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- popoli resistenti - colombia - 04-08-08 - n. 239
traduzione dallo spagnolo
26 Luglio 2008 – Le agenzie ANNCOL e ABP Noticias presentano ai lettori la trascrizione delle risposte date dal Comandante Iván Márquez,[i] membro della Segreteria dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP, alle domande poste dal giornalista William Parra di TELESUR,[ii] sui diversi temi relativi alla realtà del conflitto politico e sociale che si svolge in Colombia.
In primo luogo, che significa la morte del Comandante Manuel Marulanda Vélez è come è stata assimilata dalle FARC la sparizione del suo leader storico?
Significa l’assenza di un imprescindibile; del costruttore dell’Esercito del Popolo; dello stratega della Campagna Bolivariana per la Nuova Colombia; del leggendario comandante, artefice della concezione tattica, operativa e strategica delle FARC e della guerra di guerriglie mobili; della guida politica dell’insorgenza… Manuel Marulanda Vélez – come nei versi di Neruda – «non è morto. Sta in mezzo alla polvere da sparo, in piedi, come miccia ardendo». Continua a combattere in mezzo alle montagne ribelli dell’eternità. Continua a vivere nei fucili dei guerriglieri fariani, nel Piano Strategico, nella Piattaforma Bolivariana per la Nuova Colombia e nell’anelito collettivo alla Patria Grande e al Socialismo, che sono un’immensa bandiera al vento. Davanti al nostro Comandante in Capo, davanti all’altare della patria, abbiamo giurato di vincere, e vinceremo.
Come assimiliamo questa assenza? Riaffermando la nostra determinazione di lotta. Rafforzando la nostra coesione. Ribadendo i nostri principi. Impugnando con maggiore forza il libro e i fucili dell’imbattibile stemma delle FARC.
Secondo il suo punto di vista, qual è il maggior lascito di Manuel Marulanda Vélez ereditato dal paese?
Avere posto le basi per il Nuovo Potere con la costruzione di un esercito popolare bolivariano, coeso nelle sue strutture, intorno al Piano Strategico, irreversibile nei suoi propositi, di presa del potere per il popolo. Manuel Marulanda Vélez è esempio di convinzione, di perseveranza e di lotta inarrestabile. Non deluderemo mai la fiducia che i popoli della Nostra America hanno riposto nella lotta di resistenza delle FARC. Le loro incontenibili manifestazioni di solidarietà ci fanno esclamare con il Libertador Simón Bolívar che «è imperturbabile la nostra determinazione di indipendenza o niente».
Può farci un breve profilo di Manuel Marulanda Vélez?
Sto lavorando ad una biografia intitolata MANUEL MARULANDA VÉLEZ, l’eroe insorgente della Colombia di Bolivar. Per adesso è giusto rispondere alla sua domanda con i dettagliati versi epici del poeta Luis Vidales:
Canto Colombia a Manuel, el guerrillero/ es éste, América Latina, el que yo canto/ a éste, mundo de hoy, os lo presento/ Manuel es el padre de la selva colombiana/ es el pastor de la paz en el rebaño/ Manuel es hermano de los ríos y del viento/ y allá donde es más libre la montaña/ dulce patria hacia el cielo, allá lo siento/ En su loor la noche iluminada/ suelta su tiroteo de luceros/ Las altas tierras limpias lo vieron colombiano/ y el aire puro le fue dócil a su sueño/ El águila que pasa es un disparo/ cada ave es como un papel que cruza el cielo/ Para hablarle de patria los árboles susurran/ y el mástil de la palma flamea su bandera/ para indicar que pasa el guerrillero/ ¡Un momento! le dice la límpida mañana/ y sobre un risco del ande americano/ le saca una foto espectral de cuerpo entero/ Los árboles son como escuadras de su ejército/ por defensor del pobre, pariente próximo del trigo/ como a éste le sucede: que cuarenta veces lo han dejado muerto/ sólo para quedar cuarenta veces vivo.
