La condizione dei lavoratori in Serbia a 5 anni dalla guerra umanitaria della Nato
Questo articolo è fondato sull’intervista raccolta a Kragujevac da Enrico Vigna
con Ruzica Milosavljevic ( ex segretaria del Sindacato Samostalni della Zastava
di Kragujevac) e con Cedomir Pajevic ( attuale vice segretario del Sindacato
Samostalni Ufficio Collocamento disoccupati, della Zastava di
Kragujevac…attualmente il più “grande” sindacato per iscritti), nell’ultimo
viaggio periodico di Marzo 2004 e pubblicata dalla rivista L’Ernesto nel numero
2-2004.
Prima delle domande e risposte dirette cerco in modo breve e sintetico di dare
un quadro informativo generale sulla situazione nel paese.
La situazione sociale è in continuo peggioramento, aumento costante dei prezzi,
processi di privatizzazione e svendita
delle grandi aziende pubbliche e delle infrastrutture, smantellamento dello
stato sociale, scuole, sanità e servizi ormai di fatto privatizzati o aggrediti
da misure di liberismo sfrenato. La città di Kragujevac, che è definita dai
giornali la “pianura della fame”, è la città con la più alta concentrazione
operaia, non solo della Serbia, ma anche dei Balcani; oltre alla presenza della
Zastava ( che era la più grande fabbrica metalmeccanica dei Balcani e al cui
interno vi erano lavoratori di 26 etnie diverse), vi erano industrie tessili,
alimentari, oltre all’indotto produttivo direttamente legato alla Zastava.
Oggi la situazione in numeri è questa: dei 36.000 dipendenti, ne restano
ufficialmente 16.500, gli altri sono stati licenziati o indotti alle
dimissioni. Questi 16.500 lavorano a rotazione, cioè mediamente 4-5.000 al mese
e poi ne subentrano altri; quando lavorano percepiscono un salario medio di 165
euro mensili e nel periodo di non lavoro 70-80 euro mensili.
Secondo le statistiche ufficiali il paniere, cioè la spesa per soli generi di
prima necessità per una famiglia di quattro persone in Serbia oggi è di 270
euro.
Essendo privatizzati o in fase di privatizzazione i servizi sociali, una gran
parte delle famiglie non ha più luce e riscaldamento, migliaia sono sfrattate e
si registra il dilagare di malattie dovute, da un lato alle conseguenze dei
bombardamenti all’uranio, che cominciano ad emergere massicciamente ( tumori,
leucemie e malattie della pelle in particolare), e dall’altro alle conseguenze
di 10 anni di embarghi, sanzioni e guerre. Purtroppo il processo di
privatizzazione della sanità impedisce alla stragrande maggioranza delle
famiglie di comprare i medicinali ( che hanno prezzi occidentali) e quindi di potersi
curare, ed anche in questo caso i bambini sono i più colpiti.
Acqua, luce, prezzi, affitti, riscaldamento hanno subito dal 2000 ad oggi,
aumenti medi del 60-65%.
La stragrande maggioranza delle famiglie passa gli inverni senza riscaldamento
o vivendo in una sola stanza riscaldata a legna, non potendo pagare le bollette
del teleriscaldamento ( con temperature invernali che arrivano anche a 20°
gradi sottozero). Infatti una delle riforme strutturali – sempre ovviamente per
“democratizzare” il popolo serbo – è quella che prevede il recupero degli arretrati delle bollette energetiche
che il precedente governo aveva “condonato”, in quanto riteneva assurdo far
pagare bollette a famiglie che, tra embarghi, sanzioni e conflitti, non aveva
salari sufficienti neanche per arrivare a fine mese. Ma ora è arrivata la
“democrazia” e la libertà dei
profitti…e questo si sa, costa e qualcuno deve pur pagarla. Anche la scuola, in
avanzato stato di privatizzazione, sta diventando un lusso, non avendo le
famiglie soldi per le tasse, il materiale scolastico e i trasporti quotidiani,
che prima erano praticamente garantiti dallo stato o contenuti da programmi di
difesa sociale. La stessa università ha ormai, a seconda delle facoltà, un
costo che va dai 700 ai 1.500 euro.
