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- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 14-07-09 - n. 282
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
18° Seminario Comunista Internazionale (ICS 2009)
"I giovani - la situazione attuale dei giovani, il lavoro dei comunisti fra i giovani, e l'ingresso delle nuove generazioni nei partiti comunisti"
Bruxelles, 15-17 maggio 2009
Dichiarazione sulla crisi
Nel maggio del 2002, la dichiarazione finale del Seminario Comunista Internazionale si concludeva affermando che: "Si stanno creando le condizioni per l'esplosione di una crisi, più grave e più distruttiva di quella del 1929".
I. La crisi del sistema capitalista dimostra la necessità del socialismo
1. Il sistema capitalista sta affrontando la crisi più grave dall'epoca della depressione del 1929. Non stiamo parlando di una recessione congiunturale e transitoria, ma di una crisi generalizzata del sistema capitalistico, che affonda le sue radici nel settore della produzione. Questa sarà una crisi lunga e profonda di cui non siamo che all'inizio.
2. Il carattere strutturale e sistemico di questa crisi dimostra i limiti storici del sistema capitalista, nonché la sua natura caotica e distruttiva. Questa è una prova diretta delle fondamentali tesi sviluppate da Marx, Engels e Lenin sulla inevitabilità delle crisi sotto il capitalismo. La sua causa principale risiede nella proprietà privata dei mezzi di produzione e la sua contraddizione con il carattere sempre più sociale della produzione. Ciò comporta lo sviluppo anarchico della produzione ed il manifestarsi delle crisi capitaliste.
3. La crisi attuale cambierà inevitabilmente l'aspetto del mondo. L'equilibrio di forze tra le grandi potenze sarà scosso. Le contraddizioni di classe si accentueranno. I lavoratori e i popoli stanno già pagando la crisi, attraverso la nuova serie di misure a beneficio dei monopoli, attraverso una maggiore disoccupazione e uno sfruttamento più intenso, attraverso nuove tasse e misure di austerità nel settore sociale. Tutti coloro che lavorano per vivere saranno soggetti a maggiore insicurezza, fame e povertà.
4. I lavoratori e le popolazioni del mondo si trovano di fronte al compito di lottare per dei cambiamenti fondamentali nella struttura economica e sociale, con la prospettiva del rovesciamento rivoluzionario del capitalismo e della costruzione del socialismo. Questa è la sola risposta efficace alla crisi del sistema e l'unico modo per evitare che il capitale, dopo aver superato la crisi e “riorganizzato” il mercato, possa recuperare sulle stesse basi e godere ancora di un altro periodo di sviluppo capitalistico e di pesante speculazione.
5. I governi dei paesi capitalisti mantengono deliberatamente la falsa percezione che la crisi attuale abbia origine nella sfera finanziaria, perché temono che in caso contrario la vita stessa del sistema economico venga messa in discussione. Secondo loro, una più rigorosa regolamentazione delle operazioni e degli operatori finanziari sarebbe sufficiente per consentire al capitalismo di effettuare una nuova partenza e continuare come prima. La caduta mozzafiato della produzione a cui stiamo assistendo viene presentata come una mera conseguenza dei problemi nel mondo finanziario, che potrebbe essere risolta con il ripristino della fiducia dei consumatori e degli investitori.
6. E' pur vero che il settore finanziario è divenuto sempre più dominante, sin dallo scoppio della crisi economica dei primi anni del 1970. Basti dire che tra il 1980 ed il 2007, il PIL mondiale è aumentato di cinque volte e gli stock finanziari di quattordici. Un divario crescente è andato creandosi tra la sfera produttiva e quella finanziaria, quest'ultima resa mastodontica da un enorme sviluppo dei prodotti speculativi. Ma l'esplosione della bolla finanziaria, che è cresciuta come capitale sempre più avidamente a caccia di nuovi prodotti ad altissimo rischio, ha messo a nudo e rafforzato la sottostante crisi di sovrapproduzione.
7. All'inizio degli anni 70 del secolo scorso, il mondo capitalista si è confrontato con un'altra crisi di sistema, che nel 1973 si è anche caratterizzata dalla quadruplicazione dei prezzi del petrolio. Un periodo relativamente forte e stabile di crescita a favore del grande capitale, soprattutto per via della ricostruzione post-bellica, era giunto a scadenza. Un eccesso di capacità era stato accumulato ed il capitalismo dovette affrontare una crisi di sovrapproduzione mondiale.