Il comandante Marulanda è morto in un cattivo momento per la FARC; il mese di marzo è stato molto duro per l’organizzazione insorgente; ha perso Raúl Reyes, Iván Ríos e non solo…
Che commento vuole fare alle circostanze che hanno caratterizzato questo marzo di avvenimenti tanto luttuosi?
I rivoluzionari non scelgono un momento per morire, però in qualsiasi luogo dove ci sorprenda la morte, sia la benvenuta, come dice il Che, sempre che questo nostro grido di lotta – e questo lo dico io – di lotta per la pace con giustizia sociale, di indipendenza, di Socialismo e Patria Grande, arrivi ad un orecchio recettivo. La lotta che ingaggiamo è fino alle ultime conseguenze perché «in una rivoluzione si trionfa o si muore, se è vera».
Gli avvenimenti dolorosi sono prevedibili in uno scontro e molto più se ci si confronta con un nemico con una grande potenza di fuoco, che ha portato la guerra a degradare e che ha tutto l’appoggio della tecnologia militare avanzata e dei dollari con cui lo sovvenziona il governo degli USA, nel segno della sua strategia sfruttatrice di dominio e di sottomissione. Però possiamo affermare che nonostante il trionfalismo mediatico, stiamo uscendo da una orribile notte di marzo con nuove esperienze e con un orizzonte chiaro per continuare la battaglia per la pace, la giustizia sociale, la vera democrazia e la dignità.
Per molti, questi colpi, queste morti, lasciano le FARC in una difficile situazione. Ci sono diversi analisti che considerano che questa guerriglia sia quasi sconfitta militarmente. Hanno ragione?
Non conoscono le FARC. Confondono il loro desiderio con la realtà e si ingannano con le loro stesse fantasie. Le FARC non sono un esercito di soldati inesperti. A loro succede come a Bolivar, che cresceva nel mezzo delle avversità. Della fine delle FARC stanno parlando dall’attacco a Marquetalia nel maggio del 1964. In 44 anni hanno lanciato tutti i piani e tutte le operazioni militari per annichilirle, e non ci sono riusciti… Prima il Plan LASO, sigla che in inglese significa Operazione Latinoamericana di Sicurezza; l’obiettivo: impedire il sorgere di una nuova Cuba nel continente, questo era il proposito della Operazione Marquetalia. Dopo dispiegarono l’Operazione Sonora che cercò di sconfiggere militarmente le FARC nella Cordigliera Centrale, però non tennero in conto che si stavano scontrando con i guerriglieri di Manuel. Dopodiché lanciarono l’Operazione Centauro o Casa Verde, ma gli aggressori dovettero ritirarsi con la coda tra le gambe a Tolemaida, dove li aspettavano i loro mentori ed istruttori nordamericani. A queste aggressioni seguirono ad ondate i piani Thanatos, Destructor 1, Destructor 2, il Plan Colombia; e parallelamente a questi scatenarono l’orrore del paramilitarismo, criminale strategia controinsorgente dello Stato, che tentava di distruggere quelle che consideravano le basi sociali della guerriglia con i massacri, le fosse comuni e le motoseghe.
E adesso con il Pan Patriota disegnato dagli strateghi del Comando Sud dell’esercito degli Usa, con l’uso di sofisticate tecnologie militari, con i satelliti, con aerei ed apparati non armati, con la disponibilità di una forza che supera i 400 mila effettivi e migliaia di consiglieri e mercenari gringos, con l’aiuto militare di Washington con decine di elicotteri e 10 mila milioni di dollari nell’ultimo periodo, aspirano in uno sforzo disperato a sconfiggere l’insorgenza e lo scontento popolare. Né il fuoco, né le bombe delle operazioni militari delle oligarchie e dell’impero, né le marce manipolate riusciranno a disarticolare la resistenza e la lotta per una Colombia Nuova, bolivariana.
