www.resistenze.org - popoli resistenti - corea del nord - 01-02-10 - n. 304

Pubblichiamo un estratto dell’intervista ad Alejandro Cao de Benos, presidente della Associazione di Amicizia con la RPDC (KFA, Korean Friendship Association) apparsa il 26 e 27 gennaio 2010 sul quotidiano l’Opinione. [vedi http://opinione.it/view_journal.php?file=26012010.opinione.pag10.c.pdf- http://opinione.it/view_journal.php?file=27012010.opinione.pag10.c.pdf]  

La KFA è una associazione senza scopo di lucro fondata nel 2000 e registrata in Catalogna, Spagna, con carattere mondiale, solidale e democratico.
Il suo scopo è promuovere l'amicizia e la solidarietà verso il popolo coreano mediante il sostegno alla Repubblica Popolare Democratica di Corea e all'indipendenza dei popoli, il sostegno alle iniziative di Pace e Riunificazione della penisola coreana ed essere promotore di un'azione tesa alla divulgazione della conoscenza della realtà esistente in Corea.
Non è una organizzazione politica, dal momento che non ha fini di potere né li desidera, è una associazione di carattere strettamente culturale. 
E' una organizzazione totalmente aperta a tutte le persone che hanno come ideale di vita la solidarietà, il progresso e l' aiuto degli altri Paesi. I membri della associazione sono persone di diverse nazionalità, credo, culture e idee politiche. Lo scopo comune è il sostegno della RPDC.
Il suo presidente è Alejandro Cao de Benos; Flavio Pettinari è il Delegato Ufficiale per l’Italia [www.korea-dpr.com/users/italy/].
 

Intervista ad Alejandro Cao de Benos, presidente della Associazione di Amicizia con la RPDC  

di Enzo Reale, l'Opinione
 
[…]
 
Ha dovuto pagare un prezzo personale per le sue convinzioni politiche?
 
Un prezzo molto alto, perché quella occidentale non è una società libera ma completamente manipolata dall’interesse delle classi dirigenti. Ho perso lavori importanti, amicizie che credevo consolidate, per anni ho avuto problemi con la mia famiglia. Ho sofferto molto. Adesso è diverso, sono una persona conosciuta e rispettata.
 
Si sente più libero in Corea del Nord?
 
Certamente. Vivo in un paese in cui la gente crede nei miei stessi ideali e non devo preoccuparmi continuamente di tenere d’occhio il portafoglio. E’ un modello sociale che permette di rilassarsi.
 
Quanti membri e quante sedi ha l’associazione che lei presiede? Come si finanzia?
 
Siamo 9000 associati in 120 paesi. Quasi tutto il denaro che ci serve proviene dalle mie tasche. Altrimenti ci finanziamo con la vendita dei nostri gadgets e con le commissioni sui contratti che procuriamo al governo nordcoreano, ma quest’ultima è una fonte d’ingresso piuttosto limitata. Per esempio in Italia abbiamo appena firmato un accordo con Indesit, per la fornitura di elettrodomestici a basso prezzo per la nostra gente.
 
Lei ha la cittadinanza nordcoreana. Ma cosa significa sentirsi nordcoreano?
 
Significa lottare per l’indipendenza e per preservare la cultura della nostra patria, con l’obbligo di creare qualcosa non solo per il proprio beneficio personale ma per l’insieme della società.
 
Chi seleziona la classe dirigente in Corea del Nord?
 
Il popolo, attraverso votazioni che si svolgono ogni quattro anni, altrimenti il sistema non si potrebbe sostenere.
 
Però Kim Jong-il è stato designato come successore da suo padre, Kim Il-sung.
 
Kim Jong-il è al potere perché lo ha voluto il popolo, non perché lo abbia designato suo padre. I nordcoreani non accetterebbero mai un leader imposto dall’alto, senza una traiettoria riconosciuta nella quale si potessero riconoscere. In quanto persona carismatica la gente lo accolse come naturale sostituto del Presidente Eterno. Non c’era nessun altro come lui.
 
Come vive la gente nella capitale e nel resto del paese? Che differenze ci sono?
 