8. Poiché ogni gruppo o impresa capitalista ha l'unico scopo di acquisire per sé i mercati di altri, si è sempre più orientata verso un maggiore sfruttamento dei lavoratori, a produrre di più, più velocemente e a costi inferiori. Ciò si traduce in una crescente contraddizione tra lo sviluppo della capacità produttiva, da un lato, e la relativa diminuzione del potere d'acquisto delle masse dall'altro. Questa contraddizione si riproduce inevitabilmente nell'ambito dei rapporti di produzione capitalistici, dove una piccola minoranza possiede i mezzi di produzione e si arricchisce sfruttando la forza lavoro della grande maggioranza. Engels ha caratterizzato la crisi di sovrapproduzione come segue: "le masse operaie, per aver prodotto troppi mezzi di sussistenza, mancano di mezzi di sussistenza" [Engels, Anti-Dühring, 1878].
9. Lo stesso meccanismo che conduce alla crisi di sovrapproduzione porta anche ad un calo del saggio di profitto. Il delirio degli investimenti aumenta la composizione organica del capitale, diminuendo così il saggio generale di profitto. Come disse Marx, "l’ostacolo allo sviluppo indefinito del capitale è il capitale stesso" [Marx, Il capitale, III, 1 ]. Il saggio di profitto cala maggiormente in virtù dell'esplosione della crisi di sovrapproduzione. La crisi dei primi anni 70 è stata trasformata in una crisi strutturale di lunga durata, con un più lento tasso medio di crescita ed uno spettacolare e prolungato aumento della disoccupazione in tutti i paesi capitalisti. Al fine di contrastare la caduta del saggio di profitto, l'imperialismo degli Stati Uniti ha puntato su politiche neoliberali aggressive ed un netto aumento di intensità della militarizzazione.
10. Dagli anni 1979-81 in poi, gli imperialisti hanno lanciato un'offensiva contro i sindacati conformemente alla necessità di ristrutturazione del capitale. Questa offensiva ha spianato la strada a politiche di sfruttamento più severe, arricchendo la classe borghese e portando alla distruzione dei benefici sociali ceduti dagli imperialisti nei decenni precedenti, sotto la pressione dell'esempio fornito dai paesi socialisti. Questa offensiva si è intensificata quando la controrivoluzione ha infine rovesciato il socialismo in Unione Sovietica e nei paesi dell'Europa orientale. Un capitalismo trionfante dichiarava "la fine della storia" e l'inizio della cosiddetta epoca TINA ( There Is No Alternative, non c'è alternativa). Questa epoca si è ormai conclusa, dato che la crisi attuale mostra in quale misura le “soluzioni” capitaliste abbiano reso ancora più fragile l'intero sistema portandolo sull'orlo del collasso.
11. Il capitalismo mondiale è riuscito a procurarsi nuovi mercati privatizzando il settore pubblico ed imponendo il libero scambio ai paesi in via di sviluppo ed a quelli ex-socialisti. Ha “globalizzato” l'economia, in particolare nei mercati finanziari. E' riuscito a creare temporaneamente una domanda artificiale mediante lo sviluppo del credito e della speculazione. La completa liberalizzazione dei flussi di capitale, degli gli attori finanziari e dei derivati hanno creato un'enorme massa di ciò che Marx chiama “capitale fittizio”, alla costante ricerca di un ritorno usurario. Per i capitali in cerca di investimenti redditizi, si è trattato di una gradita via di fuga, perché la crisi di sovrapproduzione è sempre accompagnata da un eccesso di accumulazione. Non vi è per nulla mancanza di capitali, bensì un eccesso che non è in grado di trovare uno sbocco nel settore produttivo.
