Tibet: le vere intenzioni degli Stati uniti
dal "Quotidiano del popolo"
- People's Daily - http://english.peopledaily.com.cn
http://english.peopledaily.com.cn/200306/10/eng20030610_117936.shtml
traduzione dall'inglese di B.F.
Pechino Martedì 10 Giugno 2003
Articolo di smentita dell’ US Report sul Tibet cinese
Un
articolo firmato Hua Zi, apparso lunedì 9 Giugno sul Quotidiano del Popolo,
confuta il rapporto statunitense sui così detti negoziati del Tibet. Citando
dati storici e fatti attuali, l’articolo, intitolato “Quali sono le vere
intenzioni degli Stati uniti”, critica la pesante interferenza del governo US
negli affari interni della Cina.
Segue un estratto dell’articolo scritto da Hua Zi
In conformità con il “Foreign Relations Authorization Act 2003” il presidente
US George W. Bush ha emesso un rapporto inerente il Tibet annesso alla Sezione
613 dell’Atto del Congresso. L’8 Maggio del 2003.
Il rapporto da un lato ripete che gli Stati Uniti riconoscono che il Tibet è
parte della Repubblica popolare cinese, e intanto chiede che sia supportato
“l’avvicinamento a metà strada” del Dalai Lama, che mira ad un “vero
autogoverno”, ed esorta il governo cinese al rispetto del particolare
patrimonio religioso, linguistico e culturale del popolo tibetano ed al rispetto
dei suoi diritti umani e delle libertà civili.
Secondo il rapporto l’importante obiettivo degli Stati Uniti è di
incoraggiare il governo cinese e il
Dalai Lama ad instaurare un effettivo dialogo per cercare una sistemazione
negoziata per le questioni relative al Tibet.
Il documento elenca anche gli sforzi fatti da presidente, segretario di stato
ed altri membri del governo statunitense per incoraggiare il governo cinese ad
promuovere un dialogo con il Dalai Lama.
Come è ben noto il “Foreign Relations Authorization Act 2003” porta una
quantità di clausole avverse alla Cina. Il governo cinese ha quindi espresso
immediatamente una forte opposizione alle note legislative uscite dal Congresso
US
Nel Settembre 2002 il presidente Bush fece un annuncio all’atto della firma
della legge, notando che le clausole relative alla Cina ivi contenute erano
inappropriate, che la politica degli Stati uniti verso la Cina unita non doveva
essere cambiata, e che la sua firma non significava che egli avesse adottato e incluso
tali clausole nella politica estera del paese.
Commentando l’annuncio fatto da Bush la portavoce del Ministero degli esteri
cinese Zhang Qiyue disse nella conferenza stampa del 4 Ottobre 2002 “Noi
speriamo che gli US tengano fede alla loro parola e che non perseguano quelle
clausole, per non dar luogo ad alcuna ripercussione negativa sulle relazioni
sino-statunitensi”
E’ un rammarico che il governo US abbia emesso il rapporto presidenziale sul
Tibet otto mesi più tardi. Tale mossa degli US, che hanno ritrattato la propria
parola , ha già avuto un impatto negativo sulla relazione sino-statunitense,
quale che sia il contenuto del rapporto.
L’autore dell’articolo segue da anni il
“problema Tibet” nelle relazioni Cina-US ed ha notato che è la prima volta che
un presidente americano abbia mai proposto un rapporto di questo tipo, che
mostra un alto grado di interesse dell’amministrazione Bush per la questione
del Tibet.
In realtà, non ci sarebbe stato il “problema Tibet” nel mondo se solo, non ci
fosse stato un “problema Washington” o un “problema New York”.
La questione del Tibet deriva essenzialmente dal fatto che da quasi un secolo
le forze dell’imperialismo occidentale hanno indottrinato e aiutato i
separatisti tibetani per cercare di separare il Tibet dalla Cina.
