www.resistenze.org - pensiero resistente - imperialismo e globalizzazione - 17-06-09 - n. 278

da www.michelcollon.info/index.php?view=article&catid=6&id=2082&option=com_content&Itemid=11
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura di CT del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Afghanistan – Pakistan: Il buco nero dell’Impero
 
Perché Bush è andato in Afghanistan. Perché anche Obama ci và. Le vie del gas e del petrolio. Le cause della rimonta dei Talebani e del crollo di Karzai. Chi ci guadagna dall’oppio? Perché il vicino Pakistan rischia di scoppiare?
 
Intervista a Mohamed Hassan di Grégoire Lalieu e Michel Collon
 
È possibile vincere la guerra in Afghanistan? No, rispondono gli esperti. Pertanto, la NATO prosegue i suoi sforzi per sconfiggere i Talebani ed è il Pakistan che s’infiamma. Quali sono le vere ragioni di questa guerra? Le mire egemoniche degli Stati Uniti porteranno il caos nella regione? In questo nuovo capitolo della serie «Comprendere il mondo musulmano», Mohamed Hassan risponde a queste domande. E ci spiega come mai spetta al popolo pakistano salvare il proprio paese da una possibile scomparsa
 
Nel 2001, gli Stati Uniti lanciavano l’operazione «Enduring Freedom» in Afghanistan perché, secondo loro, i Talebani rifiutavano di consegnare Osama Bin Laden. Sette anni dopo, nessuno più parla del nemico pubblico numero uno. Quali sono, oggi, le ragioni di questa guerra?
 
Innanzitutto, si deve considerare che i Talebani non hanno niente a che vedere con Osama Bin Laden. Nel 1996, Bin Laden, espulso dall’Arabia Saudita, trovava rifugio in Sudan. I sudanesi fecero allora pressione su questo paese perché mandasse via il celebre terrorista. È stato in quel momento che Bin Laden si è rifugiato in Afghanistan. Ma gli attentati dell’11 settembre non avevano nessun rapporto con questo paese. La reazione dei Talebani quando Washington ha richiesto Bin Laden è stata giusto questa: «se volete che Bin Laden venga giudicato, dateci le prove e lasciate che a giudicarlo sia una corte islamica in uno qualsiasi dei paesi musulmani». Infatti, i neocon dell’amministrazione Bush hanno utilizzato questo tragico avvenimento come un alibi.
 
Con quali intenzioni?
 
Tre grandi opere ci permettono di capire le radici della visione degli Stati Uniti. La prima è La fine della Storia, di Francis Fukuyama. L’autore sostiene che la storia dell’umanità è arrivata alla fine con il crollo dell’Unione Sovietica e la dominazione della democrazia liberale. La seconda è Lo scontro delle civiltà di Samuel Huntington, secondo il quale la storia non dipenderebbe dalla lotta di classe ma piuttosto da un conflitto tra civiltà, giudicando la civiltà islamica la più aggressiva. La terza e ultima opera, La grande scacchiera di Zbigniew Brzezinski, ritiene che chi dominerà l’Eurasia sarà la sola potenza del 21° secolo. Infatti, la maggior parte della popolazione mondiale vive in quest’area e l’attività economica della macro-regione diventa sempre più importante.
 
Ora, ritorniamo alla fine dell’amministrazione Clinton. Il 1997 è stato segnato da una seria crisi economica: con lo scoppio della bolla finanziaria in Asia, il Nasdaq [l'indice dei principali titoli tecnologici della borsa americana, ndr] è crollato. Quando i neoconservatori sono arrivati alla Casa Bianca, nel 2001, con Georges W. Bush la situazione economica non era quindi rosea. Malgrado ciò, essi hanno esposto i loro obiettivi in modo chiaro: nessuno deve essere in grado di competere con gli Stati Uniti. La nuova amministrazione, per raggiungere i suoi obiettivi, ha tentato di controllare il mondo cercando di impossessarsi delle risorse più importanti, essenzialmente del gas e del petrolio.
 
