da: www.rebelion.org - 06-05-2005
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“L’importante
non è il numero di combattenti, ma il numero di civili che li appoggiano"
Un'intervista con la resistenza irachena
Delegazione della CEOSI in Iraq
IraqSolidaridad
Abu Yusef [1] si qualifica
come rappresentante della “[...] corrente patriottica delle disciolte Forze
Armate Irachene integrate nella resistenza”. Abu Yusef, tranquillo nel parlare
e discreto nella gestualità, capelli e baffi appena brizzolati, d’età non
superiore ai 55 anni, è un ex generale. “Parte delle azioni della resistenza
irachena contro gli occupanti sono dirette da membri dell'ex-esercito
iracheno”, disciolto nell'estate del 2003, insieme al Partito Baath, da Paul
Bremer, amministratore civile dell'Autorità Provvisoria della Coalizione.
La formazione politica corrispondente, che comprende membri nazionalisti del
disciolto esercito iracheno, si denomina Movimento Ufficiali Liberi (MOL), il
cui nome recupera quello di una formazione clandestina di comandi militari,
nella tappa monarchica precedente la rivoluzione repubblicana del 1958. Insieme
al Partito Baath, all'Alleanza Patriottica Irachena ed all'Unione del Popolo
(organizzazione formata da dirigenti e militanti comunisti dissidenti dalla
linea collaborazionista del Partito Comunista Iracheno), il MOL sta
partecipando al dibattito per la formazione di un denominato Fronte di
Liberazione Nazionale [2] che dovrà presentarsi come il braccio politico
della resistenza militare all'occupazione.
Contro l’egemonismo ed il settarismo
L'incontro con la delegazione della CEOSI avviene in una casa di Baghdad, senza
particolari misure di sicurezza. Senza che sia necessario stabilirlo,
rinunciamo a registrare la conversazione, fotografare o filmare. Abu Yusef
anticipa, all'inizio del suo intervento, una chiara definizione della
resistenza irachena:
“La resistenza irachena respinge il terrorismo, il sequestro, l'estorsione,
l'assalto alle abitazioni e gli attacchi contro i templi; protegge le
istituzioni accademiche e pubbliche, perché sono patrimonio collettivo del
popolo iracheno. La resistenza irachena ha come obiettivo espellere gli
occupanti e preservare l'unità del territorio e del popolo iracheno”.
Abu Yusef non identifica la resistenza con una determinata corrente ideologica
nazionalista o islamista, né esprime che una o l'altra sia maggioritaria tra i
combattenti: “Le diverse componenti della resistenza condividono l'obiettivo
comune di espellere gli occupanti e respingono l'egemonia ideologica di una
corrente rispetto alle altre”. Abu Yusef è categorico circa il fatto che il
movimento degli insorti “[...] difenderà il principio di cittadinanza e
rispetterà la volontà popolare” una volta realizzata la liberazione del paese
dagli occupanti. Aggiunge che è necessario mantenere la resistenza armata
“[...] lontana dal fanatismo religioso o da qualunque identificazione etnica o
confessionale”.
Abu Yusef si unisce alla reiterata considerazione di tutti i nostri
interlocutori durante il nostro soggiorno in Iraq, del tentativo statunitense e
delle forze collaborazioniste irachene di fomentare artificialmente un
conflitto civile in Iraq [3]. È in quel momento della riunione che ci
viene mostrata, al riguardo, una lista che include un migliaio di nomi e dati
di persone presumibilmente contrarie all'occupazione e che dovranno essere
assassinate. La lista - passata alla resistenza da funzionari del Ministero
degli Interni Iracheno - è stata elaborata congiuntamente dalle milizie del
Congresso Supremo della Rivoluzione Islamica in Iraq (CSRII), l'organizzazione
Badr, e le milizie di Ahmad Chalabi, e confermerebbe l'avvio dell’attività
degli squadroni della morte in Iraq.
Allo stesso modo Abu Yusef criticò la fatua (editto islamico) dell'ayatollá
Al-Sistani, dello scorso 22 marzo, nella quale si sanziona la fornitura
d’informazioni ai servizi segreti e di sicurezza iracheni sulla resistenza e
l'opposizione, un editto “[…] che non solo non condanna l'occupazione, bensì
l'appoggia e la favorisce nel momento in cui si fonda sul progetto di scontro
interno iracheno”, indica il nostro interlocutore.
Obiettivi legittimi
Interrogato sul livello di unificazione raggiunto tra i distinti gruppi armati,
Abu Yusef segnala che “[…] la resistenza è in una fase di miglioramento della
sua coordinazione, mentre prosegue il processo di creazione di comandi
unificati” territoriali. Abu Yusef evita di rispondere circa il numero di
effettivi della resistenza segnalando che “l’importante non è tanto il numero
di combattenti, quanto il numero di civili che l'appoggiano”.
