da: IraqSolidaridad ( www.nodo50.org/iraq ) - 28-06-2005
“Distruggere case, distruggere l'unico ospedale della città e della zona, quello è terrorismo”
di Sabah Ali - Baghdad, 20 giugno 2005
“In nome di Dio misericordioso.
A nome del popolo di Hadiza, delle sue donne, bambini ed anziani
Chiediamo aiuto a tutto il popolo dell'Iraq, ai popoli del mondo
Le truppe statunitensi, accompagnate dagli effettivi della Guardia Nazionale
irachena (GN), già da tre giorni stanno portando contro la nostra città
l'attacco più feroce che si possa immaginare. Hanno violato il nostro sangue,
il nostro onore, i nostri pacifici focolari domestici, nei quali non è stata
trovata una sola arma, né combattenti, né uomini armati. Hanno assassinato
anziani, donne e bambini; hanno bombardato le nostre case con aeroplani.
Giuriamo, nel nome di Dio, che in esse non c'era nemmeno un’arma. Hanno
ammazzato lo sceicco Ismael al-Zawi, iman della moschea di al-Seif, mentre
stava andando a pregare all'imbrunire. Hanno tirato fuori le nostre famiglie
dalle nostre case, occupandole ed utilizzandole come caserme. La GN ha rubato
tutte le proprietà delle nostre case, compresi i vestiti delle donne e dei
bambini. Hanno bloccato tutte le strade che vanno all'ospedale della città,
lasciando i feriti senza possibilità di ricevere cure. Hanno ammazzato donne e
bambini senza motivo; non c'erano combattenti tra di loro. Per favore, aiutate
il popolo di Hadiza; anche se fosse solo con una parola. I nostri luoghi sacri,
case, donne, sangue ed onore sono stati violati dalla GN che è venuta dal sud.
Maledicono i compagni del Profeta, per le strade e dall’alto dei loro carri
armati statunitensi. Maledicono l'Ahl al-Sunna [Comunità sunnita] ed esclamano:
“Questo è il giorno della vendetta contro di voi, sunniti” [1].
P.S.: abbiamo compilato elenchi di vittime, di persone assassinate, di danni provocati alle case e di furti”.
Questo messaggio fu inviato da Hadiza due settimane prima che andassimo lì all’inizio di giugno. Hadiza, simile a quasi tutte le città del corso alto dell’Eufrate in Iraq, è famosa per la bellezza dei suoi paesaggi, per la sua isola di macchia verde, per la sua società conservatrice, tanto a livello religioso come di abitudini sociali, e per le amare sofferenze con le quali è stata ossequiata dalle truppe occupanti e dalla Guardia Nazionale irachena.
Hadiza, la bella, sembrava realmente molto ferita dall’occupazione; con la tempesta di sabbia che la seccava il giorno che arrivammo lì, con le case distrutte o abbandonate, le strade chiuse tra una zona e l’altra, specialmente il cosiddetto settore occidentale vicino alla diga, dove si sono posizionate le truppe USA. Il silenzio prudente e teso con il quale i suoi abitanti si proteggevano, sospettando di qualunque estraneo. Tutto questo spiegava, in parte, il precedente messaggio di richiesta soccorso.
Quel giorno, gli abitanti di Hadiza erano particolarmente arrabbiati perché Muhammad Arif, Il Genio, come tutti lo chiamavano, era stato assassinato dagli statunitensi. Muhammad Arif era un ragazzo molto intelligente che studiava nell'istituto. Lo scorso anno terminò la scuola conseguendo un livello di punteggio eccellente, un 92; ma questo punteggio non gli permetteva di entrare nella Facoltà di Medicina, secondo il sistema educativo superiore iracheno. Per questo motivo decise di ripetere il corso per conseguire il livello 95, necessario per accedere agli studi di Medicina. Muhammad stava andando di mattina a scuola, quando un cecchino gli sparò in testa, ammazzandolo sul colpo.
