IL DOVERE DI NON DIMENTICARE
Maggio 2002…giorni nostri : Jenin, Palestina…
“…il paesaggio sfida qualsiasi descrizione. Un incarnazione dell’orrore, una
visione dopo un uragano. Case distrutte, in tutto o in parte, rottami di
cemento e di ferro, grovigli di fili elettrici. Auto polverizzate dai carri
armati o dai missili, aggiungono una dimensione di barbarie a questo spettacolo
spaventoso. Un puzzo acre di cadaveri aleggia sulle macerie…” ( A.Kapeliouk-
LeMondeDiplomatique, Maggio 2002)
“ Nostra dimora è il silenzio…nella
mente nomi pietrificati….
nostra gente, nostri cari, nostre case
mi sentite ? Vi batto nel buio,
tenui vi sento, invisibili
spettri…” ( Abu Manu )
Settembre 1982 …giorni che già sono stati :
Campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila, Beirut, Libano…
“…la
scena che si apriva davanti agli occhi degli osservatori stranieri che
entravano all’interno del campo di Chatila era un incubo. Donne che urlavano
sui corpi dei loro cari, corpi che cominciavano a gonfiarsi sotto il calore del
sole.
Le case erano state distrutte dai bulldozer, spesso con gli abitanti dentro.
Gruppi di corpi addosso ai muri, dove sembravano vittime di esecuzioni di
massa. Altri erano sparsi tra le strade, freddati mentre cercavano vie di
scampo. Ogni piccolo e lurido vicolo tra le abitazioni deserte dove i
palestinesi erano vissuti da quando erano scappati dalla Palestina, quando fu
creato lo stato di Israele, poteva raccontare una propria orrenda storia…”
( L. Jenkins - Washington Post, 23 settembre 1982 )
“…l’assedio
è attesa…soli siamo a bere l’amaro calice…
Una donna ha detto alla nuvola : copri il mio amato, perché ho le vesti
grondanti del suo sangue.
Se non sei pioggia amore mio, sii albero…colmo di fertilità…” ( M. Darwish )
Vent’anni e cinicamente si ripete la stessa scena di un massacro : basterebbe
scambiare le date e la sostanza non cambierebbe di una virgola…puzza acre di
guerra, donne, bambini, vecchi morti, feriti, mutilati. Fuoco, devastazioni,
distruzioni, macerie. E le parti di questo scenario sono immutate, da un lato
il tallone di ferro, di uno stato occupante, feroce, spietato, sordo ad aneliti
di giustizia e pace; dall’altra un popolo di esiliati, profughi, fuggitivi, che tenacemente, eroicamente (
senza timori in questo caso di cadere in neniosa retorica…), continua a
rivendicare il diritto ad esistere, a vivere a casa propria, nella propria
terra e che…non si è ancora piegato…dal 1948 ad oggi… 2002 !
Ed in questi 52 anni, di arroganza e barbaria ne è stata elargita, giorno dopo
giorno, anno dopo anno senza tregua, metodicamente e cinicamente…ormai sono
decine di migliaia i morti e centinaia di migliaia i feriti e mutilati, e
milioni gli esuli e profughi. Eppure il sionista oppressore, ancora non si è
fermato, come ha scritto Monsignor H. Cappucci ( vescovo di Gerusalemme) :
“…Sabra e Chatila, Balata, Nurel Shams, Khaa Younis, Gaza, Jenin ora. Allora le
donne e i bambini palestinesi venivano sgozzati. Oggi le donne ed i bambini
dello stesso popolo assistono al massacro dei padri, dei fratelli, dei nonni,
muoiono nelle loro case demolite dai bulldozer, saltano in aria nei campi
minati a tradimento, vengono inceneriti dai missili mentre transitano per
strada o sono alla finestra delle loro case, oppure trovano la morte mentre
attendono ai posti di blocco per poter
raggiungere un ospedale. Migliaia di
innocenti vennero massacrati allora. Migliaia sono stati sterminati adesso.
Palestinesi cacciati dalle loro terre, senza una patria, senza una speranza,
erano le vittime ieri. Palestinesi esasperati dall’occupazione, dalle
umiliazioni, senza un futuro, sono le vittime oggi…Se non sarà un Tribunale
sarà la Storia a giudicare le nefandezze commesse ai danni dei palestinesi. E non sarà facile per i padri di
Israele spiegare ai figli ed ai nipoti come hanno potuto, dopo aver sofferto
l’olocausto, portare tanto discredito e tanta vergogna all’ebraismo…”.
“ Facciamo giuramento che la notte
passerà, per quanto lunga sia, occupante.
