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ISTITUTO DI STUDI COMUNISTI
Karl Marx - Friedrich ENGELS
istcom@libero.it

1917-2003 - 86° della Rivoluzione d’Ottobre

Tutto il potere ai Soviet


Teramo, 7. novembre. 2003

Premessa teorica
Organizzazione della società socialista
La pianificazione – il Gosplan
Il sistema istituzionale - rappresentativo in U.R.S.S
Bolscevismo e Menscevismo
I successi nella costruzione della nuova società socialista sono indiscussi
Conclusioni


Premessa Teorica.

Nella società borghese abbiamo il citoyen, ossia il cittadino o civis. Le forme di organizzazione della comunità uomo hanno alla base il civis, a differenza della feudale che aveva il suddito.
Abbiamo così le consequenziali delle forme di organizzazione amministrative, statali, politiche, giuridiche, ecc.. Il civis esercita i suoi diritti entro tali strutture e su tutti i campi della vita sociale.
Adesso il termine “civis” è termine vago, è il cittadino genericamente inteso senza caratterizzazione e specificazione alcuna, ossia astratto dal suo essere reale; ossia astratto dal suo essere “ zoon politikòn”, ossia animale sociale.
L’uomo, cioè, è letto unicamente in questa sua dimensione di cittadino, di portatore di diritti politici.

In questa astrazione si vengono a perdere i carattere distintivi e solo attraverso tale processo di astrazione diviene poi possibile la categoria astratta di “ cittadino”.
La tripartizione del potere costituisce un importante passo avanti compiuto nel corso della rivoluzione borghese: 1500-1700, in opposizione alla unicità del potere: legislativo, esecutivo e giudiziario, che vengono formalmente unificati nella figura del popolo, ossia la somma indistinta di civis, che in varie forme e modi delega a sezioni separate questi poteri, tale da avere poi il potere legislativo affidato al parlamento, il potere esecutivo affidato al governo, il potere giudiziario affidato alla magistratura, che agiscono, in nome del popolo e per il popolo dal quale ricevono la legittimità del loro potere e quindi del loro agire.

Marx ed Engels sviluppano una critica attenta a questa struttura, evidenziano come in realtà il civis, dopo averlo formalmente nominato depositario di tutti i poteri, viene subito dopo estromesso da tali poteri e non ha alcun strumento o modo, o forma per poterlo esercitare.
Il mandato parlamentare nelle repubbliche democratiche per i modi e le forme in cui si attua relega al civis unicamente il compito di nominare chi, ma su cui non ha alcun controllo.
Marx ed Engels nella formulazione di “ fictio iuris” sintetizzano il loro giudizio e fermano i limiti di questa impostazione.

La società borghese costituisce, comunque, una rottura con la precedente struttura statuale feudale e l’evoluzione verso una forma superiore della comunità-uomo.
E’ evidente come sia decisamente limitata e parziale la lettura dell’uomo ridotto e ricondotto esclusivamente a civis e come questo comporti poi l’espropriazione di qualsiasi potere reale allo stesso “ civis”.

La società socialista costituisce la più radicale rottura con la precedente teoria e struttura statuale borghesi.
Non avendo a base il mercato e la valorizzazione del capitale e non avendo essa come classe dirigente una èlite, ma la maggioranza della popolazione: i produttori, intercetta una diversa società che sia in grado di essere espressione della schiacciante maggioranza della popolazione, e poi della totalità della popolazione, ossia i produttori. Essa si configura infatti come “ società dei produttori”.

La teoria dello Stato marxista respinge tout court la categoria civis, o citoyen, in quanto astratta, vaga, indistinta e tende a definirla nelle sue varie accezioni ed a dare legittimità giuridica, politica ed istituzionale a tali accezioni.
La categoria civis perde così la sua natura astratta, vaga, indefinita entro la quale veniva costipato l’uomo, il singolo e che consentiva l’intero impianto della fictio iuris e il consenso/dominium capitalista e viene restituito alla sua materialità. In tal modo viene dinamicizzato e complessificato quanto in precedenza era stato piattamente linearizzato ed ideologicamente semplificato; all’uniformità ed omologazione si sostituisce la diversità.

Consequenzialmente la società che ne scaturisce è molto più dinamica e complessa e l’insieme di tutte le sue istituzioni ed organismi si trovano in un complesso equilibrio decisamente dinamico e poliedrico, che non la società borghese.
L’Uomo, oltre che essere cittadino, ossia portatore di diritti politici e civili è anche produttore e consumatore. Se non viene messo nelle condizioni di partecipare e decidere in queste sue due funzioni fondamentali, egli non è, poi, neppure in grado di esercitare i suoi diritti civili e politici.
E’ ospite di riguardo e non cittadino dello Stato nazionale, giacché tutto quanto riguarda la vita reale, la vita quotidiana gli è estraneo, non vi prende alcuna parte, né gli viene riconosciuta alcuna funzione, che viene affidata alla classe che detiene i mezzi di produzione. E’ essa infatti che decide cosa produrre e cosa consumare.

L’uomo a differenza di tutti gli altri animali, che trovano in natura i mezzi per il loro sostentamento, deve, per la complessità fisiologica del suo organismo, trasformare quanto la natura offre spontaneamente in cose a sé utili ed attraverso la coltivazione e l’allevamento ed altri processi riperpetuare questo processo onde garantire la riproduzione delle condizioni materiali della sua esistenza.
L’uomo attua cioè un ricambio organico tra sé e la natura.
Questa azione non può essere condotta dal singolo uomo, ma sempre da una comunità-uomo,  storicamente determinantesi.
Questa azione è il lavoro: è dal lavoro che proviene la conoscenza, giacché ogni innovazione scientifica e tecnica ha alla base, ha per scopo, la modifica ed il miglioramento del modo, della forma, dei tempi in cui si attua il ricambio organico uomo-natura. Esso è di natura materiale ed intellettuale.

Questo farà dire ad Aristotele che l’uomo è un Zoòn politikòn, ossia un animale sociale (1). E’ da questo ricambio organico, ossia dal lavoro, che scaturisce sia l’evoluzione stessa dell’uomo dalla scimmia, sia lo sviluppo ed affermazione sempre più ricca dell’uomo in quanto Zoòn politikòn , o essere sociale; e lo stesso sviluppo della società umana e quindi delle società e dei sistemi produzioni che si succedono.
Se la totalità degli uomini, in quanto produttori, vengono esclusi dalla decisione dell’indirizzo da dare al ricambio organico essi non saranno neppure in grado di agire in quanto consumatori, quindi essi non saranno mai padroni né della società né di se stessi.

La teoria politica della borghesia non riconosce affatto l’Uomo in quanto produttore, tant’è che essa non riconosce il lavoratore e nella società capitalista non riconosce alcun diritto in quanto lavoratore, ossia in quanto produttore. Il diritto all’associazione sindacale, il diritto alla contrattazione, lo stesso diritto di un tavolo di trattativa, il diritto di sciopero non sono in alcun modo riconosciuti dalla teoria politica borghese. La classe della borghesia ha dovuto accettarli perché le sono stati imposti, ma essi non sono propri della sua teoria politica ed infatti essa tende a sopprimerli, restringerli od a limitarli in tutto o in parte ogni qualvolta i rapporti di forza glielo consentono. In Inghilterra il diritto di sciopero non è riconosciuto, esso è punito dalla legge e non è neanche consentito; quello che viene consentito attraverso una forzatura è una interpretazione che concede tale diritto per ogni singolo sciopero da parte della Camera dei Comuni e della Camera dei Lords: ma è concesso, è benevolenza non diritto, allo stesso modo del diritto di associazione sindacale.

L’uomo oltre che produttore è anche consumatore nell’accezione piena del termine:
in quanto consumatore di materie prime e di mezzi di produzione ed in quanto consumatore di beni, merci e servizi.
La teoria politica borghese non riconosce in alcun modo il consumatore, non gli riconosce alcun diritto, egli non ha alcun diritto di stabilire cosa vuole consumare. Egli può decidere, tra quanto gli viene offerto, cosa consumare ed in quale quantità, dato un livello salariale, che non ha alcun rapporto sostanziale con il livello dei prezzi, se non per quanto attiene i beni necessari alla sua sussistenza.
Produzione, consumo, livello dei prezzi  vengono decisi in prima istanza dal mercato ed il seconda istanza dalla classe detentrice dei mezzi di produzione.

La teoria politica borghese, dopo aver riconosciuto il citoyen, o cittadino, o civis, nella sua accezione più astratta di portatore di diritti politici e civili, non riconosce affatto l’Uomo, né la vita dell’Uomo, che viene fatta regolare unicamente dal mercato e dall’andamento ciclico del processo produttivo.
Tutto quanto viene impropriamente definito “ welfare” non costituisce affatto parte della teoria politica borghese, e quindi della teoria dello stato della classe della borghesia. Esso infatti è stato imposto dalla lotta di classe del proletariato e dei contadini, tant’è che ciascun stato capitalista tende a eliminare, contrarre, limitare il welfare in tutto o in parte quando rapporti di forza glielo consentono.

Assai erroneamente si ritiene che il keynesismo sia portatore del welfare, fino ad identificare keynesismo e neokeynesismo con welfare.
Le teorie economiche di Keynes, Moneta e Credito, attengono unicamente ad un ruolo maggiore dello Stato a sostegno dell’andamento ciclico dell’economia, quale committente e quindi volano dell’economia sia per quanto attiene opere pubbliche e sia per quanto attiene la produzione di importanti settori o presenza in quei settori ad alto investimento ed ad alto rischio di rientro: ricerca, ecc.; e sia come agente generale di Borsa della classe capitalistica: Banca centrale, emissione di moneta, moneta manovrata, ecc. ecc.
E’, in definitiva, quello che prima Engels in Antidhuring e poi Lenin in Imperialismo definiscono capitalismo monopolistico di Stato e dove già Engels metteva in guardia da leggere tale nuova funzione del capitalismo come una qualche forma di socialismo, che egli stigmatizzava in socialismo alla Bismark.
Engels e Lenin definivano il capitalismo monopolistico di Stato quale capitalismo monopolistico privato più le prerogative dello Stato.

Sarà unicamente un’operazione ideologica, a partire dagli anni 1947-50 e ad opera della socialdemocrazia, ed in modo particolare della SPD e del Congresso di Bad Godesberg, quella che tenderà ad identificare keynesismo e welfare e che costituirà poi l’anima della politica della II Internazionale nel secondo dopoguerra fino alla metà degli anni Ottanta, ove tale teoria sarà sostituita da quella dei “ due terzi”. Tale operazione aveva il compito sia di rispondere alla possente ondata di lotta di classe del proletariato e dei contadini dei paesi imperialisti contro la società borghese, al fine di tentare di separare l’andamento della lotta di classe nei paesi imperialisti da quello dei popoli d’Asia, d’Africa ed America Latina e come risposta al “ welfare” dei paesi socialisti e quindi come momento della più generale lotta del campo imperialista contro il campo socialista.
Ma rispondeva anche, coniugando i due aspetti, alla esigenza di una maggiore penetrazione e concentrazione del capitale monopolistico in alcuni settori ed infine quale momento di allentamento della pressione salariale e come forma di scaricare parte dei costi della forza lavoro sullo Stato, come forma di sgravio fiscale sociale.

Tale sedicente politica del welfare e del keynesismo non va mai disgiunta dalla più complessiva strategia dell’Imperialismo degli anni 1948-1975 inerente la fissità del dollaro, la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale e loro strategie di penetrazione e sottomissione di tutto il pianeta al capitalismo. Ha infine il compito di razionalizzare alcuni settori al fine di una maggiore e migliore velocità di circolazione del capitale, essendo alcuni settori: casa, sanità, previdenza ed assistenza, ecc. importanti mercati di sbocco per importanti branche produttive.

La teoria politica borghese riconosce esclusivamente il citoyen, il civis, ossia il singolo, mai la comunità- uomo. Legge civis e non societas.
Essa infatti si preoccupa di garantire esclusivamente i diritti di ciascun singolo cittadino e mai l’insieme dei cittadini, e mai le condizioni perché questi diritti possano essere applicati ed usufruiti dai singoli. Non ha quindi alcuna politica, alcuna teoria politica, circa la società degli uomini, essa infatti non conosce il concetto di solidarietà. Essa, infatti, non conosce alcuna politica sociale, al cui posto agisce invece la Filantropia, la carità, quale sentimento solidaristico verso i poveri, oggi chiamati eufemisticamente “i deboli”, i “meno abbienti”.

Legge, infine, il citoyen in quanto Uomo e mai la coppia Uomo-Donna e quando sotto la pressione di forti movimenti di massa per la emancipazione della donna è costretta a riconoscere la Donna la legge unicamente nella omologazione all’Uomo, meno che mai il Pianeta Donne ed i Tempi delle Donne categorie e concetti che la teoria politica borghese non capisce, non regge.

Ancora.
La teoria politica borghese pone tra i suoi valori fondamentali quelli di Libertà ed Uguaglianza, il terzo, Fraternità, non ha mai avuto consequenzialità alcuna se non nella forma della Filantropia.
Ma sono i valori di Libertà del mercato e del perseguimento del profitto ed è l’uguaglianza nelle forme di sfruttamento della forza lavoro. La proiezione di questi valori sul piano della politica è unicamente la teoria un uomo un voto e tutte le libertà formali e le condizioni di uguaglianza formali, ossia la fictio juris.
Poiché non legge la complessità di Uomo – Comunità_Uomo – Lavoro, la teoria politica borghese legge il singolo individuo e non la società; in tali condizioni questi valori pur giusti scadono nel pantano della retorica umanistica, che nasce a partire dal XI secolo in Italia con la scuola siciliana ed il dolce stil novo.
Una sia pur superficiale analisi teorica dei concetti così come vengono formulati e prendono corpo nella teoria politica borghese ne evidenzia tutta la inconsistenza, la vuota retorica umanistica.

Proclamare che tutti gli uomini sono liberi è un falso, non è vero; è populismo demagogico, non sussiste alcun elemento probatorio atto a sostanziare questa pur generosa, quanto sterile, petizione di principio. Gli uomini non sono liberi, nessuna cosa, pianta o animale è libera di agire; essi agiscono entro determinati vincoli e legami, ossia entro ben precise ed esatte condizioni di necessità.
Gli uomini possono essere tutto meno che liberi, essi possono vivere unicamente in comunità e questo ne determina e limita e detta le condizioni entro cui può esercitarsi la loro libertà. Gli uomini vivono un ben preciso ed esatto rapporto con il mondo esterno che determina un ulteriore livello di condizionamento delle condizioni entro cui può esercitarsi la libertà di ciascuno.

Il livello di conoscenza scientifico e tecnologico, ossia il modo concreto di come in una determinata fase avviene il ricambio organico, stabilisce gli esatti livelli delle condizioni entro cui può esercitarsi la libertà di ciascuno. La Scienza Medica è una particolare scienza che più delle altre detta le leggi di tali condizioni(2). Una assai basso livello di mobilità determina un assai basso livello di scambi tra le varie comunità in un determinato territorio e quindi agisce da ostacolo a sinergie tra varie culture, esperienze e conoscenze e quindi abbassa il livello potenziale ed effettivo del ricambio organico e quindi le possibilità reali di produzione di ricchezza sociale e quindi le condizioni di vita degli uomini, le condizioni entro cui essi riproducono le condizioni materiali della loro esistenza, ecc.
La libertà è allora strettamente definita e si definisce in rapporto all’altra categoria: Necessità.
Ma saranno Marx ed Engels i primi a coniugare Libertà-Necessità e formulare la storia degli uomini come un incessante transitare dal regno della Necessità al regno della Libertà.

La libertà allora si esplica unicamente entro la Comunità-Uomo, storicamente determinatesi, entro cui, e tramite cui, gli uomini vivono ed affermano e realizzano la loro natura sociale. Occorre allora ampliare i limiti entro i quali la Comunità-Uomo agisce, perché vi possa essere espansione alle libertà individuali, ossia costruendo più avanzate condizioni entro cui si possa esercitare la libertà della Comunità-Uomo e quindi anche dei suoi singoli membri.
Assolutamente falsa la dichiarazione, che è alla base del diritto borghese, secondo la quale la libertà dell’uno finisce lì dove ha inizio la libertà dell’altro, ossia dove la libertà dell’altro è limite della libertà dell’uno.

Adesso posta una comunità di appena 10mila persone la libertà dell’uno è limitata dalla libertà dei restanti 9.999 e così di ciascuno, per cui l’uno è in lotta con tutti i restanti 9.999 cittadini.
La libertà dell’altro non è limite della libertà dell’uno, ma è il completamento e la conditio sine qua non per la libertà dell’altro e di tutti gli altri!
Marx ed Engels hanno ripetuto sino alla noia tale questione.
Ma il punto è che la società borghese, la teoretica borghese, non sa leggere la Comunità – Uomo, sa leggere solo l’unus, la categoria Comunità – Uomo non le entra in nessun modo in testa; non la regge, supera i confini, gli ambiti e gli orizzonti della teoretica e della concezione del mondo della borghesia in quanto classe e del borghese in quanto singolo.

Sul piano teorico sostanziale essa è ancora sul terreno della produzione teorica del IV secolo ac, sul terreno di Platone e di Aristotele. Il mercato è la lettura dell’unus. L’economia politica borghese, sia la micro che la macro economia e così la Politica Economica è tutta fondata sull’unus. Sul piano scientifico, compresi i punti più alti quali la Genetica, è ancora la categoria “ unus” che impazza e conduce a gravi errori teorici.
Sul piano teoretico più generale l’unus è poi la lettura dei singoli elementi e non delle interdipendenze, ossia la metafisica è l’apoteosi sul piano teorico e scientifico dell’unus appunto.

Si evince, così, qui come la teoria politica elaborata dalla classe borghese sia decisamente infantile, si mantiene ancora su livelli primitivi, legge unicamente singoli aspetti e non sa leggere i reali rapporti causa/effetto, non sa cioè leggere i rapporti, i nessi, le connessioni, le interrelazioni e le interdipendenze di semplici elementi tra di loro. Una simile teoria può andare bene fin quando non si varca la soglia di casa, fin quando cioè lo sconfinato ed infinito orizzonte è dato dal profittarello quotidiano.

Engels a riguardo in Dialettica della Natura ha ben evidenziato questo limite teorico sostanziale della concezione del mondo della borghesia, ossia le coordinate entro le quali la borghesia è in grado di intelligere, ed intellige, il reale, che Engels ben ferma nella definitoria di “ Metafisica”, ossia la lettura di singoli elementi e non dell’insieme; della quiete e non del movimento; dell’essere qui, adesso e proprio esattamente qui, e non del divenire.

Non diversamente accade per quanto attiene il concetto di uguaglianza.
Gli uomini sono tutto meno che uguali, sono diversi e due singoli uomini, Mario e Paolo, possono essere definiti uguali se e solo se si astrae da tutte le loro specifiche caratteristiche, che poi identificano esattamente quel Mario e quel Paolo, solo allora è possibile sussumerli sotto la categoria uguali; solo allora essi sono uguali. Marx, Engels e Lenin hanno più volte insistito su questo punto in modo specifico in “ Critica al programma di Gotha”; “ Stato e Rivoluzione”, “ Antidhuring”, ecc.
Adesso la teoria politica borghese, ma più in generale l’intero impianto teorico borghese, non legge e non regge in alcun modo la categoria “ diversità”; sul piano puramente scientifico questo la porta a gravissimi errori come abbiamo dimostrato per quanto attiene la Genetica, per esempio.
Ma la riduzione semplicistica delle infinite diversità e sensibilità di ciascuno alla categoria astratta “ uomo” consente poi tutta la teorica giuridica borghese, che Marx ed Engels hanno ben fermato con il concetto di “ fictio iuris”.

Sotto la spinta della lotta di classe del proletariato la teoria politica borghese ha dovuto recepire il concetto di “ diversità”, sussumendola sotto l’espressione “ pari opportunità”. Ma l’impianto teorico sostanziale borghese non regge questa complessificazione e la legge unicamente riducendola entro i suoi orizzonti, che non sono quelli della Scienza della Politica, classicamente intesa, ma della Filantropia.(3)Ecco che allora riduce la teoretica delle “ pari opportunità” alla diversità dei disabili ed alle Donne.

Per quanto attiene i disabili lo fa attraverso un curioso e peregrino processo teorico:
stabiliti gli standard della normalità, abbassa tali standard per l’inabile di quel tanto che consente di portare la diversità entro i limiti della normalità produttivistico-borghese. Questo peregrino processo investe non la teoria politica bensì una estensione della Filantropia. E’ infatti riconoscimento dello sfortunato che va aiutato, dal quale va accettato quello che può dare, ovviamente quando il grasso cola dalla pentola: inabile in quanto sfortunato, giammai in quanto diverso. In Unione Sovietica il problema avrà ben altra soluzione e prospettiva.

Per quanto attiene la donna il processo più che peregrino è spassoso, degna della migliore macchietta.
Poiché la teoria politica borghese intellige unicamente uomo, allora si tratta di consentire alla donna di omologarsi all’uomo; è cioè la diversità donna che viene coartatamene ricondotta dentro la normalità “ uomo”. Pari opportunità non è allora il recepire la diversità ma l’annullare la diversità, riconducendola alla normalità definita in Uomo.

