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- pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 11-06-10 - n. 323
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
19° Seminario Comunista Internazionale:
Le conseguenze della crisi economica e l'intervento dei partiti comunisti
Conclusioni generali
I partiti comunisti di fronte all'inasprimento della crisi del sistema capitalista
I. Inasprimento della crisi del sistema
1. La Dichiarazione dell'ICS del 2009 esordiva con la seguente osservazione: "Il sistema capitalista sta affrontando la crisi più grave dall'epoca della depressione del 1929. Non stiamo parlando di una recessione congiunturale e transitoria, ma di una crisi generalizzata del sistema capitalistico, che affonda le sue radici nella sfera della produzione. Questa sarà una crisi lunga e profonda di cui non siamo che all'inizio". Questa previsione è confermata dai fatti. Una crisi generale imperversa in tutto il pianeta e colpisce sia i più grandi centri imperialisti (Usa, Ue, Giappone) come la maggior parte degli altri paesi, compresi quelli dominati.
Così, la globalizzazione capitalista mostra il suo tallone d'Achille, globalizzando anche le crisi, in modo ancora più veloce e pervasivo rispetto agli anni '30.
2. E' nella natura del sistema capitalista ripristinare il tasso di profitto aggredendo i salari e innescando la disoccupazione. Siamo in un periodo di piena ristrutturazione, delocalizzazione, chiusure di stabilimenti e licenziamenti. Attraverso la ristrutturazione i monopoli industriali e bancari ricostituiscono i loro fondi e recuperano il loro tasso di profitto. In tempi di crisi, più che mai, i più grandi si rafforzano a scapito dei più piccoli. Milioni di lavoratrici e lavoratori, operai e operaie nelle città e nelle campagne vengono gettati sulla strada e i salari rivisti al ribasso. A livello mondiale: 50 milioni di lavoratori sono stati licenziati dal 2008 e il numero di working poor (lavoratori poveri) è in rapida crescita. Nei paesi dell'OCSE, l'aumento della disoccupazione colpisce particolarmente i giovani, che erano assunti con contratti precari. Nella zona Euro, il 20% dei giovani sotto i 25 anni è alla ricerca di un impiego, con un picco del 40% in Spagna. Così un'intera generazione scopre la sconfitta del rapporto di lavoro superflessibile. La crisi e l'offensiva capitalistica mette in evidenza in particolare lo sfruttamento delle donne. Molte donne sole con o senza figli vivono sotto la soglia di povertà, a causa del lavoro precario, a tempo parziale o temporaneo. Le lavoratrici sono prevalenti nelle professioni mal pagate e con contratti a termine, in settori che risultano "femminilizzati".
3. In tutto il mondo, la crisi ha acuito il divario tra ricchi e poveri. I paesi del Sud sono le prime vittime di una crisi generata e gestita dai centri imperialisti. La maggior parte di questi paesi dipendono dall'esportazione di materie prime e prodotti agricoli e solo alcuni producono lavorati o semi-lavorati per il commercio estero. I dettami di FMI, WTO, USA e UE hanno distrutto il tessuto industriale locale e l'agricoltura, soggiogati dal dominio delle imprese multinazionali. Questi paesi risultano così sempre più dipendenti dalla congiuntura economica del mondo industrializzato e soffrono ora per la drastica riduzione degli ordini, mentre crollano i prezzi all'esportazione, aumentano quelli all'importazione e peggiorano le condizioni del credito internazionale. La loro vulnerabilità li induce ad accedere al prestito, costringendoli nella spirale dell'indebitamento e nella sottomissione ai nuovi dettami delle sfere imperialiste. I lavoratori e i contadini poveri e medi subiscono il rapido aumento della disoccupazione, della precarietà e dell'esclusione sociale.