Muhammad Omar era amico di Muhammad Arif Il Genio e gli spararono all'interno di una casa. Erano nell’autorimessa per prendere l'autobus che li avrebbe portati all'istituto. Omar andava a ritirare i voti finali, era stato promosso all'ultimo corso dell'istituto. Ma Omar non poteva parlare; era ancora sotto anestesia quando arrivammo all'ospedale. Aveva ricevuto uno brutto sparo nel braccio sinistro ed un altro al petto. Il suo corpo era tempestato di mitragliate.
Nella stessa sala del pronto soccorso, Muhammad Ibrahim, di 43 anni, un lavoratore della diga, aveva ricevuto un proiettile nel petto. Il suo stato sembrava stabile, “[] ma ci preoccupano le possibili complicazioni”, spiegò il Dr.Iyad. Ancora usciva sangue dal tubo collocato nel torace. Ibrahim riusciva appena a parlare: “Non so cosa sia successo, stavo guidando col mio amico per andare al lavoro, quando ci spararono”. Il suo amico era ancora in sala operatoria.
“Questo è il problema”, spiegò il Dr.Walid Abdul Jaliq, il direttore dell'Ospedale Centrale di Hadiza [2]. “Gli innocenti si vedono presi tra i combattenti e le truppe statunitensi. Due giorni fa, ad al-Haqlaniya [situata a sette chilometri ad est di Hadiza], sbarrarono la strada e prepararono alcune trappole militari che la gente normale ignorava. Spararono ad un impiegato del municipio ed a suo figlio; e quando potemmo raggiungerli il figlio era già morto dissanguato. Spararono anche un impiegato di questo ospedale che si era trasferito in una clinica; lo portammo a Ramadi [la capitale della provincia di al-Anbar] e ci morì nel tragitto. Nell'area della diga oggi hanno ammazzato due persone e ferito altre tre. È vero che qui ci sono dei combattenti, come per tutto l'Iraq, ma stanno ammazzando civili che non hanno niente a che vedere con essi: studenti, bambini”.
“Abbiamo notato che quasi tutti gli spari sono alla testa e nel petto”, osserviamo. “Sfortunatamente è così”, aggiunge il Dr.Walid. “La situazione è molto tesa. Siamo arrivati al punto che quando lasciamo le nostre famiglie al mattino non sappiamo se le vedremo di nuovo al ritorno, perfino quando la situazione è calma. Non ci sono cartelli sulla strada, né megafoni che avvisino che questa o quella zona sono pericolose”.
Abu Ammar, un cittadino di Hadiza, ci racconta quello che sta succedendo:
"Hadiza era una città tranquilla quando gli statunitensi arrivarono ed occuparono l'area della diga. Incominciarono a venire in città. Molta gente non l'accettò, essendo molto irritata da quella situazione. Ci furono resistenze. Molte persone importanti di Hadiza andarono ad incontrare gli statunitensi e chiesero loro di rimanere nei loro accampamenti nell'area della diga. Le strade e la piazza del mercato di Hadiza sono molto strette, come potete vedere, ma vennero con i loro veicoli a ruote multiple Humvees e Hummer, e con i carri blindati. Schiacciarono le automobili, spararono alle motociclette, ad un ragazzo di 16 anni spararono sulle rive del fiume, ecc.
“Non risposero alle richieste della gente. Quello che accadde il mese scorso fu che circondarono l'area di Haqlaniya. Bombardarono distretti civili dai loro aeroplani, anche con mortai ed artiglieria, ed ammazzarono molte famiglie che non avevano niente a che vedere con la resistenza, civili, donne e bambini. Occuparono case ed edifici, come per esempio l’hotel Primo Maggio. Ammazzarono dieci persone in un autobus che arrivava da Aaluse ed era occupato per la maggior parte da famiglie. Per quattro giorni, stettero a sparare a chiunque uscisse di casa. Tagliarono l'acqua e l'elettricità. Quando entrarono in Hadiza, incominciarono ad assaltare le case, picchiando gli anziani, rompendo oggetti, distruggendo abitazioni e negozi e facendoli saltare in aria.
