Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Vol. 2, cap. XIX, Teti editore
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La storia più antica della Corea è studiata in maniera insufficiente. In
Corea il periodo paleolitico non è definibile, sino ad ora, in base a
ritrovamenti attendibili.
Meglio si conosce il periodo neolitico della Corea. Suoi monumenti
(cumuli di conchiglie) sono sparsi lungo tutta la costa della Corea, ma
soprattutto nelle zone meridionali e occidentali più favoreVol..
Particolarmente degna di nota è la scoperta di scheletri neolitici,
affini a quelli della Cina settentrionale, a Unghi (Juki ), nella
provincia del Hamgyeong settentrionale.
L'antica popolazione della Corea era dedita alla pesca, alla raccolta di
conchiglie e noci commestibili, alla caccia di alci e porci selvatici.
Le armi di pietra (coltelli arrotati, pugnali, puntali di frecce) e la
ceramica dimostrano la affinità con la cultura neolitica del Primorje e
del Giappone.
Le zone abitate originariamente dalla popolazione della penisola si
possono dividere in cinque regioni: la regione di Pyongvang, la parte
meridionale della penisola di Hwanghai, le regioni di Seul e Pusan e
l'estremo nord-est (pianura del fiume Tuman-Gang).
Dal III secolo a.C. al III secolo d.C. avvenne il passaggio dal periodo
neolitico a quello del bronzo e al primo periodo del ferro. A questa
epoca appartengono numerosi dolmen e le tombe a tumulo. Essi sono
diffusi principalmente nella Corea centrale e al sud. La popolazione,
che aveva ormai occupato anche le regioni interne del paese, conosceva
l'agricoltura (nel cumulo di conchiglie di Kimhai e Pusan, del I-II
secolo d.C. sono stati trovati dei chicchi di riso).
LE UNIONI TRIBALI E LA FORMAZIONE DEI PRIMI STATI
L'antica storiografia cinese - unica fonte per quanto riguarda la più
antica storia della Corea - sostiene che la prima unione tribale in
Corea, sorta in Manciuria, fu formata alla fine del II millennio a.C. da
oriundi cinesi, giunti in questa regione in gran numero all'epoca delle
guerre intestine che accompagnarono la caduta dell'antica dinastia Yin e
il sorgere della dinastia Chou.
Capo di questa unione, che ricevette il nome cinese di Ch'ao-hsien
(nella pronuncia coreana Chosun), divenne uno dei capi tribali: Kija
(Ch-Chih), giunto in Corea insieme al suo gruppo tribale.
La popolazione locale apprese dai coloni cinesi la tecnica della fabbricazione della seta ed alcuni altri mestieri.
Dalla Cina giunsero in Corea anche alcune colture agricole (il pisello
nero, il miglio cinese, il grano saraceno) e alcuni manufatti in bronzo e
ferro.
Nel III-II secolo a.C., negli anni della caduta in Cina dello impero
Ch'in e della formazione dell'impero Han, calò in queste regioni una
nuova ondata di coloni cinesi, fra i quali c'era anche Wei Man, uno dei
van dell'impero Yen della Cina settentrionale.
Wei Man si impadronì del potere nell'impero di Chosun (inizio del II secolo avanti Cristo).
Nel 108 a.C. lo impero di Chosun cadde sotto il potere dell'impero Han e nel suo territorio vennero costituite quattro regioni.
Una di esse, Nakrang (Lolang), che aveva il suo centro ove attualmente
si trova la regione di Pyongyang, raggiunse nei primi secoli dopo Cristo
un noteVol. livello culturale.
Di qui l'influenza cinese penetra nel sud della Corea e in Giappone.
Già verso il IV secolo a.C. si formano nella Corea meridionale alcune unioni tribali.
Il continuo afflusso di coloni cinesi, che - secondo un'espressione
delle cronache cinesi - sfuggivano al "servizio crudele", ed anche il
diretto legame con la Cina, favorirono la rapida disgregazione del
sistema originario presso le tribù della Corea e l'apparire di Stati
indipendenti.
Già nel I secolo a.C. si erano formate nel territorio della Corea tre importanti unioni tribali.
Nella parte orientale della Corea, dove un tempo si trovavano le tribù
Jinhan e Pyunhan, sorse l'unione tribale Silla, nella parte occidentale
della penisola dove si trovava la tribù Mahan sorse quella di Pakche,
mentre nella Corea settentrionale e nella Manciuria sud-orientale si
formò l'unione tribale Koguryo.
Da queste unioni tribali sorsero, nel III-IV secolo, degli Stati che mantennero gli stessi nomi.
Il più forte fu il Koguryo che distrusse il possedimento cinese, non
solo nella stessa Corea, ma anche nella Manciuria orientale.
GLI STATI COREANI NEI PRIMI SECOLI DOPO CRISTO
Poche sono le testimonianze sul sistema economico-sociale di questi
Stati. Il fatto stesso della formazione degli Stati stessi denota
l'esistenza di una stratificazione in classi della società. Esistono
delle fonti che testimoniano la esistenza dello schiavismo sia privato,
che statale. Molto diffusa era l'abitudine di tramutare in schiavi i
delinquenti. Si poteva anche diventare schiavi per ottenere un prestito
con diritto di essere riscattati. Tuttavia gli schiavi non sVol.evano un
ruolo importante nella produzione, essi o erano usati come servitù di
palazzo, o erano oggetto di esportazione in Cina (ma in misura
limitata).
Le cronache coreane riportano che quando, nel 386, fu iniziata nello
Stato di Pakche la costruzione di un terrapieno difensivo presso il
confine settentrioale, non furono impiegati gli schiavi, ma gli uomini
liberi. Evidentemente lo sviluppo della produzione non era sufficiente
per l'impiego in massa degli schiavi. Base dell'economia restava il
lavoro dei membri liberi della comunità.
Le branche più sviluppate della produzione, nello Stato di Silla, furono
l'allevamento del bestiame e l'estrazione dei minerali; nello Stato di
Pakche la coltura irrigua e asciutta del riso e l'artigianato. La
supremazia dello Stato di Koguryo stava nella sua vicinanza alla Cina,
più sviluppata dal punto di vita culturale. Ma questa vicinanza era
fonte di scontri continui.
Fra tutti e tre gli Stati avvenivano frequenti guerre intestine, alle
quali prendevano parte attiva i governanti della Cina che sfruttavano
tutti i conflitti nel loro interesse.
Le coste meridionali della Corea erano frequentemente soggette alle
razzie di tribù giapponesi, le quali il più delle Vol.e prevalevano
sugli Stati coreani. Le incursioni dei giapponesi aumentarono
soprattutto nel IV secolo d.C., quando essi riuscirono persino a
conquistare un piccolo territorio all'estremo sud della penisola: una
parte del reame Karak (o Mimana come lo chiamano le fonti giapponesi).
In questo periodo la Corea aveva raggiunto un livello di sviluppo culturale relativamente alto.
La situazione in Corea nei secoli IV-VI. Gli stati di Kogurjo, Pakche e Silla
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Lo sviluppo dei rapporti feudali in Corea avveniva lentamente e
irregolarmente nelle varie parti del paese. Esso era accompagnato dalla
lunga lotta dei tre Stati allora esistenti nella penisola: Kogurjo,
Pakche e Silla. La lotta tra questi tre regni coreani si inasprì
soprattutto nell'ultima fase della loro esistenza separata, cioè dalla
fine del VI secolo alla fine del secolo successivo.
Kogurjo, formatosi nel 313 da un antico raggruppamento tribale, occupava
la parte settentrionale della penisola e le parti adiacenti alla
Manciuria meridionale; Pakche, sorto nel 346, era posto nella parte
sud-occidentale; Silla, fondato nel 356, occupava la parte
sud-orientale.
Il territorio settentrionale della penisola più di una Vol.a cadde sotto
la dominazione della Cina. In esso viveva da tempi remoti una numerosa
popolazione cinese, proveniente dalle regioni settentrionali della Cina.
Il sud della penisola, diviso dal Giappone da un angusto stretto, era
continuamente soggetto alle scorrerie dei giapponesi, i quali, nel IV
secolo, giunsero a stabilirsi nell'estremità meridionale della penisola,
fondando così un possedimento che chiamarono Mimana.
Tale stato di cose determinò la partecipazione talVol.a molto evidente
della Cina e del Giappone agli avvenimenti della penisola.
Prima che negli altri regni, i rapporti feudali cominciarono a svilupparsi nello Stato settentrionale, nel Kogurjo.