Le zone rurali hanno ovviamente servizi ridotti rispetto alla capitale ma in generale nei villaggi si è sempre vissuto meglio che nella grande città. Per esempio, le famiglie possono coltivare di tutto sull’appezzamento di terreno a loro assegnato all’interno delle cooperative. Quando ci furono problemi alimentari i contadini sopravvissero molto meglio che i cittadini dei centri urbani. Inoltre il salario dei lavoratori dei campi è superiore a quello dei funzionari pubblici, quasi il doppio. Lo stato si fa carico di tutto, dalla casa, all’assistenza sanitaria, ai buoni alimentari.
 
Funziona ancora il Sistema Pubblico di Distribuzione degli alimenti (PDS)?
 
E’ la base del nostro socialismo. Ad ogni famiglia si assegnano delle quote per il cibo – uova, polli - ma anche per gli indumenti – scarpe, vestiti -. E’ vero che durante la crisi alimentare questo sistema venne ridimensionato ma non fu mai interrotto e dal 2000 è tornato sui livelli precedenti.
 
Come giudica in generale il livello di vita dei nordcoreani?
 
E’ una vita umile ma degna. La persona non deve preoccuparsi per il domani, non ha mutui da pagare, non ha paura di perdere il lavoro. Ogni sua necessità è coperta dallo stato.
 
Ci descriva il sistema politico nordcoreano.
 
E’ un sistema socialista basato sull’ideologia Juche, che ha al centro l’uomo come trasformatore della società.
 
In cosa consiste, secondo lei, la superiorità del modello nordcoreano rispetto al resto dei sistemi politici?
 
Nella capacità di garantire la soddisfazione dei bisogni essenziali dell’essere umano attraverso l’azione del governo inteso come benefattore del popolo. Nell’eliminazione della corruzione economica attraverso la redistribuzione delle risorse alla gente.
 
Crede che i nordcoreani siano felici del loro modo di vivere?
 
Sì, molto più che in occidente. I nordcoreani vivono in una società migliore dal punto di vista mentale, ideologico e spirituale.
 
Perché allora ci sono persone che cercano di scappare, rischiando la loro stessa vita?
 
Molti di quelli che in occidente chiamano “rifugiati” attraversarono la frontiera con la Cina negli anni della crisi alimentare, perché nel nord del paese le condizioni erano molto dure. La maggior parte di loro tornarono più tardi e solo poche centinaia di persone decisero di rimanere in Cina, convinte dalle promesse di un guadagno facile. Sono casi isolati, normalmente influenzati dalla propaganda. In molti casi ritornano e vengono nuovamente accolti. Non c’è nessun castigo per loro, contrariamente a quanto affermano certi media occidentali.
 
Perché gli stranieri che visitano la Corea del Nord devono sempre essere accompagnati da una guida ufficiale che non li lascia mai soli?
 
Perché la gente non li conosce e per ragioni di sicurezza dobbiamo mantenere una certa separazione. Ogni giorno gli Stati Uniti cercano di infiltrare spie nel nostro paese, di massacrarci con la loro propaganda per distruggere la nostra economia. Il popolo coreano è stufo di menzogne e di gente falsa.
 
Perché non c’è nessun tipo di opposizione al governo? Perché non si ascoltano mai opinioni dissenzienti dalla linea del Partito- Stato?
 
Perché nel nostro sistema socialista esiste un concetto di unità che ci porta a lavorare tutti per lo stesso progetto comune. In Corea abbiamo un’ideologia che fin da piccoli alimenta nei cittadini una naturale attrazione verso questo tipo di società, della quale tutti vogliono sentirsi partecipi. La chiave della vittoria del sistema sta nell’impedire l’entrata nel paese alla propaganda anti-socialista ma soprattutto nell’educazione delle nuove generazioni. Non ci sono voci discordanti perché nessuno in Corea tenta di imporre la propria visione al vicino.
 
Ci sono ancora nemici di classe in Corea del Nord?
 
Non solo nemici di classe ma persone che commettono errori e devono essere rieducate socialmente. Se la persona riconosce pubblicamente il suo errore – per esempio in un caso di corruzione – e si scusa pubblicamente, viene perdonata. Dipendendo dalla posizione che occupa sul posto di lavoro, può essere declassata.
 
Quindi continuano a svolgersi sessioni pubbliche di auto-accusa e indottrinamento ideologico.
 
Sì, nelle unità di lavoro e nelle cellule del Partito. L’idea è quella secondo cui ognuno forma parte di una grande famiglia e deve assumersene la responsabilità di fronte agli altri membri.
 
