www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 16-02-13 - n. 441

Rivista Comunista Internazionale n. 3
 
Problemi contemporanei della lotta di classe e il ruolo del Partito Comunista
 
Dimitris Gontikas (KKE) | iccr.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Principi fondamentali del movimento operaio rivoluzionario, del movimento comunista
 
Ogni partito comunista che mantiene ferma la sua missione e il suo impegno con il suo compito principale, ossia, preparare, organizzare la classe operaia e dirigerla alla lotta per compiere la sua missione storica, deve esser guidato dalla posizione fondamentale del socialismo scientifico: "Senza teoria rivoluzionaria non vi è movimento rivoluzionario". Deve difendere questa posizione di principio in modo implacabile e coerente contro qualsiasi tentativo di indebolirla e, soprattutto, difenderla lottando incessantemente per far si che la teoria corrisponda sempre con la pratica.
 
La storia del movimento rivoluzionario e operaio ci insegna che né la volontà né le dichiarazioni sono sufficienti a salvaguardare e garantire la linea rivoluzionaria di lotta e l'esistenza del Partito come avanguardia rivoluzionaria. E' necessaria non solo una solida base teorica, ma anche l'arricchimento continuo della teoria attraverso lo studio degli eventi con un elevato criterio di classe, lo studio della strategia dell'avversario, la generalizzazione dell'esperienza, così come un fronte ideologico costantemente aperto contro ogni tentativo di revisione. Si richiede una lotta ideologica che deve raggiungere il livello di una rottura aperta con la corrente del revisionismo e dell'opportunismo nelle sue fila.
 
Senza la rottura con i capi della II Internazionale non avrebbe trionfato né il bolscevismo nel movimento operaio russo, né tantomeno la Rivoluzione d'Ottobre. Oggi, senza la sconfitta dell'opportunismo nel movimento comunista di ogni paese, quindi a livello internazionale, non ci potrà essere una ricomposizione né si potranno creare le condizioni per la vittoria. Il movimento operaio sarà condannato a strisciare dietro la coda della borghesia in ogni paese.
 
Il KKE ha un'esperienza molto ricca. Ha subito le gravi conseguenze del suo regresso nelle questioni dei principi, l'abbandono della formazione teorica e della sua competenza. C'è voluta tanta fatica e una dura lotta per guarire queste ferite, ripristinare il suo carattere comunista e sviluppare la sua strategia nelle attuali condizioni.
 
L'esperienza del KKE, così come di altre partiti coerenti con la teoria del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario, non è una specificità nazionale, una peculiarità nazionale. Nessun partito potrà, ad esempio, dare dinamicità e prospettiva alla lotta di classe, dove la questione centrale è la lotta per il potere, se non ha chiara la percezione sulla classe operaia, sul suo ruolo e sviluppo, sui procedimenti complessi per lo sviluppo della coscienza di classe e del suo movimento e, infine, sulle condizioni necessarie per adempiere alla propria missione storica.
 
Non è forse vero che alcuni partiti, in particolare nei paesi capitalisti avanzati, hanno perso il loro orientamento, il loro carattere proletario e rivoluzionario perché hanno adottato le teorie borghesi senza base scientifica sulla classe operaia e il suo ruolo, teorie e pratiche che hanno messo in discussione o negato il suo ruolo sociale d'avanguardia? La dispersione del movimento operaio in diversi forum sociali è stata molto dannosa.
 
E' certo che la classe operaia si sviluppa e progredisce non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente, come principale forza di produzione. Il funzionamento della legge di accumulazione e riproduzione capitalista allargata crea oggettivamente le condizioni materiali per lo sviluppo numerico e la concentrazione della classe operaia. La riproduzione allargata della forza lavoro costituisce una parte indispensabile del movimento totale del capitale. I cambiamenti nei settori dell'economia, la migrazione interna dalle aree rurali verso i centri urbani con la distruzione di migliaia di famiglie contadine, la chiusura di piccole e medie imprese, l'immigrazione, l'aumento normale della popolazione sono più specificamente i fattori di base che alimentano la riproduzione allargata della forza lavoro. In ultima istanza, il modo di produzione capitalistico riproduce in scala ancora maggiore la classe dei lavoratori che non possiedono mezzi di produzione mentre la fonte della redditività del capitale è la parte del suo lavoro non retribuito. Questo è il motivo della sua produzione, l'ottenimento del massimo plusvalore possibile, non il soddisfacimento delle necessità sociali.
 
L'interpretazione dei nuovi fenomeni legati alla composizione della classe operaia, il suo ruolo ecc… può portare a conclusioni teoriche e politiche sbagliate se non ci si basa sulla teoria del socialismo scientifico, la teoria della lotta di classe.
 
Alcuni punti di partenza, che sono questioni di principio, per un approccio scientifico:
 
1. La classe operaia è la forza motrice della produzione sociale, dell'industria concentrata da cui deriva il suo ruolo di leader per la transizione dal capitalismo al socialismo, che è la fase inferiore del comunismo.
 
La borghesia è già diventata reazionaria perché si oppone alla proprietà sociale dei mezzi di produzione concentrati, l'unico rapporto di proprietà corrispondente all'approfondimento del carattere sociale del lavoro e della produzione. E' già passata alla posizione storica che aveva il feudalesimo quando difendeva il congelamento della capacità produttiva entro i limiti della proprietà feudale.
 