Nelle fonti cinesi si accenna alla proprietà della terra da parte dei
governanti di Kogurjo, i quali concedevano ai contadini degli
appezzamenti con l'obbligo di pagare un tributo consistente in prodotti
agricoli, e di prestazioni gratuite nei lavori di costruzione e di
riparazione degli impianti di irrigazione, dei palazzi e delle fortezze.
Appezzamenti venivano dati anche ai funzionari dell'apparato statale a
titolo di ricompensa per i loro servizi. Si usava anche concedere
gratifiche consistenti in terre a favore dei membri delle famiglie
nobili.
Lo sviluppo dei rapporti feudali in Corea, come pure in Cina, non era
accompagnato dalla totale scomparsa della schiavitù. Vi erano schiavi
sia nei possedimenti dello Stato, sia nei possedimenti dei privati, ma
essi non avevano una grande importanza dal punto di vista produttivo. Lo
sviluppo delle forze produttive era garantito soprattutto dal lavoro
dei contadini, i quali erano di fatto legati alla terra.
Indubbiamente la vicinanza geografica della Cina settentrionale, dove i
rapporti feudali si erano già formati da molto tempo, influiva
considereVol.ente sul più rapido sviluppo dei rapporti feudali a
Kogurjo, tanto più che in questo Stato coreano vi erano molti emigrati
provenienti dalle regioni settentrionali della Cina, i quali avevano
importato le loro tecniche agricole e i loro mestieri.
L'influenza della Cina su Kogurjo può essere ravvisata anche
nell'organizzazione dell'amministrazione di tipo prettamente cinese, e
anche nella diffusione della cultura cinese.
Nell'ultimo ventennio del IV secolo il buddismo, proveniente dalla Cina,
si infiltrò a Kogurjo, e nel paese si cominciarono a costruire templi e
monasteri.
A ciò era legato lo sviluppo dell'architettura, della scultura e della pittura di Kogurjo.
Lo sviluppo dei rapporti feudali si rileva anche nello Stato coreano
sud-occidentale di Pakche, nel cui interno stato di cose si rifletteva
l'incessante lotta con Kogurjo, che durava da circa un secolo.
Questa lotta rovinava il paese, ostacolava l'agricoltura e costringeva
la popolazione a cercare rifugio nel vicino Stato di Silla.
I rapporti di Pakche con la Cina meridionale determinarono un grande
sviluppo dell'artigianato, poiché nella Cina meridionale continuavano a
fiorire quei mestieri che si erano sviluppati fin dall'epoca Han.
Nella Cina settentrionale, invece, lo sviluppo dell'artigianato risentiva l'effetto dannoso delle invasioni dei nomadi.
I vasai, i tessitori, gli armaioli, i falegnami, i costruttori di navi e
le ricamatrici di Pakche godevano di una vasta rinomanza non solo in
tutta la penisola coreana, ma anche in Giappone, ove vi era una
richiesta costante dei loro articoli.
Grazie ai rapporti con la Cina meridionale, dove la cultura era più
elevata che non nella Cina settentrionale, la nobiltà di Pakche, per il
livello della sua istruzione, era superiore alla classe dirigente di
Kogurjo e di Silla.
Alla fine del IV secolo anche a Pakche comparve il buddismo.
Silla, che occupava la parte sud-orientale della penisola, inizialmente era lo Stato coreano più arretrato.
Questa arretratezza era originata sia dalla situazione interna del
paese, sia dalla sua lontananza dalla Cina, che a quei tempi era il
paese feudale più progredito dell'Asia orientale.
Il Giappone era molto vicino a Silla, ma in quel periodo il livello del
suo sviluppo sociale era più basso di quello della Cina e degli stessi
Stati coreani.
Tuttavia nel V secolo la situazione di Silla cominciò a mutarsi.
Lo Stato vicino di Pakche, che era oggetto dei continui attacchi di Kogurjo, si indebolì.
Volendo prevenire l'invasione da parte di Kogurjo, lo Stato Silla fu
costretto ad agire insieme a quello Pakche, e ciò affrettò
l'affermazione in Silla dei rapporti feudali, già sviluppatisi a Kogurjo
e a Pakche.
L'influenza della Cina si fece sempre più evidente in Silla.
Il rafforzamento della posizione esterna del paese permise ai governanti
di Silla di fare un tentativo per allontanare la minaccia proveniente
da sud.
La nobiltà giapponese di Mimana sfruttava ogni occasione per
intromettersi nella lotta tra gli Stati coreani, ed effettuava ripetute
scorrerie in Silla.
L'incursione più pericolosa, registrata negli antichi documenti, fu quella di reparti armati giapponesi nel 433.
L'invasione fu respinta, ma gli scontri con il Giappone continuarono anche in seguito.
La lotta di Silla e di Pakche contro Kogurjo durò quasi
ininterrottamente per circa 100 anni: dalla metà del V secolo alla metà
del secolo successivo.
Questa lotta condusse all'indebolimento di Pakche e di Kogurjo.
Silla incorporò una parte del territorio appartenente a Kogurjo, nella
regione centrale del paese, e iniziò di nuovo la lotta contro Mimana.
Dopo un certo periodo lo scopo prefisso fu raggiunto: nel 562 i conquistatori giapponesi vennero scacciati dalla penisola.
In questo periodo a Silla aveva luogo lo sviluppo intensivo dei rapporti feudali.
Come negli altri Stati coreani, anche a Silla la proprietà feudale
terriera assunse la forma del sistema di distribuzione di piccoli
appezzamenti ai contadini.
In seguito a ciò si modificarono anche le forme dell'amministrazione
statale, e l'unione delle singole parti del paese determinò il
rafforzamento della centralizzazione del governo.
Già all'inizio del VI secolo il paese era suddiviso in territori, circondari e distretti.
I nomi delle nuove divisioni amministrative e le denominazioni delle
cariche erano cinesi, e cinesi erano le forme d'ordinamento statale che
furono instaurate.
Nella prima metà del VI secolo a Silla comparve il buddismo.
La nuova religione trovò subito protettori tra la nobiltà e nella stessa casa regnante.
La chiesa buddista, essendo centralizzata e costruita su base
gerarchica, contribuì alla centralizzazione e all'organizzazione
gerarchica dell'apparato amministrativo dello Stato feudale.
Questa era la situazione nella penisola coreana alla fine del VI secolo.
L'UNIFICAZIONE DELLA PENISOLA SOTTO IL DOMINIO DI SILLA
Nonostante le numerose sconfitte subite, Kogurjo continuava pur sempre ad essere per Silla un pericoloso nemico.
Poiché non era in condizioni di lottare da sola contro Kogurjo, Silla si
assicurò, oltre all'alleanza con Pakche, anche l'aiuto di una potenza
ben più temibile, l'impero Sui, e poi l'impero T'ang.
Kogurjo fu quindi costretta a lottare contro due avversari a un tempo.
I governanti cinesi dell'impero Sui, alla fine del VI secolo, cercavano
di indebolire gli Stati confinanti, e non potevano non dare importanza a
Kogurjo.
Nel 612 un grande esercito cinese irruppe nel suo territorio, e una
flotta si diresse alla foce del fiume Taidong-gang, sulle cui rive
sorgeva la capitale di Kogurjo (la futura Pyongyang).
Le truppe di Silla e di Pakche attaccarono da sud, dove trovarono una forte resistenza.
L'esercito di Kogurjo, era comandato da un geniale condottiero, Mundok,
il quale, sostenuto dalla popolazione, respinse l'invasione.
Inoltre le insurrezioni di massa nella stessa Cina costrinsero
l'imperatore Yang Guang, capo della spedizione, a tornare indietro.
Il cambio delle dinastie in Cina allontanò temporaneamente il pericolo da Kogurjo.
Però, dopo l'affermazione al trono della dinastia T'ang, le guerre ricominciarono.
Nel 645, sotto il secondo imperatore T'ang, Li-shih-min (o T'ai-tsung) un grande esercito fu nuovamente inviato contro Kogurjo.
La tenace resistenza delle sue truppe, comandate dal generale Yungai
Somun, però, costrinse anche questa Vol.a l'esercito cinese alla
ritirata: l'impero Tang dovette accontentarsi di occupare solo i
possedimenti di Kogurjo nella Manciuria meridionale.
I governanti di Kogurjo si affrettarono a intervenire contro Silla, ma
le loro azioni furono ostacolate da nuove incursioni cinesi.
La fase decisiva della lotta tra Kogurjo e l'impero T'ang ebbe luogo
verso la fine degli anni 50 del VII secolo; questa Vol.a l'attacco fu
portato da un altro lato; l'esercito attraversò il Mar Giallo e sbarcò a
Pakche, che allora era alleata con Kogurjo.