Gli obiettivi del millennio di dimezzare la povertà estrema entro il 2015 si sono trasformati nel loro opposto: nel 2009 le Nazioni Unite indicavano in 90 milioni le persone in difficoltà in più rispetto a prima della crisi e oltre un miliardo le persone che soffrono la fame (contro le 840 milioni nel 1990). In India, "un'economia emergente", il 77% della popolazione - 836 milioni di persone - deve vivere con meno di 20 rupie (0,5 euro) al giorno. Sempre in India il numero di miliardari (in dollari) è raddoppiato nel 2009, in 52 dispongono di 276 miliardi di dollari, 1/4 del PIL.
4. Gli effetti più devastanti si osservano nella maggior parte dei paesi africani. A causa della debolezza delle forze progressiste, popolari e di resistenza, le potenze imperialiste non hanno il minimo ritegno ad imporre le loro misure draconiane. Le concessioni degli imperialisti negli anni '60 fatte alla borghesia compradora sono state erose e l'amministrazione fiduciaria è all'ordine del giorno. I sussidi statali per le spese di prima necessità vengono abrogati, c'è un aumento illimitato dei prezzi, privatizzazioni forzate, l'abbandono della scuola e della sanità da parte dello Stato. Le presunte guerre etniche sono in realtà guerre di saccheggio, dietro le quali si nascondono le multinazionali del mondo imperialista che dilapidano le ingenti risorse naturali, energia compresa.
5. Una differenza importante rispetto al crollo finanziario del 1929 è rappresentata dall'intervento immediato e ingente degli Stati. Sono stati sborsati dagli stati del mondo imperialista quasi 3.000 miliardi per fermare il crollo del sistema finanziario e concesse garanzie statali alle banche. Sono state assegnate ai monopoli industriali somme enormi sotto forma di "piani di recupero". Così, il crollo in un periodo di deflazione è stato temporaneamente scongiurato.
Ma in cambio, l'occhio del ciclone della crisi economico-finanziaria si è trasferita sempre più a livello degli Stati capitalistici. Molti Stati, accusano un deficit di bilancio superiore al 5% o addirittura del 10% del PIL e il debito degli stati capitalisti è salito alle stelle.
6. La crisi greca costituisce un rischio globale per il mondo capitalistico in quanto può innescare un altro crollo finanziario, estendendosi così ad altri paesi europei: Spagna e Portogallo in primo luogo, Irlanda, Italia, Gran Bretagna e in seguito in Belgio e addirittura in Francia. Se il contagio si diffondesse potrebbe minacciare la sopravvivenza della moneta europea.
La crisi ha allargato il divario tra gli stati più forti e potenti dell'UE e gli stati più deboli dell'Europa del Sud e dell'Est. I riflessi nazionalistici acuiscono le contraddizioni. Lo stato tedesco si trova di fronte a un dilemma: rifiutare o meno ogni assistenza agli Stati in difficoltà rischiando di mettere a repentaglio l'euro, compromettendo seriamente la sua posizione dominante all'interno dell'UE. La Germania ha infine approvato la costituzione di un fondo di stabilizzazione di 750 miliardi di euro dell'UE e del FMI per aiutare gli Stati della zona euro in difficoltà. Ciò dimostra che è sempre l'interesse dei monopoli europei a prevalere. Essi hanno bisogno dell'Unione europea e dell'euro per la loro lotta contro i concorrenti americani, giapponesi e cinesi. L'euro è come una camicia di forza per imporre una disciplina restrittiva ai paesi della zona euro.
