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da Political Affairs - http://www.politicalaffairs.net/article/articleview/6290/1/301/
 
La Lettonia ed il crollo dell'URSS: intervista ad Alfred Rubiks
 
19/12/2007
 
(Alfred Rubiks è l’ex leader del Partito Comunista della Lettonia.)
 
Quando nel 1991 la Lettonia si distaccò dall'Unione sovietica, i leader politici nazionalisti proibirono unilateralmente il Partito Comunista ed imprigionarono Rubiks. Questa è la sua storia di quegli eventi. L'intervista è stata fatta a novembre da John Bachtell, un membro dell'ufficio nazionale del Partito Comunista degli Stati Uniti, durante la riunione internazionale dei partiti comunisti e operai per la celebrazione del 90° anniversario della Rivoluzione del 1917 in Russia.
 
PA: Siamo molto interessati alla lotta che stai conducendo in Lettonia. Potresti parlarci del tuo imprigionamento dopo la rottura della Lettonia con l'Unione Sovietica?
 
Alfred Rubiks: Dalla fine del 1990 appariva piuttosto evidente, come poi avvenne, che l'Unione Sovietica non sarebbe durata a lungo. A quei tempi ero membro del Politburo del Partito Comunista Sovietico che era stato eletto molti mesi prima, sotto Gorbachev. La maggior parte della popolazione, me incluso, sentì che la Russia era in uno stato confusionale, cadeva tra due sedie, per così dire, non sapeva bene quello che voleva e diventava piuttosto vaga ed evasiva. Un gruppo di noi effettivamente un giorno chiamò Gorbachev e gli chiese di spiegare, in due o tre frasi, quello che lui voleva e che cosa significava la perestroika alla fine. Leggemmo i suoi lunghi discorsi, ed alcuni condivisero due o tre punti, alcuni, dissero, sette punti, ed alcuni non condivisero proprio nulla. Così gli domandammo l'essenza, l'essenza di quello che lui andava a fare e di quello stava realmente facendo. Ma lui non volle spiegare. Reagì subito bruscamente e ci trattò in modo piuttosto umiliante, dicendo che noi eravamo della persone povere, ignoranti, che non capivano niente e rifiutò semplicemente di spiegare. Poi realizzammo che davvero lui non aveva voluto spiegarsi, non aveva voluto elaborare- e che, dietro alla sua nebbia e dietro alla sua vaghezza, c’erano scopi politici precisi, che erano chiari solamente a lui.
 
Le cose divennero più chiare quando, poco dopo, emerse il così detto Trattato dell’Unione della nuova Unione Sovietica, il trattato per l'unione di stati sovrani indipendenti. Al seguente Congresso dei Deputati del Popolo, noi- ovvero tutti quei deputati che erano sinceramente comunisti e progressisti- insistemmo per avere un referendum sul mantenimento dell'Unione Sovietica. Riuscimmo ad organizzare questo referendum il 17 marzo 1991. Quando il 76% di quelli che presero parte al referendum votarono perché restasse l'Unione Sovietica, noi eravamo incerti su come avrebbe reagito Gorbachev e su quale risposta avrebbe dato. Tuttavia, bisogna notare che prima di questo referendum, il 4 maggio 1990, il Parlamento del Soviet Supremo della Lettonia, secondo la vecchia costituzione, aveva già approvato una dichiarazione di indipendenza.
 
In seguito al referendum, ebbi un’incontro con Gorbachev e gli dissi che questa dichiarazione di indipendenza era incostituzionale. Là, alla presenza di quello che poi divenne presidente del Soviet Supremo della Lettonia, Anatolijs Gorbunovs, Gorbachev disse “Bene, pubblicherò una delibera, e sarà dichiarata priva di valore legale.” La delibera apparve il 14 maggio 1991 ma non produsse alcun movimento e fu inefficace. Questa situazione incoraggiò i nostri nazionalisti ad incalzare ulteriormente. I nazionalisti cominciarono a collocare i loro propri militanti nelle cariche di procuratori pubblici e nelle altre strutture di gestione del potere. Approvarono anche la legislazione che stipulava che le decisioni delle autorità repubblicane locali avevano la priorità sulle decisioni a livello federale o del Soviet.
 
Come Segretario del Partito Comunista della Lettonia, la mia posizione era piuttosto semplice. Dissi, “Si faccia un referendum e si domandi alla popolazione se vuole una secessione dall'Unione o no.” I nazionalisti allora replicarono che nel 1941, quando la Lettonia si era unita all'Unione Sovietica, non c'era stato referendum. Subito dopo questo io, insieme a diversi miei compagni nel Partito Comunista della Lettonia, fui accusato di alto tradimento secondo la legislazione sovietica preesistente, dal momento che allora la legislazione lettone locale non esisteva. L’imputazione era di alto tradimento e la sanzione era la pena capitale.
 