Nel 660 l'esercito di Pakche venne sconfitto, il re fu fatto prigioniero e portato in Cina, ove poco dopo morì.
Ciononostante Pakche continuava a resistere.
In questa fase della lotta si intromise il Giappone.
Dopo aver perso nel 562 i possedimenti nella penisola, i governanti del Giappone cercavano infatti di riconquistarli.
Con il pretesto di soccorrere Pakche, essi mandarono nella penisola
forze ingenti, ripresero Mimana e tentarono di occupare tutto il
territorio di Pakche, la cui popolazione, però, resisteva accanitamente,
e in conclusione i reparti giapponesi subirono una grave disfatta: solo
una piccola parte di essi riuscì a tornare in patria (663).
Tuttavia Pakche non era in condizioni di poter affrontare contemporaneamente l'impero T'ang, Silla e il Giappone.
Nel 663 ebbe fine l'esistenza di Pakche come Stato, e le sue terre furono incorporate per un certo tempo nell'impero T'ang.
In seguito l'impero T'ang e Silla si allearono contro Kogurjo.
Questo Stato si era molto indebolito a causa delle lunghe guerre e delle
lotte intestine tra gli esponenti della nobiltà, nelle quali era
coinVol.a anche la casa reale.
Sia i nobili, sia lo stesso re, erano inclini a sottomettersi all'impero T'ang, pur di non cadere nelle mani di Silla.
Di conseguenza i governanti di Kogurjo posero fine alla resistenza; nel
668 questo Stato cessò di esistere, e quasi tutto il suo territorio
diventò una provincia dell'impero T'ang.
Allora la popolazione locale cominciò a insorgere contro la dominazione
dei feudatari cinesi, e l'acutizzarsi della lotta sfociò in una grande
insurrezione, sfruttata immediatamente da Silla, che mandò le proprie
truppe in soccorso agli insorti.
Nel 676 fu espugnata la capitale di Kogurjo, che era la residenza del governatore cinese.
La lotta proseguì ancora per un certo tempo, e in seguito le truppe
dell'impero T'ang furono costrette ad abbandonare tutti i territori
conquistati a sud del fiume Taidong-gang.
In precedenza l'esercito di Silla aveva obbligato i reparti cinesi a ritirarsi anche da Pakche .
Tutta la penisola, ad eccezione della sua estremità settentrionale, passò quindi sotto il dominio di Silla.
Le cronache coreane attribuiscono una particolare importanza in questi
avvenimenti a Kun Yu Shin, condottiero e governante di Silla.
LA CULTURA COREANA
L'unificazione della penisola in un unico Stato ebbe importanti conseguenze.
Una di queste fu l'affermazione definitiva dei rapporti feudali, e ciò contribuì allo sviluppo della vita economica del paese.
Le terre abbandonate dalla popolazione vennero di nuovo coltivate;
furono impiegati strumenti agricoli più perfezionati; si svilupparono i
mestieri artigiani, in particolare quelli destinati a soddisfare le
crescenti esigenze della corte, della nobiltà e dei funzionari: la
produzione di tessuti costosi, di monili e di oggetti d'uso casalingo.
Cominciò a svilupparsi non solo il commercio interno, ma anche quello
estero, soprattutto con la Cina e il Giappone; arrivavano in Corea, via
Cina, anche mercanti arabi.
Le fonti arabe di questo periodo parlano di Silla come di un paese ricco.
Tra le città di Silla il primo posto spettava alla capitale del regno,
Kyungju (la futura Kuemsung), nella provincia odierna del Kyungsang
settentrionale.
A giudicare dalle descrizioni a noi pervenute si trattava di una grande
città, divisa in quartieri da vie diritte intersecantesi, dove, nel
periodo della sua massima fioritura, si contavano 1.360 quartieri.
Nel centro della città si ergeva il "Castello della Luna", come veniva
denominato il palazzo principale, circondato da un gran numero di
palazzi minori, padiglioni e chioschi.
Vicino al palazzo principale era posta la celebre "Torre per
l'osservazione delle stelle", un antichissimo osservatorio astronomico,
celebre in tutta l'Asia orientale, fondato all'inizio del VII secolo.
Seguendo la caratteristica delle città-fortezze coreane, anche la
capitale era situata in una depressione circondata da monti, lungo i
quali serpeggiava un'imponente muraglia munita di torri-fortini.
Si sono conservati molti oggetti di questo periodo: monili d'oro da
applicare ai copricapi, orecchini, anelli, fermagli, specchi di metallo
con arabeschi sul retro, profumiere e coppe di rame, articoli di
ceramica di ogni genere, monili di diaspro, armi (spade, coltelli,
giavellotti) e tessuti di seta e di broccato.
Il buon livello della tecnica di fusione coreana è comprovato dalle
campane per i templi buddisti (in tutta l'Asia orientale era infatti
celebre la campana di uno dei templi della capitale coreana, fusa alla
metà del VII secolo, il cui diametro misurava 7,5 piedi coreani, cioè
più di due metri).
Esemplari noteVol. di bassorilievi si sono conservati sulle pareti del
tempio rupestre di Sukkul-am, sul monte Toham, nei pressi della capitale
di Silla.
È da rilevare in particolare una grande statua di Budda, seduto tra i loti, dell'altezza di circa due metri e mezzo.
È giunto fino a noi il nome del pittore Solguh, il quale dipingeva i
suoi quadri con una tecnica così realistica che, secondo una leggenda,
gli uccelli scambiavano per veri i pini da lui dipinti.
È da rilevare anche la diffusione dell'istruzione.
Nella capitale e nelle altre grandi città del paese vennero fondate
scuole in cui si studiavano la scrittura cinese, i codici cinesi, la
letteratura storica e la poesia.
Alla fine del VII secolo apparve il primo sistema di scrittura coreana, il cosiddetto "idu".
I segni di questa scrittura erano i geroglifici cinesi, che venivano
però impiegati non semanticamente, cioè secondo il loro significato
originario, ma soltanto foneticamente.
La Corea alla metà del XIX secolo
Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Vol. 6, cap. XXI, Teti editore
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Dagli anni 30 del XVII secolo, la Corea si trovava in una condizione di vassallaggio dalla dinastia Manciù (Ch'ing).
Ma in realtà essa godeva di ampia autonomia sia nella politica interna
che estera, e il vassallaggio del re coreano consisteva nel periodico
invio di ambascerie alla corte dell'imperatore e nel pagamento di un
tributo.
Nei primi decenni del XIX secolo la Corea fu colpita da una profonda
crisi, provocata dal lento e tormentato processo di decomposizione dei
vecchi rapporti feudali.
Le riVol.e contadine, che erano iniziate in quell'epoca, raggiunsero nella seconda metà del secolo ampie dimensioni.
Il dominio dei rapporti feudali arretrati portava alla rovina del paese e
indeboliva la sua capacità di resistenza alle minacce esterne.
La pressione dei colonialisti stranieri peggiorò ancor più la situazione del popolo coreano
LA DECADENZA DEL SISTEMA FEUDALE
Lo Stato coreano e la classe dominante dei feudatari imponevano alla popolazione gravose tasse e tributi.
Le tasse venivano esatte prevalentemente in natura: con i prodotti
dell'agricoltura (principale dei quali era il riso), con articoli
dell'industria domestica e artigianale.
L'economia naturale contadina costituiva la base della vita economica della Corea.
La classe dominante soddisfaceva alle sue richieste di articoli che non
erano prodotti dall'economia contadina (sete di qualità e broccati,
oggetti d'oro e d'argento, pietre preziose, porcellana e ceramica, varie
armi eccetera) con il lavoro degli artigiani asserviti, che erano in
forza nelle svariate istituzioni governative.
Lo Stato si occupava della organizzazione della produzione artigiana e delta regolamentazione del commercio.
Nel 1786 la popolazione della Corea raggiungeva i 7,3 milioni di abitanti.
Un certo aumento delle forze produttive, che si era avuto nel XVIII
secolo, permise l'ampliamento della produzione agricola e l'introduzione
di nuovi metodi per aumentare la produttività delle colture risicole
(trapianto), e anche di nuove colture tecniche e orticole (tabacco,
ginseng coltivato, patata dolce, zucche, pomodori eccetera).
Nello stesso tempo si estendeva l'irrigazione e avvenivano cambiamenti nel campo dell'artigianato e del commercio.
L'artigianato statale dei maestri asserviti cessò nel XIX secolo di
essere la più importante forma di produzione, distaccata
dall'agricoltura.
Non soltanto nelle città, ma anche nei centri agricoli sorsero
laboratori artigianali per la preparazione di caldaie di ghisa, di
attrezzi agricoli, di articoli di porcellana e di ceramica, di carta
eccetera.
