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- popoli resistenti - niger - 16-06-08 - n. 232
La guerra dell’uranio in Niger
Il 15 maggio 2008, la Corte suprema del Niger ha respinto la richiesta di libertà condizionata di Moussa Kaka, corrispondente di Radio France Internationale. Il giornalista è carcerato da otto mesi per i suoi contatti con la ribellione tuareg. Questa, effettivamente, nel febbraio del 2007, aveva ripreso le armi per chiedere una ripartizione più equa dei proventi dell'uranio. Nella regione di Agadez, dove opera il gruppo nucleare francese Areva, sono già 85 i soldati uccisi.
"Se l'unica voce che si ascolta è quella delle armi, quella è la nostra scelta", ha dichiarato il Movimento dei Nigerini per la Giustizia (MNJ) (1), formazione a maggioranza tuareg che, dodici anni dopo gli accordi del 24 di aprile 1995 tra il governo ed una prima rivolta armata, ha ripreso le fila della lotta contro il potere centrale. Il movimento si è esteso fino alla zona del lago Chad, nel sudest del Niger. Gli scontri iniziarono nel febbraio 2007 nella regione di Agadez, nel centro del paese. Il MNJ, composto essenzialmente da ribelli che si erano già uniti nel 2007, da disertori dell'esercito regolare ed alcune autorità locali elette democraticamente, moltiplica gli attacchi contro le zone militari e i simboli dello Stato.
Oltre all'applicazione effettiva degli accordi del 1995 (che prevedono espressamente l'instaurazione della decentralizzazione), il MNJ reclama il trasferimento del 50% delle entrate minerarie alle collettività locali, la contrattazione prioritaria delle popolazioni autoctone in questo settore lavorativo, che si mantenga il "marketing" dei permessi di sfruttamento delle materie prime e la sospensione delle attività di ricerca nelle zone di allevamento del bestiame.
La tensione salì nel luglio del 2007, quando il MNJ prese come ostaggio un dirigente della compagnia "China Nuclear International Uranium Corporation"(Sino-Uranium). Allora, il MNJ chiese a tutti i paesi stranieri di evacuare i loro connazionali che si trovavano in Niger "per motivi di prospezione o sfruttamento delle risorse minerarie."
Il Niger è il terzo esportatore mondiale di uranio. La sua produzione annuale, valutata in 3.300 tonnellate, rappresenta il 48% delle sue entrate dall’esportazione. Nel 2003, dopo venti anni di ribasso, il corso dell'uranio prese a risalire: la crescita del fabbisogno mondiale di elettricità e la logica di riduzione delle emissioni di gas serra predicono un buon futuro alla nuclearizzazione civile (2). Con l'orizzonte del 2030, l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA) ha previsto un aumento, come minimo, del 20% dell’energia nucleare installata nel mondo (l’83%, secondo previsioni più ottimiste). Secondo la World Nuclear Association (WNA), oltre ai 34 reattori elettronucleari che si stanno costruendo, ne sono previsti altri 93, principalmente in Cina, India, Giappone e Russia. Le necessità crescenti di combustibile nucleare, così come la prospettiva dell'esaurimento delle sue risorse denominate "secondarie" (specialmente l'uranio militare riconvertito) riattivano l’esplorazione e l'estrazione mineraria dell'uranio naturale.
Anche se ricco di uranio, il Niger è uno dei paesi più poveri del mondo (occupa la posizione 174 su 177 nella scala dello sviluppo umano) e deve affrontare regolarmente gravi crisi alimentari. Niamey mostra rinnovato interesse per il combustibile nucleare, come una possibilità senza precedenti nella "battaglia dello sviluppo economico e sociale" (3).
Per aumentare le entrate minerarie del Niger, il presidente Mamadou Tandja ha diversificato le società. L'uranio è sfruttato da due società franco-nigerine, delle quali l’Areva NC (4) è azionista maggioritaria: la Società mineraria dell'Air, Somair (63,4%) e la Compagnia mineraria d'Akouta, Cominak (34%). Il 26 giugno ed il 25 luglio di 2007, il responsabile della sicurezza del gigante francese dell'energia, il colonnello Gilles de Namur, e poi il direttore locale del gruppo, Dominique Pin, furono espulsi, accusati di appoggiare il MNJ (5). Comunque, le relazioni tra Parigi e Niamey si normalizzarono nel gennaio 2008, quando il governo nigerino confermò i diritti di sfruttamento dell’Areva sul gigantesco giacimento di Imouraren, destinato a diventare una delle maggiori miniere di uranio del mondo. In cambio, il prezzo d’acquisto pagato dall’Areva è aumentato del 50%.
