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- popoli resistenti - colombia - 30-05-08 - n. 230
Omaggio a Manuel Marulanda
di James Petras*
27/05/08
(Traduzione per Cubadebate, Rebelion e Tlaxcala di Manuel Talens)
Pedro Antonio Marín Marín, più noto come Manuel Marulanda Vélez o “Tirofijo”, era il líder supremo delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC).
Senza dubbio, è stato il contadino rivoluzionario più grande della storia del continente americano. Per sessantanni ha organizzato movimenti contadini e comunità rurali, e quando tutte le vie democratiche legali sono state chiuse brutalmente, ha creato l’esercito guerrigliero più potente dell’America Latina e le milizie che gli davano da vivere.
Nell’epoca di maggior espansione, tra il 1990 e il 2005, le FARC contavano su quasi 20.000 combattenti, varie centinaia di migliaia di contadini attivisti e centinaia d’unità di milizie comunali e urbane. Ancora oggi, nonostante la deportazione forzata di tre milioni di contadini per effetto della politica di terra bruciata e dei massacri del governo, le FARC hanno tra 10.000 e 15.000 guerriglieri nei loro numerosi fronti distribuiti in tutto il paese.
Ciò che rende speciali i successi di Marulanda sono le sue capacità organizzative, la sua acutezza strategica e le sue intransigenti posizioni programmatiche, basate sul soddisfacimento delle esigenze popolari. Più di ogni altro lider guerrigliero, Marulanda aveva una particolare capacità di essere in simbiosi con i poveri delle zone contadine, i senza terra, i coltivatori indigeni e i profughi rurali di tre generazioni.
Cominciò nel 1964, con due dozzine di contadini che erano fuggiti dai loro paesini devastati da un’offensiva militare diretta dagli USA. Allora cominciò a costruire metodicamente un esercito guerrigliero rivoluzionario, senza fondi o materiali stranieri.
Egli fu pure un grande maestro politico rurale. Era cresciuto in una famiglia contadina povera, e visse in questo modo fra loro, coltivando la terra e organizzandoli. Parlava la loro lingua, si occupava delle loro necessità quotidiane di base e alimentava le speranze per il loro futuro. In modo concettuale, ma anche attraverso esperienze quotidiane, Marulanda fece una serie d’operazioni politiche e militari strategiche basate sulla sua conoscenza del terreno geografico e umano.
Dal 1964 fino alla sua morte, Marulanda ha sconfitto o eluso almeno sette importanti offensive militari finanziate con più di sette milioni di dollari provenienti dall’aiuto militare nordamericano, inclusi “berretti verdi”, corpi speciali, mercenari, più di 25.000 militari colombiani e 35.000 paramilitari integrati negli squadroni della morte. A differenza di Cuba o del Nicaragua, Marulanda ha costruito una base di massa organizzata ed ha formato una dirigenza in gran parte rurale, ha dichiarato apertamente il suo programma socialista e non ha mai ricevuto appoggio politico o materiale dai “capitalisti progressisti”. A differenza dei gangster Batista e Somoza, che saccheggiavano e si ritiravano quando erano attaccati, l’esercito della Colombia era un formidabile apparato repressivo, altamente preparato e disciplinato, rinforzato dagli omicidi squadroni della morte. A differenza di altri famosi guerriglieri “da poster” Marulanda fu un autentico sconosciuto fra gli eleganti editori di sinistra londinesi, i nostalgici sessantottini parigini e i socialisti eruditi di New York. Marulanda trascorse tutto il suo tempo nella Colombia più profonda; preferiva conversare ed insegnare ai contadini, sapere di cosa di lamentavano, piuttosto che concedere interviste a giornalisti occidentali avidi di avventure. Invece di scrivere manifesti roboanti e assumere posture fotogeniche, preferiva la pedagogia popolare dei diseredati, poco romantica ma molto efficace. Marulanda si mosse da posti inaccessibili alle cordigliere, da foreste a pianure, sempre organizzando e lottando. .. reclutando e allenando nuovi lider. Evitò di presentarsi alle conferenza di dibattito mondiali, o di seguire i passi dei turisti sinistroidi internazionali. Non ha mai visitato una capitale straniera e dicono che non abbia mai messo piede a Bogotà, la capitale nazionale. Eppure aveva una conoscenza profonda delle esigenze degli afrocolombiani della costa, degli indiocolombiani delle montagne e delle foreste; della fame di terra di milioni di contadini sfollati, dei nomi e degli indirizzi dei latifondisti aguzzini che brutalizzavano e violentavano i contadini e le loro famiglie.