Intere regioni iniziarono a specializzarsi nella produzione di articoli che erano poi venduti in tutto il paese.
Famose per la tessitura della seta erano Sonchon e Jenpien nella
provincia Phjenando, Nanchu nella provincia Chollado; per i tessuti di
cotone varie regioni del sud della Corea; per le stoviglie di bronzo
Anson, nella provincia Kjenhido; per gli articoli di porcellana e
ceramica Punvan nella provincia Kjenhido eccetera.
Sorsero numerose corporazioni artigiane.
La crescente diffusione dell'artigianato libero dimostrò lo svantaggio
dell'impiego del lavoro poco produttivo degli artigiani statali
asserviti.
Per questo molte istituzioni governative iniziarono ad assumere forza-lavoro salariata per l'esecuzione di lavori necessari.
Nei laboratori statali, che venivano mantenuti per la produzione delle
armi e di svariati oggetti d'uso della corte, furono introdotti premi di
incoraggiamento in denaro e in grano per elevare la produttività del
lavoro.
Tutto questo favoriva l'ampliamento dei legami commerciali, il sorgere di nuovi mercati e la crescita della funzione del denaro.
Già all'inizio del XIX secolo si contavano in Corea più di mille mercati
locali, gran parte dei quali rinnovantisi una Vol.a ogni cinque giorni.
Esistevano anche mercati specializzati per la vendita del bestiame, di erbe medicinali e di altre merci.
I mercati locali non si erano ancora fusi in un mercato unico nazionale,
ma all'inizio del XIX secolo a Wonchu, Chunchu e Taegu c'erano fiere
nazionali per il commercio dei medicinali.
Nelle regioni di confine della Corea si svilupparono centri di mercato che servivano al commercio con la Cina e il Giappone.
In questi mercati si vendevano grano, ginseng, bestiame bovino, pesce,
sale, tessuti di cotone, carta e altri articoli dell'artigianato
coreano.
Nella misura in cui si sviluppavano i rapporti mercantili-monetari, cresceva il capitale mercantile.
All'inizio del XIX secolo esistevano già diverse corporazioni di mercanti.
Le più numerose erano quelle dei piccoli commercianti ambulanti, che
trasportavano le merci a spalla con gerle o con altri sistemi
particolari.
Questa corporazione, che comprendeva alcune centinaia di migliaia di
membri, occupava di fatto una posizione dominante nei mercati locali.
I piccoli commercianti dipendevano dai più grossi, che non si occupavano
soltanto del commercio all'ingrosso e al minuto, ma anche di rilevanti
operazioni finanziarie e creditizie.
L'attività mercantile usuraria dei mercanti si effettuava con la
partecipazione di capitali che appartenevano ai feudatari i quali, data
la loro posizione sociale, non potevano occuparsi di commerci.
I mutamenti economici che si erano verificati nel paese investirono anche i possedimenti terrieri feudali.
Si sviluppò rapidamente il grande possesso terriero privato, che veniva a
formarsi sia mediante l'appropriazione diretta da parte dei cortigiani
degli appezzamenti dei contadini delle terre dello Stato, sia con
l'acquisto.
Non di rado venditori della terra erano i rappresentanti della casa reale e di singole istituzioni governative.
L'ampliamento della proprietà terriera privata latifondista portò a una
forte riduzione della superficie agraria sottoposta alla tassa fondiaria
statale.
Per questo lo Stato si sforzò di compensare le proprie perdite aumentando le vecchie tasse e creandone delle nuove.
Accanto all'imposta fondiaria furono introdotte molte nuove tasse, che
vennero estese a tutte le terre del paese, indipendentemente dalla forma
del possesso.
La crescita del grande possesso agricolo latifondista portò all'ineluttabile intensificazione dello sfruttamento dei contadini.
Una noteVol. parte dei contadini già dello state cadde in una condizione di servitù nei confronti dei proprietari fondiari.
I latifondisti, come regola, prelevavano dai contadini il 60-70% del
raccolto e li obbligavano a compiere svariate prestazioni di lavoro.
Lo sfruttamento feudale dei contadini si univa alla rapacità del capitale commerciale usurario.
La riscossione di molte tasse veniva data in appalto ai mercanti, i quali ne aumentavano abusivamente l'entità.
Operava come usuraio anche lo Stato stesso, trasformando le scorte
statali di grano in capitale concesso a credito a condizioni usurarie,
operazione nota col nome di "grano da restituire".
Per mezzo dell'apparato statale i contadini venivano asserviti con i
prestiti di grano, che in realtà non erano altro che una palese rapina.
In sostanza, i contadini dovevano restituire nell'autunno il prestito con interessi che superavano spesso la somma del debito.
Nell'apparato statale regnavano la corruzione e la malversazione.
Esisteva un enorme strato di piccoli funzionari, i quali non ricevevano
stipendio e vivevano dell'appropriazione di parte delle tasse raccolte,
oppure con l'esazione di balzelli accessori e l'imposizione di donativi.
Biasimando gli ordinamenti che esistevano in Corea, il pensatore coreano
progressista dell'inizio del XIX secolo, Chon Jak Yon (1762-1836),
scriveva nel suo libro "Idee sul governo del popolo": "Il popolo fa i
campi nella sua terra, mentre i funzionari si fanno campi con il popolo,
levandogli la pelle, rompendogli le costole e spogliandolo di tutto
fino ai piedi".
"La situazione del popolo è terribile - scriveva in questa stessa epoca
un funzionario; - le calamità dovute all'avidità sono più terribili che
le disgrazie provocate dalle inondazioni o dalle bestie feroci".
La rapacità dei feudatari minava le basi della economia agricola e generava la rovina in massa dei contadini.
I minuscoli appezzamenti dl terra coltivati dai contadini si esaurivano.
Il sistema d'irrigazione andava in decadenza.
I cattivi raccolti e le carestie diventavano cronici e si accompagnavano
a continui scoppi di malattie epidemiche, che provocavano molte
migliaia di vittime.
Nel corso della prima metà del XIX secolo, in molte province coreane si scatenò un'ondata di riVol.e contadine.
Particolarmente importante fu quella degli anni 1811-1812 nelle province nord-occidentali, che si prolungò per alcuni mesi.
Per reprimerla furono inviate grosse unità di truppe governative.
Un reparto di ottomila uomini assediò senza successo, per quattro mesi,
la città di Chongchün, che era stata presa dagli insorti; la spedizione
punitiva riuscì a penetrare nella città soltanto dopo averne fatto
saltare in aria le mura.
Contro i coraggiosi insorti venne effettuata una spietata rappresaglia;
più di duemila uomini, e perfino dei ragazzi (dai dieci anni in su)
vennero sterminati.
Dopo la sconfitta della riVol.a nelle province nord-occidentali il movimento antifeudale di massa non cessò nel paese.
Nel 1813 insorsero contadini e pescatori dell'isola di Chejudo.
In connessione con la fame avvennero moti in varie città coreane nel corso degli anni 30 del XIX secolo.
LE RIVOLTE CONTADINE DEL 1862
La seconda metà del XIX secolo si aprì con nuove riVol.e.
La più importante scoppiò nel 1862 nel circondario di Chunchu (provincia di Kjensando) e in altre regioni del paese.
Motivo immediato della sommossa dei contadini a Chunchu fu l'illegale
pretesa dei funzionari di far pagare alla popolazione delle imposte
arretrate peraltro inesistenti - nella misura di sessantamila njan.
Migliaia di contadini armati di vanghe e bastoni di bambù irruppero nel
centro del circondario ed effettuarono rappresaglie sopra gli odiati
funzionari; dopo di ciò essi attaccarono i feudatari dei dintorni e se
ne divisero le terre.
Nel corso di una settimana la riVol.a comprese tutti i ventidue
distretti del circondario; vennero bruciate e distrutte 182 case di
campagna dei feudatari e asportati beni per centomila njan.
In seguito, dopo la riVol.a di Chunchu, scoppiarono una dietro l'altra riVol.e anche in altri circondari.
Nel marzo 1862 insorsero tremila contadini di Iksan nella provincia Chollado.
Nell'aprile alcune migliaia di contadini insorti a Kaerjen (provincia di
Kjensando) distrussero le prigioni e liberarono i compagni reclusi,
bruciarono gli edifici governativi dove venivano conservati i ruoli
delle imposte e poi saccheggiarono le case dei funzionari e dei
feudatari, dividendosi i loro beni.
I funzionari più odiati vennero uccisi.
Uguale corso ebbero le riVol.e nelle altre località.
Per tutta la Corea il 1862 fu un anno di riVol.e contadine.