I dati ufficiali riferiti all’anno passato sono questi:
su una popolazione di circa 10.000.000 di persone( non potendo calcolare il
numero dei profughi nel paese, che si aggira intorno al milione)
i disoccupati sono 981.340, 1.269.350
risultano occupati con una media giornaliera di 3,5 ore di lavoro e mediamente
oltre 200.000 lavoratori non ricevono lo stipendio regolarmente. I 2/3 della
popolazione in Serbia spende mediamente 1,5 euro al giorno pro capite e di
questi 1/3 di essi spende 0,50 euro al giorno, è cioè in uno stato di povertà
grave. Il 60% viene speso per il cibo.
Questi sintetici dati sono il contesto generale in cui si inseriscono le
risposte qui di seguito, dei due compagni sindacalisti da me intervistati.
D.: Qual è la situazione nel paese dal vostro punto di vista e
dall’interno del movimento dei lavoratori e alla Zastava in particolare?
R: Milosavljevic: La coscienza tra
i lavoratori è ancora confusa e contraddittoria, perchè le privatizzazioni erano state presentate
dal nuovo governo dopo gli avvenimenti dell’ottobre 2000 (n.d.r: l’assalto al
parlamento e la destituzione di fatto del precedente governo di unità
nazionale, da parte delle forze di opposizione filo occidentali, della DOS),
come la soluzione ai problemi del dopo guerra ed embarghi. Una massiccia
campagna mediatica aveva di fatto convinto e illuso la gran parte dei
lavoratori, che l’unica soluzione stava in questa riforma e che più profonda e
spregiudicata fosse stata, avrebbe maggiormente interessato eventuali
investitori stranieri, migliorando così le loro condizioni di vita. In una
situazione conseguente a 10 anni di embarghi, sanzioni e guerre, le condizioni
di vita e morali dei lavoratori erano ormai allo stremo, e questo fu recepito
come speranza di un miglioramento o perlomeno come un tentativo che li facesse
uscire da uno stato di difficoltà protratto.
Lo scorso anno la produzione industriale in Serbia ha subito un crollo del 5%,
quella agricola del 12%; il deficit del commercio estero nei soli due anni tra
il 2001 e il 2003 è stato di 9.215 dollari, il debito pubblico a dicembre ha
raggiunto i 19 miliardi di dollari. Siamo di fatto caduti in uno stato di
schiavitù da indebitamento e l’economia stagnante non è in grado di far fronte
a impegni che hanno superato la somma della produzione nazionale lorda. Lo
sfruttamento delle capacità produttive è inferiore al 40 per cento e l’80%
delle attrezzature è ormai obsoleto.Il tasso di crescita economica del 2003 è
stato del 1% e secondo i calcoli degli esperti saranno necessari 30 anni per
raggiungere i dati del 1989.
Si parla di 34.000 imprese che devono andare in fallimento con la conseguenza
di altri 450.000 lavoratori che resteranno senza lavoro. Sulla Serbia incombe un’esplosione sociale simile a
quella avvenuta in Argentina, che era
stata lodata dai finanzieri internazionali per 10 anni, finchè non è avvenuto
il tracollo economico. Al posto di uno sviluppo economico abbiamo ottenuto una
recessione da transizione, una drammatica caduta degli standard di vita,
crescita dei debiti e del deficit ed una economia senza liquidità.
La situazione in particolare alla Zastava, nonostante scioperi e proteste, è
senza reali sbocchi. Il continuo processo di scomposizione dei reparti
produttivi, prospettato come necessario per rendere ancora più appetibile la
vendita della azienda, non ha prodotto nulla se non disoccupazione, crollo
della produzione e smantellamento delle potenzialità strutturali del gruppo.
Proprio in questi giorni è stato pubblicizzato l’ennesimo progetto fantasma ( periodicamente
ogni stagione si fa trapelare notizie e piani di acquisizione di investitori
stranieri, che dovrebbero rilanciare la fabbrica e quindi il lavoro, con
l’obbiettivo nascosto di contenere il malcontento e sopire la disperazione e la
rabbia) .
Questo nuovo progetto sarebbe di produrre un nuovo modello di vettura con la
Toyota, la quale dovrebbe mettere il motore, mentre le scocche e i pezzi di
ricambio sarebbero Zastava. Ennesima notizia fasulla, in quanto le scocche
Zastava che dovrebbero essere utilizzate
sono quelle prodotte in questi anni senza motori e la maggior parte di
esse non possono più essere utilizzate, in quanto secondo le regolamentazioni
internazionali una scocca prodotta da più di due anni, è classificata come
scaduta quindi non ha più garanzia e non può essere montata. E la Zastava non
ha fondi per produrne di nuove. Il nostro pessimismo sulla situazione del
nostro paese è legato ad un dato che fa da specchio per leggere il nostro
futuro : se la Zastava chiude, la Serbia perde il 40% della produzione
industriale, come lo sprofondare in un abisso
per un paese. Ma purtroppo questo è lo scenario che i fatti ci indicano
e se questa prospettiva, ormai evidenziata sia dai fatti che da dati oggettivi
anche indipendenti da volontà soggettive, non sarà ribaltato, questi saranno
gli scenari futuri per i lavoratori della ex Repubblica Federale
Jugoslava.