Noi fin qui abbiamo trattato la concezione teorica della borghesia circa “Uomo” nella sua dimensione politica e facendo questo abbiamo abbondantemente concesso. La teoria politica, nella sua espressione prima, e la concezione teorica generale del mondo borghesi esprimono un concetto negativo dell’Uomo.
L’Uomo per sua natura è malvagio, cattivo e lo Stato e tutte le strutture statuali hanno il ruolo e la funzione di agire da freno a tale natura malvagia dell’uomo, La legge e tutto l’intero apparato statale rispondono a tale scopo e dentro questo la stessa religione ha il compito di arginare tale natura umana, educarla.

Nasce poi da qui la sostanza della concezione borghese che la religione è buona per i poveri e gli ignoranti, quale mezzo pedagogico di tenerli a freno. La rivoluzione francese e quella americana apporteranno una modifica a tale impostazione, ma poi passati i furori rivoluzionari la sostanzialità della teoria e della concezione generale hanno prevalso ed informano l’intera produzione e l’intera azione della classe della borghesia e consequenzialmente la società borghese è disegnata sulla base non delle correzioni apportate dalla rivoluzione francese ed americana ma da quella concezione generale.

Vedete bene allora come la teoria politica elaborata dalla borghesia sia decisamente infantile, primitiva, si mantiene ancora entro limiti angusti. Non ha recepito i contenuti nuovi della scienza per quanto attiene l’uomo, continuando ad insistere su un concetto di uomo elaborato nella fase della società schiavista e filtrato poi dalla teoretica cristianea. L’impianto teorico e categoriale è decisamente povero, limitato e non è in grado né di leggere né di reggere la complessità. Si basa su alcuni semplici e lineari concetti serviti dalla più superficiale logica formale, ossia fa discendere tutto in maniera lineare e semplicistica da quei semplici e lineari concetti che stanno alla base della sua visione del mondo.

Essa costituisce decisamente un passo in avanti rispetto alla teoria politica della classe feudale, anche se in molti tratti decisivi è inferiore a quella elaborata dalla teoria della società greco-romana. Questi lineari concetti ereditati dall’elaborato delle precedenti classi proprietarie subiscono poi un processo di impoverimenti perché filtrati dai suoi due ed unici concetti fondanti: mercato e profitto. L’intera sovrastruttura e quindi la teoria politica, la teoria dello Stato e le forme di questa teoria: parlamento, democrazia, rappresentatività, decisione, partecipazione, la concezione generale del mondo è allora decisamente segnata da questa povertà e limitatezza.

Mercato e profitto agiscono in maniera decisiva e determinante, giacché poi tutto è determinato dal grasso che cola o meno dalla pentola: una situazione di grave crisi comporta il taglio brutale di tutto, senza eccezione alcuna.
E’ il Proletariato che apporta alla teoria politica un decisivo e fondamentale contributo coniugandola non più con “uomo” astrattamente inteso, ma con “ umanità sociale”.

Marx nella X Tesi su Feuerbach scrive: “Il punto di vista del vecchio materialismo è la società borghese, il punto di vista del materialismo nuovo è la società umana o l’umanità sociale”.
Fonda, così, la teoria politica come Scienza della Politica, facendo precipitare tutto il precedente elaborato al rango di mito, superstizione, magia, fantasticherie, retorica.
La fonda come Scienza nel momento in cui legge il lavoro in quanto modo specifico, esatto, concreto, materiale di esse e divenire l’uomo Zoòn politikòn o essere sociale.

Una volta letto Uomo-Lavoro, legge l’uomo nella sua concreta materialità e quindi nelle sue infinite forme di essere e quindi diversità costituisce categoria fondamentale del suo impianto.
La struttura saldamente come Scienza nel momento in cui legge la Comunità – Uomo, quale unica attrice in grado di attuare tramite il lavoro il ricambio organico Uomo – Natura.

In “ Grudrisse”  Karl Marx sviluppa una critica serrata ed attenta alle teorie circa il singolo uomo, che liquida con il termine “robinsonate”.
Lavoro e Comunità – Uomo costituiscono allora gli assi fondanti da cui discendono tutte le categorie e le definitorie e quindi Libertà, Solidarietà, Democrazia e discendono poi la politica sociale, la struttura dello Stato, le linee politiche dello Stato, le strutture rappresentative, ecc.
Coniuga allora Lavoro – Comunità Uomo: il lavoro, ossia il ricambio organico uomo – natura, come azione esperita dalla Comunità – Uomo, in quanto produttrici e consumatrice al fine dell’essere e divenire dell’uomo Zoòn politikòn, essere sociale.

In quanto Comunità – Uomo tale azione, ossia il lavoro assume un carattere razionale e pianificato, superando così, la scissione tra Uomo/ prodotto del Lavoro/scopo del Lavoro, ossia l’alienazione. Punto nevralgico di tale scissione è nel fatto che gli uomini sino ad oggi sono stati dominati, e nella società capitalistica continuano ad essere dominati, dalle forze produttive e quindi impossibilitati a dirigerle, la cui forma fenomenica più immediata di questa situazione è quella scissione tra Uomo/ prodotto del lavoro/scopo del Lavoro.
Federico Engels, in Antidhuring, ha ben esposto questo punto chiave.(4)

Questa disamina teorica non è affatto accademica.
Essa ha lo scopo di tracciare i principi teorici della Scienza della Politica del proletariato, che ispirano e guidano sin dall’inizio la costruzione della società socialista.
Voi, cioè, non potete leggere l’esperienza storica del proletariato mondiale per quanto attiene la costruzione della società socialista nel periodo 1917-1989, e quindi della stessa U.R.S.S, se non vi liberate dalla teoria politica borghese e non assumete, invece, la Scienza della Politica, fondata dal Proletariato.

Essa costituisce uno stadio superiore dell’Umanità ed è retta da altre concezioni teoriche, altri princìpii. Altre categorie, altre definitorie non assimilabili in alcun modo con tutte le precedenti.
La parola d’ordine lanciata dai bolscevichi “ Tutto il potere ai Soviet”, esprime, nella sintesi della parola d’ordine, esattamente questi nuovi princìpii e questa nuova concezione teorica.

Ed è questa visione che dobbiamo avere nell’esaminare la costruzione del socialismo in U.R.S.S., diversamente questa stessa relazione vi diverrà incomprensibile.
Il proletariato è una classe egemone e dirigente ed in quanto tale ha una sua concezione teorica generale, che non mutua dalla borghesia, che non ricava attraverso alcun capovolgimento. Esso fonda una nuova società, che in quanto tale non è comprensibile con i parametri della precedente o delle precedenti società.

Infine, non occorre mai dimenticare che mentre tutte le precedenti classi che si sono succedute: schiavista, feudale e borghese, e quindi tutte le precedenti rivoluzioni, hanno semplicemente modificato la forma dello sfruttamento, e quindi costituiscono continuità nella sostanza e rottura nella forma, mentre la rivoluzione socialista costituisce la rottura nella forma e nella sostanza con tutte le precedenti epoche della storia degli uomini; e quindi mentre tutte le precedenti società costituiscono una continuità sostanziale e ciascuna succedutasi può avvalersi dell’apparato teorico sostanziale delle precedenti e costituire continuità sostanziale nelle coscienze degli uomini, la società socialista non costituisce continuità ma rottura e quindi compete a lei aprire una nuova fase nella storia umana, ecco perché Marx, Per la critica dell’Economia Politica, dice che la nuova società costituisce la fine della Preistoria e l’inizio della Storia degli uomini.


Organizzazione della società socialista.

Abbiamo visto come il citoyen va scomposto in quattro: produttore, consumatore, uomo, cittadino.

Questi quattro momenti, e non il solo citoyen borghese, devono essere messi in grado di agire singolarmente ed interagire tra di loro e consentire poi che possano convergere sul soviet, che costituisce il momento unificante. Abbiamo così che in quanto produttore è organizzato sostanzialmente nel Sindacato e nei colcos di campagna, di pescatori e di cacciatori; in quanto consumatore è organizzato nelle cooperative di consumo, in quanto uomo nelle varie associazioni culturali, sportive, sociali; in quanto cittadino nel Soviet. Ovviamente ciascuno appartiene a più organizzazioni: il produttore è sia organizzato nel sindacato, sia nella cooperativa di consumo, sia in quella culturale, sportiva, ecc, se lo vuole, e sia infine nel Soviet.
In ciascuna porta la sua diversità.

L’intero territorio sovietico, lo sconfinato territorio sovietico, è letteralmente ricoperto da una fitta ramificazione capillare di questi quattro momenti e queste quattro forme di organizzazione.
Il soviet ha una struttura molto piccola, nelle città il soviet di città viene suddiviso in circoscrizioni e quartieri e sottocircoscrizioni per un massimo sempre di 1500-3000 cittadini.
In ogni singolo villaggio esistono sindacati di categoria per quanto riguarda insediamenti industriali, kolcos di contadini, di pescatori, di cacciatori, associazioni di consumatori, associazioni culturali, sociali, civili, ecc.
Questi trovano nel Soviet di villaggio il momento unificante.

Esso si centralizza sulla struttura distrettuale, ove abbiamo il livello superiore, che é centralizzato a livello regionale, e questo da quello nazionale ed il nazionale (Ucraina, Russia propriamente detta, ecc. ) infine nel Soviet dell’U.R.S.S. Ovviamente ciascun momento: Sindacato, kolcos, cooperativa di consumo, associazione culturale, sportiva è strutturato in maniera piramidale, ossia a livello distrettuale, provinciale, regionale, nazionale e dell’U.R.S.S.
E’ già qui la struttura è tremendamente dinamica, giacché ciascun momento, sia a livello di Soviet che del sindacato, del kolcos, dell’associazionismo più vario ha momenti contraddittori sia rispetto alla struttura piramidale che al Soviet. In concreto il sindacato della fabbrica del villaggio ha momenti contraddittori sia  con il Soviet di villaggio che con il sindacato di categoria a livello cittadino e così via dicendo.

In linea più generale non è altro che la contraddizione che oppone il particolare al generale, ove il particolare rientra sempre in maniera imperfetta nel generale ed il generale abbraccia in maniera sempre approssimativa il particolare.
Nel momento in cui si costruiscono dei rapporti tra questi momenti essi inesorabilmente interagiscono e questa messa in contatto, questa messa in rete possiamo dire oggi, esalta la particolarità, esalta la diversità e richiede l’espressione della diversità.
Oggi è acquisizione consolidata la teoria della struttura in rete ove ciascun punto è centro e periferia al tempo stesso e dove i concetti di “centro” e “periferia” hanno una definizione relativa.

L’U.R.S.S degli anni Trenta anticipa molte teorie scientifiche sia sul piano della sociologia, che della Scienza della Politica, che dell’economia e della matematica, che infine dell’Economia matematica.
Ma mentre nella scienza borghese sono acquisizioni marginali a cui non viene dato consequenzialità teorica, nella scienza e nella pratica sovietiche acquisiscono centralità.
Qui lo vediamo con la struttura a rete, che sul piano matematico viene formulato per esempio da Neuwamn con la teoria del “reticolo”, ma nella stessa scienza matematica non avrà mai una qualche seria consequenzialità.

L’intero sistema, per tornare a noi, è così sollecitato da infiniti punti e per infinite linee e messo in uno stato di costante disequilibrio dialettico ove convivono allo stesso tempo il particolare, la diversità, ed il generale.
Ed occorre considerare che il Soviet di villaggio è generale rispetto al kolcos, al Sindacato, ecc ma è particolare rispetto al Soviet distrettuale; e così il kolcos di campagna è particolare rispetto a quello distrettuale, ma è generale rispetto ai singoli soci, ecc. ecc. Particolare e generale sono, cioè, momenti dialettici, quello che qui è generale lì è particolare e viceversa.

Noi qui per semplificare abbiamo parlato unicamente della fabbrica, ma su di un’area non insiste, non c’è, solo la fabbrica, ma anche l’ospedale, la scuola, uffici comunali, negozi, ecc. ove in ciascuno i lavoratori sono organizzati nei rispettivi sindacati di categoria, che sono strutturati in maniera piramidale, come si è detto.
L’intera struttura è retta dal centralismo democratico.

Il centralismo democratico è la forma nella quale si esprime, si esplica, la Democrazia della classe del proletariato.

L’intera complessità diviene in qualche modo più chiara se fermiamo l’attenzione sulla struttura distrettuale, che è la forma piramidale più semplice, che viene subito dopo la struttura di villaggio, vediamo già qui le infinite sollecitazione per infiniti punti e per infinite linee, la struttura a rete appunto, che il sistema subisce, le forze diverse che si impattano su tale sistema e quindi il disequilibrio dialettico nel quale il sistema viene costantemente a trovarsi. Adesso questo lo dobbiamo proiettare ai livelli superiori fino a quello dell’U.R.S.S ove man mano che si procede verso l’alto queste spinte si esponenziano, dove la complessità si esponenzia, dove le particolarità, le diversità, si esponenziano.

La cosa diviene forse un po’ più chiara se analizziamo, invece, la struttura borghese in parallelo.
Prendiamo per esempio la città di Napoli e le sue circoscrizioni. Noi vediamo che il Comune e la Circoscrizione provvedono unicamente alla direzione amministrativistica, giuridica, tecnica, oltre che politica, ma su di loro non convergono le istanze dei produttori, dei consumatori, le istanze delle fabbriche, degli uffici, ecc. I piani sono distinti e non interagiscono se non per vie molto lata, o quando si verificano casi eccezionali come la chiusura di qualche fabbrica importante della zona, ma qui l’intervento non va oltre la solidarietà.

La produzione, il consumo, le attività culturali, ecc. non rientrano affatto nella sua competenza, che sono invece lasciati al mercato ed al profitto: i due assi unici e fondanti del sistema capitalistico. Questo implica, comporta, la separazione netta di ciascun momento della vita degli uomini e quindi la lettura separata di ciascun momento come indipendente ciascuno da tutti gli altri e quindi la burocrazia in quanto concezione e metodo che ispira l’operato e quindi la mortificazione della diversità e la riconduzione delle diversità  alla normalità, astrattamente definita sulla base della concezione produttivistica, ossia sulla base di una concezione tutta, e sola, economicistica e dell’economicismo più immediato. Si esprime qui, anche qui, quella che è il metodo sostanziale della concezione generale del mondo della borghesia, ossia la metafisica, la lettura dei singoli e separati momenti, costruiti, ed assolutizzati, come separati.

Nella realtà oggettiva questi momenti sono interdipendenti e si condizionano vicendevolmente, ma è la struttura sostanziale borghese che li legge separati, e li tiene separati, e gli interessi di classe della borghesia spingono a costruirli separatamente, onde poter tenere diviso il fronte delle forze produttive e spezzettarne l’onda d’impatto.

Se si legge la realtà nel suo movimento oggettivo – ma occorre avere una concezione teorica generale ed un metodo per essere in grado di dare una simile lettura, ma occorre anche che vi sia una classe che non abbia interessi nella lettura parziale del movimento oggettivo ed il cui interesse è la lettura a tutto campo: è questo poi che spinge il proletariato ad approdare al materialismo storico-dialettico – si costruiranno questi momenti in collegamento tra di loro, in rete. La consequenziale immediata diretta è il crollo di quella separazione, di quella visione metafisica ed unitamente a questa l’esaltazione della diversità, che diviene fulcro e spinge ad un nuovo/altro equilibrio del sistema, ossia ad un altro sistema.

Se ci fermiamo qui, avremmo una società dinamica, poliedrica, multiforme, l’esaltazione di questa poliedricità, ma la realtà sovietica è ancora molto più complessa.
Fin qui abbiamo considerato una realtà omogenea, cosa che l’U.R.S.S non è.
Insistono infatti sul suo territorio una moltitudine di nazionalità.

Nel regime capitalistico esse in maniera violenta e sanguinaria venivano tout court negate e sottoposte a feroci repressioni e pogrom organizzati dai ministri dello zar.
In U.R.S.S ciascuna nazionalità viene pienamente riconosciuta nella sua piena e totale integrità: territoriale e culturale e quindi usi, costumi, lingua, tradizioni. Ciascuna repubblica mantiene la sua lingua nazionale e nelle scuole viene insegnata la lingua di quella nazionalità, la sua storia, i suoi costumi, le sue tradizioni; ossia assieme alla lingua di quella nazionalità veniva insegnata la lingua ufficiale dello Stato sovietico assieme all’inglese ed al tedesco, di queste una a scelta.

Esiste per esempio una comunità tedesca insediatasi nei primi del 1700 che mantiene appieno la sua autonomia culturale e territoriale. Esistono popolazioni nomadi, che mantengono la loro struttura nomade, le loro tradizioni, i loro costumi, la loro lingua, ecc.
Esiste la comunità ebraica.
E’ interessante fermare l’attenzione sulla comunità ebraica e la politica dello stato Sovietico verso gli ebrei che risiedevano in U.R.S.S.

La comunità ebraica
La presa del Palazzo d’Inverno costituisce per la popolazione ebraica la prima liberazione in tutta la loro storia. Con un tratto di penna il governo soppresse tutta la complicata rete di leggi dirette contro gli Ebrei. Le loro catene caddero. Divieti e discriminazione volarono nel mucchio sotto i colpi della corazzata Potimkin. Gli Ebrei poterono rialzare la schiena e guardare al loro futuro per la prima volta senza paura.

Il problema ebraico si presentava nella forma di sollevare dalla miseria e trovare un’occupazione alle famiglie dei commercianti e dei negozianti rovinati delle piccole città della Russia bianca e dell’Ucraina. Per quella parte di ebrei che erano in possesso di un una istruzione ed in grado di avere nomine ufficiali e ingresso nelle professioni intellettuali il problema non si poneva, ma costituivano una minoranza. Per la maggioranza di essi la massima risorsa consisteva nella fondazione di colonie ebraiche prima nell’Ucraina meridionale e nella Crimea, e successivamente nei vasti territori destinati a questo scopo a Birio Bidjan sul fiume Amur, nella Siberia orientale. Nel corso degli anni Venti e Trenta sono largamente aiutati dal governo con terre e credito, assistite da una serie di associazioni filantropiche promosse dagli Ebrei degli Stati Uniti e da quelli dell’U.R.S.S nella grande Società Volontaria di Colonizzazione Ebraica.  Circa 40mila famiglia per un complessivo di 150mila persone trovano una loro sistemazione di vita. Biro Bidjan che accoglie circa 40mila persone viene creata regione autonoma con il grado di oblast e diventerà  “ Repubblica Autonoma Ebraica”.

A tutti gli aggregati di Ebrei sparsi su tutta l’U.R.S.S, anche se non riconosciuti come nazioni, il governo sovietico concede autonomia culturale di tipo ed ampiezza uguale a quello che esso accorda alle minoranze nazionali propriamente dette. Il soviet ebraico esiste dovunque vi sia un gruppo ebraico consistente. Il Soviet regionale ove insistono soviet ebraici vede l’esistenza di un Commissario di polizia ebreo con un numero di 3-5uomini ai suoi ordini. Nei soviet ebraici ovviamente la lingua nazionale ufficiale è la lingua ebraica, ossia l’yddish. E’ la lingua nelle quali ci si esprime nelle riunioni  e nella quale vengono redatti documenti e la corrispondenza. L’yddish è la lingua nella quale i ragazzi ebrei ricevono l’istruzione.

Il governo sovietico si è trovato a scontrarsi con la mentalità e la consuetudine ebraiche del commercio e della pratica dell’usura. Nel 1921 la NEP riabilita la massa ebraica ad esercitare le sue attività di commercio, attraverso una politica consistente nello sviluppare linee alternative al commercio esercitato da ebrei ne riduce l’impatto negativo, mentre attraverso gli organi dello Stato provvede ad impedire ed a punire qualsiasi pratica dell’usura, tagliando così le fonti principali di quelle consuetudine e mentalità.
Nel corso dell’aggressione imperialista all’U.R.S.S saranno le popolazioni ebraiche a sostenerne un notevole impatto: l’Ucraina sarà una regione che vedrà una notevole pressione militare nazista e pagherà un alto contributo di sangue per la salvezza della Patria Socialista.

Dobbiamo quindi complessificare la struttura che abbiamo in precedenza delineato ed immettervi questa nuova complessità, data appunto dalle diverse nazionalità, ove ciascuna è una diversità e tutte assieme costituiscono da sole un fascio decisamente problematico di diversità. E ciascuna singola nazionalità è attraversata appieno da quel disequilibrio dialettico del più generale sistema e di cui si è detto.
Tutti gli elementi vengono messi in relazione ed interagiscono, si influenzano vicendevolmente in un moto costante, quasi heisenberghiano, giacché ciascuno è portatore di diversità e la struttura esalta la diversità.

Vedete bene ora tutta l’importanza di quella trattazione iniziale, che poneva al centro la tematica omologazione/diversità e vedete ora meglio tutta la piattezza e primitività non solo della struttura sociale borghese, ma della sua stessa teoria politica.


La Pianificazione – il Gosplan.

Abbiamo sin qui descritto un sistema astratto, abbiamo indicato una generale interconnessione, una generale struttura in rete.
Abbiamo, cioè, delineato la Statica del sistema e non ancora la Dinamica.
Abbiamo suddiviso il citoyen nei suoi quattro momenti, ma non abbiamo indicato come il produttore agisce nella realtà e come il consumatore. Abbiamo indicato che tutto confluisce sul Soviet, ma non abbiamo detto su cosa il Soviet agisce.

La costruzione del sistema e le sue interrelazioni sono astratte, allo stadio attuale dell’esposizione esprimono unicamente la volontà soggettiva di volere che..., ma non abbiamo indicato quale è la base materiale, oggettiva, che costringe i vari momenti ad interagire, ad influenzarsi reciprocamente.
Allo stadio attuale dell’esposizione il sistema è veramente una complicatissima macchina burocratica, giacché l’intero sistema non ha una base oggettiva che costituisce motore, che imprima il movimento.
Abbiamo, cioè, delineato la Statica e non ancora la Dinamica.