PA: Potresti chiarire che cosa comportano le imputazioni di alto tradimento?
 
AR: Accadde perché noi non volevamo rispettare la nuova legislazione locale, la quale proclamava che la legislazione lettone aveva priorità sulla legislazione sovietica- su ogni legislazione sovietica. Tuttavia i nazionalisti lettoni cambiarono rapidamente la punizione originale prescritta dalla legge- la morte, perché evidentemente, come adesso capisco, avevano paura di poter essere imputati anche loro stessi in base a questo articolo e la loro paura era ben fondata, dal momento che le loro azioni erano davvero di alto tradimento.
 
Poco dopo, alla sessione del Soviet Supremo della Lettonia, il 22 agosto 1991, mi negarono la prerogativa dell’immunità come deputato del Soviet Supremo lettone, anche se allo stesso tempo ero anche deputato del Congresso dei Deputati del Popolo dell'Unione Sovietica. Non ero realmente sconvolto e preoccupato, perché sapevo di avere l'immunità diplomatica. Così divenni uno “straniero” e rimasi sotto la protezione del governo sovietico. Non andai a casa, perché sentivo che se lo avessi fatto era probabile che sarebbero state intraprese azioni illegali contro di me. Quindi me ne restai nei miei quartieri privati nell'edificio del Comitato Centrale. Volevo anche evitare che alla mia famiglia dovesse capitare di vedermi in stato di detenzione.
 
Quella sera i miei due figli vennero a trovarmi. Uno di loro adesso è un deputato Socialista nel Parlamento lettone (denominato Saeima). Ci salutammo come al solito e ci accordammo di incontrarci il giorno seguente, perché era un giorno speciale. Sapevo che questa era un’impresa rischiosa, perché avevo ricevuto diverse telefonate da persone che mi avvertivano di quello che sarebbe accaduto. Altri mi offrirono la loro assistenza, anche la protezione armata. Dalla finestra potevo vedere poliziotti piazzati in diverse postazioni strategiche. L’edificio del Comitato Centrale è situato vicino ad un canale e c'erano molte persone armate in giro, appostate nei punti salienti tutto attorno all'edificio. Forse temevano che io avrei chiamato la polizia all’insurrezione. Durante la notte contattammo tutti i membri del Comitato Centrale e decidemmo di tenere una sessione plenaria del Comitato Centrale alle 12 in punto del giorno seguente.
 
Dopo aver passato tutti una notte insonne, alle 8 del mattino vidi arrivare i principali membri del comitato e ci consltammo sul che fare. C'erano 11 membri presenti. Uno era della Bielorussia, e disse che doveva partire immediatamente per la Bielorussia e tornare a casa. Gli altri dissero semplicemente di voler tornare a casa dalle loro famiglie. Dissi che io non intendevo fuggire perché non ero colpevole di nulla. Decisi di restare. Realizzai che la situazione stava diventando realmente molto, molto seria quando le mie due guardie del corpo non si ripresentarono al lavoro. Gli uomini della sicurezza li avevano rimossi dal loro servizio. A questo punto, precipitò la situazione del personale e dell’apparato del Partito. Il Comitato Centrale decise che in circostanze così estreme, tutti gli impiegati del Partito dovevano ricevere tre mesi di paga e che alcune dei documenti riservati del partito, come gli elenchi degli iscritti, andavano immediatamente distrutti, ma che altre dovevano essere rimosse dal luogo. Dopo di che ognuno fu congedato.
 
Approssimativamente alle 10, arrivarono due deputati del Saeima (il parlamento). Erano armati con pistole e mi intimarono di restare nell'edificio di Comitato Centrale. Non mi permisero di raggiungere il Palazzo del Parlamento. Chiesi loro di permettermi di chiamare la mia famiglia ma rifiutarono. Era già mezzanotte quando chiesi di avere finalmente qualche cosa da mangiare ma non lo permisero. Presto arrivarono persone più armate e con il calcio delle loro pistole spaccarono tutti i telefoni che c’erano. Poi il Vice Procuratore Generale- non del Soviet, ma il Vice Procuratore Generale di recente nomina- venne accompagnato da uomini armati e cominciò ad interrogarmi. Dissi loro quello che dovevo dire. Mi fu chiesto che cosa avessi fatto negli ultimi giorni, quel giorno stesso e uno o due prima. Risultò che sospettavano che io fossi un membro del Comitato Statale per le Situazioni di Emergenza a Mosca, ma non lo ero. Quindi il mio assistente personale, che è un buon avvocato, disse che ora sarebbero arrivate nell’edificio delle altre persone, e che io venivo trattato non come un testimone ma come un sospettato.
 