La posizione oggettiva delle due classi nella società capitalista - la classe operaia e la borghesia - è ciò che definisce la nostra epoca come l'epoca della transizione dal capitalismo al socialismo. La classe operaia è l' ultima classe sfruttata nella storia dei sistemi sociali e portatrice dei nuovi rapporti di produzione, i rapporti comunisti. E' l'unica classe che si sviluppa, a differenza di tutte le altre classi che sono in declino e la sua missione storica è l'abolizione della proprietà privata, delle classi, dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Nessun'altra forza sociale può svolgere questo ruolo.
 
Si tratta di una posizione teorica fondamentale per tutti i Partiti comunisti che può spiegare i fenomeni nel corso dello sviluppo della classe operaia. Tali fenomeni sono: l'espansione del rapporto tra lavoro salariato e capitale nei settori commercializzati dell'istruzione, della salute, del welfare, della sicurezza sociale, del turismo, ecc.; l'aumento del livello di istruzione della classe operaia in generale, anche nelle industrie manifatturiere, dell'edilizia e dell'industria mineraria; l'espansione della classe operaia nei settori scientifici salariati, a causa di una maggiore centralizzazione nei settori in cui vi sono molti lavoratori autonomi (tecnici scientifici, avvocati, commercialisti, ecc.).
 
Il risultato di questo sviluppo è da un lato la crescita della classe operaia e dall'altro l'approfondimento della stratificazione interna. Questo riduce la sezione della classe operaia nella manifattura. Le teorie borghesi usano questa riduzione per affermare che esiste una tendenza di diminuzione della classe operaia, un'opinione adottata dalle forze opportuniste che negano il ruolo storico della classe operaia nel progresso sociale.
 
2. Il ruolo storico della classe operaia come classe rivoluzionaria si può compiere solamente attraverso la sua organizzazione in classe per sé, ovvero prendendo coscienza della sua missione, che richiede l'esistenza di un partito rivoluzionario indipendente che esprima i suoi interessi in generale e che conduca la lotta per far si che la classe operaia si converta nel becchino del capitalismo. L'organizzazione della lotta di classe con questo contenuto e obiettivo non si realizza in modo spontaneo, senza costruire l'avanguardia ideologica e politica organizzata della classe operaia, il partito comunista.
 
3. Un punto teorico cruciale per ogni Partito comunista è la comprensione del capitalismo contemporaneo come imperialismo, vale a dire, l'ultimo stadio del capitalismo. La sua base oggettiva è la grande proprietà capitalistica che assume la forma di un capitalista collettivo, dell'unione imprenditoriale dei capitalisti. Così si sono creati forti monopoli nell'industria, nel commercio, nelle banche e sono in relazione tra di loro, si sono formati unioni imperialiste come l'UE, si sono effettuate guerre imperialiste generalizzate per la spartizione e la ridistribuzione dei mercati.
 
Va notato che il KKE non è stato intrappolato nell'opinione opportunista - un'opinione dannosa per il movimento - secondo cui l'istituzione dell'Unione europea è stata uno sviluppo inevitabile e che aveva elementi progressisti. Gli sviluppi hanno confermato il giudizio che l'Unione europea è nata nient'altro che come una unione dei monopoli e che la sua dissoluzione sarà un significativo passaggio nella lotta per il socialismo-comunismo.
 
Non è stato intrappolato nelle teorie che "il capitalismo globalizzato" si sia liberato delle sue contraddizioni. Lo sviluppo diseguale si manifesta con particolare intensità.
 
Nell'imperialismo predomina l'esportazione di capitali per investimenti diretti, la speculazione per quanto riguarda l'esportazione di capitale monetario ha assunto grandi dimensioni (grande speculazione nella compra-vendita dei titoli di Stato sotto forma di contratti-scommesse, ecc.). Si è acutizzata la contraddizione tra capitale e lavoro e si vede oggi con la riduzione del reddito degli operai e del popolo anche nella fase di recupero della riproduzione dopo la crisi (questo accade sia nei paesi dell'eurozona, che negli Stati Uniti, ecc…)
 
Così, vecchi fenomeni, inerenti al modo di produzione capitalista, come le periodiche crisi economiche di sovrapproduzione, si sono approfonditi e sincronizzati come abbiamo visto nel 1929 e nel corso degli anni '30, così come nel primo decennio del XXI secolo. Tali crisi profonde di sovrapproduzione del capitale hanno assunto la forma di crisi finanziaria o di borsa, sono stati la base per l'intensificazione dell'antagonismo e delle contraddizioni tra settori del capitale, tra gli stati capitalisti, all'interno dei centri imperialisti come lo è la zona euro, così come tra i centri imperialisti, all'interno di più ampie unioni imperialiste, come la Banca Centrale e il Fondo Monetario Internazionale. L'opportunismo ha aderito, come sempre, a uno o all'altro lato delle contraddizioni inter-borghesi e inter-imperialiste, nascondendo il carattere capitalistica della crisi e la via d'uscita da questa a favore della maggioranza operaia e popolare.
 