I termini “ Statica” e “ Dinamica” sono qui utilizzati nell’accezione scientifica ed in modo particolare nell’accezione della Fisica. Valgono quindi qui tutte le complessità e contraddittorietà  che insistono tra Statica e Dinamica, ossia il movimento e quindi le leggi che regolano il rapporto Statica/Dinamica. – Notarrigo

La società socialista è definita da Marx ed Engels quale “società dei produttori” ove i produttori associati esercitano una direzione cosciente sulle forze produttive, una volta che le hanno comprese nella loro natura ed attuano una regolamentazione sociale pianificata della produzione, conforme ai bisogni della comunità che di ogni singolo. Questo comporta la cessazione della scissione tra Lavoro/prodotto del Lavoro/scopo del Lavoro, Alienazione, in cui il prodotto asserve chi lo produce, per una appropriazione dei prodotti da una parte direttamente sociale come mezzo per la riproduzione, semplice e/o allargata, e dall’altra per una appropriazione direttamente individuale come mezzo di sussistenza e godimento ed entrambi per l’elevamento materiale e spirituale dell’uomo.

Il punto è allora questa direzione cosciente e pianificata delle forze produttive, questa presa del controllo e direzione delle forze produttive, che la comunità dei produttori esercita in maniera razionale.
La società socialista, infatti, sostituisce la Pianificazione al mercato.

La Pianificazione esprime il più alto momento di razionalità e Democrazia, consente la più alta crescita democratica degli uomini, elevandoli dall’astrattezza del citoyen all’altezza di padroni del proprio destino.

“Nati non foste per viver come bruti,
ma per seguir virtude e conoscenza.” ( Dante ).

Attraverso la Pianificazione la società dei produttori esprime la massima direzione sulla Natura ed i singoli produttori nella Pianificazione esprimono il più alto momento di Libertà e di Democrazia, mai conosciuto in tutta la Storia degli uomini, intervengono in maniera cosciente nel rapporto Necessità – Libertà.
Attraverso la Pianificazione la società dei produttori e ciascun singolo produttore, ossia ciascun singolo membro della società, superano la scissione Lavoro/prodotto del Lavoro/scopo del Lavoro, gettando le basi materiali per il superamento dell’alienazione e con essa tutte le concezioni e idee e teorie metafisiche, idealiste, reazionarie.
Liberano l’uomo da tutto il vecchio ciarpame, gettando le basi per l’uomo nuovo e con l’uomo nuovo l’umanesimo sociale.

Attraverso la Pianificazione, attuando una direzione cosciente, razionale, del processo di ricambio organico uomo-natura, la Scienza da una parte cessa di essere ostile ed estranea all’uomo, supera il processo di scomposizione a cui è andata incontro nella fase borghese per una nuova e più alta centralizzazione, per una nuova unificazione e riorganizzazione dei Saperi, giunge ad una nuova e più alta forma di Logica e dall’altra supera tutti i limiti angusti, le bardature entro i quali gli interessi delle classi dominanti la costringevano a stare per sfociare in una nuova Scienza. Si coniuga e fa tutt’uno con l’umanesimo sociale, diviene la base logica e razionale di una nuova coscienza scientifica degli uomini. Solo allora potranno cadere tutti gli spettri, e gli idoli che hanno sin qui dominato gli uomini; tutte le proiezioni mitiche che l’uomo nel corso dei secoli ha proiettato fuori di sé e che hanno finito per dominarlo. Solo allora gli uomini metteranno dio, gli spiriti, ecc. nel museo accanto alla rocca da filare.

Antonio Gramsci scrive: “ Quando la concezione del mondo non è critica e coerente ma occasionale e disgregata, si appartiene simultaneamente ad una molteplicità di uomini-massa, la propria personalità è composita in modo bizzarro; si trovano in essa elementi dell'uomo delle caverne e principi della scienza più moderna e progredita (5), pregiudizi di tutte le fasi storiche passate, grettamente localistiche ed intuizioni di una filosofia dell'avvenire, quale sarà propria del genere umano unificato mondialmente.”(6) Solo una nuova coscienza scientifica potrà consentire il superamento di quella acritica stratificazione per una superamento critico di essa:
direzione cosciente e razionale / nuova scienza / nuova coscienza scientifica / superamento critico gramsciano;
costituiscono i punti nodali della costruzione della nuova società e dell’uomo nuovo, in una dell’Umanesimo sociale.

Il Piano Quinquennale veniva elaborato in prima istanza, ossia provvisorio, dal Gosplan e così inviato a tutte le strutture di base: sindacato, kolcos,: contadino, di pescatori, cacciatori, cooperative di consumo, associazionismo in genere: culturali, sportive, ricreative, ecc.
Nel piano erano indicati gli obiettivi di produzione e di consumo per ciascun settore merceologico. Ogni singola struttura di base, riunita in assemblea – di solito ne occorreva più di una – discuteva il progetto di piano provvisorio apportandovi modifiche, suggerimenti per quanto riguarda la produzione di ciascuna fabbrica, eliminazione di sprechi, razionalizzazione dei processi produttivi, innovazioni tecniche e scientifiche ed in molti casi proponendo dei contropiani. Se la struttura di base era medio o grande veniva suddivisa in sottoparti, tali da consentire la partecipazione di tutti.

Per quanto riguarda le cooperative di consumo venivano indicazioni più specifiche sulla qualità e diversificazione di produzione per quanto attiene specifiche merci in grado di rispondere più attentamente alle specificità di consumo di quell’area, di quella zona, di quella massa di consumatori.
Il Piano provvisorio sulla base della produzione indicata, del valore della ricchezza sociale che sarebbe stata prodotta nell’anno successivo e nel corso dei cinque anni del Piano, dedotta la parte che andava reinvestita per la riproduzione, semplice e/o allargata, indicava la quota che poteva venire investita nei servizi sociali: sanità, cultura, sport e quindi costruzione di sale cinematografiche, teatri, impianti sportivi, biblioteche, ecc.

Attraverso le strutture periferiche del Gosplan  e dei Soviet arrivava al centro tutto il materiale scaturito dalle centinaia di migliaia di assemblee di fabbrica, reparto, kolcos, cooperative di consumo, ecc.
Su questa base il Gospalan elaborava il Piano Quinquennale definitivo, articolandolo anno per anno, che presentava al Consiglio dei Ministro, il quale dopo discussione lo approvava. In questa veste veniva presentato al Soviet Supremo che lo licenziava nella versione definitiva, convertendolo in legge dello Stato.

Ovviamente il Piano quinquennale approvato non poteva in alcun modo ritenersi definitivo, perfetto. Si sapeva che di anno in anno esso sarebbe stato modificato, corretti gli errori di valutazione, in eccesso o in difetto.  Per ciascun anno il Gosplan, sulla base del Piano Quinquennale elaborava i piani particolari per l’anno successivo: il 1930 per il 1931. E qui lo stesso procedimento che si era seguito per il Piano Quinquennale: provvisorio, dibattito, definitivo, consiglio dei Ministri, Soviet Supremo dell’U.R.S.S. Sulla base di questo si correggevano gli errori del Piano del 1930 ed a cascata le modifiche che questo comportava sul Piano Generale, quello Quinquennale.

Nella ripartizione della ricchezza sociale prodotta una parte importante era costituita non solo dalla quota per ammodernamento dei macchinari, ampliamento e costruzione di nuove fabbriche, diversificazione della produzione agricola e messa a coltura di nuove terre e colture; ma una parte non meno importante era destinata per case, scuole, ospedali, biblioteche, impianti sportivi, sale cinematografiche, teatri, circoli ricreativi, spese per la formazione e l’educazione scolastica e per l’aggiornamento tecnico-scientifico e professionale dei lavoratori, consentendo così il passaggio a livelli più alti: da manovale a manodopera qualificata, specializzata, tecnico, manager, ecc. ecc.

Già se ci fermiamo a questo semplice livello, abbiamo la più alta e possente democrazia: centinaia di milioni di uomini – le assemblee vedevano la partecipazione del 70-85% degli operai e lavoratori – che contribuivano all’elaborazione dell’indirizzo da dare al processo del ricambio organico uomo – natura ed all’indirizzo e scopo da dare al loro lavoro. Il prodotto del lavoro cessava così di essere estraneo al produttore, cessava di asservire il produttore, per essere invece asservito dal produttore secondo un piano. Lo scopo del lavoro era ben conosciuto dal produttore non solo del suo prodotto, ma di come il suo singolo prodotto andava ad inserirsi nel più generale processo di produzione di tutti gli altri prodotti e quindi nella produzione e distribuzione generale della ricchezza sociale prodotta per quell’anno e nell’arco dell’intero Piano Quinquennale.

Vediamo adesso concretamente come avveniva la produzione e la ripartizione della ricchezza sociale prodotta.

Fabbriche.

Il Sindacato con il governo dell’U.R.S.S trattava la stipula del Contratto Nazionale di Lavoro, della durata biennale sia la parte normativa che economica, ovviamente entro il quadro della Pianificazione. La struttura salariale in generale era a cottimo. I livelli erano 8 ed il rapporto tra il 1° ed l’ 8° livello era di 1 a 3,6, ossia se il primo livello prendeva 1000 il 6° prendeva 3600.

E questo era il livello salariale base. A questo livello centrale della contrattazione seguiva poi la contrattazione decentrata, che veniva stabilita per quanto attiene il livello salariale, dato appunto a cottimo, dalla quota di produzione che la fabbrica riusciva a produrre in più del piano, oltre i vari premi se la fabbrica raggiungeva l’obiettivo stabilito dal Piano.

Questa massa supplementare veniva ripartita innanzitutto in base ad un più alto salario, che era a cottimo, una parte veniva invece dall’assemblea deciso l’utilizzo in vari forme:
biblioteche, impianti sportivi, case, mensa, borse di studio per i giovani che venivano inviati all’Università e tutto quello che interessava la comunità di quella fabbrica, ma anche vacanze premi per lavoratori.
Ciascuna fabbrica aveva al suo interno una cooperativa di consumo.

Kolcos.

Il Kolcos contadino o quello dei pescatori o dei cacciatori aveva l’obbligo di garantire ad un prezzo stabilito prima la quota di prodotti stabilita dal Piano, che essi avevano accettato nei dibattiti assembleari: grano, lino, pesce, cacciagione, patate, riso, ecc. ecc.
In base a tale produzione venduta allo Stato esso ricava quanto necessario sia alla riproduzione semplice e/o allargata e quindi anche al pagamento del lavoro dei singoli contadini e sia un surplus. Una parte del plusvalore prodotto, cioè, ritornava al Kolcos, come ritornava alla fabbrica, ecc.

Inoltre tutta la parte eccedente la quota stabilita da fornire allo Stato rimaneva al Kolcos che la distribuiva tra i suoi vari membri ed una parte restante veniva variamente investita o spesa, secondo i deliberati delle assemblee di soci: ammodernamenti, costruzione di case, ospedali, biblioteche, sale cinematografiche e teatri, impianti sportivi, borse di studi per i figli dei contadini di quel kolcos per l’università, premi speciali per contadini che si sono distinti nel lavoro; fondi per l’assistenza e la previdenza, asili nido, ecc. ecc. ecc.

Una parte infine della produzione che rimaneva, potevano portarla direttamente al mercato o venderla direttamente a cooperative di consumo o a fabbriche per la trasformazione e conservazione agricola, ricavandone un reddito supplementare che andava ripartito allo stesso del precedente tra tutti i membri del kolcos.
Infine ciascun kolkosiano aveva un suo piccolo appezzamento di terra ed animali per il consumo personale, che poteva vendere sui mercati locali.
Lo Stato provvedeva il kolcos di macchinari ed assistenza tecnica e scientifica.

Per quanto riguarda le campagne lo Stato attraverso le STM provvedeva a fornire ai contadini le attrezzature per le varie operazioni agricole: semina, aratura, trebbiatura, ecc.; la consulenza tecnica e scientifica di tecnici, ricercatori, accademici: dall’analisi chimico fisico del terreno, alle indicazioni sui tempi di semina e raccolta grazie alla stretta collaborazione dei centri di meteorologia, oltre che a Conferenze, Convegni, Lezioni di accademici sulle questioni generali, ma anche su questioni specifiche inerenti nuovi sistemi di piantagione, semina, ecc..

Per quanto riguarda i pescatori provvedeva a fornire navi da pesca d’alto mare, sistemi di lavorazione e congelamento a bordo ed a terra, l’assistenza tecnico-scientifico sia delle capitanerie di porto che delle stazioni meteorologiche, che di tecnici, ricercatori, accademici sui più recenti risultati scientifici del campo per allevamento di specie animali marine, ecc. ecc.

Tutto questo comportava un alto impegno di capitali che non insisteva sui kolcos e che per certi aspetti per i singoli kolcos avrebbe comportato un incremento del costo di produzione dei loro prodotti: un trattore non viene usato tutto l’anno, la mietitrebbiatrice solo per un certo periodo, ma richiede un investimento di capitale per l’acquisto e un esborso per la sua manutenzione.
Lo Stato era il detentore della massa principali di questi mezzi di produzione e per tale assistenza e fornitura di macchinari, ecc. prelevava un 2% sul prodotto.

Cooperative di Consumo.

Nel corso delle assemblee per dibattere il Piano Quinquennale e annuale decidevano la quantità di merci che intendevano consumare, stanziando i relativi fondi e stipulando con il Gosplan i contratti di fornitura.
Le Cooperative di Consumo inoltre sulla base del reddito maggiore dei soci, determinato dal superamento delle quote stabilite dal piano che avevano ottenuto in quanto produttori, potevano stipulare contratti di forniture direttamente sia con i kolcos contadini che con quelli dei pescatori e cacciatori per le quote che ad essi restava, dopo aver venduto allo Stato le quote del piano stabilite della loro produzione, sia direttamente con le fabbriche produttrici delle singole merci: giocattoli, arredamento, calzature, dischi, grammofoni, radio, suppellettili, ecc. ecc. per rispondere alle esigenze dei propri soci.

Associazioni culturali, sportive e associazionismo più vario.

Indicavano al Gosplan le loro esigenze per l’anno successivo o per l’intero Piano Quinquennale e le spese che intendevano attuare per ammodernamenti, acquisti vari, ecc. e quindi la loro quota di consumo.

L’Associazione dei Lavoratori indipendenti.

Provvedevano ad indicare la quota del consumo che essi prevedevano di consumare ed il piano della loro attività e quindi la quota di lavoro che attraverso il loro lavoro individuale ritenevano di ricoprire: idraulici, elettricisti, ebanisti, piccoli artigiani, avvocati, artisti, lavoratrici che si dedicavano a lavori domestici, singoli ricercatori che preferivano un lavoro indipendente con la stipula di contratti a termine o a consulenza, ecc.
L’Accademia delle Scienze similarmente le altre organizzazioni scientifiche, culturali, ecc. seguivano lo stesso iter.

La pianificazione copriva così l’intera produzione dell’U.R.S.S sulla base delle esigenze generali materiali e spirituali, attuando in concreto quella direzione razionale del ricambio organico uomo-natura.

L’attività del Gosplan comprendeva ovviamente la direzione dell’intero import-export.
Sulla base delle esigenze della produzione complessiva e del valore complessivo delle importazioni  che per il quinquennio e per ciascun singolo anno, pianificava la produzione per l’Esportazione in modo da avere sempre la bilancia dei pagamenti in pareggio e quindi la stessa estrazione/produzione di oro, argento, diamanti, oltre alle materie prime per l’esportazione che servivano a pagare le importazioni. Il Consiglio dei Ministri ed i suoi dipartimenti provvedevano ad assicurare quel volume di import ed export per la produzione.

Questo era uno dei punti più delicati del Piano per la situazione di accerchiamento in cui l’U.R.S.S veniva a trovarsi. Innanzitutto i paesi imperialisti, tutti o in parte, poteva ritenere utile, al fine di creare disordini nell’economia dell’U.R.S.S con le consequenziali ricadute sul piano sociale, di venir meno agli impegni di esportazione. In questo caso occorreva rivedere l’intero piano per quelle produzioni, che richiedevano quelle merci che si sarebbero dovute importare, con una ricaduta sulla ricchezza sociale che sarebbe stata prodotta e la necessità di una diversa ripartizione della ricchezza.

In questo caso esistevano ben precise priorità e tra queste quelle della spesa sociale: sanità, scuola, assistenza e previdenza, che non potevano in alcun modo essere intaccate. Non era consentito, e non si verificava mai, come attestano documentazioni ampie e dettagliate inglesi e statunitensi, che un farmaco, una dotazione ospedaliera potesse venire cancellata in tutto o in parte e così per la scuola, ecc. Quello che poteva essere contratto, entro certi limiti ma come valutazione generale dell’intera associazione dei produttori, era il piano edilizio, l’apertura di altre scuole e ospedali, ma mai l’abbassamento dell’esistente.

In secondo luogo il pareggio della bilancia dei pagamenti non poteva in alcun modo e per nessun motivo risultare in disavanzo: questo costituiva una priorità assoluta inderogabile.La bilancia dei pagamenti in pareggio, una sostanziale riserva aurea e delle principali divise, quali sterlina e dollaro avevano la funzione di garantire la stabilità interna dell’intero sistema, mettendo al riparo l’U.R.S.S da tensioni e speculazioni sul rublo, che avrebbe poi significato lo scaricare sull’U.R.S.S la crisi dei paesi capitalistici più forti e questo in situazione quale quella 1926-1939 di gravissime perturbazioni del mercato azionario, della borsa delle merci e delle monete.

Nella relazione provvisoria il Gosplan  esponeva l’andamento previsionale del mercato mondiale e quindi i costi ed i prezzi delle merci in modo da consentire una ponderata valutazione sulle linee programmatiche dell’intera economia e dell’import-export in particolare.

Per essere in grado di elaborare un piano quinquennale valido, ossia di attuare una pianificazione scientificamente valida e quindi in grado di costituire effettivamente direzione razionale del processo di ricambio organico uomo-natura, la Scienza sovietica deve elaborare una nuova branca della matematica e dell’economia matematica, giunge così a quella che in occidente viene chiamata “interdipendenza delle relazioni settoriali”, un complicatissimo calcolo basato sul calcolo matriciale, che consente di stabilire per esempio che per costruire una casa di 100mq occorrono tanti chili di ferro, di vetro, di legno, di cemento, di alluminio, di acciaio, e tanto consumo dei macchinari: betoniere, camion, e nafta, e.. costi per salari, ammortizzamento, ecc. ecc. e questo per una schiacciante serie di singole merci di tutti i settori merceologici.

L’Ufficio Statistica costituiva il cuore di tutto questo complesso sistema, per cui errori o inefficienze qui erano vitali per l’intero sistema. L’U.R.S.S infatti svilupperà il più complesso e ricco apparato statistico ed un Ufficio Statistico centrale e periferico che sin dagli anni Trenta non aveva uguali in tutto il mondo per qualità e quantità di dati, precisione revisionale. Vengono anche qui elaborate nuove tecniche e sviluppata la tecnica e la scienza dell’archiviazione, dell’elaborazione dei dati portando la Statistica ad un livello decisamente superiore a quella esistente nella società capitalistica. La Statistica, e l’Ufficio Statistico in specifico, costituivano il vero braccio tecnico dell’intera pianificazione.

Quando l’economia politica ha cercato di copiare la struttura della nuova economia politica della transizione, ossia quella adottata in U.R.S.S per la pianificazione, non vi ha capito gran ché e gli sforzi pur generosi di Leontiev ed in Italia di D’Antonio e D’Anna sono risultati vani, perché non avendo come base materiale la pianificazione, ma l’anarchia del mercato, tale nuova scienza non ha avuto molto sviluppo nel mondo.Un qualche interesse l’ha suscitato quando negli anni Settanta in Italia come in alcuni altri paesi capitalistici si sperimenta la programmazione, che è comunque cosa ben diversa dalla Pianificazione ed in questo senso poi vengono gli studi di Mariano D’Antonio e Carlo D’Anna, ma già verso la fine degli anni Settanta decadono.


Detto questo, visto come concretamente il cittadino in quanto produttore e consumatore interviene nella società e come si attua in concreto la direzione generale e totale nel Paese e sul Paese, la nostra attenzione deve essere fermata su due questioni.
-1. la estrema varietà delle forme di proprietà esistenti in U.R.S.S;
-2. la estrema interconnessione che saldava fabbriche, kolcos, cooperative di consumatori, associazionismo più vario tra di loro nell’interscambio con consequenziali forme di scambio di merci e diversi committenti, di natura diversa, differente e variegata.

1. estrema varietà delle forme di proprietà esistenti in U.R.S.S.

La soppressione della proprietà privata borghese dei mezzi di produzione non dà luogo in alcun modo alla unicità della proprietà statale.

Non corrisponde allo stato reale delle cose ritenere che in U.R.S.S vi è soltanto un unico datore di lavoro, ossia lo Stato collettivistico. Esiste invece una multiformità nell’organizzazione della produzione e della distribuzione della ricchezza in opposizione ad una presunta uniformicità dei sistema e di organizzazione.