La lotta armata in Colombia è vigente e ha luogo perché i problemi economici e sociali che la motivarono non sono spariti. Nel 1984, con l’Accordo de La Uribe, provammo la via elettorale della lotta, ma l’alternativa politica che definimmo, l’Unione Patriottica, fu sbarrata dagli spari. Cinquemila furono i morti per l’intransigenza del regime santanderista che opprime la Colombia. Per questo adesso lottiamo clandestinamente attraverso il Movimento Bolivariano per la Nuova Colombia.
Nelle FARC ci sono persone di principio. Siamo indios coraggiosi. Non ci seducono i canti delle sirene. Siamo pronti a ingaggiare il combattimento, con passo da vincitori, al Ayacucho del secolo XXI, al quale convochiamo tutti i popoli della Nostra America. Parafrasando Bolivar: «siamo come il sole, che diffonde i suoi raggi dappertutto».
Che ci può dire della versione del Presidente Uribe e del ministro della difesa di Colombia Juan Manuel Santos, che insiste nel dire che il Comandante Marulanda è morto non come conseguenza di un infarto, ma per gli intensi bombardamenti o per la paura?
Con questa trovata tanto il presidente Uribe, come il ministro della difesa Santos, stanno dando dimostrazione della più incredibile e straordinaria stupidità. Solo ad un imbecille potrebbe passare per la testa che il leggendario guerrigliero che si è scontrato per sessanta anni con 17 governi e tutti gli stati maggiori delle forze armate ufficiali di questo periodo, potesse morire di paura. Questa pretesa da tonti provoca solo ilarità ed indignazione. Come disse lo stesso Manuel: «a uno non lo si può ammazzare sparando parole».
Come si è decisa la scelta di Alfonso Cano come comandante massimo delle FARC e che cambiamento implica questa determinazione nelle guida dell’organizzazione?
Implica la continuità dei piani. In quanto a come si è designato Alfonso Cano come nuovo comandante, devo dire che è avvenuta per unanimità il 27 marzo, quando siamo venuti a sapere della infausta notizia della morte del Comandante in Capo. In questo stesso giorno abbiamo anche deciso di posticipare questa informazione il 23 maggio per farlo nel segno del 44° anniversario delle FARC. Tutto lo Stato Maggiore Centrale delle FARC, la segreteria e i combattenti fariani si stringono saldamente attorno al comandante Alfonso Cano.
Molti critici ed analisti assicurano che con l’arrivo del Comandante Cano si aprono nuove possibilità per iniziare una negoziazione; una nuova opportunità per lo scambio umanitario e la pace. Quale è la sua valutazione a queste affermazioni?
Le politiche delle FARC sono già definite, determinate dalle nostre Conferenze Nazionali ed i Piani dello Stato Maggiore Centrale. C’è una linea tattica e strategica elaborata collettivamente. La pace è sempre stata il nostro principale obiettivo strategico ed in questo concordiamo con il Libertador per il quale: «l’insurrezione si annuncia con lo spirito di pace, si resiste contro il dispotismo perché questo distrugge la pace, e non prende le armi solo per obbligare il nemico alla pace»...
Gli avvenimenti del 2 luglio che sono sfociati nella liberazione di quindici prigionieri parrebbero indicare che i riscatti militari sono una soluzione al problema. Che è successo nella selva del Guavire?
Nell’insperato riscatto di 15 prigionieri di guerra nella selva del Guavire, né Uribe né Santos, né i generali Padilla e Montoya sono gli eroi che vogliono apparire. Nella pretesa operazione hanno messo solo gli elicotteri; tutto il lavoro è stato realizzato da due traditori, i quali a loro volta sono stati traditi dai generali e dal governo.
Il successo è stato ampiamente utilizzato per la propaganda del Presidente, dei militari, della politica di Sicurezza Democratica, e soprattutto, per nascondere la scandalosa illegittimità ed illegalità del secondo mandato del signor Uribe, nato dalla corruzione che ha favorito la sua rielezione immediata. Il presidente Uribe ha cercato di dissimulare la sua vena di violento dittatore che attacca con tutto il fuoco della sua ira le manchevolezza della Corte che gli sono avverse. Agendo al di fuori del proprio stato di diritto pretende abbattere dal Palazzo Nariño, con poderose cariche esplosive, l’indipendenza della Corte. Già tiene sottomesso il ramo legislativo del potere pubblico; adesso vuole sottomettere quello giurisdizionale.