Una questione centrale nella lotta ideologica e politica della classe operaia è che il suo partito dimostri che il sistema capitalistico ha perso la sua dinamicità, che è entrato nella fase di declino, che è un sistema che sta affondando nel parassitismo, che sta marcendo ma impedisce la transizione al socialismo-comunismo. Bisogna che si dica chiaro che non è possibile effettuare la transizione dal capitalismo al socialismo con la struttura e le funzioni del potere capitalista, attraverso il processo parlamentare. Si realizzerà attraverso un percorso di conflitti, rotture e rovesciamenti successivi, pacifici e sanguinosi, attraverso diverse fasi, il che richiede lo scontro decisivo con il potere borghese e il suo rovesciamento. Tutto dipenderà dal livello di organizzazione, determinazione, eroismo, autosacrificio e dalle alleanze della classe operaia. Ciò richiede una forte avanguardia, un partito comunista, con la strategia corretta.
 
Dal carattere dell'epoca deriva che il partito comunista deve avere una strategia e tattica che abbia al centro la lotta per l'emancipazione della classe operaia dall'ideologia borghese e piccoloborghese e la sua organizzazione al fine di schiacciare il potere dei monopoli con la forza della violenza di classe.
 
4. Uno dei prerequisiti per l'elaborazione di una strategia e tattica corrette, per la vittoria della classe operaia, per la formazione di una politica organizzativa e di una politica di alleanze, è di determinare le forze motrici della rivoluzione. Secondo Lenin tutti quelli che hanno appreso dalla storia e dagli insegnamenti marxisti, devono ammettere che la questione delle classi deve occupare la prima posizione nell'analisi politica.
 
Il punto di partenza è la definizione di Lenin delle classi che riassume e elabora ancora di più le posizioni di Marx e Engels sulle classi: "Si chiamano classi quei grandi gruppi di persone che si differenziano per il posto che occupano nel sistema storicamente determinato della produzione sociale, per i loro rapporti (per lo più sanzionati e fissati da leggi) con i mezzi di produzione, per la loro funzione nell'organizzazione sociale del lavoro, e, quindi, per il modo e la misura in cui godono della parte di ricchezza sociale di cui dispongono. Le classi sono gruppi di persone dei quali l'uno può appropriarsi il lavoro dell'altro, a seconda del differente posto da esso occupato in un determinato sistema di economia sociale." (1)
 
Sulla base di questo principio teorico, ogni Partito comunista deve valutare oggettivamente le forze sociali che si trovano tra le due classi di base, distinguendo gli strati medi che oggettivamente nella prospettiva a lungo termine si avvicinano di più alla classe operaia, da quelli che si riproducono in modo più stabile insieme alla classe capitalista. Con la sua linea politica il Partito comunista deve esprimere la necessità di garantire un livello di vita e di cultura anche per i settori popolari degli strati medi della città e della campagna.
 
5. La borghesia nella sua lotta per conservare il suo potere e i suoi interessi, la proprietà privata e il regime della schiavitù salariata, modernizza continuamente lo stato borghese e i suoi meccanismi, riorganizza le sue alleanze, redige la sua tattica contro il movimento operaio. Attacca sempre l'ideologia e la pratica rivoluzionaria, mentre in ogni paese sostiene l'opportunismo ora che serve alla sottomissione della classe operaia ai suoi interessi sotto l'ombrello degli interessi nazionali, in particolare attraverso la compera di settori della classe operaia, della cosiddetta aristocrazia operaia, in ogni paese, che serve non solo come veicolo di divisione e frammentazione della classe operaia, ma anche come propagandista della riconciliazione con la borghesia. Così, la lotta contro l'opportunismo, contro la trappola del parlamentarismo e del riformismo, la lotta contro la partecipazione dei partiti comunisti a formazioni di governo sul terreno del capitalismo è una condizione necessaria per l'emancipazione di classe.
 
6. L'internazionalismo nella pratica e nelle circostanze più difficili. Le particolarità nazionali non invalidano il compito unico della classe operaia a livello internazionale, gli interessi congiunti. "L'internazionalismo di fatto è uno e soltanto uno: è il lavoro pieno di abnegazione per lo sviluppo del movimento rivoluzionario e della lotta rivoluzionaria nel proprio paese, è l'appoggio (mediante la propaganda, la simpatia, l'aiuto materiale) a questa stessa lotta, a questa linea, e solo a questa, in tutti i paesi senza eccezione." (2) "[...] L'essenziale non è di proclamare l'internazionalismo, ma di saper essere, anche nei momenti più difficili, internazionalisti di fatto." (3)
 
Il KKE, sulla base di questi principi, ha compiuto notevoli sforzi per analizzare ulteriormente gli sviluppi e i cambiamenti contemporanei del capitalismo internazionalizzato, l'esperienza della lotta di classe, per studiare l'esperienza del proprio partito e su questa base ha elaborato la sua strategia per la ricomposizione e il contrattacco del movimento operaio.
 
Sulla base di questa linea e in condizioni complesse, determinate dalla crisi economica e dalla controrivoluzione, il KKE sta lottando per aprire la strada ai cambiamenti rivoluzionari. In questo senso misura il suo contributo nel movimento rivoluzionario internazionale.
 