Presto arrivarono altre persone, che occuparono stanze sul mio piano (il 6° piano), ed il Procuratore Generale, una donna, entrò e cominciò il mio interrogatorio. Quando compresi che era un interrogatorio illegale, mi rifiutai di rispondere ad alcune domande. Quindi lei mi chiese di indicare una persona autorizzata in grado di passare di mano le proprietà del Partito Comunista allo stato. Pretesi un documento legale, così loro mi mostrarono una legge, una delibera passata dal consiglio Supremo della Lettonia che diceva che tutte le proprietà del Partito dovevano essere confiscate. Con ciò, io indicai una persona per fare quello che loro chiedevano. Arrivò il loro rappresentante e stilammo un elenco di quello che dovevamo consegnare al governo. Sull'elenco c’erano l’edificio del Comitato Centrale e gli edifici dei comitati locali e regionali, il parco auto del Partito ed altri cespiti mobili e immobili. Volevano la mia firma ma rifiutai di firmare. Tutto questo durò a lungo. Alle 5 di sera un folto gruppo di uomini armati, con giacche anti-proiettile e casco venne di sopra. Separarono il mio assistente personale da me. Poi il Vice Procuratore Generale mi mostrò un documento legale, una citazione per il mio arresto, ed ordinò che loro mi arrestassero.
 
A questo punto, arrivarono di corsa diversi giornalisti e personale di vari media, inclusa la BBC, e la copertura fu piuttosto estesa. Mostrai loro la mia tessera di identità di deputato nazionale del Congresso del Soviet dei Deputati del Popolo che presumibilmente mi conferiva l’immunità ma loro mi portarono ugualmente via. Rifiutai di essere ammanettato. Dissi loro di portarmi solo via, che non avrei opposto alcuna resistenza. Non mi permisero né di cambiare i vestiti né di prendere degli effetti personali; mi portarono via solo con quello che avevo. Fuori dal mio ufficio c’era una lunga scala a spirale. Fui stretto tra due uomini, presumo della sicurezza. Forse avevano paura che io potessi saltare dalla balaustra, anche se il pensiero non sfiorò mai la mia mente. Mi spingevano avanti con le canne dei loro mitra. Per quanto possa sembrare strano, non avevo paura. Ero amareggiato e adirato. Ad ogni piano potevo vedere gli impiegati del Comitato Centrale che guardavano quello che stava accadendo. Tra le donne molte erano in lacrime e gli uomini se ne stavano là indifesi, mentre procedevo calmo. Vedere la loro preoccupazione e angoscia mi diede molta forza; sentii di dovermi comportare propriamente e con dignità in questa situazione- non solo quando ero in una posizione elevata e chiamavo i pezzi grossi ma anche in circostanze come queste.
 
Lasciando l'edificio, vidi che le porte a vetro e l’insegna del Comitato Centrale del Partito Comunista Lettone erano stati fracassati. Fuori c'era una folla di circa 3.000 persone (conoscendo la piazza, so quante persone contiene). Molte persone stavano ammassate perché i media stavano trasmettendo il fatto e annunciavano che Alfred Rubiks era stato arrestato. Era una folla composita. Alcuni erano contro il Partito Comunista, alcuni erano sostenitori del Partito Comunista. C'erano grida e slogan diversi e molto schiamazzo.
 
A questo punto fui spinto su un minibus da 10 posti e mi portarono da qualche parte. Non sapevo dove stavamo andando, perché le finestre erano chiuse con le tendine tirate. Svoltò in direzione dell’edificio della Polizia Municipale. Nel furgone ero sorvegliato da quattro soldati con mitra e da un ufficiale. L'ufficiale scese ed entrò nell'edificio; si allontanò per circa 25 minuti. Più tardi mi feci l’opinione che avesse cercato di persuadere il capo della polizia urbana di mettermi in una stanza di detenzione nell'edificio, ma il capo della polizia rifiutò risolutamente.
 