12. Questo distrugge il mito socialdemocratico per cui vi è un da un lato un capitale sano e produttivo, e dall'altro il capitale finanziario parassita. Come giustamente sottolinea Lenin, l'era dell'imperialismo è caratterizzata dalla fusione del capitale industriale e bancario in capitale finanziario. Ma la loro permeabilità non significa che non vi sia una sempre più rigorosa separazione tra la proprietà del capitale e la sua applicazione alla produzione, una separazione tra il rentier e l'imprenditore. Secondo Lenin, "La prevalenza del capitale finanziario su tutte le rimanenti forme del capitale importa una posizione predominante del rentier e dell'oligarchia finanziaria, e la selezione di pochi Stati finanziariamente più 'forti' degli altri" [Lenin, Imperialismo Fase suprema del capitalismo, III. Capitale finanziario e oligarchia finanziaria]. L'egemonia dell'oligarchia finanziaria e di rendita è stata sviluppata al massimo grado con la comparsa di questi nuovi prodotti finanziari, come gli hedge funds ed i fondi di private equity che hanno dettato la ristrutturazione delle imprese e i nuovi principi dei mercati finanziari, imponendo al settore produttivo l'obbligo di un ritorno economico almeno del 15 %.
13. La posizione privilegiata di un piccolo numero di Stati finanziariamente potenti, come descritto da Lenin, si applica in primo luogo agli Stati Uniti. La posizione di primi tra le potenze imperialiste gli ha permesso di vivere al di sopra dei loro mezzi, di aumentare la massa del debito estero e di continuare a spendere oltre le proprie possibilità grazie al flusso di capitali esteri. Ciò ha autorizzato gli Stati Uniti a continuare la corsa agli armamenti e le loro guerre offensive, mentre lo strato superiore della società poteva spendere sempre di più in prodotti di lusso e servizi. Il consumo sfrenato statunitense, alimentato dai prestiti, ha svolto un ruolo importante nel sostenere l'economia mondiale. Questa circostanza è stata possibile solo grazie alla posizione del dollaro come valuta estera e moneta di riserva mondiale. La crisi rafforza la tendenza ai cambiamenti nel rapporto di forze nel mercato mondiale, con il declino della quota statunitense del PIL mondiale, la crescita dei “paesi emergenti” come Cina, India e anche il Brasile nel Prodotto Mondiale Lordo (GWP), o l'incremento della quota UE.
14. Gli Stati più potenti (gli Stati membri dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico - OCSE) sono intervenuti massicciamente al fine di garantire i profitti dei capitalisti, salvare le loro banche e monopoli industriali e prevenire il collasso del sistema finanziario mondiale. Dopo aver completamente liberalizzato i mercati finanziari e dopo aver sostenuto “la mano invisibile del mercato” sino all'ultimo, si è invocato lo Stato per il salvataggio ed il pagamento del conto. Questo distrugge il mito socialdemocratico per cui gli Stati non hanno più alcun ruolo da svolgere, avendo rinunciato volontariamente al loro potere di intervento per concedere la piena libertà ai capitali. Tutti gli Stati capitalisti si sono allineati con le politiche neoliberali degli Stati Uniti, compresi quelli i cui governi sono stati gestiti o hanno visto la partecipazione dei partiti socialdemocratici. Il Trattato di Maastricht e la Strategia di Lisbona, promossi sia dai neoliberisti che dai socialdemocratici hanno rafforzato la concorrenza tra le potenze imperialiste e portato all'intensificazione dello sfruttamento, l'abbassamento del costo del lavoro, la liberalizzazione dei mercati, la privatizzazione, la creazione di insicurezza nel lavoro, l'allungamento dell’orario di lavoro e l'aumento dell'età pensionabile, la privatizzazione delle pensioni e la commercializzazione di sanità e istruzione.
15. Le attuali nazionalizzazioni servono a tutelare gli interessi del grande capitale mediante fondi statali, in modo tale da restituire a queste imprese la salute finanziaria in vista di una loro riconsegna al settore privato. Questo si tradurrà in una maggiore concentrazione dei capitali. I fondi che lo Stato mette a disposizione dei capitali privati, in forma di iniezioni di capitale e di garanzie, mostrano ancora una volta in quale misura il sistema capitalista sia parassitario. I profitti sono privatizzati e le perdite socializzate.