Anche se la presenza dell’Areva in Niger non è in discussione, Niamey commercializza già direttamente nel mercato una parte della produzione (300 tonnellate nel 2007) e in Niger il monopolio francese dell'estrazione dell'uranio è finito. Nel novembre 2007 la Sino-Uranium, filiale dell'impresa pubblica China National Nuclear Corporation (CNNC) che dal 2006 sfrutta l'importante concessione di Tegguida, ottenne il permesso di sfruttamento del giacimento di Azelik. Inoltre sono stati assegnati diversi permessi di prospezione ad una ventina di società "giovani" canadesi, australiane, sudafricane, indiane e britanniche.
Le concessioni minori (accordate o in via di negoziazione) si estendono su circa novantamila chilometri quadrati al confine occidentale del massiccio dell'Air (regione di Agadez), territorio situato tra la frontiera algerina e la scogliera di Tiguidit. Non è stata fatta alcuna consultazione tra le popolazioni del nord- le almeno trecentomila persone, principalmente tuareg, le cui terre ancestrali sono state concesse alle compagnie. E’ stato intimato agli abitanti della zona di Tegguidda Tessoum (ovest di Agadez) di evacuare la zona, di circa 2.500 Kmq, concessa alla Sino-Uranium. La Níger Uranio Limited quando cominciò l’esplorazione a Ingal e Ighazer, proibì agli allevatori l'utilizzo dei pozzi pastorali. Nei paraggi di Imouraren, le attività di esplorazione dell’Areva fanno fuggire il bestiame e rendono impossibile l'attività dell'allevamento.
Le occupazioni tradizionali delle popolazioni- l’estrazione artigianale del sale, l’agricoltura nelle oasi e soprattutto l'allevamento transumante - così come il complesso equilibrio organizzativo, sono seriamente minacciate. La futura zona mineraria copre le principali aree dell'allevamento nomade, con i ricchi pascoli della pianura di Ighazer (6), dove si radunano annualmente decine di migliaia di allevatori.
Scorie radioattive immagazzinate all'aperto
Inoltre, la messa in produzione dei nuovi siti, prevista verso il 2010 (Azelik) e il 2012 (Imouraren), fa tornare le paure sorte al primo esame della situazione radiologica e sanitaria delle due città minerarie esistenti, Arlit ed Akokan. Questo studio è stato fatto tra il 2003 e il 2005, a richiesta dell'associazione locale Aghir In Man, dalla Commissione di informazione e ricerca indipendente sulla radioattività (Criirad) e dall'organizzazione non governativa di giuristi Sherpa (7).
Secondo la Criirad, l'acqua distribuita alla popolazione di più di mille abitanti presenta livelli di radioattività che superano i limiti delle norme internazionali di potabilità. Da vari decenni i residui radioattivi vengono immagazzinati all'aperto. I rottami che derivano dal lavoro delle macchine vengono rivenduti nei mercati, la popolazione li ricicla e li utilizza come materiali da costruzione o per fare utensili da cucina. Nel maggio 2007, la Criirad indicò alla direzione dell’Areva ed al Centro nazionale di protezione dalle radiazioni del Niger la presenza in ambito pubblico di residui dell'estrazione, così come livelli di radiazione gamma fino a cento volte superiori allo stato normale. In assenza di un'autentica perizia scientifica, i rischi per la salute sono difficili da valutare a lungo termine (8). Tuttavia, lo Sherpa sottolinea la moltiplicazione di casi gravi di malattie respiratorie e polmonari che sarebbero sistematicamente nascosti ai pazienti nei due ospedali costruiti ed amministrati da Somair e Cominak. Entrambe le società minerarie sono il secondo padrone del paese dopo lo Stato e le loro enormi necessità di forniture ricadono su un gran numero di imprese. Tuttavia, operano essenzialmente nel sud (Haoussas e Djermas), in zone più preparate e meglio rappresentate nelle sfere amministrative e politiche, che hanno influenza nei posti chiave e si avvantaggiano dei principali contratti. La popolazione locale tuareg, poco scolarizzata e che vive in maniera tradizionale, resta ai margini dell'economia delle città minerarie.
Negli anni 1973-1974, poco dopo l'inizio dello sfruttamento della miniera di Arlit, quando la siccità decimò più del 75% del loro bestiame, molti tuareg presero il cammino dell'esilio, verso le grandi città e verso l’Algeria e la Libia. Alla fine degli anni ottanta, circa ventimila di loro ritornarono al paese, stimolati dal discorso di "normalizzazione" del colonnello Ali Salbou, che metteva fine a tredici anni di "stato di eccezione" del generale Seyni Kountché. Il Niger attraversava allora una crisi economica e non si trovarono i mezzi per assorbire questo ritorno massiccio. L'illusione della flessibilità del regime si dissolse rapidamente, dopo che, nel maggio del ‘90, ad uno scontro tra tuareg e forze dell'ordine a Tchin Tabaraden , seguì una violenta repressione (9). L'assenza di sanzioni si aggiunse alle frustrazioni accumulate dai tuareg, il cui sentimento di marginalità si tradusse, nell’ottobre del 1991, nell'esplosione della prima ribellione. Sulla carta, gli accordi di pace di 1995 prevedevano, oltre al reinserimento di quelli che si erano ribellati, misure favorevoli allo sviluppo del nord così come l'instaurazione del decentramento, al quale sarebbe seguito un trasferimento alle collettività territoriali dei proventi generati dallo sfruttamento minerario.