“Assaltarono la casa dello sceicco Subhi, dopo che li aveva criticati nel sermone della preghiera del venerdì. Insistettero che indossasse la sua tunica ufficiale islamica ed il turbante, e quando lo fece l'umiliarono davanti a tutto il popolo e lo picchiarono duramente. Periodicamente ritornano e feriscono altra gente. E’ un procedimento di routine. Dovevi sentire che cosa è successo oggi nell’area della diga”.
“Che cos’è l'area della diga?”, gli domandiamo.
“È la zona dove vivono le famiglie degli impiegati della diga e della centrale energetica, circa 1.000 famiglie, un complesso residenziale; la maggioranza provengono da altre parti dell'Iraq, non da Hadiza. È denominato al-Wasta [“La terra di mezzo”]. Lì hanno ammazzato molta gente, tutti civili. Le case sono occupate, rinchiudono le famiglie in una stanza ed i soldati occupano tutta la casa per collocare i cecchini. In tale situazione alcune famiglie abbandonano le loro case. Gli statunitensi stanno utilizzando quella zona per impedire che la gente si avvicini alla base militare che hanno installato alla diga, che è a tre chilometri verso ovest. Quella zona è rimasta sotto stato d’assedio per mesi. Quando sparano non fanno differenza tra civili e combattenti, donne e uomini, bambini ed anziani. E se cercano qualcuno, tutta la sua famiglia e la sua tribù si trasformano in sospetti”. [3]
Hach Atala [4], di 80 anni, è un pensionato guardiano di un progetto d’irrigazione. Ha cinque figli che vivono con lui nella sua stessa casa; quattro sono sposati ed ognuno ha tra i cinque ed i sei bambini. In totale circa 25 persone vivono in casa sua. I figli sono occupati in lavori insignificanti in cambio di qualche soldo, i giorni in cui lavorano. Il 28 maggio, circa 20 soldati statunitensi assaltarono la casa, la perquisirono, fecero molte domande e se ne andarono dicendo “grazie” dopo avere condiviso con Atala le loro gallette, ma non la loro acqua. Diedero perfino cinque dollari a Faruq, un figlio di Atala mentalmente disabile che rimase contento della visita. Lo fu ancor più quando i soldati gli dissero “[] se vengono altri soldati, di’ loro che questa casa è già stata perquisita”.
Mezz'ora dopo un altro gruppo di 30 soldati statunitensi ed iracheni assaltò nuovamente la casa. Questa volta non si mostrarono amichevoli. Ruppero i mobili, dissero parolacce alle donne. Atala cercò di spiegare qualcosa ad un soldato iracheno ma questi gli intimò di tacere. Non trovarono nulla nella casa. Chiesero di uno dei figli. Era al lavoro; arrestarono suo fratello, che continua a permanere nella base militare di al-Baghdadi. Minacciarono le donne dicendo che se il figlio non si fosse consegnato nel giro di tre giorni sarebbero tornati per portarsi via gli altri.
Ordinarono di abbandonare la casa, senza permettere loro di prendere alcunché: né documenti, né denaro, né cibo, né vestiti, niente, neanche il Corano. Pochi minuti dopo fecero saltare in aria la casa dandole fuoco. I soldati impedirono che qualcuno cercasse di spegnere l’incendio. Rimasero lì fino a che la casa fu un mucchio di cenere, allora se ne andarono via. Abbiamo sentito parlare di questo tipo di pratica molte volte e vedemmo molte case fatte saltare in quel modo.
“Voglio sapere perché l’hanno fatto”, diceva Hach Atala piangendo dolorosamente. “Siamo poveri ed innocenti. In questa casa ci sono quattro famiglie. La mia casa è bruciata, la mia famiglia dispersa, mio figlio in prigione, non abbiamo più niente e non hanno trovato nulla nella casa. Credi che se mi presentassi al governo iracheno o statunitense questi mi ascolterebbero? Dove credi che possa andare a lamentarmi? Qui non c'è nessuna autorità”, lamentò sinceramente Hach Atala.