Negli anni 60, 70 e 80, numerosi movimenti guerriglieri hanno preso le armi, hanno lottato con maggiore o minore capacità, e poi sono spariti, assassinati, sconfitti (alcuni si sono convertiti in collaboratori) o si sono integrati nei partiti elettorali. Poco numerosi, lottavano in nome di inesistenti “eserciti popolari”; la maggioranza erano intellettuali, più abituati ai discorsi europei che alla microstoria, la cultura popolare e le leggende dei popoli che dovevano organizzare. Sono stati isolati, accerchiati e annientati; forse hanno lasciato un’eredità molto pubblicizzata di un sacrificio esemplare, ma non hanno cambiato nulla sul campo.
Al contrario, Marulanda ha incassato i colpi migliori dei presidenti reazionari di Washington e Bogotá, e ha reso loro colpo su colpo. In ogni villaggio raso al suolo, Marulanda ha reclutato dozzine di contadini infuriati e disposti a lottare, e li ha formati con somma pazienza per farne quadri e comandanti. Più d’ogni altro esercito guerrigliero, le FARC sono riuscite a diventare un esercito del popolo: un terzo dei loro comandanti erano donne, più del 70% erano contadini, anche se integrati da intellettuali e professionisti.
Marulanda fu un uomo venerato per il suo stile di vita, eccezionalmente semplice, condivise la pioggia torrenziale al riparo di teli di nylon. Milioni di contadini lo rispettavano profondamente, ma non ha mai praticato il culto della personalità: era troppo irriverente e modesto, preferiva delegare i compiti importanti ad una dirigenza collettiva, con molta autonomia regionale e flessibilità tattica. Accettò un ampio ventaglio d’opinioni sulla tattica, anche quelle molto diverse dalle sue.
All’inizio degli anni 80’ molti quadri e lider decisero di provare la via elettorale, firmarono un “accordo di pace” col presidente colombiano, crearono un partito (l’Unione Patriottica) e fecero eleggere numerosi sindaci e deputati. Ottennero molti voti anche nelle elezioni presidenziali. Marulanda non si oppose pubblicamente all’accordo, ma non lasciò le armi, e neppure scese dalle montagne alla città. Più lucido dei professionisti e dei sindacalisti candidati alle elezioni, Marulanda capiva il carattere estremamente autoritario e brutale dell’oligarchia e dei suoi politici. Sapeva che i governanti della Colombia non avrebbero mai accettato una riforma agraria giusta solo perché “qualche contadino analfabeta li aveva sconfitti alle urne”. Nel 1987, più di 5.000 membri dell’Unione Patriottica erano stati assassinati dagli squadroni della morte dell’oligarchia, tra loro vi erano anche tre candidati alla presidenza, una decina di congressisti, donne, e sindaci.
I sopravvissuti tornarono alla lotta armata o fuggirono in esilio all’estero.
Marulanda era un maestro quando si trattava di rompere un accerchiamento ed evitare le campagne di annientamento, soprattutto quelle concepite dai migliori e più brillanti strateghi del centro di controguerriglia dei Corpi Speciali statunitensi di Fort Bragg e della Scuola delle Americhe.
Alla fine degli anni novanta, la FARC avevano ampliato il loro controllo a più della metà del paese, bloccavano autostrade e attaccavano le basi militari a solo 65 chilometri dalla capitale.
Molto indebolito, l’allora presidente Patrana, finì con accettare dei negoziati di pace seri, in cui le FARC vollero una zona smilitarizzata ed un programma che includeva novità strutturali nello Stato, la società e l’economia.
A differenza delle guerriglie centroamericane che cambiavano le loro armi per candidature elettorali, prima di deporre le sue. Marulanda insistette per la ridistribuzione della terra, lo smantellamento degli squadroni della morte e la destituzione dei generali colombiani implicati nei massacri, per un’economia mista in buona parte nazionalizzando i settori economici strategici, e per il finanziamento dei contadini che permettesse loro di passare a colture alternative a quella della coca.
A Washington, il presidente Clinton assisteva a quello spettacolo isterico, e si oppose ai negoziati di pace, in particolare al programma di riforme e ai pubblici dibattiti organizzati dalle FARC nella zona smilitarizzata, a cui partecipava parte della società civile colombiana. L’accettazione da parte di Marulanda del dibattito democratico, la smilitarizzazione e i mutamenti strutturali, smascheravano la le menzogne dei socialdemocratici occidentali e latinoamericani, e degli universitari di centrosinistra , che lo accusavano di essere “militarista”.