Dodici anni più tardi il decentramento non è ancora completato ne è arrivato alle municipalità competenti il trasferimento del 15% delle entrate minerarie che, senza avere alcun effetto, era stato approvato nel 2006. Peggio ancora, si sta portando a termine la concessione di nuovi permessi minerari senza prevedere alcuna misura compensativa. "Noi tuareg siamo una nullità di fronte alle preoccupazioni economiche dei governi", afferma Issouf Ag Maha, sindaco democratico del municipio di Tchirozérine esiliato in Francia, "vogliamo soltanto che il potere nigerino e le società minerarie tengano in conto che viviamo in queste terre."
Nell’agosto 2007, nella regione di Agadez, venne promulgato uno stato di "allerta" (una modalità dello stato di eccezione). Da allora le organizzazioni di difesa dei diritti umani denunciano arresti e detenzioni arbitrarie, più di cento, con quasi settanta esecuzioni sommarie di civili perpetrate dall'esercito nigerino (FAN) in rappresaglia agli attacchi del MNJ. Si segnalano torture, violazioni, saccheggi e massacri di greggi, che sono in molti casi l'unica fonte di sostentamento degli abitanti della regione. Nei suoi dislocamenti, il FAN avrebbe anche utilizzato civili come "scudi umani", specialmente per proteggersi dalle mine. Queste azioni causano spostamenti massicci di popolazione. "Ad Iferouane è rimasto solo l'esercito, tutti gli abitanti sono fuggiti", ha dichiarato il responsabile di una piccola associazione che, come molti altri, ha dovuto abbandonare le proprie attività nella zona. La paura delle rappresaglie e le mine nelle strade ostacolano sempre più l’approvvigionamento. I prezzi esplodono e la stagione turistica, fonte di entrate, non è esistita.
I tentativi di mediazione della Libia, del Burkina Faso e dell'Unione Africana non hanno dato risultato. Il presidente Tandja si rifiuta di negoziare con i ribelli che qualifica "banditi e narcotrafficanti." La zona del conflitto è proibita ai giornalisti (10). Niamey proclama il suo diritto a disporre liberamente delle sue risorse naturali ed invita i nigerini a cercare l'origine della crisi nell'importanza strategica del paese. A metà di aprile del 2008, l'Assemblea Nazionale ha esortato il governo a "prendere tutte le misure per stabilire un regolamento pacifico e duraturo del conflitto" che costituisce una "grave minaccia per la stabilità di Niger." Una richiesta, per il momento, senza conseguenze.
Note:
(1) comunicato del 29 aprile del 2008 del MNJ.
(2) Organisation di coopération et di développement économiques-Agence internationale dell'énergie, World Energy Outlook 2007. China and India Insights, 2007. Anche se la parte di nucleare nella produzione mondiale di elettricità dovesse continuare ad essere stabile tra il 13 e il 16%, aumenterebbe il valore assoluto della potenza nucleare installata.
(3) Moustapha Kadi, "Insécurité croissante au Nord Níger. A quand la paix?", Energie pour tous n°7, Niamey, 5 settembre 2007.
(4) Compagnie générale des matières nucléaires (Cogema), prima della sua integrazione nel polo nucleare del gruppo Areva nel 2001.
(5) Nel luglio 2007 l’Areva fu sospettata per l'adesione al MNJ di un capitano delle forze nazionali di intervento e sicurezza, previamente contrattato per garantire la sicurezza delle zone dell’Areva, che ricevette dall'impresa circa 85.000 €.
(7) Criirad, "Resoconto di risultati di Arlit (Niger), dicembre 2003"; "Impatto dello sfruttamento dell'uranio delle filiali Cogema-Areva in Niger, 20 aprile 2005"; "Presenza di materiali radioattivi nell'ambito pubblico a Arlit e Akokan, 14 maggio 2007." Samira Daoud e Jean-Pierre Geta, "Cogema in Niger: relazione dell'indagine sulla situazione dei lavoratori di Somair e Cominak", Sherpa, 25 aprile 2005.
(8) Nel 2004, l’Areva diede incarico di una perizia ambientale all'Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (IRSN). Le cui conclusioni, secondo Criirad, sono state sottovalutate. Si portò anche a termine una perizia clinica su richiesta di Areva (2005). Nessuno di questi studi valuta i rischi sanitari a lungo termine.
(9) 70 morti secondo il governo, approssimativamente 600 secondo le organizzazioni internazionali e più di mille secondo i tuareg. Dayak, Stiihrenberg e Strazzulla: Touareg, la tragédie, Lattes, Parigi, 1992.
(10) Moussa Kaka, corrispondente di Radio France.