Vi sono nell’U.R.S.S varie centinaia di trust e combinat e nessuno di essi è esattamene uguale agli altri. Differenze ancora maggiori si notano tra le migliaia di imprese singole, dalle fabbriche agli istituti, dalle miniere alle fattorie, dai pozzi di petrolio alle centrali elettriche, che sono gestite in maniera indipendente per determinati scopi, non affiliate ad un trust o combinat e responsabili soltanto verso una autorità superiore.

Vi sono imprese di villaggio, distrettuali, municipali, provinciali, imprese dirette dalle diverse repubbliche federate od autonome, nessuna delle quali è identica per gestione ed organizzazione alle analoghe imprese direttamente sottoposte ai Commissari del Popolo. Gli stessi sindacati e le direzioni di fabbrica gestiscono, in aggiunta a quelle che sono le loro funzioni primarie, importanti aziende agricole produttive, come fattorie, latterie, allevamento suini, per l’attuazione dell’”auto approvvigionamento”. Non diversamente fanno le oltre 40mila società cooperative, la cui attività esorbita dai loro compititi.

Le 250mila fattorie collettive differiscono infinitamente tra di loro per il grado della loro collettivizzazione, che dalla semplice coltivazione in comune, passando per forme di artiel più o meno complesse, arriva sino a quelle associazioni di piena comunione i cui associati partecipano in misura uguale così alla mensa ed all’alloggio come al lavoro ed al prodotto. Mentre permangono forme di lavoro individuale isolato tra le tribù nomadi ed i contadini indipendenti.

Dei venti milioni di famiglie delle fattorie collettive ciascuna ha il suo orto individuale, il suo pollaio, il suo porcile, i suoi alveari, la sua stalla. Vi sono poi nelle immense pianure dell’U.R.S.S migliaia di cacciatori e pescatori  soprattutto per la sussistenza delle loro famiglie. Vi sono inoltre decine di migliaia di artigiani individuali, non associati in artiel o incop – sono le forme di organizzazione di lavoro individuale – che fabbricano prodotti più o meno artistici di vario genere.

Così, vi è una infinità di generi, di sistemi e metodi di produzione. In breve l’aspetto caratteristico della ricchezza dell’U.R.S.S è che, lungi dal costituire identità di relazioni economiche o di struttura industriale, essa presenta una estrema multiformità,

Lenin, nelle sue proposte e previsioni, allude più di una volta a questo tratto della molteplicità come ad un vantaggio positivo nella collettività socialista, e specialmente come ad una circostanza che consente l’utilizzazione di molti incentivi intesi a provocare la massima partecipazione all’opera comune di differenti e diversi individui. Al IX Congresso del Sindacato, Schvernik, segretario generale, citando Lenin dice: “la multiformità è la garanzia di vitalità. E’ un’arma per il conseguimento dei singoli fini. Quanto più è varia, quanto migliore e quanto più ricca sarà la comune esperienza, tanto più veri e maggiori saranno i successi del socialismo, tanto più facile sarà il lavoro pratico; e soltanto dal lavoro pratico potranno svilupparsi i migliori sistemi e mezzi di lotta.”.

All’opposto, é la forma della proprietà privata che ostacola, impedisce l’esistenza di altre e policrome forme di proprietà.
Nella società capitalistica la forma della cooperativa è coartata dentro la logica della proprietà privata borghese dei mezzi di produzione  e costretta ad agire entro tali ambiti e dentro tali leggi della proprietà capitalistica pena il fallimento/morte e così tutte le altre forme di proprietà, giacché è il mercato il brutale livellatore di tutte le forme di proprietà possibili e modi e sistemi di produzione possibili al livello della proprietà privata borghese dei mezzi di produzione.

Il mercato livella non solo in generale, ma livella soprattutto sulla base del punto più alto raggiunto in un determinato momento dal processo di produzione capitalistico della proprietà dei mezzi di produzione: fase mercantile, fase manifatturiera, fase del capitale monopolistico. Nelle specifiche condizioni attuali livella sulla base delle condizioni del capitale monopolistico: le altre società capitalistiche o si attrezzano con una struttura monopolistica o soccombono: i prezzi, le materie prime ed i semilavorati, la distribuzione, ecc. sono determinati dal capitale monopolistico, che in quanto tale stabilisce tutte le regole del gioco del mercato.

E’ il mercato, cioè, che appiattisce la poliedricità, che placca in area il dinamismo del ricambio organico, che tende ad esprimersi per sua natura in mille forme, in quanto risposta ‘naturaliter’ a quelle specifiche condizioni materiali di quell’area, ecc.; è il mercato, si diceva, che appiattisce imponendo la via, per altro tortuosa, dispendiosa ed asfittica, del modo di produzione consono alla proprietà privata borghese dei mezzi di produzione.

Certo solo se si ritiene che il modo di produzione capitalistico sia l’unico ed assoluto ed il migliore dei mondi possibili, solo allora si può chiudere agli occhi sul più evidente e smaccante dato, che si ripete stancamente, miliardi di volte al giorno ed in tutti i settori e forma di vita degli uomini, e non vedere che è la proprietà privata borghese dei mezzi di produzione che limita, in una stanca monotonia, altre forme, tutte le altre forme, e modi di produzione e distribuzione della ricchezza sociale da produrre e prodotta.

Solo la miopia assunta a principio supremo di verità assoluta può far ritenere che il mercato agisce da regolatore e che la libertà del mercato, la democrazia del mercato siano il motore forte del dinamismo e non vedere che quanto più sono alte la libertà del mercato e la democrazia del mercato tanto più violenta è la repressione di tutte le altre forme e modi di produzione; tanto più impera la Dittatura più sfrenata dell’unico modo di produzione, quello basato sulla proprietà privata borghese dei mezzi di produzione.

Negli anni Novanta questa libertà del mercato, questa democrazia del mercato si sono poi espressi in quello che comunemente, anche se assai improprio, viene chiamato pensiero unico, che aveva in tale unicità, del modo di produzione della ricchezza sociale la sua reale, concreta, oggettiva base materiale.

Lo sviluppo scientifico e tecnologico, l’insufficiente sviluppo delle forze produttive nel periodo tra il XVI e la prima metà del XIX secolo consentivano unicamente il modo di produzione capitalistico, quale modo di produzione più razionale ed efficiente per l’attuazione del ricambio organico nelle nuove condizioni che si venivano a determinare dopo la scoperta dell’America, rispetto a quello feudale.

In quelle esatte e precise condizioni storiche, in quelle concrete, precise esatte condizioni storiche della conoscenza umana, che determinava quel livello del ricambio organico uomo – natura, la libertà del mercato, ossia la dittatura del modo di produzione capitalistico, ossia la lotta contro il precedente modo di produzione in nome appunto della libertà di ciascuno di produrre nel modo che riteneva più opportuno, per fare fronte alle nuove esigenze che il sistema di produzione feudale non era in grado di soddisfare, ossia libertà per il modo di produzione capitalistico nei confronti di quello feudale, costituiva libertà, libertà dal modo di produzione feudale.

Ma già con l’applicazione della chimica ai processi produttivi, punto nodale è Liebig, con lo sviluppo del telegrafo e di una diffusione alta delle comunicazioni e dei trasporti su ferro e via acqua con tutto il più complessivo sviluppo della Scienza e della tecnica, ossia con lo sviluppo delle moderne forze produttive, il sistema di produzione capitalistico agisce da soffocamento, trasformando la dittatura del mercato, quale libertà dal modo di produzione feudale, in dittatura del mercato quale strumento per la repressione ed il mantenimento/estensione del modo di produzione capitalistico e repressione, coartazione delle nuove/altre forme di proprietà che il più alto livello di sviluppo delle moderne forze produttive consentiva, determinando cioè la necessità di una nuova libertà adesso dal modo di produzione capitalistico per la dittatura delle altre forme di proprietà, o diversamente definentesi: Dittatura del Proletariato, ossia dittatura del modo di produzione dei produttori associati.

Sbagliano quanti, pur esperti in Economia, dichiarano la compenetrabilità di Mercato e Piano, individuando nel Piano il momento della industrializzazione, della costruzione dell’industria di base, come strumento tecnico per accelerare tale processo, secondo l’economia di scala, in pieno impianto fordista, e nel mercato il momento successivo quale strumento per una razionale diversificazione dei bisogni, che invece nella fase iniziale si erano dovuti massificare, uniformare. Mostrano una completa non conoscenza dell’economia politica marxista, ma anche dei processi capitalistici. Il Piano non è strumento tecnico, è il modo in cui la società dei produttori attua la direzione cosciente e razionale sulle forze produttive.

Il mercato non è la soddisfazione dei bisogni degli uomini, ma la loro massificazione sulla base del profitto capitalistico. Nella società borghese italiana, per esempio, vi è più bisogno di case, scuole, sanità, previdenza, assistenza che non barche da diporto, scarpe Nike, ogm, bombe all’uranio più o meno impoverito, di guerre e di armamenti sofisticati e costosissimi. Il mercato impone alti livelli di disoccupazione, impedisce che nuove ed altre forme del lavoro si esprimano, inchioda il lavoro entro le condizioni sostanziali del modo di produzione capitalistico.

Il mercato, la Dittatura del modo di produzione capitalistico, impone che gli sviluppi scientifici e tecnologici nei loro effetti sul Lavoro abbiano l’indirizzo del profitto, l’indirizzo dell’autovalorizzazione del capitale. In concreto lo sviluppo delle moderne forze produttive consente un’altra organizzazione del lavoro, consente per la prima volta nella storia degli uomini la più totale rivoluzione nella vita degli uomini. Consente, cioè, che la vita degli uomini non sia più scandita dai tempi del lavoro, ma i tempi del lavoro venire scanditi dai tempi della vita degli uomini, o come scrive D’Antona “il lavoro se ne va, ma la società è più ricca”.

E’ il mercato che inchioda tutta la tematica del lavoro negli asfittici ambiti della proprietà privata borghese dei mezzi di produzione; è la dittatura del modo di produzione borghese che impedisce che si esprimano nuove forme di organizzazione del lavoro e della vita degli uomini e quindi un altro rapporto uomo-natura, un altro modo di attuare il ricambio organico uomo – natura. Il mercato determina una così totale, assoluta, dittatoriale deformazione della realtà che nella situazione in cui “il lavoro se ne va, ma la società è più ricca” la risposta della borghesia mondiale è l’estensione dell’età pensionabile, giungendo a mantenere in servizio gli ultra sessantenni. E questo al fine di ottenere una contrazione del costo della forza lavoro per la competitività oligopolistica, ossia per ottenere un profitto ed il mercato livella l’intera vita degli uomini entro questi ambiti.

La diversità è ancora il tratto saliente del mondo del lavoro in U.R.S.S.
Esiste una profonda differenza fra la struttura dei 154 sindacati di categoria ( 18milioni di iscritti ) e quella delle ventimila società cooperative liberamente federati di produttori-proprietari nell’industria ( tre milioni di associati ); o fra uno di questi enti ed i 240mila kolcos ( trenta milioni di associati ). A questa già complessa organizzazione del mondo del lavoro occorre aggiungere la categoria delle “ cooperative integrali”, la cui caratteristica essenziale è quella di integrare al suo interno caratteristiche di tutte le altre forme.

Abbiamo così dinanzi a noi l’enorme complessità del sistema dell’U.R.S.S, del suo essere un sistema fortemente dinamico ove ciascuna forma sfuma nell’altra ed è solo il movimento generale che lo caratterizza nella direzione della società socialista: proprio di un sistema in costante divenire e dove l’equilibrio del sistema è dato dal movimento contraddittorio di tutte le forme che lo compongono.

Tanto per non cambiare una particolare organizzazione, che trasversalizza l’intero mondo del lavoro, è quella dei minorati fisici d’ambo i sessi, che lavorano in tutti i mestieri possibili, la base della loro organizzazione non è la categoria di lavoro, ma la comune minoranza fisica dell’una e dell’altra specie.
L’organizzazione dei lavoratori si piega qui alla diversità, non ingloba, ma la divide da sé in quanto diversità e solo ad un altro e diverso livello avviene il momento della sintesi dialettica, dove è il sistema il momento in cui si centralizzano tutte le diversità ed il cui equilibrio è il movimento contraddittorio.

Il materialismo dialettico–storico non aveva posto a base la diversità ed esalto il movimento contraddittorio di ciascun elemento? E non aveva posto a base che il particolare è quello che conta, è quello che veramente esiste, mentre il generale è un’astrazione e che quindi l’equilibrio del sistema era la risultante del movimento contraddittorio di ciascun singolo elemento.?

V.I. Lenin aveva scritto in Quaderni Filosofici:
“Ogni cosa concreta sta in rapporti diversi e spesso contraddittori con tutto il rimanente, ergo è se stesso e un altro.  [pag. 129 ]
[...] è geniale l'idea fondamentale: l'universale, onnilaterale e vivente connessione di tutto con tutto e del rispecchiamento di questa connessione  nei concetti dell'uomo, che devono essere altresì affinati, elaborati, duttili, mobili, relativi, reciprocamente connessi, essere uno nelle opposizioni, per poter abbracciare il mondo.
La prosecuzione dell'opera di Marx  deve consistere nell'elaborazione dialettica  della storia del pensiero umano, della scienza e della tecnica. [ pag. 137 ]
Un fiume e le  gocce  in questo fiume.
Situazione di  ogni  goccia, sua relazione con le altre; sua connessione con le altre; direzione del suo movimento - retta, curva, tonda, ecc. - verso l'alto o verso il basso. Somma del movimento. I concetti come  compendio  dei singoli lati del movimento, delle singole gocce (=cose), delle singole correnti, ecc.”.[ ibid].

La concezione teorica e la base metodologica e teoretico concettuale e categoriale alla base della costruzione della società socialista è allora il materialismo storico – dialettico: diversamente non poteva essere, se quella era la visone del mondo che i bolscevichi avevano.

Se non si padroneggia con assoluta sicurezza il materialismo storico-dialettico, se lo si ritiene una filosofia, se lo si ritiene una variante del sistema filosofico hegeliano diviene allora impossibile avere le più elementari basi per la comprensione dell’U.R.S.S e del Movimento Comunista Internazionale e dell’esperienza storica mondiale del proletariato.

2. estrema interconnessione che saldava fabbriche, kolcos, cooperative di consumo, associazionismo più vario nell’interscambio di merci prodotte nelle differenti condizioni di proprietà.

Questo dato conferma per altra via le diverse forme di proprietà che esistono in U.R.S.S.
Ad un polo si aveva la kolkosiana e dall’altra quella soviettista, o statale, ma tra le due forme esisteva un’infinità di forme, che sfumavano l’una nell’altra. Mentre nel settore manifatturiero si registra una maggiore e forte presenza della forma di proprietà soviettista, ma anche qua vi sono forme colcosiane, le incop, che vedevano una massa di 3milioni di soci anche in settori quali miniere, altiforni, ecc. nel settore agricolo vi è la prevalenza della forma colcosiana e mentre si assiste ad un rafforzamento della soviettista nel settore manifatturiero in quello agricolo un arretramento, tant’è che alcuni sovcos vengono sciolti e trasformati in kolcos.

La proprietà generale dei mezzi di produzione era soviettista, ma essa veniva poi data in concessione perpetua alle forme colcosiane.

Detto questo l’attenzione va fermata sull’estremo dinamismo del sistema più generale, attraversato per mille fili intrecciantesi tutti tra di loro, descrivendo così un quadro non solo complesso ma fortemente dinamico, divenendo così difficile, se non impossibile darne una rappresentazione grafica soddisfacente.

Tutte queste realtà sono intersecate attraverso la distribuzione, ossia dal commercio, dallo scambio delle merci. Qui ciascuna singola fabbrica, ciascun singolo kolcos mantiene e sviluppa un ricco e complesso rapporto con lo Stato per la produzione della quota di produzione che il Piano assegnava loro, con i kolcos contadini, dei pescatori e dei cacciatori, con le cooperative di consumo e così ciascun kolcos e ciascuna cooperativa di consumo con le altre forme. La fabbrica poteva acquistare per la cooperativa di consumo che ad essa faceva capo il surplus che era rimasto al kolcos contadino o dei pescatori o dei cacciatori e la cooperativa di consumo o il kolcos poteva acquistare direttamente dalla fabbrica la produzione in surplus al piano: ciascuno era committente e commissionato.

L’organizzazione della distribuzione è data da una complicata rete di accordi volontari per i quali passa dai produttori individuali ai consumatori individuali una sempre maggiore proporzione dei generi alimentari.

Stalin, I risultati del primo piano quinquennale” nel 1933: scrive
“Sarebbe errato credere che il commercio sovietico possa svilupparsi per una sola via, quella, per esempio, delle società cooperative. Al fine di sviluppare il commercio sovietico si devono utilizzare tutte le vie; e la rete cooperativa e il commercio di Stato e il commercio esercitato dalle fattorie collettive.. L’unica via da evitarsi è quella della rinascita del capitalismo ed il funzionamento del settore capitalistico privato nella circolazione dei prodotti.
[…] . Il commercio sovietico – è un commercio senza capitalisti, né grandi né piccoli, un commercio senza speculatori, né grandi né piccoli. E’ una forma speciale di commercio che non è mai prima esistita nella storia e che solo noi bolscevichi pratichiamo nelle condizioni che si creano nello sviluppo del regime sovietico.”.

Non corrisponde allo stato reale delle cose ritenere che in U.R.S.S vi è soltanto un unico datore di lavoro, ossia lo Stato collettivistico. Esiste invece una multiformità nell’organizzazione della produzione e della distribuzione della ricchezza in opposizione ad una presunta uniformicità di sistema e di organizzazione.

Il sistema istituzionale - rappresentativo in U.R.S.S

Adesso questa complessità, queste forme multiple di proprietà, queste forme multiple di produttore, consumatore, cittadino, tutta questa struttura di direzione della società devono trovare un loro momento di legittimazione in una forma rappresentativo-formale.

La tradizione di pensiero ci porta a parlare di sistema democratico in quanto strutture elettive politico-istituzionali: Parlamento, Consiglio Regionale, Provinciale, ecc. e di pluralismo dei partiti politici che garantiscono la democraticità del sistema in quanto possibilità per il cittadino di poter scegliere tra questo o quel partito ed all’interno di ciascun partito tra le sue varie componenti ed all’interno di queste tra i singoli uomini candidati.(7)

Per quello che abbiamo sin qui descritto siamo già in presenza di altre forme di partecipazione, altre forme di Democrazia, che non si limitano più unicamente a quella politica, ma che investono anche la democrazia economica, sociale, culturale, civile. Il problema in U.R.S.S si presenta in maniera diversa, si presenta cioè in quanto necessità di dare espressione a tutti questi vari momenti, che invece nella democrazia dell’ancien regime è limitata unicamente al citoyen.

La differenza tra la tradizione e la consuetudine dell’ancien regime e l’U.R.S.S è abissale. I due sistemi non sono in alcun modo mutuabili o interscambiabili. Nelle condizioni date dell’ancien regime quel sistema sovietico non è applicabile al pari che quello dell’ancien regime non ha alcuna possibilità di applicazione in U.R.S.S.

E’ come se volessimo mutuare dal feudalesimo le assemblee indette dall’imperatore che convocava i tre Stati generali e riportarlo nel sistema parlamentare borghese.

Noi identifichiamo tout court la Democrazia e la partecipazione con il livello istituzionale, giacché quella è l’unica forma nella quale si esplica la partecipazione. Noi qui assumiamo come società politica e istituzionale borghesi una società modello, ossia pura, ove sia pure al solo livello istituzionale si ha la massima espressione e praticabilità dei livelli di Democrazia e di Partecipazione.(8)

In questa realtà che noi consideriamo, la Democrazia ed il sistema democratico si identificano tout court con quello istituzionale e quello politico con una serie di partiti, la cui esistenza è garanzia di scelta. Ed è poi questa l’unica forma che noi conosciamo, giacché tutto il nostro essere citoyen si limita unicamente ad esprimere una volontà di voto ogni 4 o cinque anni, per tutto il resto dei 365giorni di ciascun dei quattro o cinque anni noi non decidiamo più.

Tutta la nostra esperienza di partecipazione si riduce a questa espressione di voto, adesso dati dieci minuti per esprimere il voto e date 300 espressioni di voto nell’arco della propria vita di citoyen noi esprimiamo la nostra democrazia e partecipazione in 3000minuti, ossia due giorni dell’intero arco della nostra vita complessivamente presi: voilà tutta la nostra esperienza di partecipazione e di democrazia.

Tutta la struttura democratica che abbiamo è allora consequenziale a tale identificazione tout court della Democrazia con il livello istituzionale, di qui allora il Parlamento, i partiti politici, le parti sociali. Lo sciopero dei lavoratori costituisce un ulteriore momento di partecipazione democratica, ma essa avviene in opposizione al sistema democratico formale ed avviene a spese del partecipante, ossia del lavoratore, giacché al lavoratore non viene riconosciuta la sostanzialità di produttore e consumatore e quindi il diritto di partecipare alle decisioni in campo economico, differentemente dall’U.R.S.S ove lo sciopero non costituisce alcuna decurtazione salariale.

Negli anni Ottanta gli scioperi in Polonia per esempio non comportavano alcuna decurtazione salariale. Il sistema referendario è una tradizione italiana, che se pur esiste in altri Stati non è esercitato se non in casi rari e quasi sempre su proposta governativa, in quanto tale non fa testo.