D.: Quali sono state in questi
mesi, le maggiori proteste e lotte nel paese e qualche esito hanno ottenuto per
i lavoratori?
R: Milosavljevic : Praticamente in
ogni settore lavorativo vi sono continui scioperi o proteste, dal settore delle
telecomunicazioni a quello dei lavoratori postali e delle banche, scesi più
volte in lotta contro licenziamenti di massa, per il pagamento dei salari e
contro le ristrutturazioni e le privatizzazioni.
A Smederevo e Sabac lotte nelle fabbriche contro licenziamenti e per aumenti
salariali. Nelle acciaierie di Smederevo, le più grandi del paese, la lotta era
contro i nuovi padroni americani, che dopo aver acquisito l’azienda avevano
immediatamente licenziato circa 1.000 lavoratori, imponendo una paga oraria di
0,40 dollari all’ora. Dopo uno sciopero generale durato settimane, che ha anche
coinvolto la città, i lavoratori hanno ottenuto una grande vittoria per questi
tempi: accordo circa i licenziamenti, in parte rientrati e in parte ridefiniti
presso l’ufficio collocamento con il sussidio mensile di 60 euro, ottenuto un
aumento salariale che ha portato la paga oraria a 1,00 dollaro, la cacciata del
manager americano T.Kelly, facente funzione di direttore della fabbrica .
Ma anche una vittoria più profonda e importante per il futuro: la Commissione
Anticorruzione dopo le denunce dei lavoratori e del Sindacato ha bloccato il
processo di privatizzazione della fabbrica per presunti illeciti, falsi e
truffe avvenute nella compravendita. ( n.d.r. : in sintesi è successo questo,
per ristrutturare la Sartik furono spesi tre anni fa 2 miliardi di dollari; lo
scorso anno altri 700 milioni di dollari per ammodernarla e poterla
vendere…..al prezzo di 35 MILIONIdi dollari, all’acquirente americano. Il
quale dopo le denunce e indagini si è rivelato un semplice complice e
prestanome di alcuni esponenti del governo DOS. Ora anche le Banche che avevano
garantito i prestiti si sono rivolte al Tribunale Internazionale per andare
fino in fondo alla vicenda…e.v.).
Scioperi e lotte anche a Nis nelle fabbriche MIN e EI, dove da un totale di
28.000 lavoratori fino al 2000, sono omai rimasti 6500 occupati, di cui solo
700 percepiscono un salario intero, il resto lavora solo a chiamata per alcuni
giorni al mese. Qui la protesta ha per ora solo bloccato i piani, ma non si è
ottenuto altro, le trattative continuano. Scioperi anche alla fabbrica Zvevda e
alla DES, dei lavoratori del consorzio PKB e dei Centri Commerciali e altri.
Si è temporaneamente conclusa la lotta dei minatori dei più grandi centri
minerari dei Balcani, che hanno ottenuto aumenti salariali, un miglioramento
delle condizioni di lavoro, che erano peggiorate notevolmente dall’ottobre
2000, blocco del processo di privatizzazione ed in alcuni casi addirittura di
chiusura di alcuni centri. E’ stata anche ottenuta dal Sindacato una vittoria
contro lo scorporo della categoria minatori da quella del settore elettrici,
che avrebbe drasticamente indebolito entrambe le categorie favorendo poi così,
i successivi piani di smantellamento già previsti, in tutti e due i settori. A
livello del paese questa è stata salutata come una grossa vittoria sindacale e
di difesa degli interessi generali dei lavoratori.
D.: Qual è in questo momento la situazione
organizzativa del Sindacato Samostalni e quali le sue dinamiche interne ?
