà di vincere ad ogni costo attraverso un perseverante lavoro di educazione ed una lotta ininterrotta. Dopo una serie di magnifiche vittorie, si fece strada nelle nostre file una certa sottovalutazione del nemico, e fu necessario analizzare, criticare e correggere questo stato d'animo. Il prolungarsi dei preparativi, in particolare dopo la seconda fase della campagna quando continuavano i più accaniti combattimenti di posizione, finì per procurare, ad un certo momento, esitazioni di carattere opportunistico, che fecero risentire la loro influenza nell'adempimento degli obbiettivi prefissi. Conformemente alle direttive dell'Ufficio politico, aprimmo in seno alto stesso fronte un vasto movimento di lotta contro ogni forma di rilassamento e di esitazione, così da rafforzare l'ardore rivoluzionario e lo spirito di disciplina, e da garantire quindi un successo totale alla campagna. Questa lotta ideologica fu, con i suoi mirabili risultati, uno dei più brillanti esiti del lavoro politico nella storia del nostro esercito; decise infatti della vittoria di Dien Bien Phu.
A Dien Bien Phu, come sui diversi fronti ad esso coordinati, la volontà di vincere ad ogni costo, costituì una salda e caratteristica manifestazione dell'illimitata fedeltà dell'Esercito popolare vietnamita alla causa rivoluzionaria della nazione e del Partito, una manifestazione caratterizzata dalla sua dimensione classista e dalla sua ideologia proletaria. Questa volontà di vittoria é per il nostro esercito una tradizione, una tradizione di eroismo, di spirito di sopportazione e di tenacia, ed é essa che fa del soldato vietnamita un combattente d'acciaio. Dien Bien Phu ne rimarrà sempre i simbolo vivente. La bandiera del nostro esercito é la bandiera della "volontà di vittoria ad ogni costo."
6. Il popolo in appoggio al fronte
II Comitato Centrale del Partito e il Governo avevano deciso che tutto il popolo, tutto il Partito avrebbero dovuto concentrare le loro forte in appoggio al fronte, per garantire il successo della campagna di Dien Bien Phu. Nel corso di questa campagna, e più generalmente nel corso di tutta la campagna di inverno-primavera, operai, contadini, giovani intellettuali, tutto il popolo insomma rispose all'appello lanciato per ottenere la liberazione nazionale e si assunse il compito di realizzare la parola d'ordine "tutto per il fronte, tutto per la vittoria," con ardore ed entusiasmo inauditi, e a prezzo di sforzi sovrumani.
II contributo del popolo in appoggio al fronte non fu mai, per tutto il periodo della nostra lunga guerra di liberazione, altrettanto gigantesco quanto lo fu durante l'inverno 1953 e la primavera 1954. Era necessario che affluissero sul fronte principale, a Dien Bien Phu, viveri e munizioni sufficienti per grossi effettivi che operavano a 500 o a 700 chilometri dalle nostre retrovie, e in condizioni quanto mai difficili. Le strade erano cattive, i mezzi di trasporto insufficienti, le linee di rifornimento costantemente distrutte dal nemico. Si aggiungeva a ciò la minaccia delle grandi piogge che avrebbero potuto creare più ostacoli di un bombardamento aereo.
Il rifornimento di viveri e di munizioni costituiva per il fronte di Dien Bien Phu un fattore altrettanto importante della soluzione dei problemi tattici. Ad ogni momento sorgevano problemi logistici altrettanto ardui di quelli strettamente militari. Erano proprio queste difficoltà quelle che il nemico riteneva che non avremmo mai potuto superare.
Gli imperialisti, i reazionari non sono mai in grado di valutare secondo il suo giusto valore la forza di una nazione, la forza di un popolo. Questa forza é senza limiti, può riuscire a risolvere qualsiasi difficoltà, può trionfare di qualsiasi nemico.
Il popolo vietnamita si è mostrato, sotto la direzione dei comitati per il rifornimento del fronte, tanto eroico quanto disposto a sopportare ogni sofferenza.
Convogli di autocarri superarono con ardimento corsi d'acqua, traversarono montagne e foreste, gli autisti passarono decine di notti bianche consecutive, trascurando ogni difficoltà o pericolo, per consentire all'esercito di annientare il nemico.
Convogli di migliaia di biciclette si diressero dai centri urbani verso il fronte, trasportando anch'essi viveri e munizioni.