Ma è già qui, riprendendo il ragionamento, tracciata la scissione tra paese legale e paese reale, che poi altro non è che la forma che il più generale processo di alienazione prende, letto dall’angolazione politico-istituzionale; la forma nella quale si legittima quella scissione, in cui l’alienazione viene legittimata dal voto popolare, determinando la più feroce distorsione dei processi reali, a riprova di quanto siano fortemente distorcenti i filtri che il sistema basato sulla proprietà privata borghese dei mezzi di produzione comporta nella coscienza, nella cultura e nella conoscenza scientifica dei processi.(9)

Ma fin quando la complessità dell’essere e divenire dell’uomo Zown politikon, essere sociale, viene ridotta al suo aspetto più formale, ossia al citoyen, un tale sistema va bene, salvo poi ad assumerlo come unico ed assoluto/assolutizzante con le categorie eterne di Democrazia e Pluralismo, fatte divenire “valori”, che poi altro non è che la sublimazione della propria povertà e miseria di un uomo ancora   Zown.

Ma quando il citoyen viene reso nelle sue reali articolazioni ed angolazioni, nei suoi reali momenti che lo caratterizzano: produttore, consumatore, cittadino, Uomo, allora un tale sistema non è più valido e mostra invece in maniera implacabile come tutta la precedente teoria politica altro non sia stata che ideologia, ossia proiezione di quello che l’uomo non era e mitizzazione del suo stato  Zown.

Non è più in grado, giacché non consente l’esplicitazione dell’essere produttore, consumatore, cittadino e Uomo e tutta la contraddittorietà di ciascun termine con ogni singolo altro momento e con tutti gli altri e tutti insieme sul quadro generale del sistema.

Il sistema politico-istituzionale non è costituisce affatto un valore in sé, come bene ha dimostrato Federico Engels in Origine della famiglia,della proprietà privata e dello Stato, è invece, un elemento sovrastrutturale, espressione di ben precisi, esatti e determinati rapporti di produzione, consequenzialmente esso comporta una ben precisa teoria dello Stato ed una ben precisa teoria politica.

La teoria politica borghese dello Stato elaborato nel XVI-XVIII secolo porta alla scomposizione del potere assoluto nelle mani del re o dell’imperatore nei suoi tre momenti: legislativo, esecutivo, giudiziario. Fa risiedere nel popolo, ossia la somma dei citoyen, il detentore del potere assoluto, che delega nei modi e nelle forme stabiliti dalla Carta Costituzionale, l’esercizio di tali poteri a determinati istituzioni.

Costruisce infine come assunto fondamentale l’indipendenza dei tre poteri tra loro, dovendosi tutto rapportare unicamente al detentore del potere: il popolo. Ma così facendo fissa in maniera implacabile tutta la fictio iuris di questa costruzione, giacché rende in chiaro quanto la precedente teoria basata sul suddito tendeva invece a negare: essere l’uomo portatore di istanze indipendentemente dal grado sociale e dal ruolo che svolge nella società. Portato in chiaro questo si ferma però all’aspetto più immediatamente fenomenico, non procede più innanzi.

Leggere uomo-lavoro non è nei confini teorici e concettuali di una classe che vive essa stessa del lavoro altrui, di una classe che è estranea al lavoro, lo dirige, ma non lo attua. Solo quella classe che si identifica tout court con Lavoro può fare questo passaggio successivo e proseguire ove la borghesia si é fermata. Proseguendo, il proletariato nel suo elaborato fissa tutta la povertà e miseria di tutto l’elaborato precedente, inchiodandolo come ideologia, giacché l’elaborato ha il fine di mistificare, celare, negare, l’essenza stessa dell’uomo: il lavoro e per contraltare, in controlaterale, elabora poi le dotte e fini teorie dell’umanesimo, il che è poi la sublimazione nel campo letterario, artistico e filosofico della propria miseria culturale ed umana, che fissa lo status ancora  Zown  dell’uomo.

Questa classe che è il proletariato guida, così, l’umanità ad uno stadio superiore dell’organizzazione sociale, giacché guida l’umanità ad un grado superiore nel rapporto uomo-natura, instaura un più alto livello nel ricambio organico uomo-natura e giunge ad un più alto livello del rapporto Libertà-Necessità.

L’intera costruzione teorica borghese, l’ingegneria istituzionale consequenziale, è perfettamente logica e razionale e democratica. Ma essa si fonda su un dato, su di una realtà, storicamente corretta, ma venute meno quelle condizioni storiche, quel dato è divenuto falso e distorcente e quell’elaborato evidenzia tutti i suoi stessi limiti e che a caduta determina il populismo e la demagogia.

Il citoyen, e quindi il popolo, ossia la somma dei citoyen, è il borghese; è il possessore dei mezzi di produzione  e dove “popolo” stava per borghese, costituendo il borghese una parte consistente del popolo: la proprietà feudale era sostanzialmente scomparsa e nelle campagne esistevano forme borghesi e la rivoluzione borghese tendeva ad estendere tale forma di proprietà a tutta la società ed anche perché il borghese, la classe della borghesia, costituiva l’avanguardia di tutto il popolo ed i cui interessi in quella fase coincidevano tout court con gli interessi di tutto il popolo, che dalla classe borghese veniva liberato dall’ancien regime.
La classe della borghesia, cioè, liberando se stessa liberava l’intero popolo.

Tale costruzione ed ingegneria costituzionale consentivano al borghese la direzione della società e la partecipazione democratica del borghese alla direzione dello Stato, garantendogli gli strumenti per esercitare la direzione sul ricambio organico uomo-natura, e dove la direzione del processo economico era assicurato dalla proprietà dei mezzi di produzione.
I suoi interessi di classi la portavano, anche come risultato del complesso movimento di forze e di classi, che componevano il blocco sociale, alla distinzione in tre del potere assoluto: legislativo, esecutivo, giudiziario. Il momento chiave  di tale tripartizione ed autonomia è dato dall’esistenza di movimenti contraddittori antagonistici al suo interno tra le varie frazioni e fazioni della classe della borghesia, che trovano in tale tripartizione equilibrio.

Noi qui stiamo conducendo un’analisi comparata non corretta.
Stiamo cioè analizzando il sistema sovietico per quello che esso realmente era e quello borghese nella sua formulazione teorica; ossia in un caso il modello reale, mentre per la borghesia il modello teorico. Un simile modello borghese in realtà non esiste in alcun paese.

Il potere giudiziario nei suoi punti alti è determinato dal potere politico; il potere esecutivo solo assai formalmente è distinto dal potere legislativo. L’accesso alle alte cariche dello Stato, e quindi gli uomini, non è assolutamente libero, la costruzione della carriera di un magistrato, di un alto funzionario dello Stato è determinato dal potere politico e dal potere legislativo.

In Italia questori e prefetti sono nominati dal potere esecutivo; i membri della Corte costituzionale sono nominati in parte dal potere legislativo. I capi dell’arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, ecc. sono nominati dal potere esecutivo.
La magistratura è indipendente nel senso che può sottoporre a giudizio ed esprimere la sentenza senza alcun vincolo, o disposizione, del potere legislativo o esecutivo. Ma i recenti fatti del lodo Meccanico, mostra come sia il potere legislativo che determina i limiti, gli ambiti entro cui si esercita l’autonomia della magistratura.

In Inghilterra non esiste una carta costituzionale e l’inglese non è affatto citoyen, bensì suddito.
Negli Stati Uniti il Parlamento riconosce la funzione delle lobby nell’orientare le decisioni del potere legislativo in ogni campo e tali lobby sono le reali detentrici del potere legislativo.

Altri paesi, oltre l’Inghilterra, vedono ancora il suddito e non il citoyen: Spagna, Belgio, Olanda, Svezia. Le legislazioni sono molto diverse ed in nessun paese capitalistico si riscontra una sostanziale identificazione del modello reale con il modello teorico, elaborato nel Sei-Settecento.

Il modello teorico rappresenta dichiarazione gli intenti, il limite verso il quale tende, i principi che dichiara di voler perseguire; ma il modello reale introduce il limite delle compatibilità, delle reali istanze che lo fa divergere in modo sostanziale da quello teorico, il cui limite è poi dato come sempre dal grasso che cola o meno dalla pentola.

Il modello teorico, inoltra, dichiara una serie di cose che non può mantenere.
Dichiara l’uguaglianza dinanzi la legge di tutti i cittadini, ma ciascun singolo cittadino è dinanzi alla legge in maniera diversa per posizione finanziaria: possibilità di scegliersi un avvocato di grido, di ricorrere in appello ed in Cassazione. Pratica consolidata della giurisprudenza di tutti i paesi capitalistici conferma la disparità di trattamento del borghese dinanzi alla legge, che contrasta con il modello teorico, ma che il modello pratico legittima attraverso tutta una legislazione di interpretazione della legge e flessibilità che affida al magistrato e le categorie giuridiche che elabora circa la intenzionalità, i precedenti penali che costituiscono maglie talmente elastiche che ci si può far rientrare di tutto. Basta seguire la cronaca giudiziaria di un qualsiasi anno e di un qualsiasi paese capitalistico.

La questione della tripartizione del potere, per tornare al nostro ragionamento, non si pone per la società dei produttori.Nella società socialista viene mantenuta la tripartizione, ma non la costruzione come momenti indipendenti. Il potere legislativo ed il potere esecutivo coincidono, per cui qualsiasi organismo che prende una decisione  ne ha al tempo stesso il potere dell’esecuzione ed il potere giudiziario non configura quel complesso corpus di magistrati ed avvocati.

Tutta la parte civile, che costituisce buona parte dell’intera legislatura borghese, è drasticamente ridimensionata. Codice civile e Codice di Procedura Civile sono ridotti ad un corpus di leggi assai limitato. Il diritto societario, la famiglia, il contratto, eredità e trasmissione dei beni, tutta la parte inerente la proprietà privata e le sue varie forme: il diritto consuetudinario, l’usucapione, ecc. tutto è drasticamente falciato e ridotto e l’intero codice civile si racchiude in semplici e dirette formulazioni di assai agevole comprensione ed interpretazione.

La legislazione civile che fino a quel momento era stata estranea all’uomo, si configurava come potere nemico dell’uomo, che schiacciava l’uomo, ritorna nelle mani dell’uomo, quale strumento di lavoro nella configurazione delle norme sociali del vivere comunitario. Il Codice Penale subisce la stessa sorte e così il cavilloso Codice di Procedura Penale, ove si affastellano norme, consuetudini contraddittorie; ove si sovrappongono in maniera acriticamente stratificate idee e concezioni diverse della società e dell’uomo quali si sono venute a formare nel corso dei secoli.

Anche qui tutto viene racchiuso in un corpus di leggi di chiara comprensione ed interpretazione. E così anche quest’altro settore, fino a quel momento nemico dell’uomo, sotto il cui peso i lavoratori e la popolazione tutta erano schiacciati, e che si proiettava ed era estraneo all’uomo, entità metafisica, la Lex, viene restituita all’uomo e ricondotta a strumento delle norme sociali e civili del vivere comunitario.

Anche per questo versante come si vede si opera quel superamento dell’alienazione, quel complesso processo che aveva portato all’espropriazione, alla scissione dell’uomo dal suo operato.

Il corpus di avvocati e giudici si riduce così ad un ristretto numero di giudici professionisti che formano le corti d’appello per reati penali di una certa entità e ad un altrettanto esiguo numero di avvocati, impiegati dello Stato, che lo Stato mette a disposizione di quanti ricorrono alla legge.
Lo Stato garantisce, così, non l’avvocato d’ufficio ma il corpus di avvocati, per ogni ordine e grado. A latere è garantita l’esistenza di avvocati indipendenti, essi stessi organizzati in forme cooperative, l’incop, a cui chiunque può ricorrere, sostenendo però le spese, ma il cui onorario è rigidamente fissato dallo Stato.

La massa della giustizia comune è espletata da tribunali popolari ad elezione diretta, anche qui lo Stato garantisce un’assistenza tecnico-scientifica e formazione scientifica per quanti vogliono formarsi come avvocati con corsi di formazione variabile, tali da mettere in condizioni chi lo vuole di esercitare l’avvocatura da sé o costituire un valido contributo nei tribunali in qualità di giudice o avvocato.

Il potere legislativo ed esecutivo, come si è detto, vengono ricomposti, giacché qualsiasi organismo è responsabile dell’esecuzione delle decisioni; l’assemblea o l’organismo – un soviet, un kolcos, una cooperativa di consumo, un comitato di fabbrica – nomina un presidente, e se di una certa entità anche un vicepresidente oltre una terza persona che hanno l’incarico di provvedere all’esecuzione dei deliberati, ma essi, solo in rari casi, e per livelli superiore, sono elementi distaccati dalla produzione.

Sul piano immediato possiamo dire che quella tripartizione nella società dei produttori viene ricomposta, giacché effettivamente i detentori del potere assoluto si identificano tout court, materialmente ed in toto con la totalità della popolazione. La tripartizione è allora elemento tecnico, organizzativo oltre ché di natura teorica per quanto attiene la definizione dei rispettivi campo d’azione. Nella realtà sostanziale la società dei produttori si riappropria ed esercita in proprio dentro il più complessivo quadro di essere i padroni del proprio destino, di quanto nel corso dei secoli era stato separato dai produttori e costruito indipendente dai produttori ed estraneo ai produttori.

Di qui la differenza sostanziale tra i due sistemi, ma tale differenza è espressione della diversità dei due sistemi, o se si vuole le differenze esprimono e rimandano a diversi rapporti di produzione di cui ne costituiscono sovrastruttura.

Quello che voi qui state leggendo altro non è che una particolare angolazione della ricomposizione dei saperi dell’uomo nell’uomo stesso; state leggendo le forme concrete, e quindi particolari, della transizione dall’uomo all’umanesimo sociale, il cui punto nodale è il superamento dell’Alienazione.

Il sistema istituzionale - rappresentativo deve allora essere in grado di esprimere e rappresentare questa nuova complessità.
Le caratteristiche sostanziali sono date innanzitutto dal fatto che esistono due livelli di elezione.
L’elezione diretta che riguarda le strutture di base, che eleggono i delegati al livello successivo che costituiscono il Congresso Provinciale, Regionale, Nazionale e Confederale.
Il mandato è revocabile a differenza della struttura parlamentare del sistema borghese.

La base elettorale è per categoria e settori e non territoriale, è così individuabile la base che esprime quel deputato, quel consigliere e quindi quella base in assemblea può revocare il mandato e nominarne un altro. L’assemblea elettiva deve solo prendere atto del nuovo deliberato e del nuovo deputato.

L’elezione avviene a partire dalla struttura di base che dopo aver discusso del mandato dell’eletto e dopo aver discusso le linee politiche complessive sulla base di una rosa di nomi, discussa in pubblica assemblea per votazione palese, nomina un gruppo di delegati in base al numero da inviare all’istanza superiore, che segue la stessa procedura inviando delegati all’istanza superiore, e così via fino al livello della Repubblica dei Soviet.

In questa ascesa si viene formando una rosa di candidati che verrà poi presentata alle elezioni per il Soviet Supremo. In queste condizioni quindi tutta l’attenzione è nella fase iniziale ed intermedia della formazione della lista e non nella fase finale della campagna elettorale, ossia a pochi giorni dalla elezione vera e propria. Indubbiamente ciascuno può presentare la sua candidatura individuale, al di fuori di questa struttura, ma diviene quasi impossibile una qualche votazione su quel candidato, giacché se aveva una qualche chance sarebbe venuta fuori nell’assemblea di base a cui appartiene.

In concreto.
Una fabbrica metalmeccanica riunita in assemblea in base al numero di addetti ha diritto ad esprimere un certo numero di delegati da inviare all’Assemblea dei delegati della categoria dei metalmeccanici di distretto unitamene ad un certo numero di candidati da presentare in lista nella locale elezione al soviet di villaggio o del rayon e così via sino al livello Nazionale e Confederale ed a ciascun livello formula una rosa di candidati per la lista dell’elezione del soviet di città, di provincia, ecc.

Al Soviet Supremo vi sarà quindi una rappresentanza dei produttori metalmeccanici, e così per tutte le categorie dei produttori, non diversamente per i contadini ed i kolcos dei contadini, dei pescatori, dei cacciatori, dei lavoratori indipendenti, degli scrittori ed artisti, dell’Accademia delle scienze.

Il Soviet è cioè l’espressione dei produttori, che sono rappresentati in un rapporto proporzionale stabilito dalla legislazione vigente. Il Soviet Supremo nomina il Consiglio dei Ministri, o Commissari del Popolo ed il Presidente del Consiglio, elabora le linee politiche programmatiche vincolanti per il Consiglio dei Ministri e per ciascun Dicastero – noi usiamo qui la terminologia italiana, per una maggiore comprensione da parte del lettore.

Il Soviet Supremo che è composto da migliaia di membri resta in seduta anche per 8-10giorni consecutivamente, dopo di che, assolti i compiti di direzione, tutti i suoi membri fatta eccezione per un numero molto ristretto a cui il Soviet Supremo ha demandato l’esecuzione dei deliberati, torna sui luoghi di lavoro, torna alle sue normali mansioni lavorative. Il Soviet Supremo è di norma convocato due volte l’anno, oltre la prima volta per l’insediamento, all’inizio dell’anno per stabilire il piano di lavoro e la pianificazione per l’anno che inizia e fare un bilancio consuntivo del precedente ed una seconda volta a metà anno per la verifica del piano di lavoro e della pianificazione onde apportare correzioni, ecc.
Non diversamente da tutte le altre assemblee elettive.

Il principio è la più ampia partecipazione dei cittadini sin dal livello di base.
Il Soviet di Mosca, per esempio, era composto da 2542 membri effettivi e candidati.
Essa si riunisce di solito una volta al mese ed elegge un esecutivo di 50membri ed un Presidium di 21membri di cui 6 candidati, nominato dall’Esecutivo. Tutte le decisioni vengono prese dal Presidium che può consultare l’Esecutivo, ovviamente sulla base delle indicazioni generali stabilite dalla riunione plenaria del Soviet.

Ogni membro è tenuto a far parte almeno di una commissione ed il numero dei partecipanti alle singole commissioni è illimitato, ossia non è circoscritto ai soli eletti, ma aperto anche ad altri cittadini. Ovviamente nel corso di queste assemblee elettorali si discutono i vari problemi del Soviet di villaggio, di città, di provincia, nazionale, e Confederale che si traducono in deliberati vincolanti per gli eletti nel Soviet. Durante le elezioni del Soviet di Mosca nel 1931 vennero proposte circa 100mila aggiunte alle istruzioni che avevano per argomento l’edilizia e l’urbanistica, i trasporti cittadini, l’alimentazione, ecc.

Ogni città dell’U.R.S.S di una certa grandezza viene suddivisa in sottosezioni tali da consentire la convocazione di un’assemblea relativamente piccola, press’a poco allo sesso modo del soviet di villaggio, allo stesso modo che una media e grande fabbrica viene suddivisa in assemblee di reparto o di linea, per poi confluire in quella generale. La suddivisione ha lo scopo di consentire una più ampia partecipazione e discussione, che non potrebbe avere luogo in un ambito di diecimila persone o più.

Ancora una volta il punto da fermare non è tanto la questione tecnica, quanto la espressa volontà politica di consentire a ciascuno di partecipare, mettendo in essere quegli strumenti e quegli accorgimenti adeguati sufficienti e necessari. La partecipazione quindi non è tanto richiesta, ma vengono costruite e determinate le condizioni reali per cui essa si possa effettuare, trasformando il diritto formale in diritto sostanziale.

Un’altra caratteristica da fermare è che il diritto elettorale, data la struttura su luoghi di lavori e non territoriale, non si esercita sulla base della residenza, bensì sulla base del luogo ove si lavora, per cui se un cittadino è di Mosca ma sta svolgendo un lavoro a Leningrado o .. egli partecipa alle elezioni per il Soviet di Leningrado e non di Mosca, giacché partecipa alle assemblee elettorali, diciamo così della fabbrica di Leningrado, così come ha partecipato e partecipa alle assemblee per la definizione del Piano quinquennale ed annuale, alle assemblee della cooperativa di consumo della fabbrica di Leningrado.

Costituzione dell’U.R.S.S e Costituzione europea.

La soluzione del complesso problema delle minoranze nazionali costituisce un’importante esperienza, che è tutta in campo, per la costruzione dell’unità europea, ma viene rimossa per dichiaratio ideologica. Questo tema sarà oggetto di particolare attenzione nel corso del 2004.

Bolscevismo e Menscevismo

Stalin, Moscow Daily News, 29 dicembre 1929
“Ci siamo trovati di fronte al dilemma: o incominciare con l’istruire il popolo in scuole tecniche, differendo di dieci anni la produzione e lo sfruttamento in grande delle macchine, mentre si istruivano nelle scuole i quadri tecnici, o procedere immediatamente alla creazione delle macchine, sviluppando lo sfruttamento di esse nell’economia nazionale, istruendo in tal modo nella tecnica e preparando i quadri durante lo stesso processo di produzione e sfruttamento delle macchine.

Abbiamo scelto la seconda alternativa. Abbiamo apertamente e di proposito accettato l’inevitabile costo ed il maggior dispendio dovuto alla scarsezza di persone tecnicamente preparato e capace di far funzionare tali macchine. E’ vero che durante questo periodo si sono rovinate non poche macchine. Ma in compenso abbiamo guadagnato ciò che è più prezioso: il tempo, ed abbiamo creato ciò che ha il maggior valore nell’economia: i quadri. Nello spazio di tre o quattro anni abbiamo creato quadri di individui tecnicamente preparati così nel campo della produzione delle macchine diverse (trattori, automobili, carri corazzati, aeroplani, ecc.) come nel campo del loro impiego.