Attualmente il “problema Tibet” non esisterebbe se gli Stati uniti e gli altri
paesi occidentali non dessero supporto alla cricca del Dalai e se questa
abbandonasse l’intenzione di mirare all’indipendenza del Tibet - o a qualche
pretestuosa forma di indipendenza - e smettesse di attivarsi per dividere il
paese. Agli Stati uniti non dovrebbe sfuggire l’essenza della questione.
Nel tempo, tutti i precedenti governi US non hanno mai riconosciuto il Tibet
come uno stato indipendente ma hanno considerato il Tibet come una Regione
autonoma parte della Repubblica popolare cinese, convenendo che questa è anche
la visione della comunità internazionale.
Naturalmente ci si domanderà: perché gli Stati uniti dimostrano tanto interesse
per questioni interne riguardanti la
Cina stessa come la questione tibetana?
Secondo il rapporto gli Stati uniti si preoccupano del “problema Tibet”
assumendo come un “obiettivo importante” per il governo US “incoraggiare un
fattivo dialogo tra il governo cinese e il Dalai Lama o i suoi rappresentanti
per risolvere i problemi, nell’interesse comune, del governo cinese e del
popolo tibetano” e anche perché “il Dalai Lama può essere un partner utile alla
Cina nelle difficoltà dei cambiamenti del nuovo corso e per la stabilità nazionale
e regionale. Egli rappresenta l’opinione di una grande maggioranza di tibetani”
Se il governo cinese non tiene un
dialogo concreto con il Dalai Lama “senza precondizioni e non giunge
presto ad una composizione delle differenze porterà a maggiori tensioni dentro
la Cina e sarà un ostacolo per un più pieno impegno politico ed economico con
gli Stati uniti e le altre nazioni”
Questo è il vero modo di pensare americano.
Cosa dice il rapporto in merito ai fatti? Questo giornalista, Hua Zi, ha
rivisitato ciò che il governo US ha fatto sul “problema Tibet” ed ha analizzato
se le cure americane su tale “problema” siano benefiche o dannose per i
tibetani, per la stabilità della Cina e per gli scambi politici ed economici
della Cina con gli Stati Uniti e con gli altri paesi:
* Gli Stati uniti non hanno mai negato
la sovranità della Cina sul Tibet, ne riconosciuto il Tibet come uno stato
indipendente. Il Dipartimento di Stato disse in un comunicato ufficiale nel
1995 che storicamente gli Stati uniti hanno riconosciuto la sovranità della
Cina sul Tibet. E infine nel 1966 la politica US ha chiaramente riconosciuto la
Regione Autonoma del Tibet come parte della Repubblica Popolare della Cina (la Regione Autonoma del Tibet fu costituita
nel Settembre del ’65) Questa politica, consolidata nel tempo, è in sintonia
con la visione della comunità internazionale, inclusa la Cina e i paesi ad essa
più vicini. Nessun paese al mondo ha mai riconosciuto il Tibet come uno stato
sovrano. E, dal momento che gli Stati uniti non riconoscono il Tibet come stato
indipendente, non è stata stabilita alcuna relazione diplomatica con il
sedicente “governo tibetano in esilio”.
* Il 27 Luglio 1998 ad un conferenza
stampa congiunta a Pechino con il presidente cinese Jiang Zemin, il presidente
US Bill Clinton disse di concordare che il Tibet è parte della Cina,
un’autonoma regione della Cina.
* Anche il rapporto proposto dal
presidente Bush dice. “gli Stati uniti riconoscono la regione autonoma del
Tibet essere parte della repubblica popolare cinese. Questa radicata politica è
conforme al parere della comunità internazionale”
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Il rapporto da un lato riconosce che il Tibet è parte della Cina e non
riconosce il Tibet come uno stato indipendente, mentre d’altro canto sostiene
che il Dalai Lama rappresenta l’opinione di una vasta maggioranza dei tibetani.
(“la sua autorità morale aiuta ad unire la comunità tibetana all’interno e al
di fuori della Cina”)
In altre parole, il governo americano sostiene che il governo della Cina non
possa rappresentare le opinioni e gli interessi della grande maggioranza dei
tibetani, che sono cittadini della Repubblica Popolare Cinese.