A proposito di questa liberazione del 2 luglio, il Comandante Fidel Castro ha detto che le FARC non avrebbero mai dovuto catturare Ingrid Betancourt e che nemmeno avrebbero dovuto tenere nelle condizioni della selva in prigione i soldati e i civili in potere alle FARC, questo lo segnala come un atto crudele.[iii] Che pensa di questo argomento del Comandante?
Non voglio esprimere i sentimenti che suscitano posizioni di questo tipo. Voglio solo dire che le FARC sono totalmente in diritto di cercare con tutti i mezzi la libertà dei combattenti guerriglieri prigionieri tanto nelle carceri del regime come in quelle dell’impero.
Cerchiamo una via d’uscita che ponga termine alla sofferenza della prigionia delle due parti contendenti. Bisogna pensare anche alla crudeltà e alle catene che sopportano i nostri nei sotterranei delle prigioni del regime uribista[iv] e in quelle dell’impero, che sono le stesse che patiscono i cinque eroi cubani e le migliaia di prigionieri violentati nei loro diritti come accade nelle carceri di Abu Graib e Guantanamo.
Voglio aggiungere che in Colombia alcuni dirigenti politici sono più militaristi e per la guerra dei propri militari. Molti di loro organizzano e sono protagonisti attivi della legislazione di guerra e della repressione contro il popolo della Colombia per conto del terrorismo di Stato.
Il presidente Uribe parla di accerchiamenti umanitari sui possibili accampamenti dove si trovano i prigionieri di guerra. Che significato ha questo annuncio per le FARC, è ancora valido l’ordine di non permettere il riscatto a sangue e fuoco?
Non esistono accerchiamenti umanitari, solo accerchiamenti militari. Questa storia degli accerchiamenti umanitari è un inganno per dare la sensazione di un controllo territoriale che non è mai esistito. Quello che esiste è un ordine infame del Presidente Uribe ai suoi generali di riscattare a sangue e fuoco i prigionieri, senza curarsi delle conseguenze. In queste circostanze, qualsiasi fatale soluzione sarà responsabilità del signor Uribe.
Il governo francese si è offerto di ricevere tutti i membri delle FARC che sono inclusi nell’interscambio. Se si concretizza lo scambio, le FARC saranno disposte a lasciare che i guerriglieri liberati vadano in un altro paese?
Questa impostazione è di per sé un affronto alla dignità dei guerriglieri delle FARC. I veri combattenti non cambiano le montagne con un umiliante esilio oltremare.
La Francia ha assunto il primo luglio la presidenza dell’Unione Europea. Per l’interesse di questo paese nello scambio umanitario le FARC valuteranno la possibilità di cercare il riconoscimento politico, il riconoscimento della belligeranza ed il ritiro del suo nome dalla lista dei gruppi terroristi?
Di fatto siamo una forza belligerante in attesa che, chiunque voglia aiutare la Colombia a trovare la pace, avanzi questo riconoscimento. È una condizione temporanea, finché non si risolve il conflitto delle legittimità. L’aggettivo di terrorista non è nulla di più che un’imposizione del più grande terrorista che l’umanità abbia mai avuto: il governo degli USA.
I media parlano diffusamente delle FARC colpite militarmente e politicamente, dimezzate tanto nel numero di combattenti come nelle risorse economiche. Gli analisti sostengono che le FARC stanno passando il peggiore momento della loro storia. Sono davvero tanto debilitate le FARC?
In realtà quello che li preoccupa è un’eventuale sollevazione dell’opposizione sociale grazie all’esistenza di una guerriglia bolivariana come le FARC, che ha già completato il dispiegamento strategico delle proprie forze su tutto il territorio nazionale. Per questo il Plan Patriota. Per questo l’escalation militare degli USA in Colombia. Per questo la sospirata conversione militare di Tres Esquinas in base militare statunitense nell’Amazzonia.