L'essenza della strategia del KKE e coloro che lottano contro di questa
 
Una delle accuse più frequenti contro il KKE è che la sua linea politica è caratterizzata dal settarismo, che teoricamente e ideologicamente è intrappolato in schemi e dogmi obsoleti. Si dice che il KKE nega la cooperazione con altre forze che si definiscono come di sinistra, che rinvia la soluzione dei problemi della classe operaia al socialismo, alla "seconda venuta" e che nega l'importanza delle lotte economiche e in generale della lotta per il miglioramento della situazione della classe operaia e dei settori popolari attraverso riforme nel quadro del sistema attuale.
 
Questa è la direzione generale della polemica contro il KKE nella quale convergono forze borghesi e opportuniste, vale a dire forze opportuniste che si sono separate o sono state espulse dal KKE come nemici e negatori della lotta di classe, come veicoli della collaborazione di classe.
 
Si tratta di opinioni che non hanno nulla di originale. Copiano e ripetono teorie e fabbricazioni ideologiche fatte circolare dal personale del sistema, principalmente dalla socialdemocrazia e dall'anarchismo internazionale. Adulano la spontaneità delle masse, compresa l'azione che oggi i partiti liberali borghesi portano avanti in modo organizzato all'interno del movimento operaio sindacale, il movimento degli studenti, degli universitari e delle donne. Passano sopra all'intervento organizzato della borghesia e alla sua influenza ideologica e politica nelle forze operaie e popolari, parlano di un movimento "fuori dai partiti" o "autonomo", "senza intermediari", o cooperano con le forze borghesi in nome della "unità di fronte ai problemi" o della particolarità locale dei problemi relativi alla politica centrale.
 
Non potevano, né possono seguire i grandi sforzi che fa il KKE a livello teorico e politico per elaborare e adeguare la propria strategia alle condizioni contemporanee della lotta di classe, ai grandi cambiamenti e demolizioni di concezioni e pratiche obsolete. Rimangono dogmaticamente legati alla collaborazione di classe e alla logica della riforma del capitalismo attraverso nuove miscele di politica e istituzioni borghesi. I loro adeguamenti periodici seguono gli sviluppi e l'adozione di slogan anticapitalisti ma non cambiano la loro sostanza, la loro politica di compromesso. Negano ostinatamente l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione concentrati e sono ostili e provano un odio di classe nei confronti del potere operaio. Essi sono stati e continuano ad essere gli agenti della borghesia nel movimento operaio.
 
L'elaborazione e l'adeguamento della strategia e della tattica del KKE nel movimento operaio sindacale è un grande conquista e garantisce grandi successi nella lotta di classe. E' il cammino della vittoria finale del movimento operaio nella sua lotta contro il capitale.
 
Abbiamo già ottenuto successi e vittorie. E' stato formato il PAME, che è intervenuto come polo di classe nel movimento sindacale; si è iniziata a costruire l'alleanza con i settori popolari dei lavoratori autonomi. Si tratta principalmente della creazione e stabilizzazione di una forte corrente di resistenza, di rottura e di rovesciamento della politica anti-popolare, contro i monopoli e l'UE, contro tutti i centri imperialisti, l'alleanza economica e politica-militare degli stati capitalisti. Si tratta di una corrente di forze che si sta ampliando e rafforzando nelle file della classe operaia, dei lavoratori autonomi, dei contadini, della gioventù e delle donne ed è una fonte d'ispirazione nella lotta decisiva per i rovesciamenti e cambiamenti rivoluzionari.
 
La base dei cambiamenti e degli aggiustamenti in varie questioni della linea d'azione del KKE nel movimento operaio sindacale è lo studio profondo e essenziale dello sviluppo contemporaneo nel modo di produzione capitalistico e nella strategia del capitale nelle condizioni attuali. Nel corso degli ultimi 20 anni il nostro Partito ha fatto un lavoro serio e arduo che si riflette in una serie di documenti che si integrano e completano a vicenda, in una sola linea di lotta.
 
Questioni di base della strategia e della tattica del KKE nel movimento operaio sindacale
 
1. Il legame tra economia e politica nell'epoca dell'imperialismo e delle crisi economiche successive
 
Il KKE di fronte alla nuova condizione stabilitasi dopo la vittoria della controrivoluzione non è stato trascinato nella corrente della ritirata e della confusione ideologica. Ha mobilitato tutte le sue forze e ha elaborato la sua strategia nelle nuove condizioni. Ricercando le cause della caduta del socialismo, si è visto obbligato a studiare più profondamente la storia e lo sviluppo della lotta di classe nel XX secolo.
 
Una prima conclusione d'importanza strategica è che gli stati capitalisti e soprattutto quelli con le economie capitaliste più sviluppate non possono più fare concessioni alla classe operaia.
 
Dopo la seconda guerra mondiale in Europa, in condizioni di concentrazione dinamica e sviluppo dell'economia capitalista e delle nuove correlazioni di forze che si formarono dopo la guerra, il movimento operaio ha avuto una serie di successi significativi. Lo stesso è accaduto anche in Grecia, dove si sono ottenute conquiste importanti soprattutto dopo il 1974.
 