Questo concetto di mettere gran parte dei cittadini tibetani cinesi in
opposizione con il governo eletto da loro stessi risulta illogico e
contronatura e non potrà portare benefici al popolo tibetano e alla stabilità
della Cina.
Il 17 Aprile 1997, l’ambasciatore in Cina Jeames Sasser, durante una visita a
Lhasa, disse che fin dall’epoca Sun Yat-sen il governo statunitense considerava
il Tibet come una parte inseparabile della Cina.
Il governo centrale cinese ha adottato una chiara e solida politica nei
confronti del Dalai Lama. Cioè, solo se il Dalai Lama abbandona le proprie rivendicazioni per “l’indipendenza del
Tibet” e ogni altra attività separatista, riconosce apertamente il Tibet come
parte integrante della Cina, Taiwan come una delle province della Cina e il
Governo della Repubblica Popolare della Cina come solo legittimo rappresentante
del paese, la Cina potrà avere contatti e trattative con lui.
Nonostante queste posizioni che gli Stati uniti stessi riconoscono
pubblicamente e alle quali la comunità internazionale aderisce universalmente,
non sono richieste dal governo Us al Dalai Lama. Al contrario, il governo US
continua a premere quello cinese a tenere sistematici rapporti con il Dalai
Lama per risolvere la pretestuosa questione relativa ai rapporti tra le
autorità cinesi ed il Tibet.
Questo atto e i toni di connivenza e di provocazione da parte del governo US
tradiscono le loro recondite motivazioni al sostegno al Dalai Lama per
contrastare il governo centrale della Cina. Può questo sostegno risolvere a
tempi brevi il così detto “problema tibetano”?
Poiché il Tibet è parte intrinseca del territorio cinese, la Regione Autonoma
del Tibet esercita l’autonomia regionale sotto l’autorità del governo centrale.
E’ noto alla collettività internazionale che il governo cinese si attiene alle
proprie chiare e nette posizioni e politiche riguardo gli affari concernenti il
Tibet. Nessun paese del mondo (inclusi gli Stati uniti stessi) permetterebbe a
forze straniere di intromettersi e interferire su come trattare gli affari
interni. E’ la norma fondamentale del diritto internazionale.
Sul così detto “problema tibeteano” gli Stati uniti non solo non si sono
attenuti a questa norma basilare ma sono intervenuti grossolanamente sugli
affari tibetani, interni alla Cina. Più di una dozzina di misure di intervento
sono elencate sul “Tibet Policy Act 2002” inclusi passi fatti dal presidente,
dal segretario di stato, da altri membri del Dipartimento di Stato. L’atto
statunitense proclama anche “ la mancata soluzione di questo problema da parte
della Cina sarà un ostacolo ad un pieno rapporto politico ed economico con gli
Stati uniti e le altre nazioni” Non sono minacce troppo sopratono?
Dopo più di mezzo secolo, a cosa hanno portato
le preoccupazioni per la questione del Tibet americane all’interno della
situazione politica tibetana? Quali conseguenze sono ricadute sul popolo
tibetano? Faremmo bene a dare uno sguardo al passato:
* Alla fine del 1942 l’American Office of Strategic Services (OSS, il
predecessore della CIA) assegnò il capitano Tosltoy e il tenente Dolan a Lhasa;
essi furono i primi ufficiali inviati in missione in Tibet.
* Alla fine del 1946 il presidente Harry Truman ordinò di mandare in Tibet
diversi generatori diesel, che furono poi usati nel ’49 dai separatisti come
fonte energetica per propagandare via radio “l’indipendenza del Tibet” ed anche
come strumenti di contatto e comunicazione con gli Stati uniti.