Ma le contraddizioni non sono scomparse. Il governo tedesco si rifiuta di rivedere la sua politica molto aggressiva di tagli ai salari che beneficia i monopoli tedeschi e gli consente di mantenere la sua posizione di primo o secondo esportatore mondiale. Il governo Merkel prosegue la politica del suo predecessore, il socialdemocratico Schroeder, continuando a tenere in tensione tutta la costruzione europea. Per evitare il collasso dell'Unione europea, il governo tedesco impone le sue condizioni di rigore antisociale a tutta l'UE, esige l'applicazione piena del Patto di Stabilità e delle strategie di Maastricht, prevedendo sanzioni nel caso di mancata attuazione. Appena due mesi dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, diventa chiaro a cosa serve l'estensione del potere delle istituzioni europee. Il trattato è stato elogiato dalla socialdemocrazia europea come una vittoria della democrazia. Ora si scopre che serve a imporre una maggiore disciplina agli Stati membri e a imporre i dettami di austerità ai lavoratori, ridefinendo in modo più accentuato la politica europea intorno agli interessi del capitale finanziario, in nome del salvataggio dell'euro.
7. La Grecia è oggi il laboratorio anti-operaio dell'Unione europea. Gli attacchi estremamente gravi che stanno per essere imposti ai lavoratori greci da parte del governo socialdemocratico PASOK significano una perdita media del 30% del loro reddito. Si tratta di tagli drastici ai dipendenti pubblici, della riduzione delle pensioni, dell'aumento dell'età pensionabile, dell'aumentando delle imposte e delle tasse indirette, della flessibilità e di altri nuovi doni per padroni in nome dell'occupazione, di riforme antipopolari nel finanziamento della sanità e dell'istruzione e di privatizzazione accelerata del settore pubblico. Il Partito socialdemocratico (PASOK) serve gli interessi del capitale monopolistico come il partito che più degli altri è in grado di far passare l'arretramento sociale draconiano. Se queste misure verranno attuate, dissangueranno il popolo greco. Un armamentario di misure antisociali dello stesso tenore sono all'ordine del giorno in tutti i paesi: mirano a rafforzare lo sfruttamento e a salvare il capitale monopolistico a spese dei lavoratori. Mentre la gente soffre, i fondi speculativi e le istituzioni finanziarie che devono la loro sopravvivenza al generoso intervento degli Stati, speculano senza scrupoli contro gli stessi Stati. Ciò dimostra anche che questi avvoltoi finanziari dispongono della piena libertà di agire, nonostante tutti i disastri che hanno innescato. E' una bella dimostrazione della putrefazione del sistema capitalistico.
8. La crisi di sovrapproduzione mondiale è ben lungi dall'essere risolta. Alla radice della crisi di sovrapproduzione è la contraddizione tra la crescente capacità di produzione da un lato e il relativo declino del potere d'acquisto delle masse, dall'altro. Questa contraddizione si ripete inevitabilmente in condizioni di riproduzione capitalistica, dove una piccola minoranza della popolazione possiede i mezzi di produzione e si arricchisce con lo sfruttamento della stragrande maggioranza. L'origine della crisi è nella natura del sistema. La causa profonda si trova nella contraddizione tra il carattere sociale della produzione e l'appropriazione privata del suo prodotto, conseguenza della proprietà privata dei mezzi di produzione.
Per il capitale, l'uscita dalla crisi sta nella distruzione massiccia di mezzi di produzione e un maggiore sfruttamento della forza lavoro. Questo è ciò che i lavoratori e i popoli del mondo stanno per subire. In una crisi profonda e globale, come oggi, questa fase può durare a lungo, perché le "soluzioni" del capitale generano contraddizioni interne. L'impennata della disoccupazione, la riduzione dei salari e la distruzione del sistema di protezione sociale minano qualsiasi prospettiva di un più forte potere d'acquisto delle masse lavoratrici. L'offensiva antisociale va quasi certamente ad aggravare la crisi di sovrapproduzione e può ancora portare a un periodo di deflazione negli anni a venire. Le ricette "keynesiane" di investimenti pubblici non otterrebbero che effetti minimi, ma questo margine è addirittura inferiore a quello degli anni '30, a causa della diffusa crisi delle finanze pubbliche, in seguito al salvataggio del mondo finanziario. Non è stato in realtà il "New Deal" ad avere ragione della crisi degli anni '30, ma la produzione militare e la seconda guerra mondiale.
