da
www.ptb.be - Parti du Travail de Belgique -PTB
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traduzione dal francese del Ccdp
"Bremer si crede in Texas"
Mohammed Hassan e Davide Pestieau analizzano un anno di
occupazione e la resistenza irachena
Due mercenari americani carbonizzati, appesi ad un ponte di Fallujah. Finora è
forse l'immagine più significativa della "guerra dopo la guerra" che
si svolge attualmente in Iraq. Mohammed Hassan e Davide Pestieau analizzano un
anno di occupazione ed un anno di resistenza irachena: "Gli Stati Uniti
organizzano la liquidazione totale dell'economia irachena".
Thomas Blommaert
28-04-2004
Nel 19 marzo 1917, l'occupazione britannica dell'Iraq ne è al suo primo giorno.
I "nostri eserciti non attaccano le vostre città ed il vostro paese come
nemici, ma come liberatori", dichiara il comandante in capo dell'esercito
inglese, il generale F.S Maude, alla popolazione della Mesopotamia di allora.
Quasi novanta anni più tardi, George W. Bush tiene un discorso quasi identico:
"Non abbiamo nessun interesse in Iraq se non allontanare il pericolo e di
restituire il controllo del paese alla sua popolazione". Una frase che
deve far sorridere Mohammed Hassan e Davide Pestieau. Ed ancor più vista la
drammaticità della situazione in Iraq. Un anno dopo, ci si rende conto a che
punto le parole di Bush erano dolorosamente vuote.
Il comando provvisorio, sotto la direzione di Paul Bremer, organizza una vera
liquidazione totale dell'economica irachena. "Anche se domani l'ultimo
soldato si ritirerà dal Golfo e un regime sovrano prenderà il potere, l'Iraq
continuerebbe ad essere occupato", mette in guardia Naomi Klein, una delle
figure di punta del movimento antiglobalista.
Il prevvedimento che salta più agli occhi, è
l' "Order 39". Quale è il suo contenuto preciso?
Davide Pestieau. L'"Order
39" costituisce sicuramente una rapina contro l'economia irachena. Questa
ordinanza precisa che duecento imprese pubbliche dovranno essere privatizzate,
mentre è scritto nella Costituzione irachena che i settori chiavi dell'economia
non possono stare nelle mani dei privati. Per questa operazione, gli americani
si sono ispirati ai loro stessi metodi nella Russia degli anni 90. Dopo la
caduta dell'URSS, si era similmente organizzato un'asta pubblica dell'economia.
Tutto come qualche anno fa in Russia, le multinazionali possono saccheggiare le
ricchezze irachene senza essere per nulla disturbate. Ma mai nella storia
mondiale, né in Africa né in Asia, il saccheggio non è stato organizzato in
scala simile a quella di oggi nell'Iraq,
Lo scrittore Tariq Ali ha scritto che l'Iraq
"è il primo paese dove vedremo gli effetti della colonizzazione del
ventunesimo secolo". Tutte le attrezzature che sono state distrutte con
tanta precisione ora devono essere ricostruite, ma soprattutto dalle ditte
private americane.
Davide Pestieau. La distruzione di
queste attrezzature era stata avviata da tempo. Non solo l'Iraq è stato messo
in rovina a due riprese ma ha dovuto subire anche dodici anni di embargo. Ciò
ha provocato probabilmente altrettanti danni al paese. Nel campo
dell'industria, dell'insegnamento e della salute l'Iraq è stato catalogato
dall'Unicef come i migliore del mondo arabo, prima del primo attacco degli
americani.
Ma Tariq Ali ha ragione, certamente. Halliburton, Bechtel e le altre
multinazionali ricostruiscono oramai l'Iraq col denaro iracheno. Nello stesso
tempo, le sovvenzioni delle Nazioni unite affluiscono verso queste ditte
private americane. Quando si conoscono i legami tra queste multinazionali ed i
governi americani, e la cricca che circonda Bremer, tutto è piu chiaro.+
Un anno dopo la fine ufficiale della guerra,
gli iracheni sono senza elettricità per
più di mezza giornata...
Mohammed Hassan. Naturalmente, gli
americani in primo luogo vogliono condurre un programma di privatizzazione, la
ricostruzione per il bene della popolazione non li interessa. Privatizzazione e
ricostruzione non vanno di pari in passo del resto. Gli americani sono occupati
a liquidare la vecchia rete telefonica irachena ed ad installare delle nuove
linee, americane beninteso.
Tutti i pezzi di ricambio provengono direttamente da ditte americane.
L'approvvigionamento dell'acqua, poc'anzi un servizio pubblico, sarà
privatizzato completamente dagli americani. Essi sostituiscono tutte le
installazioni di fabbricazione irachena o francese con quelle di fabbricazione
americana. Naturalmente, questo richiede tempo. Mentre al termine della prima
guerra del Golfo, agli iracheni erano occorsi appena tre mesi per reinstallare
l'elettricità ad un livello accettabile.