Ed il lampo sarà montagna di fuoco, fuoco rovente e nugolo d’aquile.” ( M. El
Kurd)
Sabra e Chatila, giovedì
16/9/1982, secondo la testimonianza di alcuni soldati israeliani : dalle ore 17
i massacratori penetrano nei campi da due direttrici, da sud e da sud-ovest;
alla testa della spedizione : Elias Hobeika comandante delle milizie falangiste
libanesi al soldo di Israele.
Dalla testimonianza di Selma sfuggita al massacro : “…eravamo in cinque, mio
padre, mia madre, mio fratello, la nonna ed io. Rimango soltanto io.. Eravamo
nascosti da ore in un rifugio e siamo usciti perché non potevamo più respirare.
I falangisti scendevano dalle dune…la mia gente è corsa loro incontro agitando
fazzoletti bianchi e gridando di non sparare. Loro hanno cominciato a far fuoco
sugli uomini. Poi sulle donne ed i bambini. Mi sono nascosta in un gabinetto e
da lì ho visto ammazzare la mia famiglia e quasi tutti i miei vicini. Il
quartiere veniva rastrellato casa per casa. Gli uomini venivano uccisi subito,
le donne ed i bambini venivano portati in uno spiazzo…mio cugino di nove mesi
piangeva. Un falangista ha gridato “ Perché piange ? Mi ha stufato “ e gli ha
sparato in una spalla…poi lo ha afferrato per una gamba e con la baionetta lo
ha ucciso… Al mattino sono arrivati camion e furgoni per portare via i cadaveri…ci
hanno condotti allo stadio fino a sabato 18 settembre, nella mattinata i
falangisti se ne sono andati, allora sono scappata…alla domenica sera sono
tornata al campo per cercare qualcuno dalla mia famiglia…ho trovato mio zio
Feisal che avevo lasciato come unico sopravvissuto…ma prima di andarsene
avevano ammazzato anche lui…”
“…vivere
o morire per noi è la stessa cosa, perché questa non si può chiamare vita. E’
come se fossimo già morti. Diciamo che siamo in vita perché camminiamo. Ci
uccidono cento volte al giorno…Cos’è questa vita. Negli scontri c’è solo
qualche metro tra i palestinesi ed i soldati, vuol dire che non abbiamo paura.
La vita e la morte sono la medesima cosa per noi. Ma ci rimane la speranza, non
dimentichiamo mai la speranza, forse per questo continuiamo a vivere” (Na’el
25anni)
La carneficina dura sino
alle 10 del mattino di sabato 19 settembre, con uccisioni, bulldozer che
demoliscono case, preparano le fosse comuni da riempire per tutta la mattinata,
gruppi di uomini e giovani vengono portati via e scompaiono su grossi camion e
di loro nessuno saprà mai più nulla. Alle 10 il silenzio della morte cala sui
campi Sabra e Chatila, tutto è immobile, come pietrificato, l’unico segno reale
sono colonne di fumo che s’alzano verso il cielo e lo svolazzare di nugoli di
mosche sopra il fetore soffocante dei cadaveri e del sangue. Poi i primi carri
armati israeliani che da tre giorni circondavano esternamente i campi, si
muovono verso le entrate : è il segnale che è tutto finito…dalle macerie fumanti
i sopravvissuti riemergono come da un girone infernale dantesco.
G. Zohar giornalista israeliano : “…commissione d’inchiesta o no, ciò non
toglie che noi sapevamo che c’era un massacro, che potevamo impedirlo e che non
lo abbiamo fatto…”.
A. Grossman riservista : “…i mucchi
di cadaveri dei campi di Beirut mi hanno fatto vergognare di appartenere
all’esercito israeliano…”.
Il tenente colonnello B. Barbash ufficiale della riserva ha scritto : “…alla
guida del nostro esercito c’è un uomo al quale ho personalmente sentito dire a
più riprese che un buon arabo è un arabo morto…”.
Lo scrittore I. Orpaz ha dichiarato : “…non vi perdonerò mai di aver sconvolto
un paese che amavo, con un orgia mostruosa di stupidità e morte. Nei campi di
Sabra e Chatila, mio padre e mia madre, che ho perduto nell’olocausto, sono
stati assassinati una seconda volta…”.
“…Palestina, terra sofferta nella carne del pianeta, cimitero di tutti i dio
spenti nei tuoi figli
Saturno ti pesa il segno dell’orrore, che ci umilia, che vi umilia…” ( Abu Manu)
Il numero della vittime non è mai stato accertato esattamente. La Croce Rossa
Internazionale ha accertato una cifra di 2750 morti, a cui vanno aggiunti i
corpi nelle fosse comuni, quelli restati sotto le macerie e i deportati mai più
tornati. E’ opinione comune degli esperti internazionali che le vittime siano
state tra le 3000 e le 3500, il tutto in sole
40 ore tra il 16 e il 18 settembre.