9. C'è una lezione importante da apprendere da questa crisi. L'intervento massiccio degli Stati ha infranto il mito socialdemocratico per cui la globalizzazione capitalista dovrebbe rendere "impotenti" gli stati capitalisti. L'avvicendamento di politiche liberali e politiche interventiste soddisfa i bisogni oggettivi dei monopoli capitalistici in un determinato periodo. Alla bisogna, i partiti socialdemocratici diventano i profeti del mercato, come abbiamo potuto constatare negli ultimi decenni, e i partiti liberali possono diventare forsennati interventisti, come abbiamo visto dal 2008. La loro comune fedeltà al sistema capitalista impone la linea politica confacente alle esigenze del capitale. Sia con i partiti socialdemocratici o liberali al potere (o entrambi), lo scopo del capitale rimane lo stesso: contrastare la caduta del tasso di profitto e garantire la riproduzione completa del capitale. Marx e Lenin hanno più ragione che mai: i detentori del potere reale nella "democrazia" borghese sono i grandi monopoli.
10. La crisi economica provoca profonde crisi politiche in seno alla classe dirigente. Di fronte alla crescente rivolta delle masse operaie in Grecia, Portogallo, Francia, ... l'Unione europea estende il suo dispositivo repressivo e di sorveglianza. Per imporre questa dittatura dei monopoli in un regime di democrazia borghese vengono adottate continuamente misure antidemocratiche: la "guerra contro il terrorismo" è servita principalmente a premunirsi contro il nemico interno. Le conquiste del 1945 sono state sistematicamente indebolite e smantellate, si diffonde il razzismo e il nazionalismo. Così lo Stato capitalista si concentra sempre più sul suo ruolo essenziale, il suo ruolo di ultimo baluardo contro la rivolta popolare. Le violazioni del diritto di sciopero, le leggi d'emergenza, gli attacchi ai diritti democratici fondamentali diventano la regola.
Le campagne anticomuniste sono condotte nei confronti di diversi partiti comunisti in Europa centrale e orientale e il tentativo di riscrivere la storia con una montagna di menzogne sulla Seconda Guerra mondiale è funzionale alle politiche antipopolari dall'imperialismo. Riscrivere la storia dicendo che il comunismo e il fascismo sono stati entrambi responsabili per i milioni di vittime di guerra è un pretesto per legittimare le politiche antisindacali, xenofobe e militariste. Queste politiche hanno trovato la loro espressione più estrema sotto il fascismo. Gli attacchi arrivano dai partiti tradizionali, quelli socialdemocratici in particolare. D'altra parte, gli attacchi provocatori di gruppi opportunisti di destra, ma anche "di sinistra", si moltiplicano.
11. La crisi inasprisce le contraddizioni tra le grandi forze imperialiste e accelera le trasformazioni a lungo termine degli equilibri di potere nel sistema imperialista mondiale. Le potenze imperialiste sono in competizione nella lotta per la ripartizione del mondo, sono in competizione per il controllo delle fonti di materie prime e manodopera a basso costo, per i mercati, per le aree di investimento, per le sfere di influenza e le zone strategiche. Gli esportatori europei traggono qualche temporaneo vantaggio dall'indebolimento dell'euro, rafforzando le contraddizioni con gli Stati Uniti. La principale debolezza degli USA è la bilancia commerciale pesantemente in deficit, una bomba a orologeria per il dollaro e rapporti monetari mondiali.
La crisi porta anche a contraddizioni tra i grandi centri imperialisti occidentali e giapponesi, da un lato, e le potenze emergenti, dall'altro: come Cina, Russia, Brasile, India e Sudafrica.
Tutto ciò non esclude che le potenze imperialiste si alleino per questioni concernenti i loro interessi fondamentali: la difesa del disordine capitalista e imperialista. Sono unite nell'oppressione dei popoli e delle nazioni del mondo su cui scaricano il peso della crisi. Così, il blocco aggressivo della NATO si allea con la Russia nella lotta comune contro i movimenti di liberazione nazionale, in nome della lotta contro il "terrorismo internazionale".