R:
Pajevic : Dopo l’ottobre
2000 (n.d.r.: va segnalato per chi non conoscesse bene la situazione di là, che
dopo gli avvenimenti del 5 ottobre 2000, culminati con l’assalto al parlamento,
ci fu in tutto il paese una vera e propria campagna intimidatoria e violenta,
di cacciata e allontanamento di quasi tutta la vecchia dirigenza sindacale,
accusata di far parte del vecchio regime e quindi dimessa spesso con la forza e
sostituita d’ufficio da nuovi dirigenti espressi per lottizzazioni partitiche
della DOS, salvo poi in molte situazioni essere reintegrati dai lavoratori alle
prime scadenze elettorali nei posti di lavoro.
Su questi avvenimenti abbiamo come Associazione moltissima documentazione anche
video, che testimonia le violenze e le prevaricazioni. Su quel periodo io
stesso ho prodotto molti articoli e resoconti degli avvenimenti, alcuni di cui
sono stato testimone diretto, uno in particolare tratta del coraggio e la
fermezza della stessa R. Milosavljevic, aggredita e minacciata da picchiatori della DOS, ma senza fare un passo
indietro. Per chi volesse avere la documentazione, contattarmi o vedere nel
sito www.resistenze.org e.v.), la nuova dirigenza sindacale fu
scelta su basi di lottizzazioni partitiche delle forze DOS, questo è stato in
questi anni un limite e un problema notevole perché il dibattito interno era
caratterizzato da scontri di interessi legati a esponenti di partiti e a
contraddizioni tra di essi, questo ha penalizzato gli interessi reali dei
lavoratori e una forte strategia di opposizione e contrasto agli avvenimenti di
devastazione sociale avvenuti in questi ultimi tre anni e mezzo.
Nel frattempo molti sindacalisti vecchi sono stati rieletti dai lavoratori, il
crescere dei problemi e l’assenza di risposte forti, hanno costretto anche
molti nuovi delegati onesti a richiedere con sempre più forza programmi e
proposte di lotta chiaramente connotati contro le politiche governative, fino a
far schierare pubblicamente il sindacato, nelle scorse elezioni per la caduta
del precedente governo, nonostante la quasi totale dirigenza nazionale sia
espressione di quei partiti governativi. Ma la spinta ed il malcontento sono
omai così talmente alti che il timore di perderne il controllo, ha fatto sì di
scegliere l’opzione dell’assecondare questa rabbia, perlomeno a livello
elettorale. Non c’è oggi nella dirigenza del Sindacato Samostalni una chiara e
precisa strategia di programmi per la lotta ed il cambiamento, non c’è
attualmente né la voglia né la possibilità di muoversi nella direzione di
riforme attuate negli interessi dei lavoratori e per uno sviluppo attuato tenendo conto delle prospettive e
condizioni dei lavoratori.
Questo per la situazione nel paese è un problema molto grave, perché produce
continui patteggiamenti e rimandi delle situazioni sociali tra dirigenza
sindacale e governo, intenti reciprocamente, non a trovare risposte di
prospettiva e strutturali allo sfacelo economico e sociale, ma semplicemente il
garantirsi il mantenimento della propria esistenza. E questo rende cupo e
incerto il futuro, perché non lascia intravedere anche a distanza una qualche possibile
uscita dalla crisi.
Dal punto di vista organizzativo il Sindacato Samostalni nonostante tutto e
nonostante continui tentativi di spaccarlo e indebolirlo, resta il più grande
sindacato del paese, gli ultimi dati dello scorso anno lo davano all’85% di
rappresentatività dei sindacalizzati a livello nazionale e ancora al 90% a
livello di Zastava. E questo nonostante che in questi anni vi sia stato un
proliferare di sindacatini indipendenti e con grandi disponibilità finanziarie,
spesso di cui non si riesce a capire la provenienza, vista la situazione e le
enormi ristrettezze che spesso costringono persino a economizzare anche sui
quantitativi dei volantini. Oppure vi sono situazioni tragicomiche, come nel
caso di uno di questi sindacatini, il cui segretario generale era anche
ministro del lavoro ( nel precedente governo), praticamente era la controparte
di se stesso.
D.: La scorsa primavera, in piena fase di
emergenza dovuta all’uccisione del primo ministro, è stata varata la nuova “
Legge del lavoro ”. Quali sono gli aspetti più marcatamente anti operai e
regressivi per gli interessi dei lavoratori?