*.Nel Marzo 1953 l’Esercito di Liberazione del Popolo Cinese (PLA) marciò
attraverso il Qamdo per preparare la liberazione al Tibet. Gli Stati uniti
quindi agitarono il Dalai Lama e alcuni capi locali tibetani a far fronte nel
tentativo di opporsi alla liberazione. Allora la così detta “teoria della
minaccia comunista” e la “teorizzazione dell’aggressività e dello espansionismo
cinesi” permearono tutte le pubblicazioni e i giornali americani, grandi e
piccoli. Nel Maggio del ’51 il Tibet fu pacificamente liberato con la ratifica
dell’Accordo del Governo Centrale del Popolo e del Governo Locale Tibetano sul
Provvedimento per la pacifica liberazione del Tibet.
* Nel Luglio del 1951 Thubten Norbu, fratello maggiore del Dalai Lama, ed il
suo inviato personale giunsero a New York con funzioni da intermediari per
contatti segreti tra gli Stati uniti e il Dalai Lama, con l’aiuto della CIA.
Intanto un altro dei fratelli maggiori del Dalai Lama, Gyalo Thondup, firmava
un accordo con la CIA per dirigere l’organizzazione dell’intelligence e
realizzare la guerriglia nel Tibet.
Nel frattempo, con il coinvolgimento della CIA, diplomatici americani in India
avevano lavorato al progetto di un piano di volo per cercare di portare il
Dalai Lama in India. Ma il piano fallì subito a causa dell’opposizione della
forza patriottica tibetana. Tuttavia gli stretti contatti tra alti strati dei
separatisti del Tibet e la CIA e i complotti dei separatisti in cerca di
finanziamenti, sostegno e aiuti dalla CIA, sono continuati nel tempo.
* Le prime missioni della CIA in Tibet risalgono all’inizio del ’57quando il
primo gruppo dei sei Kampa, residenti in India, furono scelti per ricevere
l’addestramento dei servizi segreti da agenti statunitensi. Gli Stati uniti
impiantarono in Colorado i campi di addestramento per gli agenti prescelti, per
poi paracadutarli di nuovo in Tibet e nelle altre aree abitate da tibetani
della Cina, per unirsi alle forze ribelli contro il governo centrale cinese.
* Nel 1959, quando si verificò la ribellione tibetana, il Dalai Lama fu aiutato
a fuggire in India con l'aiuto della CIA. Aerei della CIA penetrarono per
centinaia di miglia nello spazio aereo cinese per scortare i tibetani
transfughi, spiarono le mosse dell’Esercito di Liberazione del Popolo (PLA) e
gettarono viveri, mappe, radio e denaro per quei ribelli. Uno degli agenti
addestrati negli US ha scortato il Dalai Lama per tutto il tempo durante la sua
fuga.
* Intorno al 1960 secondo i disegni della CIA la base delle forze ribelli
tibetane fu trasferita a Mustang, in Nepal. Alla fine dell’anno circa 200
ribelli tibetani arrivarono a Mustang e
vi impiantarono una base per la guerriglia. Dopo di che presero ad attraversare
il confine , a rubare in Tibet e ad assalire gli uomini del PLA e altri addetti
governativi. Ma successe che, ai tempi del primo viaggio ufficiale del
presidente Nixon in Cina, nel’72, la CIA smise di finanziare i ribelli
tibetani, sospendendo l’approvvigionamento delle armi per la loro guerriglia e
chiuse le basi della guerriglia comprese nei confini di India e Nepal.
Durante questo storico processo le attenzioni degli Stati uniti riguardo il
“problema tibetano” hanno solo aggravato le ribellioni in Tibet e nelle altre
aree abitate da tibetani. Queste “attenzioni” hanno gettato il popolo tibetano
in un abisso di miseria e portato a molti anni di turbolenze la zona lungo il
confine del Tibet cinese.
Tra la fine degli anni 50 e l’inizio dei 60 gli Stati uniti istigarono diversi
piccoli paesi ad avanzare mozioni sulla così detta questione tibetana presso le
Nazioni unite. Questi dovettero usare motivazioni così deteriori che loro
stessi probabilmente non avrebbero mai voluto portare ad argomento.