Gli Stati Uniti stanno lottando per mantenere la loro posizione di superpotenza e si servono della NATO per aggregare i loro alleati nella strategia di dominio del mondo. Il vertice NATO si terrà in nel mese di novembre di quest'anno, per approvare la nuova strategia di estensione del campo di intervento all'intero pianeta. Questa strategia impegnerà i paesi membri ad aumentare la spesa militare.
12. La crisi aumenta la militarizzazione e i pretesti di guerra si accumulano. Gli Stati Uniti perseguono la stessa strategia in Medio Oriente, per un totale controllo della più grande riserva di petrolio del mondo, che serve anche per controllare le risorse energetiche dei principali concorrenti, in primo luogo la Cina. L'Amministrazione americana e il Pentagono concentrano sempre più attrezzature militari vicino all'Iran - come a Diego Garcia [base statunitense], dove sono ammassate migliaia di bombe convenzionali che possono penetrare in profondità nel terreno per distruggere installazioni sotterranee. Lo scenario è simile a quello che ha portato all'aggressione contro l'Iraq: l'Iran è accusata, senza alcuna prova, di voler produrre armi nucleari. Gli Stati Uniti continuano a sostenere e proteggere lo stato sionista di Israele e fanno una forte pressione sulla Siria affinché abbandoni il suo ruolo antimperialista nella regione.
I paesi dell'America latina sono a ragione preoccupati dell'aumento delle basi militari e di navi da guerra americane nella loro regione. Gli Stati Uniti mirano al controllo delle risorse economiche e dei mercati, si oppongono allo sviluppo sociale derivante da iniziative di integrazione regionale, come ad esempio l'ALBA. Pertanto, tengono sotto costante minaccia la pace e la stabilità nella regione.
Le enormi ricchezze dell'Africa restano l'obiettivo dell'avidità delle potenze imperialiste. Gli Stati Uniti rafforzeranno la loro presenza militare e cercheranno di stabilire il comando di AFRICOM.
La posizione degli Stati Uniti sulla denuclearizzazione è ipocrita dall'inizio alla fine: si sbarazzano di un migliaio di missili balistici obsoleti, ma ne tengono ancora circa 8.000. Washington rifiuta di impegnarsi a non utilizzare il primo colpo, né di escludere l'uso dell'atomica contro i paesi che non possiedono testate, contemplando infatti le eccezioni di Iran, Corea del Nord, .... Nel frattempo, Obama stanzia più fondi per l'ammodernamento delle armi nucleari operative e nella produzione di mini-testate. Il suo obiettivo: preservare la supremazia degli Stati Uniti in campo militare (45% della spesa militare globale), in particolare quella delle armi di distruzione di massa. Indeboliti dal punto di vista economico, gli Stati Uniti, con gli alleati della Nato, si rafforzano militarmente.
13. La profondità della crisi che stiamo vivendo, spinge la stragrande maggioranza della popolazione mondiale in situazioni sempre più intollerabili. Dato il rapido deterioramento del sistema imperialista e la miseria crescente dei popoli del mondo, l'unica alternativa possibile è una società socialista. Il sistema capitalista non può essere migliorato da riforme, da una regolazione fasulla o da altre ricette socialdemocratiche. La società capitalistica conosce una sola legge, quella del massimo profitto per il capitale. Bisogna rovesciare dalle fondamenta le basi stesse di questo sistema con una rivoluzione che comporti l'abolizione della proprietà capitalistica attraverso la socializzazione dei fattori produttivi essenziali e concentrati, la pianificazione centralizzata dell'economia, gestita da uno stato socialista, nelle mani dei lavoratori. L'economia socialista si occupa di diffondere la ricchezza prodotta in modo armonioso ed egualitario e garantisce a tutti i bisogni vitali attraverso servizi gratuiti ed esclusivamente pubblici, dalla sanità pubblica all'istruzione e la sicurezza sociale. Questa economia si basa su un altro potere che rovescierà il potere dei monopoli ed edificherà istituzioni popolari nuove. Su questa base è possibile sviluppare la cooperazione internazionale.
