da: www.uruknet.info - 08/10/2005
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Armando Fizzarotti - La Gazzetta del Mezzogiorno, 2 ottobre 2005
Confermata la presenza di un giacimento a Nassiriya, che interessa all’Eni,
dove opera il contingente militare nazionale. Il sottosegretario alla Difesa,
sen. Costa: «È una risorsa di sviluppo per un Iraq che stiamo aiutando a
rinascere». L’area dell’Iraq sud orientale - nella quale sotto comando
britannico operano i contingenti militari inglese, italiano, norvegese, rumeno,
danese, portoghese e lituano - nel proprio sottosuolo ha i giacimenti di
petrolio più grandi del Paese.
Nel Sud i “forzieri dell’oro nero”
È quanto ha dichiarato il comandante della Regione Sud Est della
coalizione, il generale di Divisione dei Royal Marines Jim Dutton, nel corso di
una teleconferenza con alcuni cronisti anglo-americani organizzata dal
Pentagono e da Washington ora pubblicata online.
Sotto il comando di Dutton - un veterano della guerra delle Falkland (1982) -
opera la task force multinazionale italiana, con sede principale a Camp Mittica
(presso Nassiriya e la base aerea di Tallil), a sua volta comandata da un
generale di Brigata italiano (in questi giorni la «corazzata»
"Ariete", proveniente dal Friuli, sta rimpiazzando la paracadutisti
"Folgore", che rientra in Toscana).
Dutton «rivela» l’esistenza dei campi petroliferi di di Rumaila, «che
rappresentano la maggiore risorsa del Paese».
Nella mappa diffusa in internet dall’American petroleum institute, ente
governativo del Dipartimento per l’energia statunitense, si può notare che ad
un centinaio di chilometri ad est / sud-est di Nassiriya - ma nella provincia
di Bassora, nel cui omonimo capoluogo ha sede il comando Divisione inglese - si
trovano i due enormi giacimenti di Rumaila (nord e sud), cui se ne aggiungono
altri quattro più lontani ad est e a nord.
L’Eni a Nassiriya
Ma nella stessa piantina sono segnati due giacimenti «minori» nella
provincia di Dhi Qar, di cui Nassiriya è capoluogo.
L’esistenza di un primo sito inesplorato, nell’area di competenza del
contingente italiano (liddove è anche operante una delle tre raffinerie del
Sud, sotto il controllo della Compagnia governativa South Oil) era stata già
«rivelata» a maggio scorso da "RaiNews24", in una inchiesta curata da
Sigfrido Ranucci. Si parlava di un vecchio accordo tra Saddam Hussein e l’Eni,
risalente a metà degli anni Novanta, per lo sfruttamento «del giacimento di
Nassiriya», il cui potenziale di estrazione secondo la stessa inchiesta è
stimato in 2,5-3 miliardi di barili.
La "Gazzetta" ora è in grado di confermare la circostanza, in base ad
uno studio della ricercatrice Valerie Marcel - "Il futuro del petrolio in
Iraq: scenari ed implicazioni", pubblicato nel dicembre 2002 dal
prestigioso Royal Institute of international affairs di Londra.
Nella sua pubblicazione, Marcel testimonia di un accordo per l’estrazione nel
«giacimento di Nassiriya» firmato con la South Oil Company da un consorzio
temporaneo d’impresa costituito dall’italiana Eni e dalla spagnola Repsol.
«Talks with both firms» scrive la specialista dell’Istituto britannico: un
accordo già potenzialmente operativo, con tanto di contratto firmato.
Un’ulteriore conferma viene da una tabella delle risorse petrolifere del Paese
pubblicata anche sul web dal "Petroleum Economist", con l’aggiunta
che il negoziato di Eni/Repsol con il «rais» ebbe inizio nel ’98.
L’operazione militare anglo-britannica che ha rovesciato il regime di Saddam
scattò poi il 1° marzo 2003.
Da Bassora all’Iran
Ulteriori pubblicazioni forniscono di tutta la Regione sud orientale del Paese
un «quadro petrolifero» più completo, nel quale la zona di Nassiriya - dove
comunque, è bene precisarlo, non sono mai ancora stati installati neanche una
trivella o un pozzo di estrazione - si rivela strategicamente interessata
all’area produttiva di Bassora.
Già nell’aprile 2003 il giornale "Gulf News" edito negli Emirati
Arabi parlava delle enormi potenzialità del giacimento di Majinoon - che godeva
delle «attenzioni» della francese Totalfina Elf - circa 150 chilometri a nord
est del capoluogo del Dhi Qar, ma nella provincia di Maysan, al confine con
l’Iran.
Lo stesso articolo sottolineava già allora, con la guerra «ufficiale» ancora in
corso, le difficoltà e gli alti costi necessari per sfruttare queste risorse,
data anche l’insufficienza delle infrastrutture esistenti nel Paese.
Certo un paradosso, in una nazione dove il pieno per l’automobile lo puoi fare
con un paio di euro, ma dove proprio per la scarsezza di una rete efficiente la
popolazione non ha benzina a sufficienza per i propri fabbisogni.
Infine, a corredo di un articolo sul nuovo importante contratto stipulato
dall’Eni in Alaska, il 28 agosto scorso il giornale statunitense
"Petroleum news" ha reso noto che la Società italiana - alla guida
della quale siede Paolo Scaroni da poco prima dell’estate - ha iniziato ad
estrarre 55mila barili di petrolio al giorno dai pozzi di Darkhovin. Questo
campo è in Iran, presso la città di Ahvaz, al confine con l’area di Bassora, da
dove il generale Dutton il 5 agosto si è collegato in teleconferenza con il
Pentagono.