16. Come conseguenza della crisi, il divario tra ricchi e poveri aumenta, e la maggior parte dei paesi del mondo saranno sottoposti ad un degrado ancora più disastroso. Questo sarà particolarmente evidente nei paesi in via di sviluppo. La maggior parte di questi paesi sono dipendenti dalla produzione di materie prime e prodotti agricoli per l'esportazione, e in pochi producono manufatti e semilavorati per l'esportazione. I precetti di Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio, Stati Uniti e Unione Europea hanno distrutto industria e agricoltura locali, e portato le loro economie sotto il crescente dominio delle imprese transnazionali. Questo li ha resi dipendenti dal contesto economico del mondo sviluppato. Essi si trovano ora in una situazione terribile, poiché gli ordini per le esportazioni sono drasticamente diminuiti, i prezzi all'esportazione stanno sprofondando e le condizioni del credito internazionale si sono fatte più severe. Questa vulnerabilità li spinge ancora una volta in un ciclo di richiesta di prestiti, indebitamento e sottomissione ad ulteriori diktat imperialisti. Operai e contadini devono affrontare un rapido aumento di disoccupazione, povertà ed esclusione.
17. Durante la depressione degli anni 30 non fu il “new deal” a salvare il capitalismo dalla stagnazione, ma la Seconda Guerra Mondiale. Ci troviamo di fronte ad un periodo denso di contraddizioni, con il capitale sempre più aggressivo. Questo rischia di condurre a nuovi conflitti armati. L'attuale crisi rappresenta anche un enorme rischio di regressione sociale e democratica e, come la storia ha mostrato, fornisce una base ai movimenti autoritari e militaristi.
18. La crisi economica generalizzata va di pari passo con una minaccia ambientale a livello planetario, che non può trovare soluzione sotto il capitalismo. Lo sviluppo armonioso dell'economia mondiale e la salvaguardia dell'ambiente richiedono entrambe un'attenta pianificazione economica, una soluzione che è esclusa fino a quando la caccia al profitto dominerà il mondo. Queste due questioni fondamentali confermano la necessità della socializzazione dei monopoli e la pianificazione centralizzata di una economia socialista. Essi confermano in ogni paese la necessità del rovesciamento dal potere della classe borghese e della costruzione di una società socialista basata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione.
II. I comunisti e la crisi
19. Sotto l'egida del G20 e delle istituzioni internazionali e di organizzazioni come l'Unione Europea, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, le grandi potenze imperialiste ed i governi dei paesi capitalisti hanno assunto due compiti basilari. Il primo è quello di tappare le falle del sistema e salvare i capitalisti. Il secondo è quello di far si che i lavoratori ed i popoli del mondo portino il peso della crisi. Anche i compiti dei comunisti sono due, ma radicalmente opposti.
20. In primo luogo, vogliamo mobilitare le masse per imporre una radicale rottura con il capitalismo, il sistema dello sfruttamento. Anche se il capitalismo sceglie la strada delle cosiddette riforme keynesiane per stabilizzare il sistema e, soprattutto, per evitare che le masse esigano riforme più importanti, questa strada sarà a spese del popolo. La borghesia metterà mano al sistema finanziario senza compromettere i rapporti di produzione e la proprietà privata dei mezzi di produzione. La responsabilità del grande capitale e dei suoi fantocci politici che hanno portato il mondo alla catastrofe deve essere mostrata. Ma questo non è sufficiente. Dobbiamo essere in grado di accogliere gli obiettivi di lotta e le richieste che spianeranno la strada per il rovesciamento rivoluzionario di questo sistema di sfruttamento e di oppressione. A questo proposito, è di particolare importanza sviluppare e rafforzare una linea di classe nel movimento sindacale, nonché in altri movimenti che rappresentano la classe operaia ed i suoi alleati.
21. In secondo luogo, dovremo sviluppare e sostenere le lotte di resistenza contro i tentativi di far pagare la crisi alle sue vittime. Daremo corso alla battaglia per mantenere e creare posti di lavoro, per la tutela dei disoccupati e delle famiglie della classe operaia, alla lotta per preservare e migliorare la protezione sociale, per aumentare i salari ed il potere d'acquisto. Si tratterà di cogliere ogni occasione per combattere la privatizzazione. Si dovranno anche difendere i diritti democratici ed opporsi alla crescita del razzismo, del fascismo, dei guerrafondai e di tutte le forme di ideologia borghese. Specialmente in tempi di crisi capitalista, gli imperialisti aspirano ad intensificare l’anticomunismo per colpire l'unica alternativa esistente, rappresentata dai comunisti: il rovesciamento del capitalismo e la costruzione del socialismo.