R:
Milosavljevic : Uno è
sicuramente quello, di una di fatto completa liberalizzazione dei
licenziamenti, anche questo spacciato come una necessità per favorire gli
investimenti stranieri e quindi teoricamente dare lavoro. Un altro che ha già
conseguenze disastrose e ridimensiona completamente il rapporto tra le parti
sociali, governo-sindacati è quello relativo della abolizione del Contratto
collettivo nazionale; questo di fatto significa, che il sindacato non ha più alcuna possibilità di
impedire o influire su decisioni del governo.
Per esempio nella vecchia legislazione dove vigeva il Contratto collettivo
nazionale,vi era una clausola dove era sancito, che qualsiasi contratto locale
o aziendale poteva avere SOLO condizioni e intese MIGLIORI di quelle stabilite
a livello nazionale, se erano peggiori o regressive degli interessi dei
lavoratori NON poteva essere ratificato.Tutto questo oggi non esiste più.
Su altri aspetti della nuova Legge facciamo alcuni esempi esemplificativi :
nella vecchia Legge la parte riguardante il “diritto della protezione del
lavoro” il Sindacato era titolato ha trattare e a poter rifiutare qualsiasi
decisione lavorativa presa dalle direzioni aziendali, oggi questo non esiste
più.
Nella precedente legge nessun aspetto o controversia riguardante singoli
lavoratori, sia economici che disciplinari o produttivi, poteva essere preso
senza la presenza e accettazione del Sindacato, oggi il sindacato non è neanche
più consultato. E’ sancito legislativamente che è solo più riconosciuto il
rapporto tra lavoratore e datore di lavoro soltanto.
Nella precedente legge i licenziamenti erano quasi impossibili se non legati ad
aspetti di legislazione penale ( azioni illegali) e dovevano essere vagliati e
accettati dal Sindacato, che aveva il compito di verificare e garantire che
fossero stati applicati tutti i diritti
per la difesa e tutela del lavoratore. Oggi ciascun lavoratore essendo solo nel
rapporto con l’azienda è di fatto senza più protezioni sociali e senza più
alcun potere contrattuale. Inoltre è stato sancito il “diritto” al
licenziamento legato alle esigenze aziendali, in piena politica di liberismo
selvaggio, di fatto ogni lavoratore è alla mercè del proprio datore di lavoro..
Le conseguenze dirette e concrete nella vita dei lavoratori si possono vedere
in questi due esempi di situazioni di lavoro nella Zastava, che neanche durante
embarghi e bombardamenti sono mai accaduti e sarebbero stati considerati
illegali anche giuridicamente. Uno riguarda la Zastava automobili dove
attualmente sono occupati come dipendenti ancora 3600 lavoratori, e dove ogni
mese vengono chiamati dall’ufficio di collocamento 800 lavoratori disoccupati a
rotazione, per integrare il sussidio mensile di disoccupazione ( 45% del
salario, mediamente circa 60 euro mensili, che tra le altre cose scadrà nel
2005 e quindi da allora questi iscritti al collocamento non avranno neanche più
questa minima entrata), essi accettano di lavorare in queste condizioni : senza
nessun contratto specifico se non la conoscenza dell’ammontare del salario a
fine mese stabilito dall’azienda, nessun diritto sindacale, orario legato
esclusivamente alle esigenze aziendali, nessuna paga o retribuzioni ufficiali
ma stabilita ciascuna volta, nessuna maturazione di ferie, nessun diritto alla
mutua e malattia se un lavoratore si assenta viene sostituito da un altro,
nessun diritto ad usufruire delle leggi di protezione della sicurezza.
L’altro esempio esemplificativo riguarda un reparto Zastava che si chiama TER
COM, composto da lavoratori invalidi di cui l’80% provengono dall’ufficio di
collocamento disoccupati; la maggioranza sono donne e tutte hanno malattie come
leucemia e tumori, le condizioni di lavoro sono spaventose ma il ricatto è che
se qualcuno protesta perde anche quei pochi soldi e si ritrova di nuovo senza
salario. Noi stessi come responsabili sindacali non possiamo fare nulla, pur
sapendo come tutti, qual è la situazione perché gli stessi lavoratori ci
chiedono di non muoverci per il terrore di perdere anche questo. Un solo
esempio, tutti coloro che lavorano
hanno problemi di salute o perché invalidi o perché malati accertati, nessuno
di essi ha mai presentato finora alcun certificato medico, spesso occultando il
proprio stato per paura di non lavorare. ( n.d.r: sono riuscito personalmente a
entrare in contatto con una lavoratrice del reparto, che mi ha affidato la
lettera che qui riporto come estratto, che penso non lasci spazio ad altre
parole nel rendere l’idea della situazione. e.v.)