Nel corso di dieci mesi avvennero 21 grosse riVol.e di contadini con la partecipazione di decine di migliaia di persone.
Però tutti questi movimenti vennero schiacciati; essi avevano un
carattere spontaneo, erano isolati e non si trasformarono in una lotta
generale organizzata contro il sistema esistente.
I contadini, di regola, ottenevano soltanto la sostituzione dei vecchi
funzionari a la nomina di nuovi funzionari "buoni" nel proprio
circondario e nella provincia.
Ma perfino queste riVol.e contadine, anche se isolate, scuotevano egualmente le basi dello Stato.
LA CORRENTE IDEOLOGICA "SIRCHAK"
La crisi del sistema feudale portò non soltanto all'inasprimento della
lotta di classe, ma anche al rafforzamento delle contraddizioni
all'interno della classe dominante della Corea.
Se nel corso del XVIII e nella prima metà del XIX secolo era stata
instaurata una più o meno solida dittatura di una cricca di feudatari
(chiamata dei "noroni" = dei vecchi), proprio questo testimoniava che
non erano state eliminate le contraddizioni all'interno della classe
dominante, ma che erano stati fatti soltanto dei tentativi di
raccogliere forze per la lotta contro la crescente resistenza dei
contadini e l'aumentata influenza degli strati commerciali-artigianali
della popolazione.
La protesta dei contadini oppressi contro il brutale sfruttamento e
l'oppressione dei feudatari, nonché la loro aspirazione a una vita
migliore si riflettevano nelle più diverse opere della letteratura e del
folclore, nelle profezie, nelle faVol., nelle novelle e nei racconti.
Assieme a ciò, in conseguenza dell'acutizzarsi delle contraddizioni
interne nella società feudale coreana, singoli rappresentanti della
classe dominante, andando incontro alle aspirazioni delle forze
antifeudali che si sollevavano nel paese, incominciarono a rompere con
la vecchia ideologia confuciana e ad agire sotto la parola d'ordine
"sirchak" (per le scienze reali).
Questo movimento ideologico, sorto nel XVII-XVIII secolo, rifletteva in
una forma particolare gli interessi di chi combatteva contro i vecchi
principi e cercava un'uscita dalla grave crisi che attraversava la Corea
feudale.
Sul piano ideologico il movimento sirchak era ancora lungi dall'essere
maturo e coerente; esso appariva come una critica originale del sistema
feudale esistente e dell'ideologia confuciana, che consacrava tale
sistema.
I suoi seguaci riconoscevano la necessità di riforme nella vita sociale
ed economica, e sottolineavano l'enorme importanza dell'introduzione
delle scienze reali, legate con la vita, tra le quali essi includevano
non soltanto le scienze naturali (astronomia, matematica, medicina,
agronomia eccetera), ma anche la storia, la geografia, la linguistica e
la letteratura.
Gli esponenti di questo movimento consideravano necessario prendere a
prestito dagli altri paesi le conoscenze tecnico-scientifiche
d'avanguardia.
Le idee del sirchak vennero propagate da molti rappresentanti della
cultura coreana della fine del XVIII e dell'inizio del XIX secolo.
Tra questi il naturalista Chon De Jon, lo scrittore Pak Chi Von e altri, che erano seguaci delle "dottrine del nord".
Essi pensavano che per la Corea era necessario prendere a prestito le
conoscenze tecnico-scientifiche del proprio vicino, la Cina, e anche
dell'Europa.
Chon De Jon giunse da solo alla conclusione della rotazione della Terra
attorno al proprio asse e attorno al Sole, cosa che era contraria alla
rappresentazione confuciana dominante della struttura dell'universo.
Nelle sue opere letterarie Pak Chi Von ironizzava sarcasticamente sull'
"erudizione" confuciana dei feudatari coreani, sulla loro boria e
ignoranza, e attirava l'attenzione sulla grave situazione e sull'assenza
di diritti delle masse popolari.
Per questo, al fine di migliorare la situazione economica del paese e
alleviare le sofferenze del popolo, Pak Chi Von, analogamente agli altri
pensatori del sirchak, riteneva necessaria l'introduzione di migliori
metodi di conduzione dell'agricoltura, e lo sviluppo dell'industria e
del commercio.
Nonostante la profonda comprensione della situazione del popolo oppresso
e della sua lotta, i seguaci del sirchak non erano dei riVol.zionari e
speravano di realizzare i propri ideali con l'aiuto di un monarca
illuminato.
Ma perfino tale opposizione moderata provocava furiose repressioni da parte della cricca dominante dei noroni.
Vittima di queste persecuzioni fu uno dei più famosi pensatori coreani sirchak, Chon Jak Yon.
Nel 1801 egli fu condannato alla pena di morte, commutata poi con la
deportazione; nel suo lungo esilio Chon Jak Yon creò un utopia sociale.
Il progetto di un'organizzazione ideale della società sulla base della
distribuzione della terra alle comunità contadine secondo il principio:
"La terra appartiene a quelli che la lavorano e non può appartenere a
chi non la lavora".
Con ciò si ipotizzava la conduzione in comune dell'azienda, affinché
nessuno potesse appropriarsi del lavoro dell'altro e ognuno potesse
ottenere i prodotti in conformità al lavoro sVol.o nell'azienda sociale.
Chon Jak Yon condannava la monarchia ereditaria in linea generale,
affermava l'idea della sovranità popolare, dichiarava che fin dai tempi
antichi i governanti esistevano per il popolo e non il popolo per i
governanti.
Il movimento sirchak, che aveva provocato l'ascesa culturale della fine
del XVIII secolo, esercitò una fruttuosa influenza nello sviluppo della
cultura coreana anche nel XIX secolo.
La sviluppo della matematica, dell'astronomia, della meccanica, della
fisica, della botanica e della medicina, e anche un'impostazione più
scientifica dello studio della geografia, della storia, della lingua e
della letteratura, furono il risultato dell'attività dei pensatori
sirchak della fine del XVIII secolo.
Gli storici iniziarono a riesaminare criticamente le notizie delle fonti medievali.
L'influenza delle idee sirchak si fece sentire anche nell'arte
figurativa, e dalla seconda meta del XVIII secolo sorse l'indirizzo
realistico della pittura coreana.
Nei quadri del grande artista coreano Kim Chon Do (nato net 1760), al
posto della rappresentazione della vita della sola classe dominante, si
manifestano per la prima Vol.a, piene di profonda simpatia verso il
popolo, le nitide caratteristiche dei diversi tipi sociali: i fabbri, i
conciatetti eccetera.
I quadri di genere di un contemporaneo di Chon Do, Sin Jun Bok, rappresentavano in gran parte la vita dei cittadini.
Famosi maestri del paesaggio della fine del XVIII e della prima meta del
XIX secolo furono gli artisti Sin Vi (autore del quadro "Il bambù
nero") e Nam Ke U.
Il maggior contributo allo sviluppo del pensiero nei diversi campi delle scienze venne dato da Chon Jak Yon.
Egli scrisse le più importanti ricerche sulla geografia storica
("Ricerche dei limiti del nostro paese") e sulla storia della lingua
coreana ("Sulla inesatta interpretazione del significato delle parole").
Ancora oggi conservano grande importanza le sue numerose opere di
matematica, meccanica, fisica e astronomia, fisiologia e medicina.
Dalle sue posizioni di naturalista Chon Jak Yon condusse una lotta
continua contro le superstizioni religiose, la astrologia e la
ciarlataneria.
Al posto dei calendari dell'epoca, pieni di superstizioni e indicazioni
sui giorni "fausti" e "infausti", egli compilò un calendario scientifico
per il popolo, nel quale si sforzò di dare consigli sui migliori
periodi per il lavoro dei campi e le regola per nutrire e curare gli
animali domestici, e anche altri consigli utili sulla attività agricola.
Chon Jak Yon propose per primo in Corea d'introdurre la vaccinazione contro il vaiolo.
Egli sottolineò particolarmente l'importanza dell'introduzione delle novità tecniche.
In filosofia sviluppò gli embrioni delle idee materialistiche dei suoi
predecessori e criticò il sistema idealistico del neo-confucianesimo
dominante, dicendo che il principio ideale (ri) non era stato creato né
da dio né da un'altra creatura soprannaturale, ma era una particolare
modificazione del principio materiale (ki).
Durante la prima meta del XIX secolo ebbero il sopravvento le tendenze
conservatrici e reazionarie nella vita politica interna e nella
ideologia della Corea.
Cionondimeno gli aderenti al sirchak continuarono a esercitare una
fruttuosa influenza sullo sviluppo della scienza e della letteratura
coreane.