Ciò che fu raggiunto dall’Europa nel corso di decenni noi siamo riusciti a compierlo all’ingrosso e per la parte più importante, nel corso di tre o quattro anni. Il costo ed il maggiore dispendio, le rotture di macchine ed altre perdite sono state più che compensate ... . Educare, formare offrire un avvenire, promuovere a tempo, trasferire a tempo ad un altro posto quando l’uomo non fa bene il suo lavoro, senza aspettare che il suo fallimento sia completo, educare ed addestrare con cura gli uomini, distribuirli ed organizzarli opportunamente nell’industria, organizzare i salari in modo da rafforzare i punti decisivi della produzione e spingere gli individui ad acquisire maggiore abilità: ecco quello che ci occorre per creare un grande esercito di quadri tecnici per l’industria.”

Trotsky e tutta l’opposizione erano di diverso orientamento.
Essi, sulla base di quanto Marx ed Engels avevano scritto nel periodo 1840-1868 e di quanto avevano indicato e da cui avevano fatto scaturire la tattica per il Movimento Comunista Mondiale, non ritenevano possibile l’attuazione di un tale programma.

Consequenzialmente leggevano tutta la complessa ed articolata struttura che si veniva erigendo in U.R.S.S come una mastodontica falsificazione, una gigantesca illusione, una gigantesca costruzione artefatta, proiezione di propri miti, in una parola una proiezione al di fuori degli uomini dei propri miti e credenze che finivano poi per dominare gli uomini stessi. Quando essi usano il tempo “burocrazia”, “sistema burocraticatico”, “burocrate” vogliono intendere esattamente questo e non quello che solitamente si intende per burocrazia.

Essi in sostanza partivano anche dall’insegnamento di Marx del 18 brumaio di Luigi Bonaparte ed in sostanza leggevano una sostanzialità tra il progetto della maggioranza del P.C.( b ) e l’operazione di Luigi Bonaparte. Questo li porta a leggere un capitalismo di Stato e quel gruppo dirigente espressione del capitalismo stato, che in questo caso era il capitalismo burocratico di Stato e quindi i quadri dirigenti superiori in quanto borghesi-burocrati.

La categoria del capitalismo di stato non elimina il profitto e lo sfruttamento, determina unicamente una diversa spartizione tra la classe borghese del profitto. Di qui, per derivata prima logica, essi giungevano alla conclusione teorica del sistema burocratico oppressivo. Esso è burocratico oppressivo giacché non costituisce base reale, non si poggia su una base reale ossia su reali rapporti di produzione, ma, come si è visto, su una gigantesca proiezione mitica, su un volontarismo esasperato.

I punti chiave dell’analisi di Marx ed Engels erano dati dalla natura mondiale del capitalismo, in specifico essi si basavano sia sul Manifesto e sia su di uno scritto di Engels del 1847, Principi del Comunismo, che non a caso nel 1923 ebbe una particolare edizione.

In questo scritto, ma non diversamente nel Manifesto, ma in questo scritto la cosa è puntualizzata meglio, mentre nel Manifesto la cosa viene più diluita in una lettura più generale ed onnicomprensiva dei processi, Engels scriveva:
“La grande industria creando il mercato mondiale, ha stabilito fra tutti i popoli del globo, specialmente nel caso di quelli civili, un così stretto collegamento, che ciascuno di essi dipende da quanto accade negli altri.. . La grande industria ha talmente livellato lo sviluppo sociale in tutti i paesi civili, che ovunque la borghesia ed il proletariato sono divenuti le due classi sociali determinanti e la lotta tra di esse la lotta principale del nostro tempo. Pertanto, la rivoluzione comunista non sarà soltanto nazionale, ma avrà luogo simultaneamente in tutti i paesi civili, cioè almeno in Inghilterra, America, Francia e Germania.. . Eserciterà pure una considerevole influenza sugli altri paesi del mondo, e muterà del tutto, e accelererà molto, il primitivo corso dello sviluppo. E’ una rivoluzione mondiale, e pertanto avrà l’intero mondo per arena.”.

E’ questa la base teorica sostanziale che farà formulare a Marx ed Engels la tattica della “ rivoluzione permanente”.
Ecco perché la teoria di Trotsky avrà al centro proprio ed esattamente la “rivoluzione permanente”, che sarà elaborata nel corso della rivoluzione del 1905 e poi ulteriormente elaborata negli anni 1907-1917(10).

Quanto scriveva Engels, e lo stesso Marx, costituiva un’analisi corretta della realtà nella fase 1847-1869. Marx ed Engels scrivevano in verità molto di più di questo, essi ritenevano che scoppiata la rivoluzione in un punto dei paesi capitalistici essa si sarebbe facilmente sviluppata negli altri paesi e ritenevano che in Inghilterra e negli Stati Uniti sarebbe stata possibile una rivoluzione non violenta, pacifica o quasi, risolventesi in scaramucce o battaglie di strade.

Essi giungevano a questa conclusione sulla base dell’analisi della struttura dello Stato in questi due paesi nel periodo appunto 1846-1865. Successivamente ed in specifico dopo la guerra di Crimea, seguita con grande attenzione da Marx ed Engels, dopo la guerra franco-prussiana ed infine dopo la Comune di Parigi, lo Stato capitalistico conosce profonde modifiche ed una strutturazione burocratica e centralizzata maggiore per rispondere sia alle esigenze della lotta di classe e sia alle guerre che i singoli paesi capitalistici si facevano.

Questo processo di militarizzazione e burocratizzazione è un processo immanente nella misura in cui si estende la lotta di classe del proletariato e si estendono le contraddizioni interimperialiste e la necessità di un esercito professionista. Basti pensare che l’invenzione del fucile a ripetizione che farà la sua comparsa appunto sul finire degli anni Sessanta del XIX secolo comporta una professionalizzazione dell’esercito, la formazione di un altro quadro militare: ufficiali e sottoufficiali e l’introduzione di un addestramento militare specifico per le nuove armi da fuoco.

In base a questo Marx ed Engels modificheranno profondamente tale tattica. Essi l’abbandoneranno per assumere la tattica della “rivoluzione ininterrotta”. La complessificazione dell’apparato statale, lo sviluppo di un apparato burocratico e di un apparato militare che modificano la precedente struttura dello Stato, inficiano quella propaganda ad onda della rivoluzione. Lo sviluppo delle contraddizioni interborghesi, e poi interimperialiste, determinavano un accentuazione dello sviluppo ineguale del capitalismo e quindi una differenziazione del livello della lotta delle classi e delle coscienze delle classi di ciascun singolo Paese.

Lo sviluppo della lotta di classe del proletariato porta all’applicazione delle scoperte ed invenzioni nella scienza militare nel campo della Scienza della Politica e nelle forme della lotta contro il proletariato. L’invenzione del fucile a ripetizione determina modifiche sostanziali nella stessa forma della lotta di classe del proletariato, determinando il superamento della lotta di strada in combinata con il mortaio leggero, che si può adesso facilmente far affluire nei punti di maggiore resistenza operaia, barricate.

Engels analizza bene queste modifiche, fa un bilancio dell’esperienza storica mondiale del proletariato dal 1848 al 1895 ed indica in maniera netta le modifiche che lui e Marx avevano apportato e che Engels esprime nella Prefazione a “Lotta di classe in Francia” del 1895, che il gruppo menscevico si guarderà bene dal darvi una edizione curata.

Un punto di svolta chiave, di non ritorno, per la teoria e la tattica in Marx ed Engels è dato dalla Comune di Parigi e che costituisce la base poi della teoria e della tattica dei bolscevichi, non a caso tale esperienza sarà un dei punti cardini dello scritto di Lenin Stato e Rivoluzione.

La teoria di Marx ed Engels subisce poi ulteriori modifiche sulla base dei primi germi di sviluppo del capitalismo monopolistico di Stato, che Engels accenna già nell’Antidhuring e che Lenin svilupperà in tutti gli scritti economici e politici e non solo in Imperialismo.

Lenin elabora la teoria dello sviluppo ineguale da cui fa derivare la possibilità dell’esistenza per una certa fase anche lunga di uno stato socialista, accerchiato dai paesi imperialisti e questo già nello scritto “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa” ed il riferimento esplicito è proprio ed esattamente alla Russia.

La teoria di Marx ed Engels si arricchisce con l’importante rivoluzione russa del 1905, che sfocia nel Soviet, ossia nella forma di governo del futuro stato socialista, superando la visione limitata e parziale che la Comune di Parigi aveva delineato e che la teoria e la tattica del leninismo metabolizza, facendone centro dell’intera teoria della rivoluzione e della costruzione del socialismo in Russia.

La parola d’ordine “Tutto il Potere ai Soviet” è esattamente questa totale metabolizzazione di tale esperienza centrale del movimento comunista e proletario mondiale.

Mantenersi ancora sulla base della teoria della rivoluzione permanente di Marx ed Engels non costituiva dato scientifico valido: i dati sperimentali che la supportavano non esistevano più; essi si erano profondamente modificati già Marx ed Engels in vita.

In verità che la Germania, che costituiva il punto più avanzato e guida dell’interno movimento proletariato mondiale, nello sviluppo successivo avrebbe perso tale posizione e che tale ruolo di avanguardia mondiale del proletariato sarebbe stato preso dalla Russia, era cosa che in verità si sapeva già dalla fine degli anni Settanta, quando Marx lo indica in maniera netta in una lettera, solo che il destinatario ha la sciagurata bella idea di renderla pubblica, recando danni sul piano tattico, ricevendo le giuste rimostranze di Marx, che ne sottolineava la inopportunità tattica.

Marx ed Engels non avevano affatto la palla di vetro dinanzi, avevano letto lo sviluppo tendenziale del capitalismo mondiale e la centralità degli Stati Uniti d’America che dopo la guerra di secessione sarebbero venuti ad acquisire una centralità, spostando così il baricentro del capitalismo mondiale dall’Inghilterra agli Usa, da Londra a New York. Ed è questo che determina la modifica Germania-Russia. Lenin ed i bolscevichi avevano ben compreso i processi tendenziali ed infatti poi i dati sperimentali dimostravano ampiamente come la Russia zarista costituiva effettivamente l’anello debole della catena imperialista.

Lenin e Stalin in maniera molto più attenta avevano ben compreso la lezione della Comune di Parigi, i limiti e le potenzialità di quella scelta di alzare la bandiera dello Stato proletariato, che era poi il centro dell’esperienza che Marx ed Engels difendevano e ponevano a base.

Nella scelta del socialismo in un solo paese del 1923-26 questo tratto decisivo della Comune di Parigi è a fondamento: l’idea, nella fase che l’ondata rivoluzionaria defluiva e ci si avviava ad una fase di stabilità capitalistica, ma questo non significava il venir meno dello sviluppo ineguale del capitalismo né della crisi capitalistica che costituivano la base oggettiva della manovrabilità tattica, [l’idea] di dare avvio alla costruzione della società socialista come bandiera per il proletariato mondiale e come costruzione e rafforzamento di una piazzaforte traeva la sua base proprio ed appunto ed esattamente dall’esperienza della Comune di Parigi, ove questa esperienza riceveva una amplificazione esponenziale.

Inoltre avrebbe consentito di sottrarre al campo imperialista una importante fetta di mercato sia per quanto riguarda le materie prime che base territoriale ove scaricare la crisi di sovrapproduzione e sia per far venir meno all’imperialismo il suo cane da guardia, che fino ad allora era stato appunto la Russia zarista, sempre pronta a prestarsi in armi per tutti i più scellerati crimini oltre che cane da guardia nei Balcani e nell’oriente più generale nella faccia che guarda appunto l’Afganistan, il Pakistan, la Cina e l’India.
Questo tema l’abbiamo affrontato nella relazione tenuta a Teramo nel 2002.

In definitiva i menscevichi, perché poi tutta l’opposizione altro non è che l’ala menscevica a ranghi completi ed allineati, commettono qui l’identico errore che avevano commesso nel II Congresso del PODSR circa il Partito e la mozione Lenin e la mozione Martov, ben descritto nel Che Fare?.

Sulla base di quanto Marx ed Engels avevano scritto sul Partito, l’eterodosso era Lenin e non Martov, il bund ed i menscevichi. Lenin infatti scriverà che i compagni quando si tratta di muoversi sulla strada tracciata da Marx e da Engels mostrano una certa stabilità, ma non appena si tratta di distaccarsene per un tanto, allora sbandano e si danno ad escandescenze.
Solo che qui i menscevichi la fanno più grossa, giacché già Marx ed Engels avevano indicato le modifiche che andavano apportate alla tattica della “rivoluzione permanente” e la transizione alla tattica della “rivoluzione ininterrotta”. La pubblicazione infatti nel 1923 dello scritto di Engels del 1847 e non anche la Premessa del 1895 a “Lotta di classe in Francia” sempre dello stesso Engels ferma in maniera inequivocabile i limiti teorici nella comprensione dell’esperienza storica mondiale del proletariato.

L’altro elemento chiave dell’opposizione era dato, ma ne costituisce in verità una consequenziale stretta, dall’impianto più generale che abbiamo tracciato all’inizio di questo paragrafo, dall’opposizione alla politica di piano.
Essi cioè non credevano ad una qualche validità della Pianificazione e vedevano, ancora una volta, in questa complessa struttura che la Pianificazione comportava unicamente una struttura burocratica, una mostruosa struttura che opprimeva sulla società civile, un atto volontaristico, una incarnazione dell’Utopia, che quando essa si realizza porta sempre a disastri umani e materiali non da ultimo l’Inquisizione ed i tribunali inquisitori, la società viene scaraventata nel buio del fanatismo e dello strapotere del funzionario e dello sbirro di turno, nel buio dello Stato poliziesco.
Esiste in verità una logica in questo ragionamento.

Questo ragionamento ha una sua sostanzialità.
Se diamo per assunto la necessità che la rivoluzione deve partire dai punti più alti, significa che noi partiamo da una struttura della produzione e della distribuzione già ad uno stadio avanzato, una struttura già di per sé centralizzata dai gruppi monopolistici che dominano il mercato.

In queste condizioni il mercato viene quasi naturaliter a sfociare nella Pianificazione, ossia l’evoluzione del mercato, determinando il processo di concertazione monopolistico, comporta quel processo di centralizzazione della produzione e della distribuzione della ricchezza sociale prodotta e che viene prodotta.

Ma se noi, invece, partiamo dal punto più basso dello sviluppo capitalistico, ove cioè sussiste ancora la struttura del mir e del mugik, che era la schiacciante maggioranza del livello produttivo nella Russia zarista, ove le fabbriche ad un più alto livello tecnologico, e che riguardavano le industrie estrattive e le principali industrie legate ad esse, e che erano nelle mani di Francia, Germania, Inghilterra, Usa, Olanda, Belgio, ecc.: tutti quelli che poi avranno a cuore la libertà della Russia dai Soviet all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre, allora non vi può essere alcuna pianificazione, giacché viene meno la base oggettiva di sviluppo, viene meno quello sfociare naturaliter del mercato nella Pianificazione.

Se adesso noi aggiungiamo qui l’intero passo di Engels sulla natura globale del capitalismo diviene impossibile un qualsiasi sviluppo, giacché ogni paese, ed in special modo civile, dipende strettamente da tutti gli altri, dai movimenti che si verificano in ciascuno di essi.

E Marx in Lotta di Classe in Francia aveva ben dimostrato come l’andamento della rivoluzione del 1848, i suoi alti e bassi, venivano determinati dall’andamento dei mercati dell’India e del grano.
Il limite teorico è poi quello, che in precedenza abbiamo evidenziato circa il ruolo di sviluppo del mercato ed a quali errori teorici conduce poi quella visione ideologica del Mercato.

Questa visione più che essere portatrice di una visione puramente economicista, evidenzia una visione metafisica non dialettica dei processi. Nella fase in cui si attua la Rivoluzione d’Ottobre il mercato ha già cessato da tempo, da ben 80anni, una qualsiasi funzione propulsiva ed esercitava invece la funzione di repressione e di distorsione dei processi reali. Il sistema capitalista era transitato alla fase imperialista e questa aveva già determinato la prima guerra mondiale imperialista. La presenza ed il rafforzamento dell’U.R.S.S accelerava le contraddizioni interimperialiste, giacché tale costruzione avveniva nella fase non solo che tutte le colonie erano state spartite dai briganti imperialisti ma che la crisi capitalistica aveva spinto ad una nuova spartizione di quelle colonie: la prima guerra mondiale.

E’ questa complessità che il blocco dei menscevichi non aveva colto, ostinandosi a leggere i processi ancora nell’ottica sostanziale del 1847 e quindi quella centralità del mercato e dello Stato nazionale, quel livello delle lotte delle classi e quel livello di contraddizioni interborghesi.

Non vedranno allora come si viene a modificare la lotta tra proletariato e borghesia e la sua estensione a campo imperialista e campo socialista e quindi come si presenza la contraddizione unità-lotta tra proletariato e borghesia e quindi non vedranno i processi di ristrutturazione capitalistica successivi al 1923 e quello che la crisi del 1929-1933 determinerà. Questo li porta per logica conseguenza a non vedere il ruolo delle lotte coloniali nel periodo 1927-1936 e meno che mai né l’ascesa del fascismo e del nazismo ed il ruolo che viene affidato alla Germania, né la guerra di Spagna.

Cartina al tornasole è in maniera emblematica proprio ed esattamente la tattica che essi sosterranno verso i paesi coloniali e le lotte coloniali: la necessità di sostenere lo sviluppo del capitalismo come fase necessaria per lo sviluppo di un proletariato industriale, quale condizione della rivoluzione proletaria mondiale, quale base per quell’unificazione dei processi della rivoluzione proletaria mondiale.

E così in maniera speculare si troveranno ad avere per base teorica della loro posizione il kautskismo, ossia la posizione che Karl Kautsky esprimerà all’indomani della Rivoluzione d’Ottobre: essere cioè quell’evento una forzatura della Storia, l’Utopia che si fa Storia.
Non si insisterà mai abbastanza su questo tratto comune, questa base teorica sostanziale, che il kautskismo costituisce nell’opposizione all’U.R.S.S. Essa consentirà, cioè, entro una vasta e multiforme opposizione una unità d’intenti e quindi d’azione.
E’ cioè il kautskismo la base teorica dell’antisoviettismo, comunque presentantesi.

Lo scontro Kautsky-Lenin è, nella sua sostanzialità, ancora il centro dello scontro nel Movimento Comunista Internazionale, ove i punti chiave sono appunto il ruolo della borghesia quale momento della transizione nella fase dell’Imperialismo e quindi la tattica e la teoria della transizione.

Il kautskismo, a differenza del leninismo, affida un ruolo di centralità alla classe della borghesia ed allo sviluppo capitalistico e tale teoria ha alla base la teoria dell’Utopia della Storia ed in quanto tale è il kautskismo la base sia del krusciovismo che dell’antikrusciovismo. Nella fase dell’Imperialismo il centro della lotta all’interno del Movimento Comunismo è ancora Marxismo – Revisionismo, ossia Leninismo-Kautskismo.

Sul piano filosofico prende la forma dell’esasperazione del rapporto Marx – Hegel, Marx – Filosofia, negando o diminuendo la centralità di Engels e del ruolo di Engels nell’elaborazione del marxismo; negando o diminuendo la centralità  del materialismo storico dialettico.
Sul piano della teoria economica nega la teoria valore-lavoro e della caduta tendenziale del saggio medio generale del profitto, la cui sostanzialità è nell’edizione curata da Kautsky delle Teorie Economiche di Marx.

Sul piano della teoria politica nega lo Stato come strumento di classe e la sua estinzione, riponendo appunto nella sostanza la teoria hegeliana dello Stato in quanto idea, e questo nella forma di una eternalizzazione dello Stato in quanto entità perenne, insopprimibile. Non a caso il Kautsky ed il kautskismo non riconoscono validità teorica a “Origine della famiglia” di Engels, riducendolo ad un pamphlet storico in quanto vulgata di teorie di Morgan, ecc.

Nasce poi da qui tutta l’opposizione teorica allo Stato della Dittatura del Proletariato, giacché i confini del kautskismo circa lo Stato sono i confini dello Stato borghese quale esso si è venuta a costituire nel corso della rivoluzione borghese e che trova in Hegel la sua sistematizzazione teorica e la sua eternizzazione mitica ed ideologica.

In questi orizzonti teorici non vi è alcun spazio per la pianificazione e l’intera costruzione di una società che ha alla base la pianificazione e non il mercato. Hegel diviene allora per il kautskismo la base teorica sostanziale, la concezione generale del mondo, su cui articola e sviluppa la teoria e la tattica, la strategia e l’analisi. Quello che in Marx ed Engels è il capovolgimento hegeliano, ossia il superamento di Hegel e la transizione alla classe del proletariato, in Kautsky il capovolgimento hegeliano è invece la base teorica e la concezione generale del mondo che viene posto alla base dell’azione del movimento operaio e socialista.

Hegel e l’hegelismo costituiscono cioè, per la loro natura di transizione, il trait d' union tra il proletariato e la borghesia, la forma avanzata dell’egemonia della borghesia sul proletariato. Il capovolgimento hegeliano diviene allora qui la longa manus della borghesia sul proletariato. La lotta kautskismo e leninismo è allora la lotta per l’egemonia nel movimento operaio tra la borghesia ed il proletariato.

Con la Rivoluzione d’Ottobre questa lotta subisce un forte innalzamento, si pone in maniera molto acuta ma nel periodo 1917-1924 si mantiene ancora sostanzialmente entro i limiti ed i confini entro i quali si era venuta sviluppando a partire dal 1905. La Rivoluzione del 1905 costituisce lo spartiacque tra Lenin e Kutsky.