In questo periodo del dopoguerra si rafforzò la corrente opportunista e si formò la corrente dell' "eurocomunismo" che si espresse particolarmente in Italia con il Partito Comunista Italiano, che sviluppò la teoria del "compromesso storico". La base di questa corrente è che il capitalismo possa trasformarsi, essere riformato in una società più moderna e giusta, nella direzione del socialismo, senza rottura e rovesciamento. La pietra angolare di questi punti di vista fu il settore pubblico di grandi dimensioni, le riforme dei monopoli di stato nella gestione del sistema e alcune disposizioni nel quadro del sistema.
 
Questa linea ha causato gravi danni al movimento sindacale, ha portato i partiti comunisti nelle braccia della socialdemocrazia e oggi alla dissoluzione o mutazione. Il movimento operaio sindacale ha avuto decenni di contrazione, burocratizzazione, inerzia e assimilazione nelle aspirazioni governative della CEE e dei capitalisti.
 
Questa corrente ha avuto un grande impatto in una serie di partiti, tra i quali vi fu anche il KKE. Il partito ha sofferto conflitti successivi fino a liberarsi dalla sua influenza.
 
Attraverso lo studio storico della lotta di classe, in particolare a livello europeo, il nostro partito è giunto alla conclusione che il sistema capitalista non solo ha esaurito tutte le possibilità di far concessioni, ma anche che è passato a nuova offensiva reazionaria per il rovesciamento di tutte le conquiste fondamentali. Dalla metà degli anni '70 questa tendenza si è evidenziata e si è finalizzata con la strategia unica dell'UE nella decade del 1990. Si tratta di una conclusione importante che ha aiutato il partito a non lasciarsi trarre in inganno, e affrontare una serie di posizioni e pratiche politiche, teoriche che causavano danni e confusione.
 
L'accelerazione dell'internazionalizzazione capitalistica, la creazione dell'Unione europea e la formazione dei governi di centrosinistra sono stati interpretati da molti e soprattutto da diverse correnti opportuniste, come una nuova epoca di sviluppi positivi. Diversi forum sociali sono stati promossi come nuovi soggetti della lotta di classe, mettendo in discussione il ruolo della classe operaia e la necessità del partito rivoluzionario.
 
La strategia del rovesciamento delle conquiste e dei diritti della classe operaia si è prodotta a causa delle difficoltà della riproduzione allargata del capitale sociale, le successive crisi di sovra-accumulazione capitalista, la riduzione del saggio medio di profitto, a causa delle contraddizioni interne del sistema capitalista. Questa strategia mira a rafforzare la redditività del capitale, vale a dire, fermare la tendenza alla caduta del saggio di profitto dagli anni '70. L'attuazione di questa strategia è stata assistita dai cambiamenti nei rapporti di forza provocati dalla controrivoluzione nei paesi socialisti.
 
La strategia unica di attacco contro il movimento operaio non è stata promossa solo in condizioni di crisi economica manifesta, ma anche in condizioni di sviluppo capitalista perché le economie come quella degli Stati Uniti, del Giappone, del Regno Unito, ecc… stavano perdendo la loro posizione nel mercato capitalista internazionale, e perchè si è acuito l'antagonismo con l'emergere di nuove potenze come la Cina ed è cresciuto il deficit fiscale. Soprattutto negli ultimi due decenni, le fasi di crescita sono state anemiche e non hanno portato a una maggiore prosperità nelle società capitaliste più sviluppate.
 
La crisi economica più profonda e simultanea scoppiata nel 2008 non solo ha confermato le posizioni del KKE, ma ha anche confermato nel modo più brillante la teoria del socialismo scientifico. A livello teorico, come a livello di coerenza politica di classe, si è dimostrata ancora una volta la supremazia del partito contro gli opportunisti.
 
Queste analisi hanno aiutato il partito a modernizzare e sviluppare la sua strategia, parte della quale è stata la creazione del PAME e la lotta contro i dirigenti dei sindacati che hanno come linea principale il rafforzamento della competitività dell'economia capitalistica e la convergenza con i paesi dell'UE come precondizione per la prosperità della classe operaia.
 
Il KKE ha rifiutato ed espulso le teorie borghesi e opportuniste e ha protetto il movimento dai pericoli. Ha aperto un fronte di lotta contro le teorie di convergenza con l'UE, la competitività, la teoria del "meno stato", le illusioni sulla dinamica dello sviluppo capitalista. Ha aiutato il movimento a resistere e difendere le conquiste che in altri paesi capitalisti dell'Europa erano state spazzate via, una dopo l'altra. Il movimento sindacale con orientamento di classe si è trovato meglio preparato a fronteggiare la crisi e le diverse teorie senza basi scientifiche sulle cause della crisi.
 
L'attacco che va intensificandosi attualmente con la crisi economica è la continuazione della strategia elaborata dal capitale nel periodo precedente. Questa è un'ulteriore prova che il capitalismo ha perso tutto il suo dinamismo nello sviluppo delle forze produttive. E' totalmente opposto alle necessità della famiglia popolare. L'unica capacità che possiede il sistema è la divisione del lavoro attraverso l'espansione del lavoro part-time e la generalizzazione dei rapporti di lavoro flessibili, l'organizzazione del tempo di lavoro senza riconoscimento dello straordinario. Ciò significa che i capitalisti, i governi e le loro unioni imperialiste, al fine di ottenere il maggior profitto possibile, si muovono in direzione opposta delle capacità delle forze produttive e della produttività del lavoro, le quali hanno creato la possibilità non solo dell'eliminazione della disoccupazione, ma che consentono anche la riduzione dell'orario di lavoro e la soddisfazione complessiva delle necessità popolari costantemente ampliate.
 