Comunque la vicenda delle cure particolari degli Stati uniti per la questione
tibetana non finì qui. La questione diventò poi un pretesto per la “diplomazia
dei diritti umani”.
Il 18 Giugno 1987 la House of Representatives US approvò un emendamento
riguardo presunte violazioni dei diritti umani della Cina in Tibet.
L’emendamento, dopo varie revisioni, passò al Senato e fu aggiunto all’Atto
delle Autorizzazioni, delle relazioni estere dell’anno fiscale 1988-89.
I parlamenti dei paesi occidentali si allinearono consenzienti e passarono
leggi che hanno interferito negli affari della Cina e hanno accusato il governo
cinese di violare i diritti umani in Tibet e appoggiato il Dalai Lama.
Il 21 Settembre del 1987 la sottocommissione per i diritti umani della US
House of Representatives diede la
parola al Dalai Lama, che portò una proposta in cinque punti riguardante un
futuribile status del Tibet.
La commissione affari esteri tenne un’audizione il 14 Ottobre ’87 sui diritti umani in Tibet, durante la quale
diversi congressisti si accodarono al Dalai Lama e cercarono di fare pressioni
sulla Cina. Dopo di ché il Dali Lama avviò le attività separatiste andando
spesso ad esternare le proprie idee nei paesi occidentali.
Le preoccupazioni americane sulle questioni relative al Tibet hanno davvero
portato ad una stabilità interna in Cina dall‘87 all‘89? In realtà il 27
Settembre del 1987, sei giorni dopo le dichiarazioni del Dalai Lama alla
sottocommissione per i diritti civili
alla House of Representatives, Lhasa, capitale della regione autonoma,
fu testimone della prima insurrezione dal ‘59 per realizzare la pretesa
“indipendenza tibetana”. Alcuni slogan e manifesti apparvero nelle strade allo
stesso momento in cui il Congresso US iniziò a porre attenzione negli affari
tibetani.
Si verificarono dozzine di rivolte nel seguente biennio a Lhasa, che causarono
al popolo del Tibet terribili perdite di vite e di ricchezze e compromisero
seriamente la loro normalità di lavoro, di studio, di vita. I disordini vennero
decisamente osteggiati dalla popolazione appartenente a vari gruppi etnici del
Tibet. Il Governo Popolare della Regione Autonoma del Tibet vide con
irrefutabile chiarezza che i disordini in Lhasa erano direttamente progettati e
fomentati da forze golpiste tibetane sovversive.
Il governo US e il Congresso continuarono ad appoggiare il Dalai Lama in vari
modi dopo il 1989. E i toni delle attività sovversive del Dalai Lama cambiarono
nel tempo. Il 19 Agosto 1991 il Dalai
Lama annunciò l’abbandono delle così dette “proposte di Strasburgo” fatte nel
Giugno ’88, e chiese strenuamente la completa indipendenza del Tibet, che,
nello stesso anno, predisse si sarebbe realizzata in un tempo tra i cinque e i
dieci anni.
Dopo il 1993 il Dalai Lama propose invece quello che fu definito “l’approccio a
metà strada” e richiese un’autonomia ad alto livello per il Tibet, sul tipo dei
“due paesi, due sistemi” definiti per Hong Kong, seguendo le disposizioni del
vice presidente US, che patrocinava la realizzazione dell’indipendenza del
Tibet in due tappe.
Ma fino ad ora non abbiamo assistito a nessuna pubblica dichiarazione del Dalai
Lama che indichi che egli voglia accettare i principi delle proposte di
trattative del governo centrale. Gli Stati uniti non prendono atto della
doppiezza del Dalai Lama, e continuano a
premere il governo cinese
affinché conduca con lui negoziati senza precondizioni.
Tutto sommato tutta l’instabilità in Tibet in più di mezzo secolo trascorso è
stata causata da interferenze e sabotaggi dalle forze sovversive tibetane,
spalleggiate da US e altre forze occidentali anti-cinesi.