La rivoluzione del 1905 segna in maniera definitiva le modifiche intervenute nel sistema capitalismo mondiale con la centralità degli Stati Uniti ed il tramonto del ruolo d’avanguardia del proletariato tedesco e l’ascesa a ruolo d’avanguardia mondiale del proletariato russo: sono queste le basi oggettive che determinano la contraddizione Kautsky-Lenin e che costituiscono quindi la base dell’opposizione kautskismo - leninismo. Il periodo 1917-1924 è contrassegnato da uno sviluppo e quindi una linea politica che per certi tratti è ancora il programma Kerensky, ha ancora tratti della rivoluzione democratico-borghese.

L’opposizione kautskismo-leninismo subisce una possente impennata a partire dal 1924-25 quando lo stato sovietico lacera in maniera irreversibile il cordone ombelicale con la borghesia e si proietta come classe egemone e dirigente. La lotta, consequenzialmente, muta nella forma, nei modi e nei tempi.
Man mano che il proletariato procede sulle linee tracciate del leninismo e costruisce la sua egemonia nella costruzione di un suo Stato e quindi si costruisce come classe dirigente, esso incenerisce qualsiasi ultimo residuo di cordone ombelicale con la classe borghese e quindi  la contrapposizione con il kautskismo assume tutti i toni drammatici e violenti. Il proletariato recide in maniera violenta la longa manus e la borghesia si vede tagliata fuori da qualsiasi controllo ed egemonia.

Il trotskismo costituisce, cioè, il kautskismo nelle nuove condizioni della lotta per l’egemonia nelle fila del movimento operaio. La battaglia non era più sulle questioni generali, la battaglia si era spostata sulla capacità o meno del proletariato di essere classe dirigente, giacché era questo il dato cruciale che allontanava il proletariato dalla borghesia ed opponeva il proletariato alla borghesia non solo nei singoli paesi ma sull’arena mondiale nei confronti dei popoli coloniali e di tutta l’umanità.

La posizione dell’opposizione confluisce oggettivamente in questo quadro, giacché essi erano in grado di esercitare una direzione ed una egemonia solo entro i quadri del kautskismo, ossia entro quel quadro che dava alla borghesia una centralità, ma non riuscivano ad averne alcuno in un quadro di un proletariato che marcia oramai da solo e su tutt’altra via.

Il periodo che abbiamo esaminato evidenzia come il proletariato avanza oramai da solo, si inventa un altro tipo di Stato, un’altra economia, altri strumenti tecnici e teorici, sviluppa ad un altro livello le scienze naturali e sociali, sviluppa un’altra arte, un’altra cultura che non è più riconducibile entro il capovolgimento hegeliano. In queste condizioni l’opposizione era già, e tutta, out e conduce una battaglia furibonda per ricondurre l’U.R.S.S entro quei confini ed ambiti che ella è in grado di intelligere e quindi su cui è in grado di esercitare una direzione.

Lo scontro non poteva che essere inevitabile e senza mediazione alcuna. Essa si incontra con il punto più alto dello scontro di classe che si sviluppa in U.R.S.S, si incontra cioè con lo scontro di classe nelle campagne, si incontra cioè con la seconda fase della rivoluzione agraria e non può che fare tutt’uno con essa, non può che esprimerne le istanze di fondo delle classi agrarie spodestate contro chi tali classi spodestava. La seconda fase della rivoluzione agraria viene a costituire,cioè, il fulcro decisivo della lotta tra proletariato e borghesia, tra imperialismo e socialismo, il crogiuolo di tutte le contraddizioni interne ed internazionali che vedevano opposta la borghesia al proletariato.

Quello che comunemente viene chiamato stalinismo costituisce appunto la nuova fase che la lotta per l’egemonia viene a prendere, la forma nella quale si presenta la contraddizione kautskismo-leninismo. Questo spiega poi perché tutta l’attenzione è sullo stalinismo, più che sul leninismo, giacché la lacerazione irreversibile avviene con il periodo 1924-1960.
Essa determina una profonda modifica nello scontro tra le classi, non si presenta, cioè, più come il proletariato in opposizione alla borghesia, bensì come la borghesia in opposizione al proletariato.

Lo stalinismo, ossia l’elaborato teorico del proletariato mondiale, ha un suo momento contraddittorio che se non viene sciolto, diviene impossibile coglierlo e si finisce per rimanere imbrigliati in tale movimento contraddittorio.
Lo stalinismo, cioè, è per una parte ancora tutto dentro il leninismo ma per un altro versante costituisce una fase assolutamente nuova nella lotta per la transizione al socialismo, ossia la fase della transizione.

Il leninismo, cioè, si è diviso in due:
una parte: la teoria generale della rivoluzione proletaria e della dittatura del proletariato, espressa nella formulazione scientifica data da Stalin con “Il leninismo è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria. Più esattamente: il leninismo è la teoria e la tattica della rivoluzione proletaria in generale, la teoria e la tattica della dittatura del proletariato in particolare.”

la seconda è la teoria della transizione e questa è appunto ed esattamente lo stalinismo, inteso in quanto la teoria, la strategia e la tattica nella fase della transizione, ossia nella fase della costruzione della società socialista. Con Stalin ha, cioè, inizio la fase della transizione dal capitalismo al socialismo di cui lo stalinismo ne costituisce, appunto, la teoria, la strategia e la tattica.

Il marxismo ed il leninismo, ossia il marxismo-leninismo si arricchisce così di una nuova ed inedita sezione. La svolta del krusciovismo ha costituito una violenta interruzione di questa esperienza e di questa costruzione teorica, che resta ancora tutta da costruire, ma i cui tratti sostanziali e fondanti sono dati dallo stalinismo; o in altri termini si tratta di sviluppare lo stalinismo in quanto teoria, strategia e tattica della transizione, arricchirlo dell’esperienza storica mondiale del proletariato anche alla luce degli eventi successivi al 1960 e soprattutto alla luce di come si pone adesso, qui ed ora, la questione della transizione.

L’antikrusciovismo non ha costituito continuità alcuna dello stalinismo, si è mossa su un terreno ambiguo: gli errori di Stalin senza cogliere la complessità e l’assoluta originalità del nuovo elaborato a cui il proletariato mondiale era giunto, continuando così a muoversi ancora e tutto sul terreno del kautskismo, ancora e tutto sulla vecchia teoria del ruolo della borghesia nella transizione al socialismo.

Il fuoco di fila che viene scatenato contro Stalin e lo stalinismo non è tanto fuoco di fila ideologico, ma è fuoco di fila possente contro le condizioni generali della lotta per il socialismo.
Questo non tanto nella forma più fenomenica nella quale poi i quadri la intendono e leggono, ossia del discredito del socialismo e quindi dell’offuscamento delle prospettive della lotta contro la borghesia, quanto fuoco di fila contro le condizioni generali della lotta per il socialismo.

La Storia non torna indietro.
Il livello della lotta di classe anche dopo gli avvenimenti del 1989 si è ulteriormente sviluppato ed ha alla base l’esperienza storica generale delle due classi in lotta. Proprio i fatti del 1989 stanno ad indicare che la borghesia ha assimilato una lezione, si è arricchito di una importante esperienza della sua lotta contro il proletariato. Il livello della lotta di classe parte allora non da Marx o da Lenin ma da Stalin, ossia dal punto più alto della lotta di classe, dal punto più alto della maturazione della coscienza di classe del proletariato mondiale.

Arretrare sia pure di un millimetro, allontanarsi sia pure di un millimetro da questo punto più alto significa porsi nelle condizioni di non essere in grado di condurre la lotta di classe. La stessa borghesia si è modificata, trasformata proprio ed esattamente sulla base dello stalinismo, la sua struttura, il modo, le forme concreti del suo essere oggi sono il risultato delle modifiche essa ha introdotto per condurre la lotta contro il proletariato, ossia contro lo stalinismo.

Il fuoco di fila violento contro lo stalinismo, la gran cassa che viene suonata su “Impero” ed “ hegelismo” hanno la funzione esattamente di tenere lontano il proletariato dalle condizioni generali in cui si pone oggi la lotta per il socialismo.

Lo sviluppo scientifico e tecnologico, ossia lo sviluppo alto delle forze produttive registratosi a partire dagli anni Cinquanta e poi negli anni Settanta-Ottanta hanno determinato una modifica nella stessa lotta per la transizione – rimandiamo qui ai lavori dell’Istituto: Centralità Operaia, Scienza della Politica, Genetica e Scienza Medica – e non si è in grado di comprendere il livello nuovo al quale si pone oggi la lotta della borghesia contro il proletariato, la lotta per il socialismo se non si parte dallo stalinismo, arricchendolo degli sviluppi scientifici che si sono avuti a partire dagli anni Sessanta-Settanta.

Nelle condizioni attuali della crisi capitalistica e dello sviluppo alto delle moderne forze produttive, o sviluppo scientifico e tecnologico, si coniuga in maniera ancora più strettamente con la lotta del Marxismo e del Leninismo contro l’empiriocriticismo, che costituisce una variante, una forma, nella quale si presenta la lotta Marxismo – Revisionismo; non diversamente da quella che oppone spontaneità – coscienza, ecc.

Il punto è comprendere come si pongono oggi queste varianti e quindi come si pone concretamene oggi la lotta Marxismo – Revisionismo. Punto di svolta è dato esattamente dallo sviluppo della Scienza avutosi in Unione Sovietica, che ha determinato uno sviluppo ed arricchimento alto del materialismo storico dialettico, per cui tale lotta non può prescindere da questo livello raggiunto dal materialismo storico dialettico, dallo sviluppo delle Scienze.

La Russia, allora, in quelle esatte e precise condizioni del 1917 poteva o imboccare la via che ha imboccato o precipitare al rango sostanziale di colonia, giacché il mercato avrebbe agito appunto da livellatore di cui si è detto e quindi fatto aggravare l’arretratezza.
A riprova basta guardare la paurosa e precipitosa caduta della Russia di Gorbaciov-Putin nel giro di appena 10anni a tutti livelli: industriale, scientifico, economico, sociale, politico, culturale, della protezione sociale, di criminalità e del più generale degrado umano.

I successi nella costruzione della nuova società socialista sono indiscussi.

Nel giro di appena 15anni, ossia dal 1924 al 1939, dopo gli anni della devastazione dell’aggressione dei 14 stati imperialisti alla giovane Repubblica dei Soviet, l’U.R.S.S conosce una trasformazione profonda, raggiungendo i punti più alti della scienza: Fisica, Matematica, Biologia, Chimica, ecc. ed un livello di vita materiale e spirituale molto alto. Gli stessi dati del Dipartimento di Stato statunitense confermano il grande avanzamento tecnico, scientifico e della produzione, le stesse relazioni dell’addetto ai problemi dell’agricoltura dell’ambasciata tedesca a Mosca, come i rapporti ed il diario dell’ambasciatore statunitense a Mosca, ecc.

Elencare dati, statistiche, ecc. diviene così inutile. La stessa violenta opposizione borghese non mette mai in discussione tali risultati, discute di altro.
Le condizioni di vita materiali e spirituali del popolo lavoratore sovietico complessivamente prese sono le più alte in tutto il mondo ed in assoluto in tutta la storia dell’umanità.

Il livello di protezione sociale è assoluto: previdenza, assistenza, diritti dei lavoratori: ferie, malattia, ore di lavoro, ambiente di lavoro, assicurazione sociale, ecc.

Il livello democratico è assoluto: mai i lavoratori avevano partecipato alla vita democratica, alle scelte come in U.R.S.S, in tutta la storia dell’umanità. Ed esso non trova paragoni e riscontri in nessun paese capitalistico al punto che in questo campo non può sussistere alcun termine di paragone per l’abissale diversità.

Il livello di civiltà è assoluto: libertà civili e politiche per le minoranze nazionali, livello culturale complessivo del paese sia in cultura media complessiva che in godimento artistico e culturale: libri, giornali, riviste, frequenza a teatri, cinema, biblioteca, numero di biblioteche, di teatri e cinematografi costruiti sia nelle città che nelle campagne.

L’emancipazione della Donna è assoluta. Mai la Donna, e neppure negli anni Settanta, nei paesi capitalistici raggiunge una tale emancipazione totale: dall’aborto, al divorzio, assistenza alla maternità, alla sessualità, alla parità reale con l’uomo nella direzione e nel ricoprire ruoli di direzione a tutti i livelli nella società sovietica.

Sul piano della sessualità la società sovietica già negli anni Trenta giunge ad una concezione di alto profilo, che neppure i più avanzati e spregiudicati paesi capitalistici negli anni Ottanta e Novanta giungeranno mai.
Riconoscimento della coppia di fatto, riconoscimento della coppia gay, riconoscimento della ragazza madre, riconoscimento dell’aborto – e sul piano puramente clinico negli anni Trenta si aveva una morte ogni 25mila casi di aborto contro il 2% in Europa– che si attuava non solo con la libertà dell’interruzione volontaria della gravidanza, ma anche con le tre settimane di concedo dopo l’aborto.

Per quanto riguarda l’omosessualità essa non è riconosciuta reato fino al 1934 e per principio non costituisce reato. Il divieto ed il conseguente riconoscimento di reato viene introdotto solo nel 1934 ma sulla basi di alcune questioni, che l’imposero per necessità.
Nel marzo del 1934 il Presidium emana un decreto che prescrive di aggiungere al codice penale un articolo comminante per l’omosessualità pene da tre a cinque anni e se commessa con minorenni o dipendenti e accompagnata dalla violenza con la prigione da cinque a otto anni.
La decisione del Presidium  è determinata dalla scoperta di centri di corruzione di ragazzi, sorti per influenza di servizi stranieri, che furono sommariamente espulsi dal territorio sovietico.

Era successo che una tale libertà di vivere la sessualità nelle condizioni più complessive di arretratezza e barbarie rispetto a questo problema, aveva determinato che l’U.R.S.S veniva a trovarsi ad essere un paradiso ove allettare e corrompere giovani per pratiche omosessuali per stranieri.
Se si guardano le cose con gli occhi di oggi vediamo che alcuni paesi asiatici sono degli autentici paradiso della pedofilia ove si prostituiscono i giovani, oltre ad essere zone di commercio di giovani e bambini attuando così un’autentica tratta dei bambini: per adozioni, commercio d’organi, ecc.
Il decreto dei Presidium avevo lo scopo di stroncare sul nascere questo illecito commercio dei giovani, esso infatti pone l’accento sui minori, la violenza, e lo status di incapaci.

Per quanto attiene tutta la storia dei milioni di morti per repressione e tutte le storie di repressioni violente di minoranza, religiose, ecc. non abbiamo alcuna intenzione di seguire questa gentaglia nel loro pantano.
Non hanno mai fornito dati reali, mentre i dati sperimentali da noi qui forniti mostrano che non esistevano le condizioni reali, materiali di una qualche opposizione operaia e popolare tale da poter giustificare possenti sommovimenti di massa tali da portare all’uccisione di questi milioni di oppositori.

Un sistema a così alta partecipazione democratica reale, da noi documentato su fonti inglesi, francesi, tedesche e statunitensi di opere e scritti in questi paesi e nel periodo 1924-1939, è la smentita di tutte queste fantasticherie. Una disamina superficiale dell’annata delle principali testate del periodo in esame unitamente alla produzione di libri, articoli denunciati stato di degrado, di miseria, ossia tutta la propaganda anticomunista, una tale disamina dimostra che quelle notizie sono tratte proprio ed esattamente da giornali e riviste sovietiche, che davano grande spazio alla critica, alla denuncia implacabile di errori, sprechi, ecc.

Gli stessi alti dirigenti dello stato sovietico erano molto prodighi in questi critiche e questa messa in stato di accusa di inefficienza, ritardi, sprechi: Stalin come Kaganovic, Kalinin e tutti gli altri. Assemblee sindacali, di soviet di cooperative di consumo erano ultra piene di critiche, denuncie di inefficienza, critiche aperte a Direttori, funzionari: l’U.R.S.S da questo punto di vista era veramente un cantiere aperto, chiunque poteva attingervi notizie e fatti e riportarli secondo una certa sequenza e dimostrare quello che voleva. La fonte era però lo Stato, il governo e le istituzioni sovietiche.

Provate un po’ a fare un’assemblea di fabbrica o di quartiere ove è permesso criticare direzione aziendale, direttore, funzionari del governo, del comune, capi di partito contando in pubblica assemblee tutte le malefatte, brogli, imbrogli, mangiatoie varie, corruzioni, distrazioni in bilancio, favoritismi oltre che a familiari e parentele acquisite, ecc.

La documentazione scientifica di parte borghese e quella costituita da relazioni di enti governativi ed istituzioni capitalistiche confermano invece i progressi eccellenti dell’U.R.S.S in un fase di pesantissima crisi quella del 1929 -1933.
Questo stesso lavoro è stato condotto esattamente su tali fonti documentarie, avendo escluso a priori quelle sovietiche, ritenute di parte. Lì dove sono stati accolti dati, legislazione, dichiarazioni sovietiche, è perché da tali fonti documentarie sono stati accettate, vagliate e ritenute valide, corrette, corrispondenti al reali e quindi affidabili.

Se questo dà a questo lavoro il suo carattere di imparzialità scientifica, al tempo stesso questo determina il limite stesso del lavoro, giacché rileva dell’U.R.S.S quanto i borghesi hanno rilevato e quindi non quanto la visione, la concezione la mentalità sovietiche invece rilevavano.


In proposito va riportato quanto in un romanzo sovietico degli anni Trenta, “ Conversazione in treno”, dal romanzo Idrocentrale di M. Shaginjan, Mosca 1934, viene scritto:
“Voi dite che facciamo delle cose che l’Europa fa meglio, a miglior mercato, più precisamente e più rapidamente di noi. Sì l’Europa fa delle cose; ma noi non facciamo affatto soltanto delle cose! Qui sta il punto, ed è ciò che voi non vedete; qui sta il principio nuovo, qui sta la spiegazione.
[…]
Noi facciamo delle cose pianificate, mio caro signore! Vedete la differenza. E’ una differenza formidabile. In ogni fabbrica, in nuova costruzione che visitate, potete vedere delle cose che si stanno facendo o elaborando …più una nuova società, più il sindacato, più l’addestramento dei giovani, più il controllo, più i calcoli, più il piano. La cosa più il piano viene dall’alto, la cosa più il controllo viene dal basso. A voi pare che ci sia una moltitudine di padroni. Sbagliate; vi è una moltitudine di fattori, non di padroni. E l’espansione di ogni singolo fattore a spese di un altro parte di una lotta per le giuste proporzioni, per un sistema, una lotta per una società nuova.
[ …].
Questo è il nuovo principio che avete cercato e non trovato: un sistema economico senza imprenditori privati! Noi non abbiamo una moltitudine di padroni, ma una moltitudine di fattori e gente che li rappresenta. Un bel mondo, e voi lo avete visitato, ma non avete osservato questo.”.

Questo non vedere è quanto le fonti documentarie da noi adottate non riportano e quindi non vedono e consequenzialmente marcano in maniera inequivocabile i limiti di questa trattazione.
Sul piano puramente scientifico il metodo non è sufficientemente corretto, ma la situazione contingente ci ha costretto ad una esposizione ed una rappresentazione del sistema sovietico con tali limiti.
Essi esaltano e non diminuiscono la portata storica universale dell’esperienza sovietica.

Essa viene confermata dagli scritti del Prof. Dillon.
Il prof. Dillon è nato in Inghilterra nel 1856 figlio di padre irlandese e di madre inglese, studiò in università francesi e tedesche, visse in Russia dal 1877 al 1914 e tornò a visitare il paese nel 1918 e nel 1929, fu da prima studente e poi professore in università russe, per lungo tempo direttore di un giornale russo, viaggiò in lungo ed in largo il paese durante il suo soggiorno di quasi quarant’anni, sapeva molte lingue e conosceva personalmente quasi ogni settore della vita russa, dai ministri di Stato alla nobiltà alla burocrazia, da successive generazioni di rivoluzionari agli artigiani ed ai contadini. Fu per quasi trent’anni un esperto corrispondente estero per giornali inglesi ed altri e scrisse molti libri in russo ed in altre lingue. Tra gli altri ha scritto tre libri in circa quarant’anni di attività.
La rivoluzione d’Ottobre lo privò di tutti i beni e ricchezze che aveva in Russia.

Il primo nel 1890 sotto il nome E. B. Levin Caratteristiche russe, un volume di 604 pagine, è un’accurata analisi che l’ex ministro Miliukov dichiarò essere la più accurata descrizione del popolo russo.
Nel 1918, passando in rassegna la situazione subito dopo l’assunzione del potere da parte del proletariato, pubblico con il suo vero nome Eclisse della Russia, un volume di circa 420 pagine.
Nel 1929 torna in Russia e pubblica Russia oggi e domani, un volume di circa 338 pagine, ove analizza e descrive la situazione in U.R.S.S. La sua decisione di tornarvi alla fine del primo piano quinquennale fu impedita dalla sua morte a Barcellona nel 1933.

