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- popoli resistenti - giappone - 13-01-11 - n. 347
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Dopo 60 anni "le vittime lottano ancora per la loro riabilitazione"
La persecuzione di decine di migliaia di comunisti in Giappone
Akahata (Giornale del Partito Comunista Giapponese)
13/01/2011
Nell'anno appena terminato ricorrevano i 60 anni dalle "Purghe rosse", un'epurazione di massa di simpatizzanti e militanti del Partito Comunista Giapponese verificatasi durante l'occupazione statunitense del Giappone nel dopoguerra.
Seguono estratti di un'intervista del giornale Akahata a Kaneko Keiki, l'uomo che conduce una battaglia per ristabilire l'onore delle vittime delle "Purghe rosse" e ottenere risarcimenti.
Nel 1949 cominciarono i licenziamenti di massa di comunisti giapponesi e sindacalisti in amministrazioni ed aziende private. L'anno seguente l'ondata di licenziamenti ingiustificati colpì tutti i settori dell'economia giapponese, espellendo circa 40.000 lavoratori dai loro posti di lavoro in quanto "sovversivi".
La "Purga rossa" nella strategia padronale e imperialista di distruzione del movimento comunista e di classe giapponese.
L'epurazione venne attivata dal governo e dal patronato giapponese sotto la direzione delle forze di occupazione nordamericane. Si trattava di fare del Giappone una "diga anticomunista", in piena emergenza per la lotta operaia e sotto l'influenza acquisita dal Partito Comunista Giapponese nel paese così come nel resto del mondo facevano i movimenti popolari su scala internazionale.
Le vittime e i loro famigliari subirono incalcolabili danni sociali ed economici. Le conseguenze furono così dure che alcuni addirittura si suicidarono. L'epurazione colpì fatalmente anche i movimenti nazionali di difesa delle condizioni di vita del popolo e dei diritti umani fondamentali, come il recupero di un'economia indipendente e una pace duratura. Fu l'atto che aprì la fase di subordinazione al padronato e agli Stati Uniti ancora così attuale
La giustizia giapponese continua a giustificare i licenziamenti della "Purghe rosse" e a legittimare le discriminazioni sul lavoro.
I governi statunitense e giapponese non si sono mai scusati per l'epurazione e nemmeno hanno mai risarcito in qualche modo le vittime. Il Tribunale supremo lasciò perdere il principio dell'indipendenze giudiziaria e dettò un verdetto umiliante di sostegno ai licenziamenti. Questa è la causa autentica delle discriminazioni contro i lavoratori sulla base delle loro convinzioni, che ancora esiste in molti luoghi di lavoro.
La lotta delle vittime è proseguita fino ad oggi sotto varie forme: petizioni, lotte legali e denunce. Gli avvocati giapponesi, infatti, denunciano l'illegalità dei licenziamenti e sollecitano risarcimenti per le vittime. Un inizio di riabilitazione?
Il momento cruciale per il nostro movimento sono state le raccomandazioni recentemente dirette al governo dalla Federazione degli Avvocati del Giappone (JFBA) e le sue sezioni locali di Yokohama, Nagasaki e Sendai. Queste raccomandazioni denunciano i licenziamenti di massa dei comunisti come una violazione della libertà di coscienza, dell'eguaglianza di ciascuno di fronte alla legge e della libertà di associazione. Si tratta di una presa di posizione che esorta il governo a riabilitare le vittime e a risarcirle per i danni causati.
Finalmente è stata riconosciuta l'illegalità della "Purghe rosse" fornendo così al nostro movimento i presupposti per giungere ad una soluzione giusta di questo lunghissimo contenzioso.
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