Su consiglio di Brzezinski, Clinton voleva in primo luogo dominare l’Europa ampliando la NATO, e dopo conquistare l’Asia centrale. Ma i neoconservatori hanno detto: «No, non abbiamo tempo per fare questo. Data la crisi, dobbiamo creare e controllare il Grande Medio Oriente per disporre del petrolio». Si coglie questo cambiamento nel discorso tenuto da Bush dopo gli attentati dell’11 settembre: «Siete con noi o contro di noi». Con la sua idea di Asse del Male, voleva allargare la guerra.
 
La guerra in Afghanistan – che per la prima volta nella storia è stata pianificata dalla Cia con la collaborazione del Pentagono – non era dunque che un pretesto per far esercitare e formare adeguatamente le truppe statunitensi per attaccare l’Iraq. Dovete sapere che il rovesciamento di Saddam Hussein era stato pianificato ben prima degli attacchi dell’11 settembre.
 
Obama vuole incarnare il cambiamento. Perché concentra gli sforzi militari in Afghanistan invece che in Iraq?
 
Innanzitutto, la guerra in Iraq ha incontrato difficoltà non previste. Il governo USA pensava che sarebbe stato il bersaglio più facile poiché Saddam Hussein non disponeva di un grande esercito e una larga parte della popolazione irachena non sopportava il suo regime. Sono bastati pochi giorni, dal 20 marzo al 10 aprile 2003, perché gli Stati Uniti prendessero Baghdad. Dopo, gli USA hanno solo protetto l’industria petrolifera e hanno lasciato esplodere tutto il resto. Paul Bremer, il governatore statunitense in Iraq, ha distrutto le basi dell’antico regime iracheno, smobilitato la polizia e la struttura dell’esercito. In questo momento, la resistenza è aumentata, e anche il costo dell’occupazione statunitense: otto miliardi di dollari al mese (ai quali si deve aggiungere un miliardo e mezzo per l’Afghanistan)! Per otto anni, l’amministrazione neo conservatrice ha speso tutto il denaro a disposizione per questa guerra senza ottenere alcun risultato: non sono riusciti né a pacificare il paese, né a creare il governo che volevano, né a ottenere il consenso popolare, e nemmeno a controllare il petrolio.
 
Quando la resistenza irachena ha rivelato la debolezza dell’imperialismo USA e la sua incapacità a vincere il conflitto, il popolo degli Stati Uniti è diventato più attento al piano politico. La mancanza di appoggio dell’opinione pubblica a questa guerra ha spinto Obama al cambiamento. Dal momento che sulla scena internazionale questa guerra non era approvata all’unanimità, Francia, Germania e altri paesi si sono rifiutati di partire per l’Iraq. Secca, la decisione di Obama è anche un mezzo per mantenere l’alleanza NATO. Ma una disfatta in Afghanistan potrebbe segnare la fine del Patto Atlantico.
 
I Talebani non sono stati sempre nemici degli Stati Uniti. La precedente segretaria di Stato statunitense Madeleine Albright aveva accolto la loro salita al potere nel 1996 come un «passo positivo». Pare anche che questo passo fosse stato incoraggiato. L’ex ministro pakistano Benazir Bhutto lo ha riassunto così: « l’idea era inglese, il finanziamento saudita, la vigilanza pakistana e l’armamento americano ».
 
Alla fine degli anni 70, i Sovietici vennero in Afghanistan per sostenere il governo rivoluzionario minacciato dai conflitti interni. Brzezinski, consigliere del presidente Carter, tentò di fare dell’Afghanistan il Vietnam dei Sovietici per infliggere così il colpo di grazia all’influenza del socialismo nella regione. Per combattere l’URSS e il governo rivoluzionario afgano, gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita sostennero i Mujahideen attraverso il Pakistan. Quando l’Armata Rossa lasciò l’Afghanistan nel 1989, gli Stati Uniti sapevano che i sovietici stavano attraversando una seria crisi. Avendo raggiunto il loro obiettivo, se ne lavarono le mani e lasciarono la regione quando era ormai sprofondata nel caos. Infatti, Washington ha utilizzato i Mujahideen come un preservativo: quando non erano più di nessuna utilità, li hanno “gettati”. Chi ne ha sofferto? I popoli afgano e pakistano.
 
