www.resistenze.org - popoli resistenti - libia - 05-11-13 - n. 473

Lo squartamento libico

Tutto sembra indicare che la frammentazione in determinate aree di influenza sia una tendenza difficile da contrastare nella Libia odierna

Nestor Nuñez Dorta | lahaine.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

05/11/2013

L'opera dei "combattenti per la libertà", che misero fine al governo di Tripoli, con l'aiuto degli Stati Uniti, dei loro partener dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO), della destra araba, del sionismo e islamismo estremista, ha recentemente maturato i suoi primi frutti.

Si tratta della secessione della Cirenaica per conto di una cosiddetta Giunta delle Comunità, che comprende le bande armate coinvolte nella passata "ribellione", i capi di tribù locali e, di certo, i rappresentanti delle grandi imprese monopolistiche legate al petrolio, interessate al bottino di un paese strategico per il dominio delle rotte mediterranee e con grandi riserve energetiche.

Così, secondo Adeb Rabbo Hamid Barasi, nominato primo ministro del nuovo governo autonomo, si da per realizzata l'istaurazione di una repubblica federale autonoma che in seguito si chiamerà con il nome di Barqa, controllata da un consiglio di ventiquattro ministri, ma dove le funzioni di Difesa e degli Esteri rimarranno all' "esecutivo centrale", definizione che alcuni analisti identificano come una sorta di potere quasi intoccabile e molto vicino ai gruppi estremisti islamici fortemente coinvolti nelle azioni che hanno deposto le autorità di Tripoli.

Secondo lo stesso Barasi, l' "indipendenza" ha come obiettivo quello di controllare la più grande zona fornitrice di petrolio libico e stabilire uno stretto controllo sulla "sicurezza interna".

Nel frattempo, i media occidentali indicano che "le tribù e le milizie hanno basato la loro decisione sulla partizione regionale istituita nel 1951 dall'allora re Idriss, che divise il Paese in tre stati: Cirenaica (Barqa), Tripolitania (ovest, dove Tripoli è la capitale) e Fezzan, nel centro-sud.

In Cirenaica si trova anche la città di Bengasi, da dove si diede inizio alla rivolta contro il governo di Muammar Gheddafi, e dove sono accaduti notevoli episodi di violenza dopo la presunta vittoria dei ribelli.

Così, di recente è stato colpito nella propria casa il direttore del traffico aereo della città, il colonnello Abdel al Towahni, portando a quindici il totale degli alti comandanti militari morti nella città in questi ultimi anni per mano dei gruppi jihadisti, autori anche dell'attentato che poco più di un anno fa costò la vita di Christopher Stevens, allora ambasciatore degli Stati Uniti in Libia.

E mentre il Consiglio Nazionale di Transizione, che fa le veci del governo nazionale, dichiara illegale la decisione dei gruppi armati che operano in Cirenaica, tutto sembra indicare che la frammentazione in determinate aree di influenza sia una tendenza difficile da contrastare nella Libia odierna.

Da mesi, le poche informazioni provenienti da quel paese insistono nel caos seminato dalle bande che hanno deposto Gheddafi, le quali non solo conservano tutti i loro equipaggiamenti, ma rifiutano anche di integrarsi in un esercito unico, sotto il comando di un governo nazionale.

Insomma, la violenta ingerenza guidata dall'Occidente, le satrapie arabe, il sionismo e l'islamismo estremista, non ha fatto altro che promuovere le ambizioni dei signori della guerra e dei gruppi con aspirazioni del tutto particolari che minacciano l'unità dello Stato libico e, come logico corollario, la sua stessa esistenza.

Come ha ben rilevato un esperto qualche mese fa, nella Libia del post Gheddafi "sono una sessantina di milizie i veri centri del potere. Incapaci di eliminarli, il Consiglio Nazionale di Transizione utilizza alcuni come forze ausiliarie in casi di emergenza, mentre altri vanno registrandosi tra i vari partiti politici o tentano di dotarsi di uno spazio geografico dove imporre la propria volontà, in una tendenza molto pericolosa".

Di conseguenza, una vera anarchia sanguinosa caratterizza il futuro della Libia, che adesso si aggrava e acquisisce i rischi di una vera "morte nazionale" con il distacco forzato della Cirenaica, che amputa la frontiera orientale del paese, tagliando fuori gran parte del Golfo di Sirte, che le strappa l'importante porto di Bengasi e pregiudica i volumi più significativi della sua ricchezza petrolifera.


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