L'occupazione continua a scontrarsi contro
una imponente resistenza. Voi scrivete che gli americani non se l'aspettavano.
Come spiegate questo?
Mohammed Hassan. Le potenze
coloniali sono per definizione arroganti. Esse non si accostano alla situazione
con lo sguardo della popolazione ordinaria. Ciò avviene dal momento che sono
loro stesse accecate dal loro potere militare, dalla loro propaganda e dalle
marionette che le circondano. Aggiungete a questo che, per gli Stati Uniti, gli
iracheni sono un popolo primitivo e barbaro che, inoltre, non ha le armi per
restituire i colpi. Anche in Vietnam ragionavano nel modo seguente:
"Andiamo a terrorizzarli, bombardarli e massacrarli, infine avranno paura
ed accetteranno la loro sorte"
Fallujah è simbolo della combattività
irachena?
Mohammed Hassan. Assolutamente. La
resistenza a Sadr City (a Bagdad) è stata anche forte ma per la maggior parte
degli iracheni è Fallujah è sinonimo di resistenza contro gli americani. La
rivolta è esplosa prima ed è stata organizzata meglio. Ciò che si è fatto a
Fallujah è unico. Immaginate, il più forte esercito del mondo che accerchia da
tre settimane una città di 300.000 abitanti: Fallujah si batte per il mondo
intero. La popolazione di questa città mostra che una resistenza contro un
nemico tanto potente è possibile.
Nel vostro lavoro, andate alle origini di
questa resistenza eroica. Esaminate le fasi dello sviluppo della resistenza, ma
anche la storia recente dell'Iraq...
Mohammed Hassan. C'è la resistenza
spontanea e quella organizzata. La resistenza spontanea non ha né logistica né
direzione militare o politica. I servizi di polizia non fanno generalmente
troppo fatica a reprimere questa forma di resistenza. Ma, in Iraq, si può
difficilmente pensare che si tratti di resistenza spontanea.
Gli americani occupano l'Iraq con 135.000 soldati armati fino al denti, hanno
portato con loro tutta una coalizione ed in più sono appoggiati da mercenari.
69 servizi di informazioni operano inoltre, quotidianamente per destabilizzare
il paese e, ogni giorno, Paul Bremer riceve da 30 a 40 rapporti sull'Iraq. Ma
gli americani non riescono ad avere sotto controllo questo paese di 25 milioni
di abitanti, totalmente piegato da due guerre e da un embargo omicida. Per
questo la nostra conclusione, dopo lunga analisi, è che solo il partito Baath
(il partito di Saddam Hussein) aveva le capacità per riuscire. La resistenza ha
un scopo ed un programma ed essa lavora politicamente, socialmente e militarmente.
Davide Pestieau. Naturalmente
esistono altre organizzazioni e ci sarebbe quindi un fronte unito. Ma tutte le
analisi politiche di ogni tendenza sono d'accordo su questo punto: sono i
vecchi ufficiali del partito Baath che dirigono la resistenza. Non può essere
diversamente. Una settimana dopo la fine della guerra militare, la resistenza
faceva già capolino. È incredibile. Il Belgio, per esempio, aveva avuto bisogno
di alcuni mesi per mettere in piedi una resistenza degna di questo nome contro
i nazisti. Il partito Baath ha diretto tutto durante decine di anni, nessuna
altra organizzazione sarebbe stata in grado di mettere in strada la resistenza.
"Se solamente avessimo ascoltato Scott
Ritter", devono dirsi gli americani. Gia nel 1996, il vecchio ispettore in
armamenti diceva che l'Iraq era impegnato a preparare la resistenza del
dopoguerra.
Davide Pestieau. Durante le sue
ispezioni agli armamenti, Ritter non aveva trovato la minima traccia di armi di
distruzione massiccia, ma solo dei documenti sulla fabbricazione di esplosivi
improvvisati, sulla preparazione di imboscate, ecc. Egli dice: "Ciò che ho
potuto osservare allora - e comunicato ai servizi segreti americani - era il
lavoro preparatorio di una resistenza per il dopoguerra come quella che gli Stati
Uniti affrontano oggi in Iraq".
Questa testimonianza di Ritter non
contraddice indirettamente la storia dei "terroristi musulmani stranieri
che vengono in massa combattere in Iraq?"
Davide Pestieau. Sicuramente. Per
esempio, gli Stati Uniti devono già ammettere oggi che tra tutti "gli
attentatori suicidi", nessuno proviene da fuori dell'Iraq. Certamente,
degli stranieri sono presenti e partecipano alla lotta contro l'occupazione, ma
si tratta di una minoranza trascurabile.
L'autorità civile in Iraq è nelle mani della
Direzione provvisoria, ma, del lato iracheno, c'è anche un'amministrazione
interinale, il Consiglio di direzione. Quali sono le similitudini col Consiglio
arabo, chi, sotto l'occupante britannico, in 1920, aveva una funzione simile?