In effetti, quando i servizi segreti hanno sostenuto i Mujahideen per combattere i comunisti, non hanno unificato questo movimento, hanno solo finanziato separatamente qualche signore della guerra. Quando gli Stati Uniti lasciarono il paese, un’aspra competizione ha contrapposto i signori della guerra afgani. Il paese è stato completamente distrutto da una guerra civile. Milioni di rifugiati sono fuggiti in Pakistan, anch’esso colpito da una forte crisi. L’afflusso di rifugiati e di baroni della droga ha peggiorato ulteriormente la situazione economica.
 
È in questo contesto che apparvero i Talebani, studenti provenienti dalla generazione più giovane dei rifugiati. Il loro arrivo al potere ha dato un’opportunità agli USA e al Pakistan. Ma, in realtà, ognuno di questi tre attori aveva interessi molto diversi.
 
Quali?
 
Il Pakistan, quando i paesi dell’Asia centrale sono diventati indipendenti, ha realizzato che il suo principale nemico, l’India, era forte, e quindi ha capito che la sua situazione era molto delicata. La borghesia pachistana decise, per svilupparsi economicamente e fare concorrenza all’India, di utilizzare l’Afghanistan come porta d’accesso ai mercati dell’Asia centrale. Essa quindi favorì l’ascesa al potere dei Talebani in Afghanistan.
 
L’interesse statunitense era quello di controllare e dominare le ricchezze dell’Asia centrale. La compagnia petrolifera statunitense, Unocal, voleva costruire un oleodotto nella regione: per fare ciò c’era bisogno che l’Afghanistan fosse pacificato.
 
Infine, l’interesse dei Talebani era di portare la pace nel paese e instaurare una rivoluzione islamica. Questo, incontrava gli interessi dell’Arabia Saudita che sperava di esportare l’ideologia islamica in Asia centrale, al fine di indebolire la Russia e controllare il gas nella regione.
 
Appoggiati dalle potenze straniere, i Talebani hanno combattuto i signori della guerra e preso il potere. Stanco, il popolo afgano voleva la pace. I Talebani furono bene accolti.
 
In fin dei conti, questo piano non ha funzionato: gli Stati Uniti non sono riusciti a portare la pace nella regione, il Pakistan non ha potuto avere accesso al mercato dell’Asia centrale e i Talebani sono stati rovesciati. Perché?
 
L’Afghanistan ospita gruppi etnici differenti. Il più grande è quello dei Pashtun, che rappresenta circa il 50% della popolazione. Poi ci sono i Tagichi, gli Azari e i Kazaki intorno ai quali si articola la rivalità tra i signori della guerra. Infine, ci sono le minoranze. I Talebani sono Pashtun. Un tratto caratteristico di questo gruppo è che sono molto indipendenti! Gli USA e il Pakistan volevano utilizzarli come mercenari, ma i Talebani avevano una loro propria visione delle cose. Inoltre, i Pashtun non riconoscono la frontiera che separa Afghanistan e Pakistan.
 
Perché?
 
Ritorniamo al 19° secolo, quando l’India era ancora la preziosa colonia dell’Impero britannico, che ostacolava l’espansione russa in Asia centrale. Per proteggere la loro colonia, gli inglesi volevano utilizzare l’Afghanistan. Questo si è tradotto in tre guerre anglo-afgane. Quello che ci interessa particolarmente è il risultato della seconda guerra: nel 1983, il governatore dell’India, Sir Durand, tracciò una linea nel territorio Pashtun, per proteggere la sua colonia creando una zona cuscinetto tra l’Afghanistan e l’India britannica. Questa è la linea che oggi separa l’Afghanistan e il Pakistan. È per questo che molti Pashtun non riconoscono l’esistenza del Pakistan. Quando questo paese è diventato indipendente, il solo membro a votare contro il suo ingresso nelle Nazioni Unite è stato l’Afghanistan!
 