Supposi che allora mi avrebbero portato all'ufficio del Procuratore Generale di Riga, non sapendo per certo dove stavamo andando, perché le cortine erano sempre tirate. La mia supposizione si rivelò esatta. Là c’erano dappertutto uomini con Kalashnikov e soldati armati ad ogni piano. Noi dovevamo salire al quarto piano. Fui portato all'ufficio del nuovo Vice Procuratore Generale per un ulteriore interrogatorio. La stanza era piena di soldati, appostati vicino alle finestre e a protezione della porta. Io chiesi di vedere lo statuto, la legge che permetteva tali procedure. Piuttosto cinicamente il Procuratore Generale disse, “Nel tempi di urgenza non vige la legislazione.” Al che, io rifiutai di parlare con lui e dissi che sarei passato allo sciopero della fame. Prese a girarmi attorno cercando di persuadermi ma rifiutai nettamente di dire qualsiasi cosa.
 
Allora mi spinsero di nuovo sul minibus e mi portarono in giro per un po’. Solamente più tardi scoprii dove ero finito. Mi portarono nella malfamata prigione centrale di Riga. Ha un cancello speciale: il secondo cancello si apre solamente se il primo è chiuso e il nuovo arrivato viene messo in custodia delle guardie carcerarie. Il vice direttore della prigione mi portò nel suo ufficio, mi offrì il tè; ma non c'era una cella pronta per me. Passai la notte intera nell'ufficio del capo di questa prigione, sorvegliato da un capitano ed un maggiore. Mi portarono del cibo, ma lo rifiutai perché ero in sciopero della fame. Trovarono una cella- che non era idonea ad essere abitata- e passai là sei giorni. Non c'era nessuna finestra e nessun lavabo, così le guardie mi accompagnavano ai servizi. Poi mi trasferirono in una cella di isolamento. Non c'era nessuna finestra, nessuna luce diurna ma solo luce artificiale durante tutto il giorno- cosa che ha chiaramente effetti molto nocivi ed è molto impattante sui nervi. Ero tenuto a dormire con le mani visibili alle guardie e non mi era permesso di coprire la faccia. Là passai 2 anni. Dopo di che mi trasferirono in un'altra cella di isolamento, così in tutto ho passato 4 anni di segregazione in isolamento. L'inchiesta proseguì per 2 anni e la sentenza preliminare cambiò tre volte, ogni volta espressa in modo differente. Il processo stesso durò due anni e mezzo.
 
Quando venivo portato alle udienze, fingevo con me stesso di essere uno studente che andava a sentire una conferenza. Riuscirono a brigare con un nuovo statuto legale, riguardo ad un “tentativo di colpo di stato.” Era, chiaramente, una parodia di tribunale. Mi imputavano di aver comandato l’insurrezione della polizia e delle truppe del distretto militare, ma questi erano diretti da qualcuno a Mosca ed io non avevo nessun controllo su di loro. Il verdetto finale fu di 8 anni di carcere e la confisca dei beni. Essendo stato un detenuto esemplare, fui rilasciato 20 mesi prima. Nè poterono confiscare nulla, perché in realtà non c'era nulla da confiscare. Non avevo un’automobile o depositi in banca, nessun lusso- nulla. Commisero un grave errore quando non fecero un elenco accurato di tutti i miei effetti personali e proprietà, perché avrebbero potuto confiscare uno dei miei letti o prendersi tutti i libri da casa mia…
 
PA: Ci puoi parlare di quello che sta accadendo oggi in Lettonia?
 
AR: La Lettonia fondamentalmente ora è un paese che obbedisce agli ordini. Prende ordini dall'Unione Europea e dalla Nato. L'agricoltura è stata distrutta. Negli attuali rapporti statistici, la categoria della produzione agricola non esiste più. È inclusa in una categoria più generale, insieme all'estrazione della torba e della calce, o di qualche altra risorsa naturale minore che ha la Lettonia. La produzione industriale ora è solamente il 50% di quello che era nel 1990. Solamente il 10% del prodotto interno lordo (PIL) è relativo ad industrie attualmente impegnate nella produzione. Il resto del PIL della Lettonia è inerente all’edilizia, alle banche (all'erogazione di prestiti) e a servizi vari. All’apparenza sembra che il PIL stia crescendo dell’8% all'anno, ma gli standard di vita non stanno per niente migliorando. In ogni statistica europea la Lettonia detiene l’ultimo o il penultimo posto in ogni categoria- tranne l'inflazione, dove è la prima dell'UE, con il 13%.
 
Una volta la Lettonia coltivava il sogno di diventare una capitale dei servizi bancari, ma banche più grandi e più potenti, specialmente della Scandinavia, hanno inglobato tutte le banche lettoni locali, tanto che oggi è ancora proprietà nazionale solamente la Banca Centrale della Lettonia. Una delle misure per tenere a freno l'inflazione è stata l'introduzione di un tetto nella concessione dei prestiti, ma dal momento che la maggior parte delle banche è straniera, non ricade sotto questa legislazione.
 
