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La casa in Unione Sovietica

Presentazione fatta da Katt Cremer alla Stalin Society | stalinsociety.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

13/01/2017

Prima parte

Il primo presupposto di ogni esistenza umana, e dunque di ogni storia, il presupposto cioè che per poter «fare storia» gli uomini devono essere in grado di vivere. Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e bere, l'abitazione, il vestire e altro ancora. (K. Marx, F. Engels, L'ideologia tedesca, 1846, Cap. II)

Compagni, prima del capitalismo, l'umanità ha costantemente sofferto della mancanza di beni essenziali per la vita. In parte, questo è accaduto a causa della tecnica primitiva che ha impedito di produrre quantità sufficienti di cose necessarie. I moderni metodi scientifici di produzione sono in grado di produrre in abbondanza. La scienza moderna e la tecnica avanzata, la grande industria e le macchine sono in grado di produrre molte più cose di quanto l'uomo possa consumare, ma a causa del capitalismo, a causa della proprietà privata, i lavoratori soffrono ancora la fame, la sete, il bisogno di alloggi, di vestiario e di molte altre cose ancora. Oggi in Gran Bretagna, tra i molti problemi e mali sociali, vi è una profonda crisi degli alloggi. Questo incontro alla Stalin Society, lungi dall'essere stato concepito come una rievocazione storica o una professione di fede, volgerà lo sguardo all'esempio dei lavoratori sovietici all'epoca della costruzione del socialismo, quando, guidati dal PCUS, con al timone il compagno Stalin, il popolo sovietico iniziò a sopprimere le terribili condizioni abitative che erano predominanti nella Russia pre-rivoluzionaria.

Prima di iniziare devo far notare che mi è stato chiesto di parlare di questo argomento oggi perché il segretario della Stalin Society ha pensato che potessi avere qualche informazione personale derivante dall'aver praticato come architetto in un tipico studio di architettura britannico. Posso dire che sulla base dell'esperienza maturata in tale veste, ho potuto apprezzare il ruolo positivo che la casa (e la pianificazione edilizia) può svolgere rispetto alle caratteristiche di un territorio e al benessere dei suoi abitanti. Mentre i centri delle città possono contenere i principali edifici simbolici o le piazze che danno loro un senso di unicità, non è lo spettacolo allestito dalle imprese capitalistiche e commerciali che da forma all'aspetto complessivo di una città - non fanno che occuparne il primo piano. Invece quelle strutture che indubbiamente arricchiscono un paesaggio e portano gioia allo sguardo, ciò che definisce lo spirito e l'aspetto complessivo di una città sono le centinaia di migliaia di edifici residenziali sullo sfondo, le strade e i viali che ne disegnano la forma, le milioni di case in cui il popolo lavoratore vive e fa vivere. Tenterò di illustrare alcuni esempi di ciò in questa mia presentazione.

La questione abitativa

Quella delle abitazioni è una questione primaria per i comunisti oggi in Gran Bretagna. Nel nostro lavoro di promozione del socialismo tra i lavoratori britannici, beneficiamo dell'esperienza e dell'esempio fornito dall'Unione Sovietica. Ci troviamo ogni giorno di fronte alla follia della nostra situazione attuale, in cui più di 650.000 proprietà giacciono vuote e 200.000 persone vivono per strada, nei canali di scolo, sotto i ponti e alle porte d'ingresso dei negozi. Centinaia di migliaia di persone vivono in condizioni abitative disperate, i molti che non riescono a tenere il passo della spirale degli affitti innescata dai proprietari privati rendono acuta la carenza di alloggi. I lavoratori più fortunati consumano la loro vita a pagare mutui che in molti casi rappresentano la metà del reddito familiare, sperando di diventare "proprietari di casa" prima che lo Stato venda i loro beni per pagare le rette del pensionato in cui finiranno.

In Unione Sovietica tale follia non è stata tollerata, nonostante dovesse partire da condizioni incomparabilmente peggiori. La Rivoluzione d'Ottobre ha nazionalizzato le grandi case e le proprietà vuote sono state condivise tra le persone, gli affitti sono stati mantenuti sotto il 4% del reddito operaio e la particolare attenzione rivolta a raggiungere standard di vita decenti per tutti era una priorità dello Stato.