Se le FARC stessero sgretolandosi non starebbero annunciando lo spostamento della base di Manta in Colombia. Quello che si sta sgretolando è la putrida istituzione colombiana macchiata di sangue e di cocaina, di narco-paramilitarismo ed illegittimità.
Nella fase attuale è possibile che si arrivi ad una negoziazione di pace con il governo Uribe?
Con Uribe la pace non è nulla di più che una chimera. La soluzione politica del conflitto è possibile solo con un altro governo, e molto di più se è il risultato di un Grande Accordo Nazionale nel quale giochino un ruolo da protagonisti le forze del cambiamento ed il popolo sovrano.
Un nuovo governo che facendo della pace il suo obiettivo, raccolga le truppe nelle sue caserme e mandi i gringos a casa loro.
Qual è visione che le FARC hanno in questo momento del governo Uribe e della situazione dell’istituzione colombiana nel mezzo della tregenda della narco-para-politica e di altri scandali come quello della Yidis-politica?[v]
È un governo narco-paramilitare, illegittimo ed illegale. È sostenuto solo dal criminale appoggio del governo di Washington, il terrorismo di stato, la manipolazione dell’opinione pubblica attraverso le campagne mediatiche, i massacri, la spoliazione delle terre, la dislocazione forzata, la motosega, le frodi e la corruzione. Gli Usa hanno bisogno di un regime come quello colombiano, per utilizzarlo come testa di ponte per l’assalto neoliberale al continente.
Le FARC hanno detto che il governo di Uribe è illegale ed illegittimo. Perché quindi il governo si mantiene, secondo quanto diffonde la stampa colombiana, nei più alti livelli di popolarità; perché non cade questo governo?
Le inchieste non consultano il 70 per cento della popolazione che si dibatte nella povertà e nella miseria, né i più di 4 milioni di sfollati a causa del terrorismo di stato. Non consultano il 50 per cento della popolazione economicamente attiva che soffre l’angustia quotidiana della disoccupazione e del sottoimpiego. Non consultano i sindacalisti perseguitati, né gli indigeni violentati, né le negritudini dimenticate, né gli studenti repressi. L’80 per cento della popolarità di Uribe è una farsa ed è il risultato della più schifosa manipolazione dell’opinione pubblica.
Che si può attendere dalla nuova generazione dei comandanti che hanno assunto la guida delle FARC: una linea militare più dura o al contrario l’arrivo della politica totale?
Continuare sul cammino tracciato dall’indimenticabile Comandante in Capo Manuel Marulanda Vélez, cioè quello della politica totale, che è la lotta strategica per la presa del potere per la via delle armi e della insurrezione, con la quale si arriverà ad un governo rivoluzionario, o per la via della alleanza politica verso l’instaurazione di un governo veramente democratico, in consonanza con la Piattaforma Bolivariana per la Nuova Colombia.
Secondo i supposti computers sottratti al Comandante Raúl Reyes le FARC sono state finanziate dal governo del Presidente Hugo Chávez. Quanto c’è di vero in questo?
Se ciò fosse stato vero, avremmo già fatto cadere questo governo fantoccio degli Usa. Questa affermazione è solo un pretesto interventista. Ciò che deve richiamare l’attenzione del Latinoamerica e del mondo sono i 10 mila milioni di dollari che la Casa Bianca ha apportato al governo terrorista di Uribe per massacrare il popolo, farlo sparire, cacciarlo dalle proprie terre, depredarlo… la Colombia è il primo beneficiario di aiuti militari degli USA nell’emisfero ed il terzo nel mondo.
È evidente, il governo di Washington appoggia in questo modo i suoi prestanome prediletti nella destabilizzazione della regione, pensando di contenere la potente forza bolivariana che già si vede avanzare sull’orizzonte di questo secolo. Un tribunale dei popoli deve condurre al banco degli accusati l’impero rapace e violento che desidera continuare a soggiogare i popoli.