22. Dobbiamo avviare un importante dibattito ideologico sul fallimento del sistema capitalistico e la superiorità del progetto socialista. Dobbiamo anche sbarrare la strada alla scappatoia di un libero mercato “controllato” o “regolamentato”, la versione socialdemocratica di un’apologia del sistema. La nostra critica si deve concentrare sul sistema economico e non solo su “esagerazioni”, “abusi” o “avidità” dei banchieri.
23. Allo stesso tempo, ci applicheremo con tutte le nostre forze per essere in prima linea nelle lotte operaie e dei piccoli e medi contadini e lavoratori autonomi. Il periodo imminente sarà colmo di opportunità per far progredire la causa comunista. Ma la crisi non porta automaticamente alla lotta. La paura può temporaneamente paralizzare o schiacciare la rivolta. Dovremo lavorare con pazienza e fiducia tra le masse e liberare la loro creatività e lo spirito di solidarietà, perché alla fine sarà la classe operaia e le altre masse lavoratrici che determineranno il corso della storia.
24. E’ importante costruire e rafforzare i partiti comunisti. Questo sarà il fattore decisivo per afferrare le opportunità offerte ai popoli e ai lavoratori in futuro, e spianare la strada ad una società socialista, una società senza sfruttamento e oppressione da parte del capitale.
25. Abbiamo bisogno di intensificare la cooperazione internazionale tra i partiti comunisti e sviluppare una strategia unitaria contro l'imperialismo, perché questa è una condizione essenziale per una più rapida avanzata verso un futuro di progresso, di giustizia e di pace, e per non venir meno ai compiti che ci attendono.
Lista dei firmatari
1. Argentina, Partido de la Liberación
2. Armenia, Unified Progressive Communist Party of Armenia
3. Australia, Communist Party of Australia
4. Azerbaidjan, Communist Party of Azerbaidjan
5. Belarus, For the Union and the Communist Party of the Union
6. Belgium, Workers' Party of Belgium
7. Brazil, Communist Party of Brazil (PCdoB)
8. Brazil, Partido Patria Livre
9. Bulgaria, Party of Bulgarian Communists
10. Canada, Communist Party of Canada
11. Colombia, Partido Comunista Colombiano
12. Croatia, Socialist Workers' Party of Croatia
13. Cuba, Partido Comunista de Cuba
14. Denmark, Communist Party of Denmark
15. Denmark, Danish Communist Party
16. Estonia, Communist Party of Estonia
17. El Salvador, Partido Comunista de El Salvador (PCS)
18. France, PRCF - Pôle de Renaissance communiste en France
19. France, URCF - Union des Révolutionnaires-Communistes de France
20. Georgia, Unified Communist Party of Georgia
21. Greece, Communist Party of Greece (KKE)
22. Hungary, Hungarian Communist Workers' Party
23. Ireland, Communist Party of Ireland
24. Ireland, Workers' Party of Ireland
25. Latvia, Socialist Party of Latvia
26. Lebanon, Parti Communiste Libanais
27. Luxembourg, Communist Party of Luxembourg
28. Malta, Communist Party of Malta
29. Morocco, Voie démocratique
30. Nepal, Communist Party of Nepal (Unified)
31. Netherlands, New Communist Party Netherlands (NCPN)
32. Pakistan, Communist Party of Pakistan
33. Palestine, Popular Front for the Liberation of Palestine (PFLP)
34. Peru, Partido Comunista Peruano
35. Puerto Rico, Refundación Comunista de Puerto Rico
36. Russia, Communist Party of the Russian Federation
37. Russia, Russian Communist Workers' Party - Revolutionary Party of Communists
38. Russia, Communist Party of the Soviet Union (CPSU)
39. South Africa, South African Communist Party
40. Spain, Partido Comunista de España (marxista-leninista)
41. Spain, Partido de los Pueblos de España
42. Spain, Unión Proletaria
43. Sweden, Communist Party (KP)
44. Syria, Syrian Communist Party
45. Taiwan, Chinese Province of Taiwan, Labour Party of Taiwan
46. Tunisia, Parti du Travail Patriotique et Démocratique
47. Turkey, Communist Party of Turkey (TKP)
48. United Kingdom, Communist Party of Great Britain (Marxist Leninist)
49. United States, Freedom Road Socialist Organization
50. United States, Party for Socialism and Liberation
51. Ukraine, Union of Communists
52. Venezuela, Partido Comunista de Venezuela
53. Vietnam, Socialist Republic of, Communist Party of Vietnam
2 luglio 2009