I rapporti di produzione capitalistici, vale a dire, la proprietà privata dei mezzi di produzione, non solo ostacolano lo sviluppo delle forze produttive, ma a causa della grande disparità, rivelano i limiti storici del modo di produzione capitalistico, il suo parassitismo e il suo carattere profondamente reazionario .
 
In queste condizioni, il movimento operaio sindacale, senza una strategia per l'abolizione dei rapporti di produzione capitalistici, è condannato alla dissoluzione o alla completa assimilazione nel sistema, alla sua mutazione in socio della gestione capitalista. Le lotte difensive non possono fermare o impedire la progressione della barbara offensiva a meno che non si incorporino in una strategia di concentrazione di forze per lo scontro finale, il rovesciamento.
 
La strategia contemporanea d'attacco del capitale, che si intensifica su tutti i fronti in condizioni di crisi, continuerà anche dopo la crisi per stabilizzare la ripresa che in ogni caso sarà debole e temporanea. Ciò che è evidente oggi e costituisce un elemento relativamente nuovo è che il sistema capitalista a livello nazionale, regionale e internazionale ha dei limiti molto stretti di gestione della crisi in confronto al passato a causa degli antagonismi, dell'anarchia ancora maggiore in condizioni di liberazione della circolazione dei capitali, di aumento dei centri imperialisti che rivendicano una nuova ripartizione del mercato.
 
Solo una strategia di scontro porrà il movimento operaio in grado di ottenere vittorie.
 
Il KKE, in questo contesto, dopo aver studiato la linea di lotta del movimento operaio sindacale a livello nazionale, europeo e in generale, ha osservato serie e profonde deviazioni nella direzione della lotta di classe. Una delle principali deviazioni è stata la separazione dell'economia dalla politica e la rimozione dei principi teorici provati della lotta di classe. Inoltre, si nota l'assolutizzazione della lotta economica come fattore per migliorare la vita della classe operaia.
 
Per anni, i sindacati hanno concentrato la loro lotta nei contratti collettivi, in generale nelle condizioni relative al prezzo di vendita della forza lavoro, mentre alcune esigenze di base per la riproduzione della forza lavoro (istruzione, sanità) sono stati principalmente sotto responsabilità dello Stato in qualità di rappresentante generale degli interessi del capitale.
 
Un problema nella direzione della lotta di classe è stata la negazione della posizione fondamentale del marxismo sull'impoverimento relativo e assoluto della classe operaia come una tendenza permanente all'interno del modo di produzione capitalistico.
 
Queste deviazioni hanno guidato il movimento operaio sindacale in diversi paesi, in particolare nei paesi capitalisti sviluppati, alla sottomissione degli interessi della classe operaia ai piani e interessi della borghesia in ogni paese e alla negazione dell'internazionalismo. Il movimento operaio sindacale si è trovato sostanzialmente disarmato di fronte all'offensiva del capitale e alla crisi economica.
 
La classe operaia e il suo movimento non possono rinunciare nemmeno un momento alla lotta economica per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita. Attraverso queste lotte essa si educa, prende coscienza della sua forza e cresce a livello morale, spirituale, politico. Le sue conquiste dipendono dai rapporti di forza. Tuttavia, questa lotta ha dei limiti. Ogni conquista è costantemente in discussione. Se tale posizione aveva importanza agli albori dell'apparizione del movimento sindacale organizzato, oggi risulta imprescindibile per la sua esistenza.
 
Nelle condizioni attuali di dominio dei monopoli non solo aumenta il grado di sfruttamento mediante il rovesciamento delle conquiste della classe operaia, ma tutte le condizioni della sua riproduzione si sono convertite in oggetto di sfruttamento per l'accumulazione del capitale attraverso la privatizzazione generalizzata dell'istruzione, della salute e del welfare, ecc.
 
La lotta economica oggi non è sufficiente. Si tratta di una lotta difensiva, molto limitata e certamente non è sufficiente a far si che la classe operaia compia il suo ruolo per la liberazione sociale. Solo la combinazione con la lotta politica e teorica consentirà di compiere il suo ruolo storico.
 
Per molte che siano le conquiste che ottiene la classe operaia attraverso la sua lotta, non cambia la sua posizione nel sistema, non si modifica per nulla la sua posizione per quanto riguarda i rapporti di produzione che sono rapporti di sfruttamento, di dipendenza dal capitale, un rapporto di schiavitù salariata, non cambiano le condizioni di sfruttamento nel lavoro. La legge dell'accumulazione capitalistica esclude qualsiasi riduzione del grado di sfruttamento del lavoro, poichè il capo è pur sempre il capo. Pertanto, il contenuto di base della lotta di classe è propriamente la liberazione della classe operaia dallo sfruttamento.
 