“…ho deciso di scrivere questa lettera per raccontarle la mia vita. Sono
lavoratrice della Zastava automobili e come invalida di 3° categoria, lavoro
nell’officina cosiddetta TER COM ( costituita per invalidi ). Lavoro al ritocco
dei particolari, siccome a causa della guerra non abbiamo lavorato per lungo
tempo, poi abbiamo cominciato a fare qualsiasi
lavoro, anche quelli che non competono agli invalidi. Abbiamo ripulito i
reparti bombardati e si sa benissimo che questi sono posti radioattivi; mentre
facevo questi lavori parecchie volte ho avuto allergie e sono stata sottoposta
a “terapie”. Poi ho lavorato dove vi è il PCB- Piralene lasciato nell’ambiente
dalle bombe ed avevo problemi di respirazione. Sono andata dal medico e mi
hanno trovato delle cisti nella gola e nel seno. Ma questo non è stato
sufficiente ai dirigenti e per l’ennesima volta hanno portato nel nostro
reparto altre sostanze chimiche per le lavorazioni, mi hanno poi portata due
volte al Pronto soccorso, e così anche altre mie colleghe; l’ultima volta nel
mese di febbraio mi hanno salvato la vita per un soffio.
Adesso sono in malattia fino a fine del mese, poi dovrò tornare al lavoro ma
sono molto preoccupata, perché so che un giorno mi troveranno morta; l’ambiente
di lavoro è disastroso e anche le condizioni di vita in esso sono disastrose.
Io devo lavorare per sostenere la mia famiglia, perché mio marito è stato
licenziato ed è anche lui malato; una figlia va a scuola e l’altra ha finito di
studiare ma è disoccupata perché non c’è lavoro…io la prego di leggere questa
mia lettera ad altri, se vuole può verificare tutto quanto ho scritto. Il mio
lavoro consiste nella pulizia dei particolari e componenti bombardati ,
lavaggio pezzi, scelta delle viti da montare e scarto di quelle non più
utilizzabili, pulizia dei reparti. Non posso rifiutare di fare questi lavori
nonostante sapevamo che erano radioattivi; ci sono anche altre mie colleghe che
sono ammalate, io penso che tutto è conseguenza dei bombardamenti. Io sono
invalida ma queste malattie le ho avute dopo. La ringrazio dell’aiuto e la
prego, se è possibile, di attivarsi anche tramite qualche organizzazione che
lavora nel campo della protezione delle vite umane e di provare ad aiutarci….S.
M. “
Questa è la realtà della classe lavoratrice serba nel 2004, solo quattro anni
fa nessuno di noi avrebbe neanche lontanamente immaginato che un lavoratore
avrebbe potuto conoscere un simile stato di degradazione sociale e di dignità.
Ma questo è ciò che ci hanno portato i cambiamenti del “nuovo corso” e con questo dobbiamo
convivere quotidianamente e combattere in una vera e propria lotta per la
sopravvivenza.
D.: Subito dopo la fine dei bombardamenti a
giugno ’99, l’ex governo di unità nazionale, aveva stanziato 1/6 del budget
federale della Repubblica serba per il Progetto di Ricostruzione della Zastava,
ritenendo prioritario per il futuro del paese il rilancio della fabbrica e
della produzione, come condizioni assolutamente improrogabili, insieme alla
ricostruzione dei ponti e delle infrastrutture, poi avvenuti. Il progetto era
stabilito in 3 Fasi di ricostruzione, all’ottobre 2000 erano state completate
quasi due fasi su tre, da allora a oggi, la ricostruzione è stata terminata?
Cosa è avvenuto e qual è la situazione oggi?
R:
Pajevic : In parte abbiamo
già risposto descrivendo la situazione nelle altre risposte, per quanto
riguarda la ricostruzione è molto semplice: ogni processo di ricostruzione si è
fermato ad ottobre 2000, erano state
praticamente completate due fasi su tre, ma da allora tutto si è fermato, il
governo successivo non ha più investito nella ricostruzione della Zastava, non ritenendola una scelta economica
strategica e funzionale alla ripresa economica, anzi giudicandola una azienda
ormai obsoleta. Ma non solo, dall’ottobre 2000 è cominciato il processo di
scomposizione del gruppo, per permetterne la privatizzazione e la vendita, dopo
tre anni e mezzo i risultati sono sotto gli occhi di tutti.. Dei 36.000
lavoratori presenti all’ottobre 2000, 16.000 furono licenziati nei mesi
successivi e 11.000 andarono all’Ufficio Collocamento Zastava ( una lista di
lavoratori che pur non lavorando risultano ancora dipendenti e avrebbero la
precedenza in una eventuale riassunzione in produzione, da non confondersi con
l’Ufficio di Collocamento cittadino che riguarda i disoccupati generali, circa
30.000, di cui le donne sono il 33% in più degli uomini). Oggi gli iscritti
all’Ufficio Collocamento Zastava sono
6750 in quanto 4250 si sono autolicenziati o incentivati alle dimissioni.