Convogli di centinaia di giunche di ogni tonnellaggio, convogli di decine di migliaia di zattere superarono rapide e cascate.
Convogli di cavalli da soma, scesi dagli altopiani Meo o venuti da tutte le province, presero il cammino del fronte.
Decine di migliaia di portatori, di giovani volontari figli del popolo superarono le colline e passarono i fiumi a guado, col giogo sulle spalle, camminando giorno e notte nonostante i mitragliamenti aerei e le bombe a scoppio ritardato.
Sotto la linea del fuoco, le operazioni di approvvigionamento dovevano proseguirsi senza soste e in tempi ancora più brevi. La cucina, il vettovagliamento, le cure mediche, i trasporti ecc... tutto veniva fatto in camminamenti e trincee, sotto la pioggia delle bombe e degli obici nemici.
Dien Bien Phu era tutto questo. Ma importanti forze armate si erano poste in movimento anche sui diversi fronti ad esso collegati, in particolare sugli Altipiani e su certi teatri operativi ancora più lontani. Su questi fronti il nostro popolo ha fatto il suo dovere, come a Dien Bien Phu. Risolse mirabilmente il problema dei rifornimenti, per consentire all'esercito di conseguire sempre nuove vittorie sul nemico.
Mai prima di allora un così gran numero di cittadini vietnamiti si era messo in marcia verso il fronte. Mai i nostri giovani erano passati per tanti posti, mai avevano conosciuto tante regioni lontane dal loro paese. Dalla pianura alla montagna, sulle grandi strade e sulle ristrette piste, lungo i fiumi e i torrenti, dappertutto la stessa animazione: le retrovie riversavano uomini e beni verso il fronte per partecipare a fianco dell'esercito all'annientamento del nemico e alla liberazione del territorio.
Le retrovie portavano fino al combattente di prima linea la loro volontà di vittoria sul nemico, il loro sublime spirito di unità nella resistenza e l'entusiasmo sollevato dalla riforma agraria. Migliaia di lettere e di telegrammi provenivano ogni giorno al fronte di Dien Bien Phu da ogni parte del paese. Mai il nostro popolo si era altrettanto preoccupato per i suoi figli soldati, mai i rapporti fra le retrovie e il fronte erano stati altrettanto stretti e fraterni quanto lo furono durante questa campagna di inverno-primavera.
E invero una retrovia solida é un fattore permanente che in una guerra rivoluzionaria decide della vittoria. Nella campagna di Dien Bien Phu, e più generalmente in tutta la campagna di inverno-primavera, il nostro popolo diede un adeguato contributo alla comune vittoria della nazione.
Non potremmo qui passare sotto silenzio la simpatia e l'appoggio caloroso dei popoli fratelli, dei popoli progressisti di tutto il mondo, fra cui il popolo francese. Ogni giorno pervenivano al fronte notizie da ogni parte del mondo: l'Unione Sovietica, la Cina, la Corea del Nord, la Germania orientale, l'Algeria, l'India, la Birmania, l'Indonesia ed altri numerosi paesi esprimevano l'incondizionato appoggio dell'umanità progressista alla giusta lotta del popolo e dell'esercito del Viet Nam. Tutto ciò costituiva un incoraggiamento meraviglioso per i combattenti dell'Esercito popolare vietnamita, a Dien Bien Phu come sugli altri fronti.
7. La guerra di Liberazione del nostro popolo é stata tutta una lunga e prodigiosa battaglia di Dien Bien Phu
La vittoria di Dien Bien Phu e, più generalmente, le vittorie dell'inverno 1953 e della primavera 1954, sono le più grandi vittorie conseguite dal nostro esercito e dal nostro popolo nella lunga resistenza che li ha opposti all'aggressione imperialista.
A Dien Bien Phu, il nostro esercito annientò il più potente campo trincerato che il nemico avesse a disposizione in Indocina e mise fuori combattimento 16.000 uomini delle sue truppe più agguerrite. Durante questa campagna dell'inverno 1953 e della primavera 1954 le perdite totali del nemico per l'insieme dei fronti che agivano coordinati con quello di Dien Bien Phu fu di 110.000 uomini.
Il piano Navarre si risolveva in un fiasco. Gli imperialisti francesi e americani avevano fallito nel loro tentativo di prolungare e di estendere la guerra d'Indocina. Dien Bien Phu ebbe in tutto questo un'immensa portata; questa vittoria infatti, congiunta ai successi ottenuti sugli altri fronti, ci permise di ottenere la liberazione di Hanoi, la capitale, e di tutto il Nord del Paese. La pace era ristabilita.