La sua tessera di razionamento era bruciata, così come le carte della pensione ed i documenti della casa. Sorprendentemente su un documento si era conservata una frase che diceva “Atala l'iracheno”. Una delle sue nuore aveva nascosto 500.000 dinari iracheni (circa 325 dollari) in un sacco di farina per timore dei ladri ed era bruciato tutto. Testimoni oculari spiegano che l'esplosione fu tanto forte che il tetto della casa saltò in aria, e tutto prese fuoco in un secondo. I canali della televisione via satellite che coprirono il fatto dissero che la casa era stata bombardata dall'alto, non fatta saltare e bruciata, come condizione perché la notizia venisse passata in TV. La povera famiglia acconsentì e l'informazione fu trasmessa per pochi istanti, senza menzionare alcun dettaglio della storia di Atala.
Lo sceicco Ismael al-Zawi, di 60 anni di età, era una delle personalità più conosciute di Hadiza. Era l’iman ed il muezzin della moschea Seif. Il 24 maggio, alle 4:20 dell'imbrunire, usciva della sua casa per andare alla moschea a chiamare alla preghiera. Era a circa due metri dalla porta di ingresso quando un cecchino gli sparò alla testa dalla casa di fronte. La pallottola entrò dalla parte destra del capo, uscì dal lato sinistro e fece un buco nella parete interna della casa. Lo sceicco Ismael non aveva niente a che vedere con la resistenza, non aveva armi, né una pallottola in casa sua.
Quando un vicino sentì il rumore e si avvicinò a vedere quello che era successo, lo stesso cecchino gli sparò, ma la ferita non fu mortale. Il buco della pallottola è ancora nella porta del giardino. Nelle stesse ore, due donne (Shakiba Mishan Molag, di 45 anni e Madiha Fallad Salim di 35), ed un bambino di otto anni, furono assassinati nella stessa strada, ovviamente dallo stesso cecchino.
Da parte sua, lo sceicco Abdul Yabar, un professore pensionato e direttore dell'Associazione degli Ulema Mussulmani (AUM) di Hadiza, si lamenta dei tanti problemi, furti, insulti, arresti e massacri di civili. Pensa che chiamare terrorista un musulmano è un insulto perché “un musulmano non può essere terrorista”.
“Distruggere case, distruggere l'unico ospedale della città e della zona, questo è terrorismo. Un ufficio dell'AUM fu assaltato tre volte e completamente distrutto. Niente rimase salvo. C'è una zona che è chiamata l'Area della morte”, ci spiega lo sceicco Abdul Yabar. “È localizzata tra la stazione di gasolio di al-Haqlaniya e la stazione ferroviaria di Hadiza. Qualunque automobile può trasformarsi in obiettivo, specialmente se si trattiene lì per qualche motivo, un'avaria od una gomma forata. Molte famiglie sono morte in quella zona. Una famiglia al completo, che arrivava da Rawa, fu assassinata; nella periferia di Hadiza, ad un'altra famiglia capitò che spararono in testa ad un bambino che era seduto tra suo padre e suo zio, in un luogo chiamato al-Jaffa. Quelle persone non erano terroristi e neanche combattenti: erano tutte dei civili, la cui esistenza si suppone sia legale [dal punto di vista del Diritto Internazionale]. Ma gli statunitensi non ascoltano. Ci siamo incontrati con loro, abbiamo chiesto loro di rimanere fuori dalla città, onde evitare problemi. Ma continuano a venire. Lo stato d’assedio è stato molto crudele, si volevano vendicare dell'attacco che subirono vicino all'ospedale, e nel corso di quasi una settimana non potemmo muovere neanche una tendina nelle case. Dopo l'assedio andarono via, ma gli aerei continuarono a sorvolare. I massacri continuarono, molte case furono distrutte fino alle fondamenta. Qui non c'è nessuna autorità. Tutti i nostri diritti sono stati violati. Dicemmo loro che era abbastanza, che grazie, avevano già compiuto sufficienti massacri e distruzioni, che se ne andassero. Abbiamo fatto appello alle Nazioni Unite ed alle organizzazioni dei diritti umani perché ci aiutino a denunciare le aggressioni e le ingiustizie, di cui non abbiamo alcuna responsabilità”.