La resistenza irachena, aggiunge Abu Yusef, “[...] sta sviluppando
un'esperienza diversa da quella dei movimenti guerriglieri del periodo tra la
seconda Guerra Mondiale e la decade degli anni ‘70”, tenendo conto, inoltre,
che non dispone di basi sicure come fu il caso, ad esempio, del Vietnam. In
questo senso Abu Yusef si dimostra molto critico e pone in evidenza il fatto
che nessun paese arabo limitrofo all'Iraq presta alcun tipo di appoggio alla
resistenza e che, al contrario, questi collaborano con gli occupanti. La
resistenza irachena, aggiunge Abu Yusef, si finanzia esclusivamente con apporti
interni iracheni.
Abu Yusef differenzia quelli che definisce “obiettivi legittimi” dell'attività
armata, da quelli che non lo sono:
“Gli occupanti, i traditori ed i collaborazionisti [sono obiettivi legittimi
dell'attività armata]. Sono obiettivi della resistenza allo stesso modo la
polizia irachena e la Guardia Nazionale, milizie create dagli occupanti per
proteggersi dalla resistenza e che vengono attualmente utilizzate come
avanguardie delle forze d’occupazione [nelle operazioni di
controinsurrezione]”.
Tuttavia Abu Yusef è categorico nel segnalare che la resistenza non ricorre mai
ad auto-bomba, né perpetra attacchi indiscriminati che costino la vita a civili
iracheni. Aggiunge: “La resistenza ricorre ad attacchi con bombe ai bordi delle
strade [contro convogli delle forze d’occupazione], bombardamenti con missili e
proiettili di mortaio, lanciagranate ed armamento leggero”.
Abu Yusef ricorre all'espressione “carte mischiate” per descrivere la
confusione e manipolazione delle rivendicazioni via internet di azioni
legittime della resistenza come attentati terroristici da parte di gruppi
associati alla rete Al-Qaeda o Al-Zarqawi.. Abu Yusef segnala tuttavia che, in
certi casi, alcune delle azioni indiscriminate attribuite a queste trame sono
“opera [...] di correnti religiose di giovani arabi stranieri non associati ad
Al Qaeda” e svincolati della resistenza interna.
Sono ugualmente obiettivi legittimi l'infrastruttura petrolifera fintanto che
le imprese statali irachene forniranno di petrolio le imprese statunitensi del
consorzio Halliburton, così come i convogli dei camion cisterna che
approvvigionano di carburante le forze d’occupazione, e che abitualmente si
vedono nella rete di autostrade della periferia della capitale, scortati da
veicoli blindati statunitensi.
Tuttavia, Abu Yusef indica che non tutti i sabotaggi di oleodotti sono opera
della resistenza, un dato che ribadiranno altri interlocutori della delegazione
della CEOSI durante il nostro soggiorno in Iraq: in certe occasioni,
particolarmente al sud, ma anche nella rete Kirkuk-Ceyhan del nord, funzionari
iracheni associati a mafie stivano clandestinamente il petrolio versato o
incrementano la cifra della quantità di greggio bruciata in un attacco per poi
venderlo di contrabbando.
Ritirarsi dall'Iraq
“Siamo sicuri che gli USA se ne andranno dall'Iraq, che stanno cercando il modo
di uscirne. Per questo stanno stabilendo e proteggendo entità e forze [di
sicurezza] interne che rappresentano la continuità delle milizie dei partiti
venuti con gli occupanti: la loro lealtà è al denaro, non al paese”, segnala
Abu Yusef. Dopo aver citato Winston Churchill (“Gli statunitensi si sbagliano
una volta, tornano a sbagliarsi una seconda volta, ma alla terza indovinano”.),
Abu Yusef afferma di non avere dubbi sul fatto che quanto prima gli occupanti
dovranno aprire un negoziato diretto con la resistenza militare, tentativi di
negoziazione che, come altri interlocutori della delegazione indicheranno, già
si starebbero producendo da almeno otto mesi.
Note:
1. Abu Yusef non è necessariamente uno pseudonimo. E’ uso popolare, nei
paesi arabi, che gli uomini cambino il loro nome originale di battesimo con
quello del loro primo figlio o figlia preceduto da “padre di”.
2. La delegazione della CEOSI ha avuto accesso a due bozze di questo
documento, elaborato da diverse organizzazioni promotrici del Fronte. In uno di
essi si aggiunge alla denominazione di Nazionale anche quella di Islamico:
Fronte di Liberazione Nazionale ed Islamico. Vedere in IraqSolidaridad, in un prossimo
aggiornamento, la cronaca della riunione della delegazione con le quattro
organizzazioni menzionate promotrici del Fronte.
3. Abu Yusef enfatizza la tolleranza che ha caratterizzato
tradizionalmente l'Iraq con un esempio personale di curioso sincretismo
religioso: sua madre, musulmana, di fronte al ritardo nel restare incinta,
ricorse ad un'immagine della Vergine dei cristiani iracheni per riuscirvi, alla
quale accendeva candele in una certa chiesa.
Tradotto da Adelina Bottero e Luciano Salza