Col piano Navarre gli imperialisti francesi e americani intendevano impegnare una battaglia decisiva, ed effettivamente Dien Bien Phu fu decisiva. La grande vittoria che vi riportarono il nostro popolo e il nostro
Dien Bien Phu costituì una prova di forza che oppose il nostro popolo e il suo esercito al Corpo di spedizione degli imperialisti francesi sostenuti dagli Stati Uniti. Da questa prova di forza uscimmo vincitori, e Dien Bien Phu renderà eterna l'indomabile volontà del nostro piccolo e giovane popolo che oppose al potente esercito di un paese imperialista la forza della sua unità nella lotta e il suo eroismo. Questo eroismo ha animato il nostro popolo e il nostro esercito durante tutta la lotta di resistenza, e quindi possiamo affermare che ogni combattimento, quale che sia stata la sua importanza, fu compenetrato dallo "spirito di Dien Bien Phu," che la guerra di liberazione del nostro popolo é stata tutta una lunga e prodigiosa battaglia di Dien Bien Phu.
A Dien Bien Phu la nostra guerra nazionale conseguì una meravigliosa vittoria, e questo successo, che dimostra la lungimiranza e la fermezza con cui il nostro Partito assolse al suo ruolo di direzione politica e militare, fu un prestigioso successo del marxismo-leninismo nella guerra di liberazione di una nazione debole ed eroica. La nostra nazione ne può essere fiera. Sotto la direzione del nostro Partito, con il Presidente Ho Chi Minh alla sua testa, abbiamo dato vita a questa grande verità della storia: un popolo colonizzato, debole ma unito nella lotta, che si leva per difendere con determinazione la sua indipendenza e la pace, é del tutto in grado di vincere le forze aggressive di una potenza imperialista.
Così Dien Bien Phu é stata non solo una vittoria per il nostro popolo, bensì anche una vittoria per tutti i popoli deboli che sono in lotta per liberarsi dal giogo degli imperialisti e dei colonialisti. Questo é il suo significato più profondo. E questo giorno, che é diventato un giorno di festa per tutto il popolo vietnamita, e un giorno di festa anche per i popoli dei paesi fratelli, per i popoli che hanno appena riconquistato la loro indipendenza o ancora combattono per la loro liberazione.
Dien Bien Phu é entrata per sempre negli annali della lotta per la liberazione del nostro popolo e dei popoli deboli del mondo. La storia l'annovererà come uno degli avvenimenti cruciali del profondo movimento dei popoli dell'Asia, dell'Africa e dell'America del Sud in lotta per ottenere la libertà e per divenire quindi padroni dei loro paesi e del loro destino.
L'unità nella lotta sotto la direzione del nostro Partito é stata la via che ha guidato il nostro popolo alla vittoria di Dien Bien Phu. Sicuramente ci guiderà a nuove vittorie ancora più grandi nell'edificazione del socialismo nel Nord Viet Nam e nella lotta con ogni mezzo pacifico per la riunificazione del paese.
Note
1. 5ª Interzona: la parte del Centro Viet Nam a Sud di Tourane (Da Nango). Nam Bo: Sud Viet Nam.
2. Le tre province della regione di Hue: Quang Binh, Quang Tri e Thua Thien.
3. Trung Bo: Centro Viet Nam
4. L'ultima guerra di Indocina era caratterizzata dall'assenza di una netta linea di demarcazione tra le forze belligeranti, sempre in una situazione di ampio e reciproco incastro, salvo per quelle che chiamiamo linee frontali, teatri operativi da noi scelti, preparati e caratterizzati da una forte concentrazione di truppe. Nota dell'Editore vietnamita.
5. Pianoro dell'Alto Laos nella provincia di Xieng Khuang
Cartine:
Indice
Prefazione all'edizione cubana di Ernesto "Che" Guevara
Nota dell'editore vietnamita all'edizione in lingua francese (1961)
I. La guerra di liberazione del popolo vietnamita contro gli imperialisti francesi e gli interventisti americani (1945-1954)
II. Guerra del popolo esercito del popolo
III. Le grandi esperienze del nostro Partito nella direzione della lotta armata e nell'edificazione delle forze armate rivoluzionarie
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