Per quanto riguarda la produzione, fino al 1990 uscivano 220.000 vetture
all’anno; dal 1990 al 1999 periodo degli embarghi e sanzioni e anche anni in
cui, causa lo sfascio della Jugoslavia, le varie filiali che erano presenti in
ogni Repubblica e in ogni Regione, furono chiuse e per anni la Zastava dovette
ricostruire l’indotto delle componenti. Il dato più rilevante per dare l’idea
dello sfascio dell’attuale situazione è che la produzione durante gli anni
’91-’99 era di 20.000-30.000, mentre per esempio nel 2003 il Piano prevedeva
23.000 vetture, in realtà ne sono poi state prodotte 8.000.
D.: Quali erano le difese e gli ammortizzatori
sociali prima dei “ bombardamenti umanitari “ e qual è la situazione attuale?
R:
Milosavljevic : Per quanto
riguarda i lavoratori Zastava vi erano una serie di diritti che contribuivano
alla difesa dei salari, per esempio un pasto gratuito al giorno; il 50% delle
spese dei trasporti erano rimborsati; i lavoratori che erano in ambiti di lavoro
più disagiati, avevano diritto a forniture di alimenti specifici contenenti
vitamine e proteine; nel contratto collettivo erano contemplati controlli
sanitari periodici e sistematici, da parte del presidio sanitario dell’azienda;
nel periodo di malattia il lavoratore percepiva l’80% del salario, ora il 60%
ma praticamente nessuno si mette in malattia per timore di essere
licenziato; ad ogni lavoratore che
veniva assunto, ma che proveniva da un'altra città, gli veniva assegnato una
sistemazione nel quartiere delle case operaie Zastava, in legno e ovviamente
negli ultimi anni sempre più disagiate, in attesa di un alloggio in città; ogni
lavoratore aveva diritto per lui e la sua famiglia ha tutta una serie di
attività ricreative, sportive e culturali aziendali praticamente gratuite. Di
tutto questo ora non resta più nulla.
Per quanto riguarda misure più generali e sociali come le mense popolari dove
si poteva mangiare a costi simbolici, oggi non esistono più; negli ultimi dieci
anni le bollette energetiche non erano state riscosse per non affossare le
condizioni minimali di vita del popolo, ora con le privatizzazioni alle
famiglie è stato imposto il pagamento di tutti gli arretrati, pena la
sospensione delle erogazioni, per cui le famiglie si trovano senza salari e con
debiti pregressi da pagare in rate mensili per gli anni futuri. Per quanto
riguardava prezzi, affitti, sanità , il governo trattava con il Sindacato e
stabiliva programmi sociali a costi calmierati contrattati tra le parti
sociali. Ora tutto è stato liberalizzato e non c’è più nessun controllo o
limite.
D.: Com’è la situazione sanitaria tra i
lavoratori?
R:
Milosavljevic : Purtroppo i
bombardamenti “ umanitari” della Nato oltre alla miseria e al degrado umano e
morale, ci hanno anche lasciato una terribile conseguenza : i danni causati
dalle bombe all’uranio impoverito, sulle persone e nell’ambiente. Su questo
argomento purtroppo i dati ufficiali e le documentazioni precise sono molto
carenti se non assenti, questo ovvio per vari motivi, uno perché a livello
governativo e dei media, non c’è interesse a rendere pubblici dati che
potrebbero dare l’idea della tragedia che incombe sulla vita del popolo serbo,
anche e soprattutto per il futuro. Ma su questo vi sono certamente persone più
documentate di noi per rispondere, di certo vi è che tra il migliaio di
lavoratori volontari, che avevano partecipato alla sgombero delle macerie ( va
ricordato che la fabbrica fu quasi distrutta da continui e massicci
bombardamenti criminali e devastanti), sono già 63 i deceduti e centinaia di
altri sono affetti da tumori e leucemie, nel presidio sanitario della Zastava i
farmaci più richiesti sono
psicofarmaci, antidepressivi e i medicinali per le malattie di natura
epatica. Già questo può essere considerato un dato indicativo.