Oggi in Lettonia, i pensionati e gli anziani costituiscono approssimativamente il 26% della popolazione ed è triste che il 94% dei pensionati si sostenga con redditi al di sotto del livello di povertà. Molti emigrano nel Regno Unito, in Irlanda e nei paesi nordici. In un sondaggio tra gli studenti liceali, dal 10° al 12° livello, l’82% di loro ha detto di vedere il proprio futuro come lavoratori altrove in Europa. C'è ora un nuovo fenomeno in Lettonia: le persone che si accampano fuori nelle strade chiedendo un trattamento umano e l’aumento di salari e pensioni.
 
Non ci sono dunque speranze. La situazione è piuttosto oscura, perché la nostra gioventù non vede prospettive e nessun futuro qui. Chiaramente, le persone più giovani sognano da avere successo, di diventare dirigenti d'azienda o ministri del governo; io stesso, non divenni un dirigente d'azienda, ma un ministro del governo! Ora le cose sono cambiate; praticamente non ci sono più persone giovani che vivono nelle aree rurali. Sono costretti a fuggire. Ora la situazione è tale che il tasso di natalità è dimezzato mentre è aumentato il tasso di mortalità! È vero che l'UE offre fondi. Eroga fondi, ma i fondi possono essere usati solamente se da parte lettone si mette un 25-50% del capitale e noi non ce lo possiamo permettere. Perciò, tutti questi fondi sono divenuti un grande spreco di tempo e di denaro, dal momento che, da parte lettone, non si è in grado di pareggiare la percentuale.
 
La mia previsione per il futuro è pessimistica. Con il tasso di mortalità così alto e nessun bambino che viene al mondo, non c'è alcun futuro per questo stato, e quelli che ancora ci vivono emigrano. Io credo che la popolazione stia cominciando a rendersi conto di questo ma anche se ci fosse una possibilità di cambiare la situazione, questo sicuramente richiederebbe tempi lunghi. Per esempio, il 30% della terra ora appartiene a stranieri, che comprano la terra coltivabile e su quella piantano degli alberi. Ciò per avere un'idea di quello che dobbiamo affrontare e quanto tempo occorrerà.
 
PA: Il Partito Comunista ora è legale?
 
AR: Il Partito Comunista della Lettonia, che era parte del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS), è stato bandito, ed ancora è bandito. Si può fondare qualsiasi altro nuovo partito ma l’attuale legislazione proibisce la propaganda delle idee comuniste. Mette il marxismo e il comunismo allo stesso livello delle idee dei nazisti. La propaganda delle idee comuniste e la propaganda delle idee dei fascisti sono severamente proibite. In capo a questo, gli ex membri del Partito Comunista della Lettonia che erano membri attivi del Partito dopo il 13 gennaio 1990 non possono essere eletti deputati. In tali circostanze, quando i membri del Partito Comunista non possono essere eletti in Parlamento e i cittadini hanno paura di associarsi al partito, non c'è alcun vantaggio a fondare questo tipo di organizzazione. Noi vogliamo che questa legge discriminatoria sia rimossa e poi forse ripristineremo il Partito Comunista della Lettonia. Alcuni mi dicono: “Petrovich (patronimico di Rubiks), potrà succedere solamente quando morirai perché, finché sei vivo, loro non lo permetteranno mai .” Sembra che io sia temuto. Oggi il partito che ci rappresenta, il Partito Socialista della Lettonia ha 4 seggi- mio figlio Arturs è un deputato- e la coalizione della quale siamo parte, denominata Alleanza dell’Armonia, ha 17 seggi nel Saiema. È divertente, ma in questi giorni, quando vado al palazzo del Parlamento e mi imbatto in qualcuno dei nazionalisti, restano pietrificati nel vedermi. Ma finora non sono stato molestato; ancora, non mi è permesso di concorrere per il Parlamento.
 
PA: Che percentuale di appoggio pensi che abbiano il Partito Socialista e l'Alleanza dell’Armonia fra la popolazione?
 
AR: E’ difficile dirlo con precisione ma, a giudicare dai risultati delle elezioni, il Partito Socialista ha ricevuto l’8% del totale dei voti nelle ultime elezioni Parlamentari, mentre la coalizione nell'insieme ha guadagnato il 19-20%.
 
Traduzione dall’inglese di BF per www.resistenze.org