Per gli Stati uniti, che si dichiarano pionieri della “politica democratica”,
sembra difficile capire bene chi rappresenti gli interessi del popolo del
Tibet. Il popolo cinese non permetterà che il governo cinese, eletto dal Congresso
Nazionale del Popolo (NPC) e i deputati del NPC, eletti dal popolo di vari
gruppi etnici della Cina, non rappresentino gli interessi del popolo. Lo stesso
vale con il Governo Popolare della Regione Autonoma Tibetana.
Perciò sono il governo cinese e quello regionale autonomo tibetano - piuttosto
che quello degli Stati uniti o il Dalai Lama, che ha abbandonato la sua
madrepatria e i suoi seguaci religiosi più di quattro decadi fa - che conoscono
meglio come salvaguardare i fondamentali interessi del popolo di tutti i gruppi
etnici in Tibet, inclusa la protezione della lingua, della religione e del
patrimonio culturale dei tibetani.
Il governatorato locale tibetano ha registrato una popolazione di un milione
nel 1953, quando la nuova Cina fece il suo primo censimento. Secondo il quinto
censimento nazionale, del 2002, la popolazione di tibetani ammonta quasi a 4,6
milioni, dei quali 2,41 milioni vivono nella Regione Autonoma Tibetana. Si
stima inoltre che vi siano 120-130 mila tibetani che vivono all’estero
Sia da un punto di vista storico sia realistico, la rivendicazione del rapporto
del governo US che il Dalai Lama rappresenti l’opinione della grande
maggioranza dei tibetani e che la sua autorità morale aiuti ad unire la
comunità tibetana dentro e fuori la Cina, risulta falsa.
Il Dalai Lama faceva funzioni di capo esecutivo di un governo locale tibetano
che era un’integrazione tra potere politico e autorità religiosa e il Tibet
sotto la sua potestà era sotto un oscuro sistema feudale servile.
Il Dalai Lama ha tradito il proprio paese si è gettato sotto lo scudo delle
forze straniere anti-cinesi solo perché era un oppositore di qualsiasi
cambiamento nel sistema barbarico. In esilio egli non ha operato alcun
contributo ne per lo sviluppo del Tibet ne per la felicità e il benessere dei
seguaci del buddismo tibetano nel corso di 40 anni trascorsi.
Al contrario il preteso governo tibetano in esilio capeggiato dal Dalai Lama è
stato coinvolto in attività politiche volte a dividere il paese per anni. Il
Dalai Lama, in violazione dei riti religiosi e delle convenzioni storiche del
buddismo tibetano, ha nominato da se stesso il Panchen, Budda vivente. Come può
essere il rappresentante del popolo tibetano? Come può unire la comunità
tibetana dell’interno e di fuori dalla Cina?
E’ una scelta storica fatta da tutte le genti tibetane di seguire la via
socialista e il sistema dell’autonomia regionale sotto la leadership del
Partito Comunista della Cina, e non ritorneranno mai indietro dalla propria
scelta.
Il governo US distorcendo i fatti, ha perseguito il proprio interesse esaltando
il Dalai Lama. Ha patentemente profanato la volontà di diversi milioni di
tibetani in Cina. Facendo pressioni o
anche minacce sul governo cinese, interferisce negli affari interni
della Cina e nuoce allo sviluppo del Tibet, alla stabilità della società cinese
e al miglioramento e allo sviluppo delle relazioni Sino-Us. Questa interferenza
si scontra con la ferma opposizione da parte del governo cinese e crea
ulteriore sfiducia negli Stati uniti da parte di tutto il popolo cinese,
inclusi i tibetani.
Perché il governo US si preoccupa del problema del Tibet, se non è per
proteggere la lingua, la religione, il patrimonio culturale, i diritti umani e
la libertà del popolo tibetano, o per salvaguardare la stabilità della Cina?
L’estensore dell’articolo crede che il problema del Tibet o il Dalai Lama
servano alle forze US come pretesto contro la Cina, nel loro intento di
contenere la Cina.