Le FARC finanziarono la campagna presidenziale di Rafael Correa in Ecuador? E con cosa?
Questo è un controsenso. Sono le FARC che necessitano dell’azione dell’internazionalismo solidale dei popoli del mondo.
Con tutte le difficoltà che si sono presentate intorno al tema della presenza guerrigliera come pretesto[vi] che ha generato la crisi diplomatica fra Colombia, Ecuador e Venezuela, non si pone la necessità di un ripensamento nella prosecuzione di questa forma di lotta, soprattutto di fronte alla minaccia latente degli USA, con l’argomento che agiranno contro coloro che considerano “sostenitori del terrorismo”?
La lotta armata non è in discussione. Le cause che l’hanno motivata non si sono modificate. La oligarchia chiede solo una pace che non tocchi i suoi privilegi, che non modifichi l’ingiusta struttura politica, economica e sociale che ha causato la povertà pubblica. La strategia di dominio degli USA è già tracciata ed il pretesto è l’aspetto minore. Quello che i gringos vogliono è il petrolio del Venezuela, il gas della Bolivia, le ricchezze dell’Amazzonia e la miseria per i nostri popoli.
Quello che serve è l’articolazione della resistenza alle politiche aggressive dell’impero. Voglio ricordare che nei fucili guerriglieri delle FARC resistono i popoli della Nostra America. E per quanto riguarda la pertinenza della lotta armata, una riflessione del Libertador: «anche quando siano allarmanti le conseguenze della resistenza al potere, non è meno certo che esista nella natura dell’uomo sociale un diritto inalienabile che legittima l’insurrezione».
Finché esistono le FARC nessuno potrà sottrarre il fucile al Che.
Le Guajira è del Venezuela come dice il Presidente Chávez?
Senza dubbio, la Guajira[vii] appartiene alla Colombia di Bolivar e del primo precursore dell’indipendenza della Nostra America, il generalissimo Francisco de Miranda. Il nostro criterio è lo stesso di quello espresso dal Libertador: «Ho dimenticato di dire a voi che abbiamo pensato di unire insieme due o tre metà dei dipartimenti di Boyacá, Zulia y Barinas per far sì che non ci siano più la frontiera tra Venezuela e Nueva Granada, perché questa divisione è quella che ci sta ammazzando, e per lo stesso motivo dobbiamo distruggerla».
Una riaffermazione finale: abbiamo giurato di vincere, y Venceremos.
(traduzione e note di Ciro Brescia)
[i] Ex parlamentare colombiano della Unione Patriottica, nel 1988 per sfuggire alle persecuzioni lasciò la UP e riprese il sentiero delle montagne. Uno dei dirigenti fariani più in vista, è stato accolto a Caracas dal presidente venezuelano nel Palazzo presidenziale di Miraflores insieme alla senatrice Piedad Cordoba, accompagnato da altri dirigenti della organizzazione insorgente per discutere dello scambio umanitario e della possibilità di trovare una possibile soluzione politica al conflitto, missione di mediazione avallata dal governo colombiano che poi venne troncata improvvisamente, senza preavviso e senza apparentemente valido motivo da Uribe. http://en.wikipedia.org/wiki/Iv%C3%A1n_M%C3%A1rquez
[v] Uno dei più eclatanti casi di corruzione che hanno permesso la rielezione del Presidente Uribe, insieme allo scandalo delle relazioni tra il paramilitarismo e i rappresentanti politici che ha coinvolto oltre settanta congressisti colombiani. Da notare certe similitudini con la situazione di Berlusconi:
[vi] Qui Parra si riferisce alla polemica dichiarazione di Chávez secondo la quale la guerriglia si sarebbe col tempo convertita in un pretesto per portare la guerra in America Latina, invitando le FARC a cercare altre forme di lotta ritenute dal presidente venezuelano più consone ai tempi che attraversa il continente. Questione a cui si fa riferimento nell’articolo Colombia: Stato ed Insorgenza Rivoluzionaria.