Ibrahim Jalil è un pover’uomo, un contadino. Com’è normale, ha una grande famiglia con cinque figli, tutti sposati, che hanno molti bambini e che vivono tutti nella stessa casa. Più di tre mesi fa, alle due del mattino, la sua casa fu presa d’assalto da truppe statunitensi ed irachene. Chiedevano di qualcuno chiamato Isam. Non c'era nessuno chiamato così nella casa.
La madre disse loro che potevano entrare e cercare, senza rompere porte e mobili. Non ascoltarono. Ruppero porte, finestre, tutto. Rubarono 450.000 dinari iracheni, un orologio da polso, una carabina da caccia che valeva 65.000 dinari. Arrestarono tutti i figli, perfino uno che è paralitico dalla nascita e che si muove in sedia a rotelle. Furono arrestati strappandoli dai loro letti. La moglie del paralitico era incinta di sei mesi e, completamente atterrita, cadde in stato di shock. Incominciò a sanguinare fino a che diede a luce al suo bebè. Ora non può camminare, le sue gambe non la sostengono più.
La madre decise di non interferire in quello che le truppe stavano facendo. Era preoccupata per i bambini, le figlie, le nuore e l'anziano che stava tremando.
I figli furono strappati dai loro letti e trascinati a terra, con le mani legate e gli occhi bendati. Furono portati alla base militare installata vicino alla diga, per trascorrere lì la notte ed trasferiti alla base di al-Baghdadi la mattina seguente. Se li portarono via vestiti solamente col pigiama. Faceva molto freddo.
I figli furono picchiati molto duramente in entrambe le prigioni. Chiesero loro notizie dei “terroristi” e specialmente di qualcuno chiamato Oqba, che loro non conoscevano. In al-Baghdadi furono torturati calpestando loro le dita con gli scarponi militari e chiudendo il petto con un cinturone, stretto fino a far scricchiolare le costole e pestandogli la schiena con gli scarponi. Uno dei figli fu incappucciato con tre sacchi e gli occhi bendati due volte. Le manette di plastica alle mani erano tanto strette che si conficcarono nella carne. La cosa strana fu che un soldato statunitense disse ai soldati iracheni di togliere i sacchi e slegare le manette.
Tre settimane più tardi, tre dei figli furono liberati. Un altro rimane in prigione. Ora è ad Abu Ghraib. La madre è stata lì cinque volte per chiedere di lui e le diedero sempre numeri sbagliati. Dovette passare le notti all'aperto finché poté trovare il suo numero. Lo visitò due volte; ora sono quasi quattro mesi che è in arresto, senza un'accusa, solo come sospetto. “Ma perché lo trattengono, mentre i suoi fratelli sono stati liberati?”, chiediamo loro. “Ha tre dita tagliate”, risponde uno dei figli, che spiega:
- Dieci anni fa lavorava nell'industria militare e si ferì tagliandosi le dita. Gli statunitensi chiesero perché le sue dita erano tagliate e l'accusarono di terrorismo.
- Ma, questo non è logico!
- E che cosa c’è di logico?
Note di IraqSolidaridad:
1. Evidenzia il fatto che si tratterebbe di miliziani del gruppo paramilitare confessionale sciita al-Badr, del Congresso Supremo della Rivoluzione Islamica in Iraq, che insieme ai peshmerga curdi sono i principali componenti della Guardia Nazionale, il nuovo esercito iracheno.
2. Vedere la precedente cronaca sull'assalto all'ospedale di Hadiza in: Sabah Ali: 'Hadiza (I): La strategia statunitense di assalto ad ospedali: distruggere fino al punto che riparare sia impossibile.' Sulla donazione di materiale sanitario da parte della CEOSI a questo ospedale dopo l’attacco statunitense, si veda: La CEOSI consegna materiale sanitario per un valore di 5.000 dollari all’Ospedale di Hadiza.
3. L'occupazione di abitazioni è pratica abituale in Iraq, constatata dalla delegazione della CEOSI nell'area di Abu Ghraib. Si veda: Secondo messaggio della Delegazione della CEOSI in Iraq: Insorti e Controinsurrezione a sud di Baghdad. Abu Ghraib.
4. Hach, titolo di rispetto col quale si denominano tutti coloro che sono stati in pellegrinaggio a La Mecca.