Washington cercò di ripetere il processo di pace centroamericano irretendo i capi delle FARC con promesse di candidature elettorali e privilegi in cambio delle vendita dei contadini e dei colombiani poveri. Contemporaneamente, Clinton con l’appoggio dei due partiti del Congresso, fece approvare un progetto di legge per finanziare con due milioni di dollari il più sanguinoso programma di controguerriglia dalla guerra in Indocina, chiamato “Plan Colombia”. Il presidente Pastrana chiuse improvvisamente il processo di pace e invio le truppe nella zona smilitarizzata per catturare la cupola delle FARC, ma quando i soldati arrivarono sul posto, Marulanda e i suoi compagni se n’erano già andati.
Dal 2002 ad ora, le FARC hanno alternato offensive e ritirate, in particolare dalla fine del 2006. Con un finanziamento senza precedenti ed un appoggio tecnologico ultramoderno USA, il nuovo presidente Uribe (socio dei narcotrafficanti e organizzatore di squadroni della morte) ha adottato una politica di terra bruciata per controllare il territorio.
Tra la sua elezione nel 2002 e la sua rielezione nel 2006, più di 15.000 contadini, sindacalisti, giornalisti, operatori per i diritti umani ed altri critici sono stati assassinate brutalmente. Sono state svuotate intere regioni di campagna, allo stesso modo che durante l’Operazione Phoenix in Vietnam, la terra è stata contaminata con erbicidi tossici. Più di 250.000 soldati e i loro ausiliari degli squadroni della morte hanno decimato ampie zone del territorio controllato dalle FARC. Elicotteri forniti da Washington hanno bombardato la foresta in missioni di ricerca e distruzione (che non avevano niente a che fare con la produzione di cocaina). Riuscendo a distruggere l’opposizione popolare e le organizzazioni contadine, e deportando milioni di colombiani, Uribe ha spinto le FARC verso regioni più remote. Così come già aveva fatto in passato, Marulanda ha adottato una strategia di ritirata tattica difensiva, abbandonando territorio per proteggere la capacità di lotta dei guerriglieri in futuro. (..)
Dal 2001 la Casa Bianca di Bush ha etichettato le FARC come “organizzazione terrorista”, facendo pressioni su Ecuador e Venezuela perché vigilassero sui confini impedendo la logistica delle FARC.
E’ difficile immaginare un movimento guerrigliero che possa sopravvivere a un tale dispiegamento di forze; un quarto di milione di soldati armati dall’impero, milioni di deportati dalle loro terre ed un presidente psicopatico implicato direttamente con 35.000 uomini degli squadroni della morte.
Sereno e determinato, Marulanda ha diretto la ritirata tattica; l’idea di negoziare una capitolazione non gli è mai venuta in mente, né a lui né alla cupola delle FARC.
Le FARC non hanno una frontiera contigua ad un paese che li appoggi, come il Vietnam aveva la Cina, né può godere di armamenti forniti dall’URSS come capitò sempre al Vietnam, e neppure dell’appoggio dei gruppi di solidarietà occidentale su cui potevano contare i sandinisti.
Viviamo in un’epoca in cui appoggiare i movimenti contadini di liberazione nazionale non è “di moda”, in cui riconoscere il genio di contadini rivoluzionari che costruiscono e mantengono autentici eserciti popolari è tabù nei pretenziosi, loquaci e impotenti Fori Sociali Mondiali, il cui “mondo” esclude regolarmente i contadini militanti e in cui “sociale” significa lo scambio costante di messaggi elettronici tra fondazioni finanziate da ONG:
In questo ambiente così poco promettente, di fronte alle vittorie di Pirro dei presidenti di USA e Colombia, possiamo apprezzare il genio politico e l’integrità personale di Manuel Marulanda, il più grande contadino rivoluzionario dell’America Latina.
La sua morte non produrrà poster o magliette per studenti universitari della classe media, ma vivrà eternamente nei cuori e nelle menti di milioni di contadini colombiani. Sarà sempre ricordato come “Tirofijo”, un essere leggendario che avrebbero ucciso una dozzina di volte, e che nonostante tutto, tornò sempre fra il popolo per condividere la vita semplice dei contadini.
Tirofijo è stato l’unico lider che è stato davvero “uno di loro”, che ha affrontato per mezzo secolo l’apparato militare e mercenario yankee e che non è mai stato catturato o sconfitto.
Li ha sfidati tutti, nelle loro mansioni, nei loro palazzi presidenziali, le loro basi, le loro camere di tortura e le loro borghesi sale di redazione.
E’ morto di morte naturale, dopo sessantanni di lotta, tra le braccia dei suoi amati compagni contadini.
¡Tirofijo, presente!
*Il sociologo James Petras è nato a Boston il 17 gennaio 1937, da genitori greci, originari dell’isola di Lesbos. Ha pubblicato più di sessanta libri di economia politica e quattro collezioni di racconti in ambito narrativo.