[…]
 
Testimonianze di rifugiati e perfino di ex membri del regime hanno denunciato la presenza di una fitta rete di campi di concentramento in territorio nordcoreano. Che cosa sono questi campi e chi vi è rinchiuso?
 
Non esistono campi di concentramento ma vaste porzioni di territorio in cui lavora gente comune, per esempio fattorie collettive o comunità dedicate a servizi forestali. Non ci sono prigionieri. Le dichiarazioni dei cosiddetti “rifugiati” sono profumatamente pagate da chi ha interesse a diffondere queste menzogne.
 
Ma ci sono anche immagini satellitari che dimostrano la presenza di campi recintati e sorvegliati.
 
I satelliti non chiariscono di cosa si tratti. Si vedono “cose”, non campi di concentramento. La presenza militare è dovuta al fatto che l’esercito è sempre in prima linea nei lavori più importanti e complessi. Le costruzioni che si vedono sono in molti casi basi militari o baracconi in cui alloggiano i soldati.
 
Lei nega l’esistenza di prigionieri politici in Corea del Nord?
 
E’ un fenomeno che non si produce nel nostro paese. Non ho mai avuto notizia di nessuno che abbia protestato contro Kim Jong-il, né ho mai visto scritte anti-governative sui muri delle città o dei villaggi.
 
Se non ha nulla da nascondere, perché il governo di Pyongyang non permette all’inviato per i diritti umani dell’ONU di entrare nel paese?
 
Tu apriresti la porta della tua casa a chi ha insultato e calunniato pubblicamente te e la tua famiglia? Sia l’ONU che Amnesty International si permettono, senza conoscere la realtà del paese, di pubblicare rapporti che danneggiano la nostra reputazione. Da chi sono pagate queste organizzazioni?
 
Lei crede che in Corea del Nord i diritti umani siano rispettati?
 
Sì.
 
Qual è la sua personale concezione dei diritti umani?
 
Tutti hanno diritto alla soddisfazione dei loro bisogni fondamentali, senza eccezione: casa, cibo, lavoro, una vita pacifica, armoniosa e felice. Questi per noi sono i diritti essenziali della persona.
 
Come descriverebbe il sistema economico nordcoreano?
 
Un sistema di proprietà statale e collettiva basato, per quanto possibile, sull’autosufficienza economica. Lo stato destina al popolo in maniera egualitaria i beni che possiede. L’agricoltura costituisce il 60 per cento dell’intera economia, il resto è industria pesante, in particolare bellica.
 
La grande carestia degli anni 1995-1998 avrebbe provocato, secondo alcune fonti, tra uno e due milioni di vittime. Sono vere queste cifre?
 
Non ci sono cifre ufficiali ma personalmente credo che non si siano superati gli 80.000 morti.
 
Lei cosa ricorda di quel periodo?
 
Ho visto morire gente, certamente. Anche senza mangiare, le persone lavoravano fino a 20 ore al giorno per aiutare il paese a risollevarsi. Molte di loro perdevano la vita sul posto di lavoro. Non c’era riscaldamento, né corrente elettrica, né acqua corrente. Ricordo tutti i negozi chiusi a Pyongyang, dove funzionava solo il sistema di distribuzione pubblica. Io mi nutrivo con un pomodoro, una cipolla e un pezzo di pane congelato della Croce Rossa.
 
Com’è oggi la situazione alimentare nel paese?
 
Quest’anno il raccolto è stato il migliore degli ultimi anni. Oltretutto stiamo modernizzando le attrezzature per il lavoro agricolo e uniformando le caratteristiche dei terreni. Non c’è nessuna emergenza alimentare nel paese attualmente e le cose possono solo migliorare.
 
Che prove ha di quel che afferma?
 
Visito regolarmente il paese in lungo e in largo, da nord a sud, da est a ovest. Vedo cooperative, ospedali, fattorie.
 
Si dice che Kim Jong-il abbia ordinato la chiusura di tutte le piccole attività commerciali private, sorte dopo la carestia e tollerate dal regime anche se illegali.
 
Non esistono attività private di questo tipo in Corea del Nord, non c’è un’economia alternativa a quella socialista. Tutti i chioschi o le bancarelle che si vedono nelle città o nei villaggi sono di proprietà statale: lo stato ne assegna la gestione a determinate categorie di persone a fini esclusivamente sociali. In questo modo le persone si sentono utili e socializzano con i vicini.
 
