Ángel Chávez | elmachete.mx
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
17/06/2021
Alcuni dicono che lo scenario di lotta popolare che dalla fine del 2019 si è sviluppato in Cile (rivolta nelle strade, scioperi in fabbriche e miniere, proteste contadine, di braccianti e giovani; centinaia di feriti, centinaia di detenuti e condannati, abusi di polizia, sangue e decessi; studenti, lavoratori e lavoratrici che passavano dalla battaglie in prima linea contro la polizia, alle riunioni intorno alla tavola comune dove mangiavano) ha permesso che a maggio di quest'anno il processo volgesse verso la redazione di una nuova costituzione e che le elezioni avessero avuto un risultato "favorevole al popolo" (31% dei seggi ottenuto da forze indipendenti, 18% dalla coalizione a cui partecipa il Partito Comunista del Cile, 16% da quella di "centrosinistra") e contrario alla destra (meno del 24% dei seggi). Io credo invece che la proposta della nuova costituzione sia stata fatta per impedire che la rivolta continuasse e il popolo lavoratore si ponesse come obiettivo quello di rovesciare l'insieme dello Stato borghese del Cile, apparato al servizio dei monopoli che sono beneficiati sia dal "neoliberismo" come da un altro tipo di gestione capitalista ugualmente lesiva per i lavoratori.
Prima di rallegrarci che il frastuono della protesta sia stato messo a tacere, rimanendo incantati dalle campane che suonano a festa, bisogna domandarsi se a partire dalle elezioni e dal processo di scrittura di una nuova costituente si potrà avere un vero cambiamento favorevole al popolo lavoratore cileno. La nuova costituzione sarà in grado di invertire i molteplici trattati di libero commercio che minano la sovranità del popolo cileno? L'accesso alla salute e all'istruzione sarà pienamente gratuito? Si metterà fine alla disoccupazione? Si rispetterà l'autodeterminazione delle comunità indigine? Ci sarà qualche cambiamento che impedisca ai monopoli di continuare ad arricchirsi con il lavoro dei loro dipendenti?
La risposta è che nel quadro del capitalismo non c'è possibilità di un vero cambiamento favorevole per i lavoratori, per questo passo è necessario un cambio strutturale. Per questo, c'è chi si rallegra della soluzione avuta dalla rivolta popolare in Cile, ma un comunista, un rivoluzionario, non può che avere un'altra opinione, poiché tra il dilemma riforma o rivoluzione, sosterrà sempre che il popolo dovrebbe esser spinto a prendere ciò che gli appartiene, cioè a prendere tutto: il potere politico e il controllo della ricchezza che produce. Se non si fa questo, la borghesia non tarderà a opprimere nuovamente i lavoratori e quando questo tornerà ad accadere in modo insopportabile, ci sarà nuovamente una rivolta con una via d'uscita tale da conservare lo sfruttamento capitalista. Andare di rivolta in rivolta accettando e promuovendo come vantaggiose le briciole ottenute a costo delle libertà e vite, significa esser complici della perpetuazione del dominio dei monopoli sui lavoratori.
Ci sarà chi pensa che questa posizione sia estremista. Per questo dobbiamo chiarire che estremismo sarebbe separarsi dal movimento popolare perché non ha delle posizioni rivoluzionarie, e non è ciò che sostengo, ma, consapevole che non tutti gli scoppi sociali sfociano in rivoluzione, l'azione del rivoluzionario deve orientarsi rispondendo alla domanda in che direzione o cammino orientare il torrente dell'insubordinazione? Indipendentemente dalle possibilità che la voce rivoluzionaria sia quella più ascoltata, essa deve sollevarsi senza smettere di accompagnare la lotta, fare il contrario sarebbe cadere nel movimentismo. Se noi comunisti ci piegassimo ad altre posizioni politiche che sembrano avere maggiori opportunità di realizzazione, metteremmo da parte il fatto che ogni scoppio di insubordinazione porta a concepire la necessità di una soluzione rivoluzionaria.
In definitiva, il popolo del Cile ha tratto molteplici esperienze in questa ondata di proteste, ma c'è ancora una lezione che vedranno come risultato della nuova costituzione, poiché nemmeno il soprannome di "sinistra" o "indipendenti" garantisce la difesa degli interessi del popolo lavoratore. L'unica garanzia che una forza politica sia a beneficio dei lavoratori è che promuova la parola d'ordine della creazione del potere operaio e popolare. Questa forza è quella determinante in ogni processo rivoluzionario e ad essa si riferiva Bertolt Brecht quando disse che "gli uomini che lottano tutta la vita sono gli indispensabili", poiché non solo evidenziava la virtù della costanza, ma anche la convinzione rivoluzionaria dei comunisti.
A proposito, un guerrigliero cileno degli anni '80 narrò nelle sue memorie che prima di tornare da Cuba al Cile per integrarsi alla lotta armata, ebbe l'opportunità di andare nella Repubblica Popolare di Bulgaria per riunirsi con veterani che combatterono contro l'esercito nazista. Uno di questi eroi di guerra gli chiese se lui e la sua organizzazione lottavano per la presa del potere o solo per rimuovere Pinochet. Oggi la domanda sarebbe se l'obiettivo è cambiare la costituzione di Pinochet o la presa del potere per i lavoratori.
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