L'Unione Sovietica dovette immediatamente affrontare un grave problema abitativo ereditato dallo zarismo, aggravato dalla devastazione della guerra d'intervento e successivamente dalla Seconda guerra mondiale. Il governo sovietico fece della questione abitativa, in tutto il vasto territorio dell'URSS, un'urgenza assoluta che giustificava il susseguirsi di investimenti e la pianificazione.

Le condizioni sotto lo zarismo

In Russia prima della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, le abitazioni degli operai e dei contadini erano estremamente misere. E' sbalorditivo che quei milioni di persone sofferenti abbiano avuto la forza di raggiungere risultati di tale portata storica. I lavoratori russi nella prima parte del XX secolo vivevano in capanne e baracche di fango umide e fredde, con tavole di legno come letti e due o tre persone per ogni letto. Nel 1912, a Mosca c'erano 24.500 appartamenti, più simili a catapecchie, che accoglievano l'incredibile numero di 325.000 persone. Nella stessa città, c'erano palazzi e ville borghesi che ospitavano singole famiglie di nobili. In questi palazzi, lo spazio per abitante era spesso di diverse centinaia di metri quadri.

Di solito oggi, volendo dare una misura del sovraffollamento, facciamo riferimento al numero di persone costrette a vivere in una singola camera. Ma nei distretti industriali della Russia zarista, più della metà dei lavoratori di fabbrica non avevano nemmeno una camera in cui stare!

"Secondo i risultati di una speciale indagine svolta a San Pietroburgo nel 1908, solo il 40 per cento dei lavoratori tessili aveva camere separate; i restanti trovavano rifugio in baracche sovraffollate, dove occupavano giacigli separati. In media, una famiglia di lavoratori aveva a disposizione una superficie di solo tre metri. E questo a San Pietroburgo, dove i lavoratori godevano di condizioni di vita relativamente migliori che altrove" (Sidney and Beatrice Webb, Soviet Communisma new civilisation, Victor Gollancz, London, 1937) .

Nel 1913 le condizioni non erano cambiate in modo significativo. Il 58% dei lavoratori viveva in un alloggio di proprietà dell'impresa. Questo di solito significava una caserma di fabbrica, con letti disposti su due piani. Condizioni simili esistevano nelle tradizionali regioni industriali; per esempio, nei centri tessili, le condizioni di vita erano spesso così basse che fino 40 persone arrivavano a dormire su tavolacci disposti su due o tre livelli per stanza, una densità di 1,5-2,5 mq a persona (vedi Gregory Andrusz, Housing and Urban Development in the USSR, Suny Press, Albany New York, 1985).

Nel 1914, mentre circa 5.000 grandi e confortevoli appartamenti risultavano vuoti nella parte centrale di Mosca, la città e la sua periferia avevano circa 27.000 "monolocali", in cui erano presenti solo i singoli letti. Avere oltre 300.000 persone che vivono in questi appartamenti, significava che ogni camera prevedeva in media una decina di inquilini (vedi Yuri Yaralov, Housing in the USSR, Soviet News, London, 1954).

Anche le strutture comunali erano ferme a condizioni primitive. Nel 1916, il sistema di approvvigionamento idrico esisteva solo in 200 delle 1.084 città del paese, con peraltro solo il 10% delle case collegate; 23 città possedevano un sistema fognario centralizzato, anche se solo il 3% delle case erano collegate e solo il 5% di tutte le abitazioni urbane aveva l'elettricità; soltanto 134 cittadine avevano una qualche forma di illuminazione stradale elettrica.