Dopo vent’anni si rompe il muro del silenzio ed un tribunale belga avvia un
procedimento giudiziario contro Ariel Sharon, l’uomo che ha la responsabilità
politica e militare di un operazione classificata come “genocidio”
dall’assemblea dell’ONU nel dicembre 1982. Il Belgio, perché in quel paese vige
una legge che accorda ai Tribunali di quel paese la competenza universale in
materia di crimini di guerra, genocidi e crimini contro l’umanità,
indipendentemente dai luoghi in cui questi sono stati perpetrati e delle
nazionalità di vittime e carnefici. Una sede evidentemente non supina a Stati
Uniti, Israele e Nato, finora immuni dal rispondere dei loro crimini contro i
popoli e che per sottomettere la Jugoslavia renitente hanno dovuto inventarsi e
fabbricarsi un Tribunale illegittimo ed illegale, personalizzato, come
strumento dei loro interessi, quale è quello dell’Aja.
Il procedimento belga si basava soprattutto intorno alla figura di Elias
Hobeika, capo delle milizie “ Forza libanese “ che entrarono nei campi e
diretto responsabile della strage…Hobeika aveva infatti manifestato la volontà
di testimoniare in un eventuale processo contro A. Sharon e la cui
testimonianza, in quanto diretto testimone ed esecutore di tutta la vicenda,
sarebbe stata devastante contro il granitico muro di silenzio costruito da
Israele su Sabra e Chatila per ben 20 anni…Pochi giorni prima però che la corte
di Bruxelles decidesse se aprire o meno il processo contro Sharon….il 24
gennaio 2002, una autobomba fa saltare in aria l’ex signore della guerra
falangista…e Sabra e Chatila, vengono nuovamente circondati dal granitico muro
di letale silenzio. Ma qualcosa comincia ad incepparsi, tramite testimonianze
di sopravvissuti che cominciano ad emergere qua e là e a vincere il terrore
instaurato dal potere sionista.
Nel frattempo un altro potenziale testimone scomodo, ex braccio destro di
Hobeikas, M. Massar viene ucciso in Brasile, a colpi di pistola. Così come
anche J. Ghanem, altro uomo di Hobeika, vittima di uno strano incidente
stradale e poi morto dopo pochi giorni in ospedale…per un malore improvviso…
“…Non
esistono tiranni che possono soffocare tutte le anime umane. Possono
controllare la stampa, impedire di parlare, distruggere…Possono
mettere a morte, calpestare…Ma nessuna forza può
governare la vita di ogni uomo…e anche ci fosse, ci
sarebbero sempre uomini nel fango capaci di non rassegnarsi, cuori nelle masse
che si rivolterebbero…Anche se oggi viviamo come
schiavi e stiamo morendo lentamente…” ( Ihab,28 anni,
Cisgiordania )
Questo articolo nasce dalla volontà di riaffermare e ricordare : non solo per
Sabra e Chatila.
Per solidarizzare anche moralmente con l’eroica storia di lotte e resistenza
del popolo palestinese che, oggi come ieri dal quel lontano 1948, continua a
pagare ogni giorno con sacrifici spaventosi in vite umane, un prezzo che sembra
non avere più un limite sopportabile da nessun popolo nella storia. Questo
modesta riflessione va nella direzione di riaffermare un NO instancabile contro
coloro che opprimono, umiliano, calpestano per perseguire lo scopo della loro
esistenza : profitti e dominio. Io credo che anche assistere in silenzio,
defilarsi, mimetizzarsi nell’impotenza dei tempi ( seppur
effettiva ), sia una responsabilità di complicità con chi opprime, e riguarda e
coinvolge tutti. Perché anche il silenzio può essere un crimine, così come
connivente l’indifferenza. Una sorta di congrega del silenzio di chi si sente
incolpevole o innocente. Io penso che la memoria storica per un uomo, per un
popolo, non sia solo un diritto, ma soprattutto un dovere e innanzitutto verso
le nuove generazioni. La memoria come luogo inalienabile della verità storica e
sociale, luogo in cui riconoscersi e far riconoscere giovani e non; patrimonio
per poter agire in un mondo da trasformare, da cambiare per quanto è diventato
inaccettabile anche solo eticamente e socialmente.
I pezzi di storia come, in questo caso Sabra e Chatila, non gridano “ castigo”
solo per ciò che alcuni hanno fatto, o per come lo hanno fatto, o per come
hanno ottenuto le loro vittorie. Ma anche perché lo hanno fatto e lo continuano
a fare in nostra presenza, confidando nella loro immunità grazie anche al
nostro silenzio, alla nostra “ disattenzione” o alla nostra
smemoratezza…tipiche ormai del nostro
“ Occidente”.