Applicando il metodo critico allo studio delle antiche epigrafi,
raggiunse grandi risultati lo scienziato Kim Chon Chi (1786-1856), che
con la sua opera "Descrizione dei monumenti epigrafici della Corea"
dette inizio all'epigrafia scientifica.
Egli non soltanto scoprì diverse importanti epigrafi, restaurò i testi
danneggiati e decifrò il loro contenuto, ma li utilizzò anche per lo
studio della storia.
Egli fu in Corea il promotore dello studio della storia della società primitiva sulla base dei reperti archeologici.
Dopo una visita alla Cina, Kim Chon Chi si tenne alacremente, nel corso
di vari decenni, in relazione con i famosi letterati cinesi Tsao
Hui-shui, Ve-Fan-han, Yuan Yuan e altri, e scambiò opinioni scientifiche
su molte questioni della storia della letteratura e della scrittura
cinese, allo studio della quale apporto un contributo essenziale.
Il metodo della ricerca critica si riflesse anche nella descrizione
etnografica della Corea, compilata verso la meta del secolo da Li Kju
Yon.
Negli anni 60 furono completati i lavori iniziati nel XVIII secolo per
la compilazione di una completa descrizione geografica (1863) e delle
carte geografiche della Corea (1861).
Il lavoro attuato all'inizio degli anni 60 per la compilazione del nuovo
codice "Corpo ricapitolato del Grande codice" (al posto dell'esistente
"Corpo completo del Grande codice", compilato nel 1785) era legato alla
politica della classe dominante, al consolidamento degli ordinamenti
feudali e all'esaltazione del potere reale.
Ai fini di questa politica furono subordinate i lavori per la
restaurazione del palazzo Kyonbokkun, che era stato demolito all'epoca
dell'incursione giapponese della fine del XVI secolo.
Questo palazzo monumentale, la più grande opera architettonica del
periodo del dominio della dinastia Li, doveva incarnare la grandezza e
la potenza della dinastia reale regnante.
Il Kyonbokkun era composto da un intero complesso di costruzioni, di cui
le più importanti erano la "Porta della gloria" e la "Sala del trono".
I MISSIONARI IN COREA. LA DOTTRINA TONGHAK
All'inizio del XIX secolo la Corea comincia ad attirare l'attenzione dei colonialisti europei.
Nei primi tempi aprirono loro la strada i missionari, che diffondevano il cristianesimo fra la popolazione coreana.
La propaganda cristiana si sviluppava in condizioni favoreVol..
Nei secoli XVII e XVIII gli elementi di opposizione in Corea
consideravano il cristianesimo come un'arma adatta per la lotta contro
l'ideologia ufficiale confuciana.
Ma in seguito la lotta contro la propaganda cristiana si identificò con
la lotta contro l'influenza degli Stati colonialisti che penetrava nel
paese.
Con gli anni 30 del XIX secolo, incominciarono ad apparire sempre più
spesso lungo le coste della Corea le navi delle potenze occidentali
(Inghilterra, Francia, Stati Uniti d'America).
Nel 1831 il papa istituì un vescovado coreano.
Nel giro di pochi anni della sua esistenza si convertirono al cattolicesimo circa diecimila coreani.
Nel 1839 il governo della Corea decise di prendere misure repressive
contro i cristiani e i missionari europei, quali individui pericolosi
per lo Stato.
L'esecuzione di alcuni missionari e cristiani coreani servì da pretesto
per l'invio in Corea, nel 1847, di navi da guerra francesi.
Le navi inviate andarono però a finite in una secca; nel restituire i
marinai francesi salvati dai coreani, il governo coreano rispose nello
stesso tempo con un categorico rifiuto alla richiesta delle potenze
straniere di stabilire rapporti commerciali e dare soddisfazione per i
missionari giustiziati
Nella misura in cui si manifestava il ruolo delle organizzazioni
missionarie quali agenzie dei colonialisti, si rafforzò gradualmente nel
popolo coreano l'opposizione all'ideologia cristiana da loro predicata.
La dottrina religiosa "tonghak" (dottrina orientale), che era nata alla
fine degli anni 50, iniziò apertamente a contrapporsi alla "dottrina
occidentale", cioè al cristianesimo, trapiantato dai missionari
cattolici.
Contemporaneamente il tonghak prendeva posizione anche contro il
confucianesimo ufficiale e aspirava a una particolare riforma religiosa,
la creazione di una nuova religione mediante l'unione degli elementi
fondamentali delle dottrine buddista, confuciana e taoista.
La dottrina del tonghak fu immediatamente sottoposta a persecuzione da parte delle autorità.
Il suo ideologo, Ch'oe Ce U, venne catturato e giustiziato.
Ma l'attività dei suoi seguaci proseguì, ed essi incominciarono ad
acquistare influenza fra i contadini coreani che si battevano contro
l'oppressione feudale.
La minaccia d'invasione della Corea da parte degli Stati stranieri
crebbe noteVol.ente dopo che negli anni 50 e 60 le potenze
capitalistiche ebbero imposto alla Cina e al Giappone trattati-capestro e
ottenuto la possibilità di una larga penetrazione in questi paesi.
LE RIFORME DEGLI ANNI 60 DEL XIX SECOLO. LA POLITICA DELL'ISOLAMENTO
Dopo la morte del re Chkhol Yon, che non aveva lasciato eredi, la lotta
della cricca dei feudatari portò alla vittoria il raggruppamento
settentrionale, con alla testa il principe Li Cha Y.
Suo figlio di 12 anni, Li Chi Chvan, che era stato adottato dalla regina
vedova Cho, venne elevato al trono (1863), ma tutto il potere passò al
principe Li Cha Y, che era divenuto reggente e aveva ottenuto il titolo
di "tevongun".
Dinanzi alle crescenti riVol.e contadine e al pericolo di un'invasione
dall'esterno venne fatto un tentativo di rafforzare il potere centrale.
Allo scopo di indebolire gli elementi locali feudali separatisti, il
tevongun chiuse la maggioranza dei "templi della gloria", che servivano
da centri politici dei grossi feudatari.
Per allargare la base sociale della autorità reale il governo aprì
l'accesso al servizio di Stato ai rappresentanti dei ceti non
cortigiani, e a fini demagogici proclamo anche la liquidazione delle
differenze di stato sociale.
Ma il cosiddetto equiparamento dei nobili con gli altri ceti portò in
realtà alla abolizione di singole trascurabili limitazioni nell'abito,
nelle calzature e così via, che non toccavano i loro fondamentali
privilegi.
Lo sfruttamento feudale dei contadini e degli artigiani non soltanto non venne ridotto, ma fu aumentato.
La costruzione del nuovo sontuoso palazzo Kyonbokkun fu accompagnata
dall'invio in massa dei contadini ai lavori forzati e dall'introduzione
di gravose tasse e tributi.
Per integrate l'erario esausto il governo iniziò a battere moneta di bassa lega.
La politica estera del tevongun aveva come scopo il completo isolamento della Corea.
La classe dominante vedeva in ciò la più importante condizione per il mantenimento degli ordinamenti esistenti nel paese.
Per questo venne adottato un programma di armamenti e di una estesa costruzione di fortificazioni costiere e confinarie.
Negli anni 60 del XIX secolo, sotto l'influenza dei missionari del
Vaticano, i cattolici coreani posero dinanzi al tevongun la questione
della concessione della libertà di propaganda del cristianesimo a
dell'alleanza della Corea con la Francia.
Il governo rispose a questa richiesta con nuove repressioni, dato che
ravvisava in essa un tentativo di violare l'isolamento del paese.
Nel frattempo le potenze occidentali, appigliandosi al formale
vassallaggio della Corea dalla Cina, decisero di rimettere a
quest'ultima la responsabilità per il comportamento del governo coreano,
che aveva preso misure risolute contro la penetrazione degli stranieri.
Esse esigevano che venissero estesi alla Corea i trattati "iniqui"
imposti alla Cina e che l'imperatore cinese, sulla base del diritto di
sovranità, esercitasse pressioni sulla Corea a favore degli Stati
stranieri.
Il governo cinese si rifiutò categoricamente di intervenire negli affari
della Corea, dichiarando che la considerava sovrana nella
amministrazione interna e nei rapporti con gli altri Stati.
Allora il rappresentante diplomatico francese in Cina proclamò detronizzato il re coreano.
I francesi pretendevano perfino che del trono vacante in Corea dovesse disporre l'imperatore francese.
Nell'autunno del 1866 truppe francesi, che erano giunte con una squadra
di sette navi, conquistarono la fortezza coreana di Kenhva e bloccarono
la foce del fiume Hangin, con l'intenzione d'impossessarsi della
capitale della Corea.