Il terribile sovraffollamento non era affatto limitato alle condizioni urbane: in campagna, dove il capitalismo aveva aperto miniere e mulini, aveva portato, con la sua tecnologia avanzata, forme avanzate di degradazione umana e miseria. Un inglese (che in seguito tornò nella Russia sovietica), riguardo alla visita in una fabbrica in una foresta a 20 miglia dalla piccola cittadina di Vladimir; ricordava che "nessun sindacato era tollerato prima della rivoluzione. Ogni forma di associazione tra i lavoratori, anche a fini di istruzione o tempo libero, era proibita. Ho visto le grandi caserme in cui erano alloggiati. Ogni famiglia aveva per dimora un vano stretto e alto (che non si può chiamare una stanza) illuminato da una piccola finestra in alto sulla parete. Spesso queste cellette erano abitate da sette o otto persone, con un ipotetico spazio minimo tollerabile che sarebbe dovuto essere di sette piedi [circa 2 metri] cubi per ogni persona. La fabbrica era ben illuminata da energia elettrica. Non c'era luce artificiale nelle baracche e le condizioni igieniche erano indicibili" (Sidney and Beatrice, op.cit.)

Poiché la Russia era una potenza imperialista, le sue vaste colonie si estendevano in tutte le direzioni. I lavoratori degli Urali, del bacino del Don e di Baku erano particolarmente colpiti dagli spazi angusti e insalubri. Lo scrittore Maxim Gorky visitò le case dei lavoratori del petrolio di Baku prima e dopo la rivoluzione bolscevica: "Non ho mai visto tanta sporcizia e rifiuti attorno ad un insediamento umano, tante finestre rotte e tale squallore nelle camere, che sembravano grotte. Non un fiore alle finestre, e non un lembo di terra ricoperto di erba o arbusti intorno". Quando nel 1928 Gorky visitò di nuovo Baku e quando vide i quartieri residenziali dei lavoratori scrisse: "Baku offre la prova indiscutibile e splendida del successo della costruzione di uno stato operaio e della creazione di una nuova cultura. Questa è l'impressione che ho avuto".

Il centro di Baku è cambiato nel corso di 60 anni fino al 1954. Da piazza centrale piuttosto grigia ad area direzionale vivace e completa negli anni 1930, con grattacieli ed edifici bassi, lo spazio paesaggistico a più livelli e un moderno sistema tranviario. Dagli anni 1950 la portata e il prestigio della piazza è evidente. Viene mantenuta una grande quantità di spazio verde, con grandi alberi, non gli arbusti cui siamo abituati qui da noi oggi nella maggioranza dei casi.

È questo avanzamento, dallo squallore alla creazione di una nuova cultura che è notevole. E' questo contesto che dobbiamo tenere a mente. Le condizioni di vita sotto lo zarismo vengono sempre lasciate fuori dal quadro, quando si accusa l'Unione Sovietica di avere alloggi di qualità inadeguata, come ammette Webb (op.cit.)

"E' un paradosso delle statistiche sociali in ogni paese, che alcuni dei più grandi progressi nella organizzazione sociale siano oggetto dei rimproveri più aspri. E' questo il caso della questione abitazioni in Unione Sovietica.

"Le condizioni di vita della massa della popolazione nei centri industriali della Russia zarista, così come nei villaggi, erano così spaventosamente degradate, e la rapida crescita della popolazione urbana durante l'ultimo decennio è stata così travolgente, che i massimi sforzi di riallocazione hanno finora scarsamente tenuto il passo con le esigenze di molto accresciute.

"Quindi, a dispetto dei veramente grandi risultati ottenuti, il comunismo sovietico è accusato oggi per il fatto che l'alloggiamento delle persone rappresenta ancora una macchia sulla sua immagine!"

Quando noi comunisti difendiamo il record dell'Unione Sovietica nell'edilizia abitativa, come in tutto il resto, lo facciamo come materialisti storici. Con le parole di Stalin:

"è chiaro che ogni regime sociale e ogni movimento sociale, nella storia, devono essere giudicati non dal punto di vista della "giustizia eterna" o di qualsiasi altra idea preconcetta, come fanno non di rado gli storici, ma dal punto di vista delle condizioni che hanno generato quel regime e quel movimento sociale, e con le quali essi sono legati.

"Tutto dipende dalle condizioni, dal luogo e dal tempo. È chiaro che, senza questo metodo storico nello studio dei fenomeni sociali, non è possibile che la scienza storica esista e si sviluppi".
(Stalin, Del materialismo dialettico e del materialismo storico, 1938)

(continua)


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