Mohammed Hassan. Il Consiglio
arabo e l'attuale Consiglio di direzione hanno molte cose in comune, con la
piccola diversità che il Consiglio di direzione è ancora peggiore del suo
lontano predecessore. Gli ufficiali britannici sostenevano da dietro le quinte
il ruolo di registi e gli iracheni dovevano recitare. Oggi, gli americani fanno
tutto, in Iraq,: sia i registi che gli attori. Il Consiglio di direzione si
ferma a guardare mentre Bremer decide tutto. L'organo stesso non ha
rigorosamente niente da dire. Un esempio: dopo i problemi con l'iman Sadr, a
Bagdad, Bremer si ha licenziato il preteso ministro degli esteri. In un tempo
record, difatti, Bremer si è tramutato in un detestato dittatore neo-coloniale.
Lui ed i suoi amici si comportano come delle persone primitive ed arretrate,
senza il minimo rispetto per la cultura e la storia dell'Iraq. Sono in Iraq, ma
si credono ancora nel Texas.
Davide Pestieau. Per i britannici,
era più facile colonizzare l'Iraq di allora rispetto agli americani oggi.
All'epoca, c'era una classe irachena feudale che era interessata
particolarmente a questa colonizzazione. Ma oggi, ottanta anni più tardi, chi
vorrebbe collaborare con gli americani? Dei gangster come Chalabi, dei
profittatori che, normalmente, dovrebbero imputridire in prigione. Allo stesso
tempo, gli occupanti non riescono ad arruolare degli iracheni nell'esercito o
nella polizia. Di quelli che l'hanno fatto, il 40% sono stati messi alla porta
e gli altri si fanno coinvolgere il meno possibile. Il 10% lavorano come infiltrati
per la resistenza. Un ufficiale superiore americano l'ammetteva ancora solo la
settimana scorsa.
Così dunque, si può concludere, come numerosi specialisti, che gli Stati Uniti
dovranno ancora dovere mandare molte truppe. Certe fonti parlano persino della
necessità di un esercito di 400.000 uomini, in Iraq. Ciò significa che la quasi
totalità delle truppe terrestri dell'esercito americano dovrebbe andare in
Iraq. Ciò ha creato anche dei problemi negli Stati Uniti stessi. Giovani,
insegnanti, idraulici, nessuno vuole andare a battersi in Iraq. Un'altra
opzione alla quale gli americani ricorrono già oggi, è l'impegno di volontari.
Tuttavia, l'uso dei mercenari non è solo molto caro ma provoca anche molti
malumori trai normali militari. Questi guadagnano alcune centinaia di dollari
per mese, mentre certi mercenari ricevono 1.000 dollari al giorno.
Immaginate che gli Stati Uniti abbiano
ragione della resistenza e controllino completamente l'Iraq. Cosa
significherebbe per il resto del mondo?
Mohammed Hassan. La causa di
questa guerra è la crisi strutturale dell'imperialismo americano. Dopo la
Seconda Guerra mondiale, il prodotto interno lordo (PIL) americano
rappresentava il 50% del PIL mondiale. Oggi, il 28%. La loro reazione è di
garantirsi il controllo dei territori strategici. In questo modo mettono sotto
pressione Europa, Giappone, ma anche la Russia e certamente la Cina. L'Iraq è
un caso test. Il paese detiene il 15% di tutte le riserve petrolifere mondiali,
ma il 90% del territorio non è ancora stato sondato. Se gli americani ottengono
il controllo dell'Iraq, estenderanno enormemente la loro influenza sulla
regione. Nel nostro libro, parliamo della teoria del domino. In questo caso,
l'OPEC dovrà cambiare nome e chiamarsi l'US-OPEC. E la seconda potrà cominciare:
il ricatto contro l'Europa, il Giappone, la Cina e la Russia. In effetti, gli
europei dovrebbero essere felici che un tale popolo, il popolo iracheni, esiste
e si batte contro gli americani. Per la loro propria indipendenza, ma anche per
la prosperità dell'Europa dell'ovest. Un europeo che non sostiene la resistenza
irachena, taglia il ramo sulla quale si è seduto in compagnia dei suoi bambini
e nipoti.
Per finire, come può succedere che un belga,
nato negli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam, ed un ex diplomatico
etiope, abbiano scritto insieme un libro sull'Iraq?
Mohammed Hassan. Il libro è
successivo ad una serie di interviste per "Solidaire". Hanno
suscitato tali reazioni che abbiamo pensato che dovevamo fare qualche cosa di
più, in un'intervista non si può approfondire tanto come in un libro.
Davide Pestieau. La ricchezza del
libro, sono i nostri contesti differenti. Mohammed ha una grande conoscenza
della storia araba ed è abituato ai media arabi. Conosco forse la stampa
occidentale un po' meglio. Questo ci ha portato ad un continuo confronto di
fonti e di idee. Abbiamo redatto il libro insieme dall'inizio alla fine ed
aspettiamo con molto interesse le reazioni e le critiche che susciterà.