Però gli invasori francesi incontrarono una fortissima resistenza, e
dopo aver subito grandi perdite nei tentativi di occupare la fortezza di
Mungu, furono costretti a ritirarsi.
LA COREA E GLI STATI UNITI D'AMERICA NEGLI ANNI 1860 E 1870
Sulla strada dell'aggressione alla Corea intervennero anche gli Stati Uniti.
Dopo la fine della guerra civile, vennero esaminati dal Congresso degli Stati Uniti i piani di conquista della Corea.
Con questi piani era collegata l'apparizione nelle acque coreane di navi-pirata armate degli americani.
Nell'estate del 1866 uno "schooner" (brigantino) armato americano, il
"Generale Sherman", raggiunse lungo il flume Tedongan la regione
Phjenando con l'intenzione di saccheggiare gli antichi kurgan nei quali,
secondo quanta si riteneva, dovevano essere racchiuse enormi ricchezze.
Non tenendo conto delle intimazioni delle autorità locali di lasciare il
territorio coreano, l'equipaggio dello schooner si diede ad attuare
violenze e rapine.
La popolazione si ribellò, bruciò lo schooner e massacrò l'equipaggio.
La distruzione dello schooner americano servì da pretesto per il diretto attacco armato degli Stati Uniti alla Corea.
Nel 1871 giunse nelle acque coreane una squadra americana di cinque
navi, il cui comandante esigeva come riparazione per la distruzione
dello schooner l'immediata apertura dei porti coreani al commercio
americano.
Ma nel tentativo di penetrare a Seul le navi degli aggressori americani
subirono gravi perdite per il fuoco delle batterie costiere alla foce
del fiume Hangin.
Uno sbarco di armati effettuato sull'isola Kangwa Do tentò
d'impossessarsi dei forti, ma anche qui gli americani incontrarono la
ferma resistenza dei coreani.
Il primo attacco degli americani contro la Corea fu rigettato grazie al
patriottismo e alla fermezza delle masse popolari, che si erano
sollevate contro l'aggressione straniera.
Il governo del tevongun si sforzò di utilizzare questa vittoria per
mantenere l'isolamento del paese e rafforzare il regime feudale.
Ma la politica di rafforzamento del sistema feudale contrastava con gli
interessi vitali del popolo coreano e per questo provocava nuove
riVol.e.
Dopo la riVol.a del 1864 a Pungchon (nella provincia Hvanhedo), riVol.e
contadine si verificarono negli anni 1869-1871 in altri circondari.
Gli insorti distruggevano gli edifici governativi, uccidevano i
funzionari e i proprietari fondiari, dividevano il grano dei depositi
governativi devastati, cercavano di attuare l'uguaglianza dei ceti.
Alla ricerca dei mezzi per il proprio sostentamento, migliaia di
contadini affamati delle province settentrionali della Corea, nonostante
le severe leggi che difendevano l'isolamento del paese e la minaccia
della pena di morte per la violazione del confine, entrarono nel
territorio della Cina nord-occidentale e nella regione dell'Amur, che
apparteneva alla Russia.
La debolezza e l'arretratezza dello Stato coreano furono sfruttate dagli
Stati capitalisti, che si sforzarono di istituire in Corea ordinamenti
coloniali.
Essi mascherarono la loro politica aggressiva con immaginarie
preoccupazioni sull'assicurazione della "indipendenza della Corea" e
della sua "liberazione" dal dominio cinese.
Anche la Corea si dimostrò impotente dinanzi alla pressione dei colonialisti stranieri.
La Corea contro l'oppressione coloniale
Accademia delle Scienza dell'URSS | Storia Universale, Vol. 7, cap. XVI, Teti editore
***
Verso il 1870 la Corea rimaneva un paese chiuso, senza rapporti con gli Stati stranieri.
Della sua debolezza e arretratezza approfittarono il Giappone e altre
potenze capitaliste e verso la fine del secolo la regione divenne
oggetto di un'accanita gara tra gli imperialisti.
GLI "INIQUI" TRATTATI. L'INSURREZIONE POPOLARE DEL 1882
Nel 1876 il Giappone costrinse con la forza delle armi il governo
coreano a firmare un trattato commerciale, che lo impegnava ad aprire al
commercio giapponese il porto di Pusan e 20 mesi dopo altri due porti, e
a lasciare ai mercanti giapponesi piena libertà d'azione, e concedeva
loro il diritto di extraterritorialità.
Nel 1882 un altro trattato "iniquo" venne imposto alla Corea dagli Stati
Uniti e successivamente dall'Inghilterra, dalla Russia e dalla Francia.
I capitalisti stranieri, e soprattutto quelli giapponesi, cercarono di ridurre la Corea a colonia.
Nei primi 5 anni dopo la forzata apertura dei porti, le esportazioni del Giappone in Corea aumentarono di 12 Vol.e.
Il commercio estero coreano assume le tipiche forme coloniali.
Con la penetrazione del capitale straniero s'intensificò il processo di
disgregazione del feudalesimo e si approfondirono i contrasti di classe
nel paese.
La soggezione della Corea agli Stati capitalistici suscitava il
crescente malcontento delle masse contadine e dei poveri delle città:
nel 1882 scoppiò una insurrezione popolare a Seul, e fu questa la prima
grande agitazione del popolo coreano contro il giogo feudale e gli
invasori stranieri.
Il motivo immediato fu offerto dalla distribuzione di riso guasto ai militari della guarnigione di città.
I soldati uccisero il loro intendente; ma vennero arrestati; la notizia
del loro arresto fu il segnale dell'insurrezione generale.
Agli insorti si unirono i poveri della città e i contadini dei villaggi vicini.
I ribelli liberarono i soldati arrestati e uccisero gli odiati funzionari.
Una parte degli insorti assediò per 7 ore l'edificio della missione giapponese.
I circoli dirigenti coreani chiesero aiuto al governo cinese e solo dopo
l'arrivo di un distaccamento di 3.000 soldati cinesi l'insurrezione
venne soffocata.
Il governo giapponese sfruttò l'insurrezione minacciando un'invasione
militare della Corea che fu costretta a concludere nello stesso anno
1882 il trattato di Inchön: la Corea s'impegnava a pagare al Giappone un
contributo di 550.000 yen e a concedere una serie di privilegi, fra cui
il permesso di mantenere a Seul forze militari giapponesi.
IL TENTATIVO DI RIVOLUZIONE DI PALAZZO DEL 1884. I TRATTATI DI SEUL E DI TIENTSIN
L'intensificata pressione coloniale del Giappone allarmò seriamente il
governo manciù, che prese misure per consolidare le proprie posizioni in
Corea.
I giapponesi decisero allora di abbattere il governo coreano, che
simpatizzava per la Cina, e di formarne un altro con elementi scelti fra
i nobili coreani collaborazionisti.
In questo periodo un gruppo di giovani nobili si raccolse nel "Partito delle Riforme".
Prendendo a modello le trasformazioni attuate in Giappone dopo il 1868,
essi presentarono un vasto programma di riforme economiche e sociali, la
cui attuazione avrebbe dovuto contribuire allo sviluppo capitalistico
della Corea.
Alla fine del 1884 i loro leaders Kim Ok Kyoon, So Kwangi Bum e altri
organizzarono insieme all'ambasciatore giapponese Takezoe una congiura,
cui presero parte attiva anche i diplomatici americani presenti in
Corea, poiché il governo degli Stati Uniti riteneva che il domino del
Giappone sulla Corea avrebbe aperto la strada anche alla penetrazione
del capitale americano.
Il 4 settembre 1884 un distaccamento di soldati giapponesi occupava il palazzo reale e faceva prigioniero il re.
Il potere passò al Partito delle Riforme, i cui dirigenti formarono un governo con alla testa Kim Ok Kyoon.
A Seul però scoppiò una grande insurrezione contro i colonialisti
giapponesi, appoggiata dai contadini dei villaggi vicini, i diplomatici e
i mercanti giapponesi fuggirono a Inchön, e il tentativo di colpo di
stato fallì.
Il governo giapponese inviò allora in Corea una spedizione militare e
nel -gennaio 1885 il governo coreano, sotto la minaccia di azioni
militari, fu costretto a firmare il trattato di Seul, che lo impegnava a
pagare al Giappone un contributo di 110.000 yen per le "perdite"
causate dall'insurrezione.
Nello stesso periodo vi furono sulla questione coreana trattative
nippo-cinesi, che si conclusero nell'aprile 1885 con la firma del
trattato di Tientsin: le due parti si impegnavano a ritirare le proprie
truppe dalla Corea e a non intervenire con forze armate per soffocare
qualsiasi "disordine" nel paese, senza avvertire prima per iscritto
l'altra parte contraente.