Era chiaro che i Talebani, una volta preso il potere, non si sarebbero piegati agli interessi stranieri. A maggio 2001, sei mesi prima dell’attacco al World Trade Center, Washington ha concesso senza alcun risultato una sovvenzione di 43 milioni di dollari al regime talebano per il progetto dell’oleodotto della compagnia Unocal. Ma con l’11 settembre, tutto il programma è andato in fumo.
 
Le forze della coalizione hanno facilmente rovesciato il regime talebano ma non sono riuscite a ottenere il controllo del paese. Perché?
 
Prima di tutto, l’attuale governo afgano non è stato riconosciuto dai Pashtun. Quando i Talebani sono stati rovesciati, gli USA hanno messo Hamid Karzai come presidente. Karzai, che ha lavorato per Unocal, è un Pashtun ma non ha base sociale in Afghanistan. Infatti, i Pashtun, primo gruppo etnico del paese, non risultano realmente rappresentati in questo governo. C’è giusto qualche marionetta di Washington senza alcuna legittimità tra la popolazione. All’inizio, gli USA provarono a comprare dei Pashtun rappresentativi perché partecipassero al governo, ma questi hanno preso il denaro e si sono tirati indietro: come si è già detto, i Pashtun sono
molto indipendenti!
 
In secondo luogo, i signori della guerra al governo fanno ognuno i propri interessi. Non pagano tasse al governo centrale, ma s’appropriano delle ricchezze. Ogni ministero è il ministero indipendente di un signore della guerra. Una situazione caotica che paralizza il governo.
 
In terzo luogo, i signori della guerra non si fidano dei Pashtun. Credono che se i Pashtun prendessero la maggioranza al governo, finirebbero con l’imporre la loro visione. In breve, è un governo dove tutti sono contro tutti. Tutte le sceneggiature immaginate dall’Occidente non funzionano!
 
Infine, possiamo dire allo stesso modo che le forze NATO non aiutano Hamid Karzai nel suo lavoro bombardando i contadini nelle loro fattorie, nelle moschee o ai funerali. L’attuale governo è percepito dalla maggior parte della popolazione come uno strumento dell’aggressore. Tutti questi morti hanno portato a un sollevamento popolare e unificato la resistenza dei Talebani.
 
Conseguenza di questa guerra, la produzione di oppio è aumentata di più del 3000% dopo la caduta del regime talebano. Il dipartimento di Stato USA ha accusato i Talebani di utilizzare la droga per finanziare la resistenza.
 
L’oppio è un prodotto chimico derivato dal papavero. Quando il fiore di papavero si schiude, viene tagliato, si raccoglie il latte che esce e lo si vende. È questo che fanno i contadini afgani. Dopo, delle persone seccano il latte, lo lavorano in una macchina aggiungendogli prodotti chimici per ottenere l’oppio. Per produrre questa droga, c’è bisogno di un laboratorio e di conoscenze di chimica. Non penso che i contadini afgani abbiano tutti un diploma da chimici! Se così fosse, l’Afghanistan sarebbe un paese molto sviluppato! Per guadagnare denaro dal traffico di oppio, c’è bisogno anche di una certa logistica per poter portare il prodotto in Occidente. I Talebani non hanno nulla di tutto ciò. In realtà l’oppio proviene dai signori della guerra, con l’aiuto della CIA. La droga proviene dai servizi segreti statunitensi che la utilizzano come un fondo redditizio, trasportandola nei paesi occidentali, vendendola al prezzo di mercato e utilizzando il denaro ricavato per finanziare le loro guerre.
 
In Afghanistan, la coltivazione del papavero è cominciata con la guerra contro i Sovietici e oggi, l’industria dell’oppio è in mano ai signori della guerra. Adesso, ad un contadino, coltivare il papavero frutta molto di più rispetto alla coltura dei pomodori. Per costruirsi una basa sociale, i signori della guerra hanno lasciato coltivare ai contadini quello che volevano.
 