Riportiamo di Dillon un passo dello scritto del 1918, Eclisse della Russia, e successivamente uno del 1929.
“Passando dalle nazionalità alla massa del popolo russo – la popolazione agricola – colpiva la circostanza che esso era medievale nelle sue istituzioni, asiatico nelle sue aspirazioni, preistorico nelle sue condizioni di vita.
I contadini credevano che i giapponesi avessero vinto la guerra in Manciuria prendendo la forma di piccoli animali, entrando negli stivali dei soldati russi, mordendo loro le gambe e provocandone così la morte. Quando vi era una epidemia in una zona, essi uccidevano i nemici accusandoli di avvelenare i pozzi e diffondere la malattia. Bruciano ancora con gioia le streghe, dissotterrano i morti per liberarsi di un fantasma, denudano le mogli infedeli – è anche il tema di racconto di Gorky – le legano ad un carro e le frustano, portandole in giro per tutto il villaggio. Pertanto è giusto dire che il livello culturale dei contadini è considerevolmente inferiore a quello dell’Europa occidentale.
[…].
Troppo spesso il contadino russo abita in un tugurio più sozzo di un porcile, più antigienico di una fabbrica di fiammiferi fosforici. Va a dormire alle sei ed anche alle cinque d’inverno perché non può permettersi il lusso di comperare abbastanza petrolio per procurarsi una luce artificiale. Non ha carne, uova, burro, latte, spesso nemmeno cavoli e vive soprattutto di pane nero e patate. Vive? Soffre di fame per l’insufficiente quantità di questi alimenti. In questo momento ( 1917 ) vi sono numerosi contadini in Bessarabia che muoiono di fame per mancanza di un così misero nutrimento: pane nero e patate.
[….]
del tutto indifferenti alla politica, ma nonpertanto astuti ed avidi di terra, i contadini non erano che una lunga fila di zeri, a cui davano significato le classi più elevate, principalmente quelle dei funzionari. Tutto ciò che essi desideravano era la terra, non importando loro i mezzi con cui l’ottenevano.
Poiché non si deve dimenticare che ben l’80% della popolazione è analfabeta, e che milioni di persone fra essa sono immerse in una ignoranza e superstizione talmente crassa che difficilmente possono concepirla gli stranieri. Perciò essi hanno bisogno di una guida.. Il grido “La terra ai contadini” li ubriaca, anzi li fa impazzire. Essi, allora, sono pronti a commettere qualsiasi delitto contro la proprietà
[....]
La risultante è una massa noncurante, paziente, inetta, ignorante, insincera e soggetta ad accessi di ferocia .. mezza infantile e mezza fiera imperfettamente addomesticata .. .”

Per quanto riguarda Lenin ed il bolscevismo scriveva:
“Nei bolscevichi non c’è traccia di idea costruttiva e sociale. Nemmeno gli ammiratori occidentali di Lenin riescono a scoprirla.[....]. Il bolscevismo è zarismo alla rovescia. .. Esso sopprime giornali, vieta la libertà, arresta ed esilia gli eletti della nazione e si rende complice o istigatore di crimini con una ferocia diabolica.”

In “ Mosca oggi e domani” scritto dieci anni dopo nel 1929 quale prodotto della sua visita in U.R.S.S scrive:
“Dappertutto la gente pensa, lavora, combina, fa’ invenzioni scientifiche ed industriali. Se uno potesse avere una visione a volo d’uccello delle numerose attività dei cittadini delle Repubbliche sovietiche, stenterebbe a credere all’evidenza dei propri sensi. Non si è ancora mai visto nulla di simile, nulla che si avvicini ad esso per varietà, intensità, tenacia di propositi. L’ardore rivoluzionario supera ostacoli colossali e fonde elementi eterogenei in un solo grande popolo, non, invero, una nazione nel significato noto al vecchio mondo, ma un popolo forte, cementato da un entusiasmo quasi religioso
[.…]
I bolscevichi hanno quindi compiuto molto di quanto si ripromettevano, e più di quanto apparisse conseguibile da una qualsiasi organizzazione umana nelle condizioni avverse con le quali dovevano lottare. Essi hanno mobilitato più di 150milioni di esseri umani apatici, semimorti ed hanno infuso loro uno spirito nuovo. Essi hanno distrutto e sepolto tutto l’ordine del vecchio mondo su un sesto del globo e stanno scavando fosse per esso ovunque. Essi si sono dimostrati capaci e decisi a fronteggiare le difficoltà ed approfittare delle buone occasioni. Il loro modo di regolarsi in relazione all’autonomia ed alle nazionalità è un capolavoro di ingegnosità ed eleganza. Nessuno degli abili statisti di oggi in altri paesi può competere con essi nel loro sistema di soddisfare le pretese delle minoranza.
[....]
Il bolscevismo non è avvenimento storico ordinario. E’ uno di quei grandi mezzi di purificazione del mondo ai quali diamo talvolta il nome di fato, che appaiono a lunghi intervalli per eliminare le tare umane e sgombrare il terreno per un nuovo ordine di uomini e cose. Gli Ebrei sotto Mosè e Giosuè, gli Unni sotto Attila, i Mongoli sotto Gengis Kan ed i bolscevichi sotto Lenin sotto tutti segnati dallo stesso trascendente pennello.
Il bolscevismo ha le sue origini nelle insondate profondità dell’essere, né avrebbe potuto avere vita se non fosse per la necessità di mettere fine all’ingiustizia  ed alle iniquità che corrompono la nostra decrepita civiltà. E’ venuto come venne il cristianesimo, non per la pace ma per la spada; e le sue vittime sono più numerose di quelle delle più sanguinose guerre. Pare a me che sia la più poderosa forza propulsiva che esiste oggi al mondo per il bene o per il  male. Essa è certamente una dura realtà, che forse odora di solfo e di salnitro, ma con una missione da compiere in terra, ed una missione che sarà indubbiamente compiuta.”.


Conclusioni

La via dell’Ottobre si conferma quale via maestra del proletariato.
Le difficoltà a cui essa è andata incontro sono il risultato dei problemi nuovi che il suo procedere ha determinato. Proseguendo sulla strada aperta dall’Ottobre, l’U.R.S.S ed il Movimento Comunista Internazionale, i due dati vanno letti assieme: essi sono inscindibili, hanno modificato la realtà mondiale complessivamente, determinando una modifica nella composizione delle classi e nella stratificazione delle classi, nel comando del lavoro sul capitale e quindi modifiche politiche, sociali, culturali, istituzionali, un esempio l’abbiamo visto con il “welfare” e Bad Godesberg, un altro tutta la tematica delle donne e dei disabili.

Nella relazione del 2002 a Teramo abbiamo analizzato le modifiche che vengono introdotte sul piano economico e nei processi produttivi in risposta alla presenza ed allo sviluppo della Rivoluzione d’Ottobre. Un elemento poco preso in considerazione è che l’Ottobre ha spinto la borghesia ad accelerare lo sviluppo scientifico e tecnologico in modo particolare dal lato dell’utilizzo della forza lavoro, al fine di indebolire la classe operaia, di scompaginarne le fila.

La robotica e tutta la ristrutturazione dei processi produttivi degli anni Cinquanta-Settanta sono dettati da tale esigenza: la rottura del continuum fordista, di cui si discute in Centralità Operaia, e quindi la dislocazione dei processi produttivi di una singola merce in una vasta area, che giunge a coprire l’intero Pianeta oltre che per motivi di sfruttamento della manodopera locale, sfruttando il differenziale di sviluppo, e meglio la legge dello sviluppo ineguale del capitalismo, ha alla base anche quello di spezzettare, frammentare, segmentare la forza e la compattezza della classe operaia delle cittadelle imperialiste.

Non a caso tale processo ha un particolare innalzamento dopo la sconfitta nel Vietnam, quando si era saldata l’unità tra le cittadelle dell’imperialismo e le colonie.
Il punto è dato allora dai problemi nuovi che la via dell’Ottobre ha determinato nel periodo 1917-1970 a cui non siamo stati in grado di dare risposta, determinando la perdita della funzione d’avanguardia dei comunisti e quindi della classe del proletariato.

Le cause di ciò vanno ricercate nel movimento complessivo mondiale delle classi, nei problemi nuovi che la transizione ha posto riguardo al rapporto forze produttive e rapporti di produzione, come abbiamo analizzato in “Processi della Transizione”, e nell’attacco soggettivo che l’imperialismo ha condotto contro il campo socialista ed il Movimento Comunista Internazionale. Esso si è caratterizzato per il suo carattere multiforme, per una complessità tattica, che aveva al centro il perseguimento strategico dell’obiettivo di disarticolare il Movimento Comunista Internazionale, dentro questo, e funzionale a questo, disarticolare la teoria marxista – elemento questo che già Lenin aveva ben fermato nella lotta contro il revisionismo, ossia il kautskismo.

La disarticolazione del marxismo, ossia della teoria, era funzionale a creare problemi all’avanguardia nella comprensione dei processi e quindi a metterla nelle condizioni di non poter assolvere al ruolo di avanguardia da parte dei comunisti e quindi al proletariato.

La tattica per quanto attiene il fronte teorico si è articolata da un lato attraverso l’empiriocriticismo, in concreto la scuola di Vienna e la cosiddetta “filosofia della scienza”: dentro questo tutta la manipolazione e falsificazione dei dati scientifici e l’uso di alcune importanti scoperte scientifiche: relativismo di Einstein e indeterminatezza di Heisenberg, trasportate in maniera sguaiata sul piano della gnoseologia, dando vita alle teorie circa il caso-causa-necessità-ordine-caos e quelle inerenti la validità scientifica della leggi.

Dall’altro lato la disarticolazione vera e propria del marxismo con la lettura di un Marx tutto schiacciato su Hegel, l’hegelismo e la filosofia; l’attacco ad Engels ed al materialismo storico dialettico quale metodo e la riduzione del materialismo storico dialettico a materialismo storico ossia canone di interpretazione storico, recidendo così la feconda fonte del rapporto Marxismo-Scienze Naturali, della cui centralità abbiamo discusso in Compiti della Cultura, del 1997.

L’altra grande direttrice tattica di questo piano strategico è consentito nell’isolamento e nel discredito dell’U.R.S.S. Qui il problema presentava una particolare complessità ed una particolare pericolosità per il campo imperialista.
L’U.R.S.S era uscita decisamente rafforzata sul piano mondiale e faro della lotta del proletariato e dei popoli coloniali. Aveva sviluppato anche una particolare forza sul piano militare sia per quanto attiene la Scienza Militare portandola al più alto livello che mai aveva raggiunto – come abbiamo documentato in “Il ruolo dell’Armata Rossa nella 2a guerra mondiale” e sia per quanto attiene l’armamento.

Il prestigio dell’U.R.S.S era enorme: essa aveva salvato l’umanità dal nazifascismo e riportato brillanti ed entusiasmanti vittorie. La costruzione del socialismo era una realtà ed un punto di riferimento e prospettiva di lotta concreto per tutti gli sfruttati ed oppressi dell’intero Pianeta.

Questo aveva determinato un’accelerazione della lotta di classe, spinto popoli alla lotta contro l’Imperialismo: ossia l’obiettivo strategico che Lenin e Stalin si erano riproposti con la teoria del socialismo in un solo paese era stato brillantemente raggiunto e la piazzaforte U.R.S.S si era trasformato in una egregia linea di attacco contro il campo imperialista.

Nasce di qui l’attacco calunnioso contro Stalin avente lo scopo di disegnare l’U.R.S.S come il regno del terrore e dell’oscurantismo, di qui gli stereotipi che la commissione Agitprop dell’imperialismo ha costruito attraverso le multiforme vie della comunicazione: stampa, radio, televisione, modelli di vita stereotipi, calunnia vera e propria, invenzione di sana pianta di cose e fatti.
Ma tutto questo non poteva avere speranza alcuna di raggiungere un qualche discreto risultato se a sostenerlo fossero state le forze imperialiste, i suoi alleati, i suoi partiti ed uomini.

Il movimento kruscioviano è un movimento complesso non riconducibile alla piattezza degli “ m-l”.
Esso esprime, ed è espressione, del complesso movimento delle classi in U.R.S.S che si erano andate modificando nel corso del periodo 1930-1948 e del complesso movimento mondiale delle classi che si andava delineando a partire dagli inizi degli anni Cinquanta nei paesi imperialisti ed in modo specifico nei paesi coloniali, che darà vita ai movimenti di liberazione nazionale degli anni Cinquanta-Settanta. Questo elemento si coniuga, venendosi ad iscrivere come movimento oggettivo, entro la strategia dell’imperialismo, divenendone variante tattica del piano strategico imperialista(11).

Parte, così, dall’interno: il cosiddetto “rapporto di Krusciov” costituiva nelle intenzioni strategiche dell’imperialismo una prova generale delle forze e la base da cui a raggiera si dovevano dipanare gli attacchi multiformi e che avrebbero costituito nuova linfa e legittimazione alle forze dichiaratamente anticomuniste. Questo avrebbe consentito che l’attacco prendendo le sembianze iniziale dell’autocritica non avrebbero consentito in alcun modo che la gestione potesse in alcun modo avvenire dall’interno, ma che, invece, la gestione finale fosse stata dell’imperialismo, ossia non dei Krusciov, dei Gorbaciov et similia ma dei Reagan, dei Woytilia, et similia.

Riprendere la via dell’Ottobre, riposizionare il marxismo sugli assi delle Scienze Naturali, arricchire il marxismo dell’esperienza storica mondiale del proletariato ed il materialismo storico dialettico delle scoperte ed invenzioni scientifiche avutesi a partire dalla fine degli anni Sessanta, riporre al centro la lotta al kautskismo nelle sue variante antiche e moderne per essere in grado di elaborare la teoria e la tattica nelle nuove condizioni della lotta di classe, ossia sulla base delle modifiche che lo sviluppo impetuoso delle forze produttive hanno determinato e determinano.

Restituire il marxismo alla Scienza e sottrarlo alle filosofie.
Restituire il marxismo alla Scienza e sottrarlo ai socialisti della cattedra.



NOTE

1) Rimandiamo qui a:
Federico Engels, L’importanza del lavoro nell’evoluzione dalla scimmia all’Uomo,
Karl Marx, Il Capitale, vol. 1
Istituto di Studi Comunisti K. Marx – F. Engels, La concezione filosofica, Annali tomo 1

2) In “ Bioetica” e poi in “ Scienza Medica” abbiamo ben documentato il ruolo della Medicina a tale riguardo.

3) La Filantropia non è altro dalla teoria politica borghese: si integra con essa, la sostanzia e la supporta. Costituisce, infine, la forma sostanziale dell’autoalienazione della classe borghese, ossia costituisce parte essenziale della coscienza di classe borghese, proprio in quanto autoalienazione.
Karl Marx scrive: “ La classe proprietaria e la classe del proletariato presentano la stessa autoalienazione umana. Ma la prima classe, in questa autoalienazione,si sente a suo agio e confermata, sa che l’alienazione è la sua propria potenza, possiede in essa la parvenza di un esistenza umana; la seconda classe nell’alienazione si sente annientata, vede in essa la sua impotenza e la realtà di una esistenza inumana.” ( Opere, vol. IV, pag. 37 )

4) F. Engels: “ Le forze socialmente attive agiscono in modo assolutamente uguale alle forze naturali: in maniera cieca, violenta, distruttiva, sino a quando non le riconosciamo e non facciamo i conti con esse. Ma una volta che le abbiamo riconosciute, che ne abbiamo compreso il modo di agire,la direzione e gli effetti, dipende solo da noi il sottometterle sempre più al nostro volere e per mezzo di esse raggiungere i nostri fini. E questo vale in modo particolare per le moderne forze produttive. Sino a quando ostinatamente ci rifiuteremo di intendere la natura ed il carattere, ed a questa intelligenza si oppongono il modo di produzione capitalistico ed i suoi sostenitori, queste forze agiranno malgrado noi e contro di noi e ci domineranno. Ma una volta che siano comprese nella loro natura, esse, nelle mani dei produttori associati, possono essere trasformate da demoniache dominatrici in docili ancelle . E questa la differenza che passa tra la forza distruttiva dell’elettricità nel lampo della tempesta e l’elettricità domata del telegrafo e della lampada ad arco; la differenza tra l’incendio ed il fuoco che agisce al servizio dell’uomo. Quando le odierne forze produttive saranno considerate in questo modo, conformemente alla loro natura finalmente conosciuta, all’anarchia sociale della produzione  subentrerà una regolamentazione socialmente pianificata della produzione , conforme ai bisogni sia della comunità che di ogni singolo. Così il modo di appropriazione capitalistico, in cui il prodotto asservì innanzitutto chi lo produce, ma poi anche colui che se lo appropria, viene sostituito dal modo di appropriazione dei prodotti, fondato sulla natura stessa dei moderni mezzi di produzione: da una parte da un’appropriazione direttamente sociale come mezzo per mantenere ed allargare la produzione, dall’altra da una appropriazione direttamente individuale come mezzo di sussistenza e di godimento.”

5) Intendi: il marxismo.

6) Quaderni dal Carcere,’ Il Materialismo storico’, pag. 4-5, Editori Riuniti .

7) Non ci interessa qui sviluppare il ragionamento sulla fictio iuris che regge l’intero sistema, giacché intervengono momenti di sostanziale disparità e quindi le forze che si presentano alle elezioni sono solo quelle che hanno una base finanziaria sufficiente per poter sostenere i costi dell’intera campagna elettorale oltre che della complessa struttura organizzativa del Partito, delle correnti e dei singoli dirigenti. I candidati sono unicamente quelli che hanno una base finanziaria per poter sostenere la campagna elettorale ed in precedenza nel loro partito una disponibilità finanziaria per potersi muovere agevolmente sul territorio nazionale, scrivere, ecc. e quindi in grado di farsi conoscere, trovare consensi ed essere così in grado di costituire una cordata o entrare in una cordata, o corrente, del suo partito e quindi essere candidato. Inutile dire che in questo i lavoratori dipendenti tutti non hanno nessuna speranza in tal senso, giacché essi non sono nelle condizioni di poter distrarre una qualche quota del loro salario per poter sostenere simili spese.
I vari partiti politici inoltre non esprimono in alcun modo una linea politica di alternativa al sistema capitalistico, ma solo forme diverse di gestire la società capitalistica, da questo punto di vista noi abbiamo un unico partito politico nella sostanza, che si scompone in una serie di forme e raffigurazioni esprimenti momenti diversi della realtà capitalistica. La realtà parlamentare inglese e statunitense è da questo punto di una chiarezza estrema: non solo i partiti sono due, ma la linea politica complessiva di maggioranza e di opposizione è una.
La forza politica che diviene maggioranza assume la linea politica e compie le scelte del partito in precedenza maggioranza; quello che adesso è divenuto minoranza prosegue la politica di opposizione.
In concreto il Partito Laburista quando è maggioranza prosegue la linea politica della precedente maggioranza, che in quanto opposizione osteggiava; il partito conservatore quando è minoranza prende il posto e la linea del partito laburista che adesso è maggioranza di governo.
Non diversamente negli Stati Uniti ove il partito di minoranza non conduce alcuna opposizione alla politica di maggioranza ed una volta divenuto esso stesso maggioranza, prosegue la politica del precedente partito.
E’ il caso per esempio della guerra del Vietnam ove si sono succeduti entrambi i partiti: democratico e repubblicano; non diversamente da ora ove a Clinton è succeduto Bush junior, ma la politica guerrafondaia non è modificata; non è modificata la politica economica, ecc. Esprimono unicamente momenti diversi della frazioni e fazioni del capitale monopolistico statunitense.
Ma non è assolutamente questo il punto centrale, ed in definitiva nell’economia del nostro discorso non ha alcuna importanza

8) assumiamo cioè un modello ove non intervengono influenze e situazioni di distorsione che agiscono, o possono agire, da limite all’esplicazione del diritto democratico, di espressione della propria volontà politica. Il sistema presuppone che il singolo elettore conosca tutte le varie posizioni politiche e quindi decide in piena libertà di conoscenza; al pari della teoria economica che presuppone che un compratore che agisce sul mercato è perfettamente a conoscenza di tutte le altre merci similari, complementari, integrative e sostitutive e dei loro prezzi, nonché di ciascuna merce la qualità che viene offerta. Non agiscono nel nostro sistema modello truffe, brogli, ricatti, minacce, voto di scambio, totale falsificazione nella propaganda elettorale, assenza totale di disparità di mezzi, uomini nella piena e libera circolazione delle idee e dove la maggioranza esiste come dato sostanziale e non come raggiungimento formale del 50% + 1 dei votanti. Il numero dei votanti è diverso da quelli aventi diritto al voto. Questo comporta per esempio che Blair ha il 60% dei voti espressi e quindi la maggioranza di quelli che hanno votato; adesso però quelli che hanno votato sono meno del 60%. In concreto dati 100 aventi diritto al voto, si sono presentati a votare solo 60, di solito non vanno oltre 50, e quindi Blair ha ottenuto il 60% di 60 voti, ossia 36 voti ed il partito opposto 24.

9) E qui, en passant.
La categoria dell’Alienazione non è inerente esclusivamente il lavoratore che non conosce il fine del proprio prodotto, che già in questa forma ne costituisce pesante riduzione. La categoria marxiana dell’Alienazione attraversa l’intera società e tutti gli uomini e non identificabile in alcun modo con quella sociologica. Essa è una categoria della Scienza della Politica marxista.

10) Ed a questo proposito va detto che l’edizione in distribuzione in Italia dello scritto “La Rivoluzione permanente”  è un testo corrotto, giacché esso non comprende lo scritto originario di Trotsky elaborato nel 1905.
L’unica edizione corretta è quella einaudiana, le altre sono corrotte e non esprimono la complessità dell’elaborato di Trotsky, sono edizioni ideologiche.

11) Per una disamina più attenta del movimento delle classi e della polemica sviluppatasi negli anni Sessanta, rimandiamo al lavoro dell’Istituto “Bilancio”.