Il Giappone dovette riconoscere ufficialmente l'egemonia della Cina
sulla Corea; il governo manciù, da parte sua, riconosceva "speciali
diritti" del Giappone sulla Corea.
Fallito il tentativo d'imporre il loro potere politico sulla Corea, i
capitalisti giapponesi cercarono di sottomettere economicamente il
paese: verso il 1890 essi riuscirono a concentrate nelle proprie mani la
maggior parte del commercio marittimo della Corea con l'estero; gli
scambi commerciali con il Giappone, negli anni 1885-1890, superarono
l'80 % dell'intero commercio estero della Corea, rappresentando il
doppio Vol.me del commercio coreano con la Cina; nelle zone interne
della Corea invece il mercato era in prevalenza monopolio dei cinesi.
Anche il capitale americano cercò di estendere le proprie operazioni in
Corea: nel 1883 la compagnia americana "Middleton & C." ottenne i
diritti di sfruttamento delle linee marittime Shanghai-Inchön e
Nagasaki-Pusan; nel 1884 gli imprenditori americani acquistarono il
diritto di costruire una vetreria e una fabbrica di fiammiferi, il
monopolio della navigazione costiera. della ricerca delle perle, della
lavorazione del legname e dello sfruttamento dei campi auriferi del
circondario di Wonsan.
L'INSURREZIONE CONTADINA DEL 1893-1894
L'intensa importazione di merci straniere a buon mercato mise in crisi
l'artigianato contadino e causò iI fallimento di numerosi artigiani.
Il mantenimento d'istruttori stranieri, il pagamento dei contributi al
Giappone e degli alti interessi per i prestiti aumentarono il deficit
delle casse dello Stato, causando un appesantimento del carico
tributario sulla popolazione.
Nel 1893 nel sud del paese scoppiarono agitazioni spontanee di contadini
e di poveri delle città contro i proprietari fondiari e i funzionari
reali.
L'insurrezione abbracciò rapidamente tutte le province meridionali e parte di quelle centrali.
Le truppe governative repressero spietatamente il movimento, ma all'inizio del 1894 l'insurrezione si riaccese con nuovo vigore.
Alla testa del movimento era un impiegato di nome Jun Bong Joon.
Nel circondario di Kobu gli insorti organizzarono un esercito contadino e si mossero contro le truppe governative.
Essi chiedevano la cacciata degli stranieri, dei proprietari fondiari e
dei funzionari reali addetti alle imposte, nonché la distribuzione di
terra ai contadini.
Le agitazioni si estesero all'intero paese: nel maggio 1894 gli insorti
controllavano 23 circondari della provincia di Cholla e 8 circondari
nelle province di Chunchong, Kiongkwi, Kangwon e Hwangha.
Durante l'avanzata dell'esercito contadino la popolazione gli manifestava la più calda simpatia.
Nelle zone occupate vennero creati comitati contadini, che attuarono la riforma del governo locale.
Il governo coreano, non essendo in grado di domare con le proprie forze l'insurrezione, chiese aiuto alla Cina.
Nel giugno 1894 giunsero ad Asan 1.500 soldati cinesi.
Anche il Giappone inviò in Corea proprie truppe col pretesto di contribuire alla liquidazione dei "disordini interni".
In luglio le truppe giapponesi entravano a Seul, occupavano il palazzo
reale e nominavano un governo fantoccio con a capo lo zio del re,
ex-reggente.
Nello stesso mese i giapponesi attaccarono, senza dichiarazione di guerra, le navi cinesi che si trovavano nelle acque coreane.
Ebbe così inizio la guerra cino-giapponese, dichiarata formalmente solo il 1° agosto.
Essa si sVol.e principalmente in terra coreana.
L'esercito giapponese si scontrò con la seria resistenza delle masse popolari.
Le province meridionali erano già controllate dagli insorti, che
chiamarono il popolo alla marcia su Seul: "Tutti e ovunque prendete le
armi e unitevi a noi!" diceva un appello.
Solo dopo l'arrivo di rinforzi e il congiungimento con i reparti
governativi coreani l'esercito giapponese riuscì a fermare nella zona di
Konchu (provincia di Chunchong) l'armata contadina.
Iniziò una feroce repressione contro i partecipanti all'insurrezione e i
loro capi Jun Bong Joon, Kim Duk Myung, Jung Kyuk Sung vennero
giustiziati.
LA LOTTA DELLE POTENZE IMPERIALISTICHE PER LA COREA ALLA FINE DEL XIX SECOLO
Dopo aver soffocato l'insurrezione contadina i colonialisti giapponesi
passarono al consolidamento del loro regime di occupazione.
Nel dicembre 1894 venne formato un nuovo governo filo-giapponese.
Alcuni portafogli ministeriali vennero affidati a coreani emigrati negli
Stati Uniti, che avevano fondato al loro ritorno in Corea il "Partito
Americano".Gli occupanti giapponesi riorganizzarono l'esercito e la
polizia e cacciarono in massa i funzionari di tendenze patriottiche.
Il regime poliziesco creato dai colonialisti giapponesi in Corea inasprì l'odio del popolo coreano verso di essi.
Aumentò il numero dei reparti partigiani contadini, che diedero vita al cosiddetto "esercito della giustizia".
I principali focolai del movimento antigiapponese si svilupparono nelle
zone dei porti aperti e nelle province meridionali di Cholla e di
Kiang-sang.
Alla lotta per il saccheggio delle ricchezze naturali della Corea, per
ottenere concessioni e per il diritto di concedere prestiti, oltre al
Giappone parteciparono attivamente anche altre potenze imperialiste: nel
1895 gli imperialisti americani costrinsero il governo coreano a
concedere loro il diritto di sfruttamento del grande giacimento aurifero
di Piongan, di costruzione della ferrovia Seul-Inchön e successivamente
la gestione di diverse aziende di Seul; i capitalisti inglesi
strapparono una concessione per l'estrazione dell'oro in Corea e
l'amministrazione delle dogane coreane; la Russia zarista ebbe diritti
sull'estrazione dei minerali di ferro, sulla manutenzione delle linee
telegrafiche e sullo sfruttamento delle foreste sul fiume Yalu.
La maggior parte delle concessioni era però appannaggio dei capitalisti
giapponesi, i quali non avevano abbandonato i loro progetti di
assoggettamento totale della area.
Il riconoscimento dell'"indipendenza della Corea", sancita dal trattato
di Shimonoseki, doveva garantire al Giappone l'attuazione dei suoi piani
di conquista.
Ma la loro realizzazione urtò contro l'energica opposizione della
Russia, i cui circoli dirigenti cercavano di allargare la propria
influenza in Corea.
La diplomazia zarista sfruttò il crescente odio del popolo coreano verso
gli occupanti giapponesi e l'accresciuto prestigio della Russia (dopo
l'azione diplomatica comune delle grandi potenze contro l'occupazione
della penisola di Liaotung da parte del Giappone, attorno alla regina
Min si era formato un gruppo antigiapponese che pensava d'indebolire il
colonialismo giapponese con l'aiuto della Russia).
Nella notte dell'8 ottobre 1895 agenti giapponesi assassinarono la
regina Min e molti suoi fautori e crearono un governo fantoccio
filo-giapponese.
Ma nel febbraio 1896 il re riuscì a sfuggire ai giapponesi e a riparare
nella missione russa, mentre il governo fantoccio veniva dichiarato
illegittimo.
Il nuovo ministero fu formato con elementi simpatizzanti con la Russia e l'influenza politica del Giappone vacillò.
Il nuovo trattato del 1896 tra il Giappone e la Russia riconosceva alle due parti "uguali diritti" in Corea.
Non avendo la possibilità di opporsi apertamente alla crescente
influenza della Russia, il Giappone, l'Inghilterra e gli Stati Uniti
decisero di agire tramite un gruppo di nobili coreani che ritenevano
ingenuamente queste potenze amiche della Corea e desiderose di
appoggiare l'attuazione di riforme progressive in Corea.
Questo gruppo organizzò nel 1896 i1 cosiddetto "Club dell'Indipendenza" e
diede inizio alla pubblicazione in lingua inglese del giornale
"Indipendenza" ("Independence"), tentando di servirsi del movimento
patriottico per condurre la lotta contro l'estensione dell'influenza
della Russia in Corea.
Con l'aiuto degli Stati Uniti e dell'Inghilterra il Giappone riuscì nel
suo intento e alla fine del XIX secolo la Russia aveva visto grandemente
ridotta la sua influenza in Corea.
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