Ecco perché alle “resistenze” e lotte quotidiane, va affiancata una battaglia
culturale ed ideologica della Memoria storica, se vogliamo operare per il
futuro.
Perché contrastare crimini e menzogne dell’imperialismo contemporaneo,
significa anche contribuire a rafforzare chiunque non accetta la propria
condizione di subalterno nel nostro paese : lavoratore, disoccupato, precario e
giovane, facendogli comprendere che non è solo e che ci sono radici e patrimoni
che vengono da lontano e che vanno lontano; e che possono essere strumenti
anche e soprattutto per l’oggi e per il futuro.
“…Ogni
tanto capita a qualche comunità di scoprirsi braccata e condannata, ma quando
se ne accorge è ormai troppo tardi per tentare una salvezza. Altre volte, senza
accorgersene, gli capita di venire scaraventata o risucchiata nell’occhio del
ciclone ed altre volte ancora vede la morte impietosa avvicinarsi e allora
decide di aggrapparsi, evidentemente in modo infantile ma cosciente al tempo
stesso, ad una speranza che non c’è. Penso che quest’ultimo sia il caso di
Sabra e Chatila : sapevano ma non volevano credere, come l’annegato che si
aggrappa ad una pagliuzza. Erano lì, braccati nei loro miseri campi
distrutti…erano lì a marcire nell’umiliazione e nel fango di un mondo che ha
mostrato loro solo crudeltà, ormai ridotti ad un peso di cui liberarsi, sia per
gli amici che per i nemici. Erano ormai lontani i giorni in cui anche loro,
come tutti, avevano la propria terra, la propria casa ed il proprio Paese che
ora non c’è più o è abitato da altri…
Abbi pazienza sorella…ti hanno levato il dolce peso, prima di partire abbraccia
il tuo feto, lui non lo sa e non se n’è accorto, abbraccialo un istante prima
di spegnerti nel bianco crudele e accecante che precede l’eterno buio. Lui non
lo sa… soffio d’anima in cammino, morte di spiga…Pioggia di lacrime ha
disegnato il suo volto…vai dove sei venuto o altrove, ma non qui dove c’è
soltanto morte e tutti noi smarriti nel buio in fondo della nostra
strada…” ( Ali Rashid )
Ho voluto
intramezzare le righe e le cronache di orrori e massacri con pezzi di
scrittori, poeti o solamente uomini di Palestina, che con le loro intense,
profonde, malinconiche righe, ci dicono quanto ricca e millenaria sia la loro
cultura, in modo che ciascuno possa comprendere meglio ed arricchirsi, grazie al profondo messaggio
che trasmettono. E poi perché come diceva il Leopardi, se ben usata la poesia
possa anche essere strumento di resistenza e di lotta…: “ ….e cagioni
nell’animo dè lettori una tempesta, un impeto…di passioni…e in cui
principalmente consiste il diletto che si riceve dalla poesia, la quale ci dee
sommamente muovere e agitare e non lasciar l’animo nostro in riposo e
calma…”
(G.Leopardi - Lo zibaldone)
“…Camminano per le strade di città che gridano al peso dei loro stivali;
circolano nei veicoli corazzati in un paese che non è loro; hanno i loro
parabrezza protetti e accelerano la velocità guardando i margini delle strade
con paura, pronti a sparare ed uccidere.
Ma non avranno mai abbastanza pallottole perché questa terra è piena di pietre
e piena di mani pronte a lanciarle…” (
F. Longer )
…solo perché MAI possano dire di averlo fatto anche in mio nome! Almeno
questo.
Settembre 2002 - Enrico Vigna
Per queste pagine ho usato e mi sono avvalso di alcuni testi usciti in questo
periodo sulla questione palestinese ed altri precedenti ma che mantengono
intatta la loro validità e che segnalo qui sotto, come strumenti da leggere e
avere come documentazione :
A. Kapeliouk - Sabra e Chatila - CRT Ed.
I fantasmi di Sharon, a cura di S.Limiti - Sinnos Ed.
Abu Manu - Pietre - Ed. della Battaglia
I. Shamir - Carri armati e ulivi in Palestina - CRT Ed.
Qatamesh - Non metterò il vostro cappello - Ed. della Battaglia
H. Itab - La tana della iena - Sensibili alle Foglie
Paciello - La nuova Intifada - CRT Ed.
Abu Manu - Racconti mediorientali - Ed. della Battaglia
R. Hammad - Palestina nel cuore - Sinnos Ed.
Per chi fosse interessato richiederli in libreria o all’Email :
posta@resistenze.org