14. I paesi socialisti del mondo che non hanno responsabilità della crisi globale del capitalismo, continuano a crescere a un tasso costante. Anche se si trovano ad affrontare situazioni difficili e complesse (come il blocco degli Stati Uniti) sono più capaci di ridurre l'impatto della crisi sulla loro popolazione. Questa è la dimostrazione vivida della superiorità del socialismo sul capitalismo. I governi progressisti in Venezuela, Bolivia, Ecuador e altri paesi dell'America latina sono sfidati a dimostrare che la loro politica antimperialista e la cooperazione regionale continua a generare reddito, anche in tempo di crisi.
15. Il proletariato e i popoli del mondo si sollevano e intraprendono varie forme di lotta in risposta al deterioramento delle condizioni di vita causate dalla crisi economica e finanziaria, all'intensificazione del saccheggio imperialista e della guerra di aggressione.
Nei paesi imperialisti, la borghesia monopolista conduce una feroce lotta di classe contro il proletariato e lo spinge alla reazione. Il livello di malcontento e di protesta è alimentato dalla crescente disoccupazione, dall'erosione delle prestazioni sociali e dal deterioramento delle condizioni di vita.
I popoli dei paesi oppressi che sono sottoposti a crescenti livelli di sfruttamento e di oppressione adottano varie forme di resistenza contro le potenze imperialiste e i suoi lacchè locali.
Il contesto di crisi, irto di pericoli e rischi di nuovi attacchi reazionari, crea anche le condizioni favorevoli e le opportunità che i partiti comunisti devono cogliere per promuovere la causa del proletariato e degli altri lavoratori, per avanzare la lotta per un mondo migliore, libero dall'oppressione e dallo sfruttamento.
II. L'azione dei partiti comunisti
1. La crisi generale del sistema richiede ai partiti comunisti di assumere pienamente il loro ruolo di avanguardia della classe operaia. Si tratta di assumersi la responsabilità di mobilitare, organizzare e dirigere le masse sfruttate. Si tratta di svelare l'origine della miseria crescente e progredire nel cammino della rivoluzione socialista.
2. Per realizzare questi compiti, i comunisti devono cogliere le opportunità che si presentano. Occorre abbandonare la routine e afferrare le opportunità di sviluppare, potenziare o costruire un partito bolscevico. E' nella lotta di classe che i partiti accumulano esperienze e vengono temprati dalla prova del fuoco.
3. Il coinvolgimento nella lotta di classe è un'ottima occasione per formare nuove generazioni di quadri. Gran parte dei giovani d'oggi, e certamente la generazione che ha subito l'ondata anticomunista dal 1989, non ha mai conosciuto una crisi di tale portata e gravità. Ora si prepara ad assumere il suo ruolo rivoluzionario per i decenni a venire.
4. Per il Partito comunista, la sfida consiste nell'appropriarsi di una profonda conoscenza e analisi marxista della crisi del sistema. Le opere di Marx e di Lenin sono di un'attualità sorprendente per comprendere le radici profonde della crisi attuale e formulare un'alternativa socialista.
5. I partiti giovani o deboli hanno ora l'opportunità di rafforzare i legami con le masse. La teoria marxista-leninista deve essere una guida per la pratica. È un lavoro comunista tra le masse che dipende dalla misura in cui la consapevolezza si diffonde e si radica soprattutto attraverso la lotta di classe. E' attraverso l'esperienza di lotta che le masse imparano. Significa che occorre essere presenti in ogni lotta, a partire dalle rivendicazioni poste dai lavoratori. I comunisti devono offrire un armamentario completo di indicazioni sulla base delle esigenze dei lavoratori. La classe dominante ha accumulato la sua ricchezza sulle spalle dei lavoratori e continua a crescere costantemente durante questa crisi. Per sviluppare le lotte, è importante formulare rivendicazioni che spostino il peso della crisi sulle grosse fortune e sui grandi capitalisti.