Naturalmente, i rapporti di forza attuali creano grandi difficoltà nello sviluppo della lotta di classe con questo contenuto e orientamento. Il legame tra economia e politica è una condizione per superare le difficoltà e per cambiare i rapporti di forza a livello nazionale e internazionale.
 
Noi consideriamo che, in condizioni di crisi, sia il Partito comunista che il movimento operaio sindacale devono svolgere una lotta molto complessa. Da un lato si devono creare sacche e condizioni di ricomposizione in base ai problemi quotidiani che si stanno aggravando a causa della crisi, al fine di attirare all'azione grandi masse operaie, soprattutto giovani che sono relativamente immaturi in quanto educati in condizioni di regresso del movimento operaio rivoluzionario mondiale e allo stesso tempo riunire questi specifici fronti nei luoghi di lavoro e nelle industrie in un unico movimento che lotta per cambiare i rapporti di forza, per rovesciare il potere dei monopoli, per dirigere la lotta verso la prospettiva del socialismo.
 
Certamente non è facile, posto che in condizioni di crisi il radicalismo che può svilupparsi si scontra non solo con la violenza dello Stato e l'intimidazione ideologica, ma anche con la diffusione sistematica dei punti di vista riformisti e opportunisti che creano confusione nella coscienza, indeboliscono, frammentano e assimilano. Tuttavia, non c'è altra scelta che la strategia di rottura e di rovesciamento.
 
2. Il ruolo e la missione dei sindacati nelle condizioni attuali
 
Per molti anni, a causa della separazione dell'economia dalla politica, i sindacati e la loro lotta sono scivolati sempre più verso lo smussamento della lotta di classe. Si sono rafforzati punti di vista e pratiche sulla neutralità dei sindacati e in essi si è indebolita la lotta ideologica e politica dei comunisti a beneficio del riformismo. Pertanto, si è aperto il cammino per il dominio della socialdemocrazia nella direzione del movimento sindacale.
 
Questo fenomeno è stato quasi totale nei paesi dell'Unione europea e negli Stati Uniti. Oggi, negli Stati Uniti il movimento sindacale è sul punto dello scioglimento, mentre nei paesi dell'UE è debole senza un incidenza importante. Questo non cambierà a meno che si producano grandi cambiamenti nella direzione della formazione di una forte corrente di classe, di scontro e di rottura con i sindacati riformisti, sottomessi alla collaborazione di classe.
 
Il partito ha lanciato da tempo una guerra contro questa linea, non senza difficoltà.
 
L'unità della classe operaia è una questione fondamentale della strategia del KKE nel movimento operaio sindacale. Tuttavia, l'unità delle linee richiede la loro emancipazione dall'influenza della borghesia e dalle illusioni riformiste che sono forti nelle loro linee e si sono rafforzate in concrete condizioni storiche dello sviluppo del capitalismo.
 
Nelle condizioni attuali, quando si pone oggettivamente la questione della sostituzione del modo di produzione capitalistico, l'unità della classe operaia sarà raggiunta attraverso la ricomposizione del movimento operaio sindacale attorno alle necessità contemporanee della classe operaia che sono incompatibili con i monopoli, con l'imperialismo.
 
Un problema centrale della lotta di classe è l'orientamento del movimento sindacale e la lotta che si sviluppa nelle sue file ed è d'importanza fondamentale per gli interessi e il corso del movimento operaio.
 
La contraddizione tra capitale e lavoro è implacabile e inconciliabile, non si può scappare. Il punto di vista dei riformisti e degli opportunisti, secondo il quale si possono far coesistere pacificamente il lavoro salariato e il capitale e che si possono regolare le sue contraddizioni, è la morte del movimento sindacale. La sconfitta e il crollo di questi punti di vista e pratiche è una condizione per il raggruppamento del movimento operaio per la difesa gli interessi della classe operaia. Questa lotta è direttamente collegata con il dovere principale: la liberazione della classe operaia dalla miseria dello sfruttamento capitalistico e dalla schiavitù.
 
La lotta per il consolidamento della corrente di classe nel movimento sindacale, come era d'aspettarsi, si è scontrata con l'attacco rabbioso delle leadership a livello nazionale ed europeo, guidate dagli opportunisti di ogni genere. Si sono sollevate voci che dicevano che si minava e dissolveva l'unità delle lotte, che la lotta economica si stava abbandonando e altro ancora.
 
La questione che solleva il KKE è la combinazione della lotta economica e della lotta politica e la necessità di superare l'unilateralità e l'assolutismo. In condizioni di dominio e di espansione del capitalismo monopolistico, di crisi capitalista, in condizioni nelle quali si pone oggettivamente la necessità di un cammino di sviluppo differente, restringere la lotta a richieste individuali per settore o a livello d'impresa nel nome dell'unità significa che la classe operaia si consegna legata mani e piedi al nemico. Ciò significa non solo l'abbandono della lotta economica, ma l'abbandono della lotta in generale.
 
Il problema che si è posto al movimento comunista come veicolo dell'unità della classe operaia è proprio il rafforzamento di questa unità in base ai problemi comuni, nella lotta organizzata e coordinata che va al di là dei ristretti interessi settoriali e la lotta frammentata contro il singolo padrone. Si tratta di una linea che solleva le richieste economiche su una base più avanzata, contro i monopoli, il grande capitale e la politica che li serve. I problemi economici e altri non hanno a che fare esclusivamente con uno o con un altro singolo padrone, ma con la politica generale della strategia unificata del capitale e delle sue unioni imperialiste.
 