Invece, quando i Talebani avevano preso il potere negli anni 90, avevano bruciato i campi dei papaveri. In questo modo si sono creati molti nemici tra i contadini. È per questo che oggi, i Talebani non impediscono più ai contadini di coltivare il papavero, ma impediscono la produzione di oppio. Ricavano anche benefici grazie al contributo finanziario dei contadini. Infatti, il governo centrale non ha nessuna possibilità di riscuotere una tassa nel Sud del Paese, perché tutto è in mano ai Talebani. Un governo incapace di riscuotere le tasse non è un governo!
 
Molti specialisti considerano che la guerra in Afghanistan è impossibile da vincere. Il generale francese Georgelin l’ha anche qualificata come «macello ingestibile». Quali sono le difficoltà incontrate dalle forze di coalizione?
 
La NATO uccide civili ogni giorno. Da allora, la popolazione si è avvicinata ai Talebani. Adesso, questi controllano il Sud del Paese, con un governo di fatto in ogni villaggio. Si mescolano nella popolazione e le forze NATO registrano perdite. Di conseguenza, quando qualche cosa di sospetto si muove, i soldati americani aprono il fuoco, uccidendo anche civili. Quindi, gli afgani sopportano, da un lato, i signori della guerra imperialisti che bombardano i civili, dall’altro i signori della guerra locali che saccheggiano i paesi e vendono la droga. Ecco perché i Talebani hanno il sostegno della popolazione: non perché hanno idee progressiste, ma perché il popolo si aspetta che portino la pace nel paese. Esattamente come hanno fatto nel 1992.
 
È per questo che Obama si dichiara pronto a negoziare con i Talebani moderati?
 
Il neo presidente cerca di proteggere gli Stati Uniti da una crisi che si alimenta da sette decenni. Ed è un compito difficile. Obama vuole mostrare che non è in atto una guerra contro i musulmani e che egli contrasta l’idea dello scontro tra civiltà. Si dice quindi pronto a negoziare con i Talebani moderati. Questa è la nuova politica statunitense in più parti del pianeta dove esistono movimenti musulmani: dividerli tra buoni e cattivi.
 
Non so se questo tipo di negoziazioni serva a mettere fine al conflitto. Se Washington sperimenta questa via, dovrà probabilmente programmare una nuova propaganda mostrando il lato buono dei Talebani. Ma essi hanno una mentalità arretrata: hanno distrutto i templi buddisti per instaurare la rivoluzione islamica, hanno posizioni primitive riguardo al ruolo della donna e una visione del mondo arcaica. Dall’altro lato, per ottenere il sostegno della popolazione, hanno anche imparato dai loro errori. Ho parlato prima della coltivazione del papavero. Un altro esempio: contrariamente a quello che avevano sostenuto in passato, i Talebani si dichiarano oggi d’accordo al fatto che le ragazze possano frequentare la scuola. Si sono evoluti e adesso sono più forti per resistere. Ma questo non vuole necessariamente dire che si dimostreranno aperti a negoziare con gli USA. Infine, dovete sapere che, ormai, il grosso della crisi non è più in Afghanistan, ma in Pakistan.
 
Perché la guerra afgana ha provocato una tale crisi in Pakistan?
 
Come ho già detto, la linea tracciata da Durand nel territorio storico dei Pashtun è l’attuale frontiera che separa i due paesi. Questo vuol dire che ci sono Pashtun da un lato e dall’altro della frontiera. In Pakistan, essi sono il secondo gruppo etnico dopo i Punjabi. Questo è molto importante poiché l’élite pakistana, dopo l’indipendenza del paese, ha sempre sostenuto l’imperialismo statunitense. Si può lavorare per un padrone anche come agenti a distanza, in Sud America o in Africa ad esempio. Ma nel caso della guerra in Afghanistan, è un suicidio perché i due paesi sono vicini e condividono i gruppi etnici.
 