Che cosa dovrebbe succedere nel 2012, quando si celebrerà il centenario della nascita di Kim Il-sung?
 
Nel 2012 comincerà una nuova fase finalizzata alla creazione della superpotenza nordcoreana, non solo in termini politici e militari ma anche economici. Rafforzeremo l’industria nazionale, l’agricoltura e il commercio estero. Nel paese entrerà una gran quantità di moneta internazionale e ci troveremo nel punto algido del nostro sviluppo. Abbiamo riserve di petrolio, di oro, di minerali ma attualmente non possediamo le tecnologie per sfruttare queste risorse.
 
Lei, da occidentale, come giudica il culto della personalità verso Kim Il-sung e Kim Jong-il?
 
Non si tratta di culto della personalità. Io direi piuttosto che si seguono gli insegnamenti di un maestro. In Asia la figura del maestro e del padre è molto più importante che in occidente e la Corea del Nord ha conservato totalmente questa forma di rispetto nei confronti della guida. Kim Il-sung è il padre della nostra società.
 
Come sta Kim Jong-il?
 
Sta bene ma come ogni persona in età avanzata può a volte patire qualche acciacco. Si sono dette molte falsità in questi mesi, per esempio non è assolutamente vero che è stato operato al cervello. Non bisogna credere a nessuno perché in tutto il paese solo due persone conoscono lo stato di salute reale del nostro leader. E’ un segreto di stato.
 
Esistono fenomeni di diserzione o di ammutinamento tra i militari?
 
Ho molti amici nell’esercito e posso assicurare che le nostre divisioni sono compatte intorno al Partito e al suo leader. E anche se ci fosse qualcuno che pensasse diversamente, sarebbe molto complicato posizionarsi contro l’intera società. La principale paura in Corea del Nord è quella di un rifiuto sociale.
 
C’è molta polizia nelle strade?
 
Non è necessaria. In una società libera da problemi sociali, da conflitti, da estremismi, dalla droga, dalla prostituzione, in una società che si autoregola, ogni fenomeno di rottura della coesione verrà corretto dagli stessi cittadini. In Corea del Nord ogni cittadino è un sorvegliante che si incarica volontariamente di controllare il comportamento dei suoi vicini. I carcerati sono pochissimi e generalmente hanno problemi mentali.
 
Veniamo alla questione nucleare. L’impressione da qui è che Pyongyang utilizzi questa minaccia per ricattare la comunità internazionale. Qual è il reale obiettivo del nucleare nordcoreano?
 
Bush fece chiaramente intendere che gli Stati Uniti ci avrebbero invaso, inserendo la Corea del Nord nel suo famigerato Asse del Male. L’unico deterrente che avevamo era costruire il nostro arsenale nucleare. Vogliamo garanzie dagli Stati Uniti e non è con le sanzioni nel Consiglio di Sicurezza che si risolverà il problema.
 
Lei crede davvero che gli Stati Uniti abbiano intenzioni aggressive nei confronti della Corea del Nord?
 
Lo hanno già dimostrato nel 1950, massacrandoci con bombardamenti e armi batteriologiche.
 
Di quante atomiche è in possesso la Corea del Nord?
 
Abbiamo decine di bombe nucleari in grado di colpire bersagli intercontinentali. Possiamo tranquillamente raggiungere gli Stati Uniti.
 
L’estate scorsa due giornaliste americane furono catturate dopo essere entrate illegalmente in territorio nordcoreano. Cosa offrirono gli Stati Uniti in cambio della loro liberazione?
 
Questo è un segreto ma posso assicurare che fu qualcosa di molto importante, i cui effetti si vedranno solo nei prossimi mesi. L’improvviso riavvicinamento dell’amministrazione Obama nei nostri confronti rientra nei termini di quell’accordo.
 
Supponiamo che un giorno il regime di Pyongyang crolli, come il resto dei sistemi comunisti che lo hanno preceduto. Come vede il futuro dei 24 milioni di cittadini nordcoreani e il suo futuro personale?
 
Personalmente abbandonerei immediatamente tutte le mie cariche di governo, trasformerei la Korean Friendship Association (KFA) in un centro-studi dell’opera di Kim Il-sung e farei opposizione al nuovo governo dall’estero. Ai nordcoreani toccherebbe un destino simile ai cinesi, con tutte le disuguaglianze e i problemi che questo comporterebbe.
 
 

Resistenze.org     
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.