Quindi, la questione non è l'abbandono della lotta economica e dell'unità della classe operaia, ma la direzione e l'obiettivo della lotta: se si restringe a un piccolo aumento del salario o se si punta alla soddisfazione dei bisogni contemporanei dei lavoratori facendo pertanto proseguire il cammino della lotta di classe; se diamo la prospettiva dell'unità e della lotta della classe operaia o se siamo complici dei riformisti e degli opportunisti restringendo la lotta nei limiti definiti dagli sfruttatori e dal loro sistema.
 
Vogliamo avere dei sindacati al servizio dei padroni e dei dirigenti sindacali d'ufficio oppure dei sindacati con orientamento di classe che lottano contro la politica unificata dei monopoli e dell'imperialismo? La conciliazione tra queste linee è impossibile. Sarebbe una conciliazione inaccettabile e pericolosa, una riconciliazione con l'opportunismo. E' la negazione della lotta di classe. Una cosa è prendere in considerazione le difficoltà e i problemi complessi della lotta di classe, un'altra cosa è sottomettersi a questi, retrocedere, conformarsi.
 
Tra i problemi complessi vi è l'ingresso di forze nuove e senza esperienza nelle file della classe operaia, il che richiede politiche specifiche, così come le manovre della borghesia attraverso governi di cooperazione con forze riformiste e opportuniste. L'espansione delle forze della classe operaia con nuovi settori provenienti da strati piccolo borghesi non cambia per nulla il fatto che il proletariato industriale sia la componente di base, in quanto il capitale industriale è l'unico modo d'esistenza del capitale nel suo insieme, come è stato dimostrato da Marx.
 
La questione del potere politico a favore della classe operaia e dei suoi alleati deve porsi nel movimento operaio non tipicamente o in modo volontaristico, ma in modo pianificato, tenendo in considerazione l'esperienza delle masse. E' certo che oggi la classe operaia, la maggior parte possibile di questa, deve convincersi della propria esperienza. Tuttavia, per trasformare l'esperienza in maturazione politica è necessaria una corretta tattica e strategia rivoluzionaria, perché altrimenti l'esperienza delle masse si formerà non solo in base ai loro problemi, ma anche sulla base della spazzatura ideologica dell'ideologia borghese, del riformismo e dell'opportunismo che determineranno una posizione di conciliazione e di assimilazione.
 
3. La questione delle alleanze
 
Il KKE studia gli sviluppi, e in particolare la disposizione delle forze sociali, e arricchisce la sua strategia con elementi nuovi.
 
Il monopolio, il suo dominio, la sua preponderanza in un modo o nell'altro in tutti i rami della produzione e dei servizi e la sua espansione a quasi tutti i settori della vita sociale, dalla nascita di un figlio fino alla vecchiaia, aumentano lo sfruttamento non solo delle la classe operaia, ma di tutti i settori popolari, dei lavoratori autonomi, compresi coloro che utilizzano manodopera salariata in forma limitata e i piccoli e medi agricoltori.
 
L'alleanza della classe operaia con questi settori è una questione cruciale per i suoi interessi contro il giogo dei monopoli. La linea di base delle alleanze è subordinata a questo obiettivo e serve la necessità di formare un forte fronte socio-politico per affrontare e rovesciare il potere dei monopoli.
 
Questa strategia possiede dinamismo, esercita influenza, ottiene risultati, dando una prospettiva di speranza. In questa direzione il quadro di lotta comune concordato tra il Fronte Militante di Tutti i Lavoratori (PAME), il Fronte Antimonopolista Greco di Autonomi e Piccoli Commercianti (PASEVE), il Fronte Militante di Tutti i Contadini (PASY), il Movimento radicale delle donne , la Federazione Greca delle Donne (OGE) e il Fronte Militante degli Studenti (MAS) è un buon inizio. L'alleanza sociale conquisterà le masse operaie e popolari nella misura che queste stesse s'incaricheranno di essa e l'aiuteranno a sbarazzarsi delle illusioni di gestione del sistema e del parlamentarismo. Si arricchirà e si svilupperà attraverso la generalizzazione dell'esperienza con l'azione delle masse popolari in un fronte permanente contro i nemici politici e di classe.
 
La politica per la ricomposizione del movimento operaio e delle alleanze non ha a che fare solo con la difesa dei settori operai e popolari contro l'aggressività dei monopoli e dell'imperialismo, ma è subordinata alla lotta per il cambiamento della correlazione di forze a livello sociale e politico. Si tratta di un obiettivo di un'alleanza strategica per il rovesciamento a livello dell'economia e del potere.
 
Dimitris Gontikas come membro del Politburo del CC del KKE
 
Note:
1) V.I. Lenin, La grande iniziativa, in Opere Complete, vol. 29, pag. 384
2) V.I. Lenin, I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione, Opere Complete, vol. 24, pag. 67
3) V.I. Lenin, I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione, Opere Complete, vol. 24, pag. 74
 

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