Ci sono anche dei Talebani nel nord del Pakistan. Ogni giorno, attaccano e distruggono i rifornimenti delle forze di coalizione che cercano di entrare dal Pakistan in Afghanistan da un punto strategico della frontiera. Per risolvere questo problema, il governo pakistano, fantoccio di Washington, autorizza la NATO a bombardare i Pashtun sul proprio territorio. Di conseguenza, i Talebani pakistani si sono organizzati e credono che il loro nemico si trovi in Pakistan. Hanno dichiarato di voler marciare verso Islamabad.
 
È per questo che la frontiera tra i due paesi non ha più senso. E il popolo pakistano deve affrontare il problema: dove risiede la legittimità del governo se permette alla NATO di bombardare i civili? Il popolo pakistano ha a sua disposizione due soluzioni: diventare nazionalista e rifiutare il diktat statunitense oppure continuare su questa strada che porta alla scomparsa del paese.
 
Quali potranno essere le conseguenze di questa crisi?
 
La chiave, è la strategia degli USA per bloccare la Cina. Quando si è scatenato lo tsunami, Washington ha inviato un importante aiuto umanitario in Indonesia, approfittandone per costruire una base militare nella provincia di Aceh. Questa base occupa lo stretto di Malacca ed è per questo stretto che passa il petrolio proveniente dall’oceano Indiano diretto verso la Cina.
 
Oggi, gli Stati Uniti si sono installati in questo punto strategico. Al minimo problema con la Cina, saranno in grado di chiudere lo stretto e privare Pechino del petrolio. Tenendo conto di questa situazione, il gigante asiatico, che ha sempre più bisogno di petrolio per lo sviluppo del paese, cerca altre vie di rifornimento. Una delle soluzioni è la Birmania, che possiede delle risorse e apre l’accesso al Bangladesh.
 
Un’altra possibilità, è il porto di Gwandar, costruito dalla Cina in Baluchistan che è la più grande provincia del Pakistan: rappresenta circa il 48% della superficie del paese. Ma è anche la provincia meno popolosa: ospita il 5% della popolazione totale. Questa provincia ha importanti riserve di gas e di petrolio. Pechino potrebbe anche costruire un oleodotto partendo dall’Iran, passando per il Baluchistan fino alla Cina occidentale. Gli USA, però, vogliono assolutamente impedire che questa provincia passi sotto l’influenza cinese. Si capisce, perciò, il sostegno statunitense al movimento separatista del Baluchistan, finalizzato ad ottenere il controllo del porto di Gwandar.
 
Con il problema dei Pashtun e la possibile secessione della sua più grande provincia il Pakistan rischia la balcanizzazione: la divisione in una serie di piccoli stati. Oggi, il popolo pachistano è più guardingo. È suo il dovere di fermare questo disastro e di mandar via gli Stati Uniti dal Pakistan, ma la responsabilità ricade anche su tutti i movimenti democratici rivoluzionari della regione. Infatti, se il Pakistan subirà la stessa sorte della Jugoslavia, tutta l’area si troverà ad affrontare gravi problemi.

 

Mohamed Hassan raccomanda la lettura dei seguenti testi:

- Ahmed Rashid, Taliban. Militant Islam, Oil and Fundamentalism in Central Asia, Yale University Press, 2001 (existe en français: Ahmed Rashid, L’ombre des Talibans, Autrement, 2001)

- Antonio Giustozzi, War, Politics and Society in Afghanistan, 1978-1992, Georgetown University Press, 2000

- Alfred W. McCoy, The Politics of Heroin in Southeast Asia. CIA complicity in the global drug trade, Harper & Row, 1972 (existe en français: Alfred W. McCoy, La politique de l'héroïne l'implication de la CIA dans le trafic de drogues, Ed. du Lézard, 1998)

- Michel Collon, Media Lies and the Conquest of Kosovo, Unwritten History, 2007 (existe en français: Michel Collon, Monopoly, L’Otan à la conquête du monde, EPO, 2000)