6. Attraverso queste lotte si tratta di aprire la prospettiva socialista. I comunisti devono avanzare le richieste per cui i lavoratori intendono combattere oggi, ma allo stesso tempo, deve guidarli verso il socialismo. Si tratta di rivendicazioni che rompono con la logica del capitalismo, che elevano la coscienza politica e forgiano l'unità di classe. E' della massima importanza politicizzare la lotta per portare i lavoratori alla conclusione che occorrano cambiamenti radicali al potere per godere della ricchezza prodotta. Ogni lotta deve estendere la solidarietà di classe, costruire alleanze, spezzare divisioni, il razzismo, il nazionalismo borghese e sindacalismo giallo.
Bisogna combattere in particolare la propaganda borghese che vuole far accettare l'alleanza tra le classi "per salvare la nazione". Salvare la nazione significa salvare la borghesia e gli interessi del capitale, diametralmente opposti a quelli della classe operaia.
7. È importante sostenere il morale delle truppe. Dobbiamo essere sensibili alle questioni su cui le masse sono pronte a mobilitarsi ed occorre ottenere piccole vittorie. Dobbiamo lottare incessantemente per la conquista immediata, per le misure che riducono e alleviano la gravità dei problemi. Esse devono essere imposte con la forza del movimento. La militanza della classe operaia sarà rafforzata finché la lotta dà la prospettiva di superare il quadro capitalista e la minaccia del potere borghese.
8. Per i partiti comunisti il lavoro parlamentare serve a sviluppare meglio le lotte. Qualsiasi modifica sostanziale dipende dalla mobilitazione delle masse. Nel sistema capitalistico, si possono ottenere alcune conquiste sociali, ma solo attraverso lo sviluppo della lotta di classe. Non dobbiamo far affidamento sui parlamenti, ma sviluppare i movimenti extra-parlamentari.
9. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata al rafforzamento dei partiti stessi. Dobbiamo reclutare nuovi militanti, convincere, organizzare. Il ruolo del giornale comunista è insostituibile come strumento di lavoro tra le masse. E' inoltre necessario usare meglio i nuovi media elettronici per il lavoro di propaganda e per espandere le reti di contatti.
10. Il lavoro tra le masse implica un maggiore impegno nei sindacati e nelle altre organizzazioni di massa della classe operaia.
11. Un compito importante per il movimento comunista è di trarre insegnamento dall'edificazione del socialismo nei paesi dell'Est europeo, difendere questa edificazione e la necessità immanente del socialismo. I comunisti sono all'offensiva delle campagne anticomuniste, associate al revisionismo storico. I partiti comunisti difendono con tutte le loro forze le conquiste socialiste del 20° secolo e confutano le menzogne dell'imperialismo volte a diffamare queste esperienze e reprimere e il movimento comunista.
12. I partiti comunisti devono contrastare su tutti i fronti le aggressioni imperialiste contro i popoli. In particolare contro il ruolo crescente della NATO e l'intensificazione delle minacce militari che saranno messe a punto nel "quadro strategico" aggressivo del prossimo vertice dell'organizzazione terroristica.
13. I tempi sono maturi per avanzare nello sviluppo di campagne internazionali comuni. Ciò richiederà un maggiore impegno e collaborazione dei partiti comunisti in tutto il mondo. Dobbiamo sviluppare la solidarietà attiva nella lotta di classe. Dobbiamo formulare parole d'ordine comuni. Dobbiamo partecipare attivamente alle campagne internazionali, come "Free the Cuban Five", come quella per il ritiro delle truppe da Iraq e Afghanistan, ...
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