Così come è ufficiale che l’area della Zastava fu dichiarata nel 2000, ambiente
degradato e a rischio da parte dell’ONU.
Un dato ufficiale filtrato negli ultimi mesi dice che nella regione della
Sumadija, che ha in Kragujevac il capoluogo, si sono rilevati oltre 1.000 nuovi
casi di ammalati di tumori e malattie epatiche.
D.: Quale tipo di attività e lavoro sindacale
svolgete e in quali condizioni?
R:
Pajevic : Prima di tutto
occorre far capire in quale condizioni oggettive si svolge il lavoro sindacale,
in quanto i lavoratori e ancor di più i disoccupati, hanno una dispersione
anche territoriale che rende molto difficili e rari i contatti, la stragrande
maggioranza vive in quartieri o agglomerati periferici o addirittura fuori
dalla città, se scendono alla fabbrica spesso fanno chilometri a piedi perché
non possono spendere i soldi per i trasporti. Molti di loro vanno a fare lavori
di campagna o occasionali a giornate,
ovviamente in nero e pagati pochi euro al giorno, anche in altre città o
regioni, per cui non sempre si possono rintracciare o hanno la disponibilità ad
essere presenti sia moralmente che fisicamente.
Quello che si deve capire a chi leggerà è un dato di fondo che condiziona
totalmente ogni altro aspetto ed è quello che in questi anni in Serbia, la
lotta dei lavoratori e del popolo è semplicemente una lotta e una vita per la
sopravvivenza, con tutto ciò
che questo comporta e ne consegue, in ogni aspetto della vita quotidiana di un
lavoratore e lavoratrice, non sappiamo se potete capire veramente fino in fondo
cosa significa alzarsi ogni mattina e non sapere quale sarà la tua giornata,
non sapere cosa comprare perché con una disponibilità di 4 o 5 euro al mese,
quando ci sono, bisogna mangiare, vestirsi, curarsi, pagare la scuola per i
bambini, i trasporti, scaldarsi ecc. ecc., provate a immedesimarvi e provate a
pensare come sarebbe la vostra vita di tutti i giorni.
Queste sono le condizioni dei lavoratori a cui va aggiunto l’altro dato che è
quello della ormai mancanza di fondi del Sindacato stesso, per cui anche solo
fare un volantino, una propaganda di qualsiasi genere, ha spesso dei costi
quasi impossibili da affrontare. Nonostante questo, i delegati veri e più
vicini ai lavoratori, ai loro interessi, ai loro bisogni, cerca innanzitutto di
non perdere i contatti con essi, di essere sempre pronti e disponibili a
recepire le loro richieste e problemi diretti, a sostenere loro esigenze
specifiche. Cerchiamo di denunciare continuamente situazioni e problematiche
che opprimono la condizione dei lavoratori, cerchiamo di sostenere, organizzare
e rafforzare ogni protesta e conflittualità anche spontanea nei reparti o fuori
dalla fabbrica, ma purtroppo non tutti i nuovi dirigenti e delegati hanno
questo atteggiamento, e molti sono in realtà adagiati in una situazione di
“burocrati” non certo di organizzatori delle lotte.
E questo è un grande problema che si somma a quelli sopra detti. Una cosa in
cui comunque crediamo fermamente e ribadiamo, al di là dei giudizi e delle
valutazioni sulle attuali dirigenze e programmi, è quella che questo
Sindacato è l’unica arma seppur limitata, che hanno i lavoratori e va assolutamente salvaguardata la sua esistenza
organizzata, perché questa sarà anche l’unica possibilità per cercare di
rovesciare e cambiare il futuro dei lavoratori della Serbia. Oggi abbiamo solo
degli stracci addosso, senza di esso saremmo completamente svestiti.
D.: Una vostra riflessione finale sulle
prospettive e su un futuro che, alla luce della situazione descritta appare
molto difficile per il popolo serbo.
R:
Milosavljevic : Quanto
finora esposto può solo avvicinare coloro che leggeranno, a comprendere qual è
la vita quotidiana e le condizioni in cui vivono i lavoratori, la realtà da
vivere è sicuramente più difficile.
Già solo il dato ufficiale frutto di un
indagine governativa che dice che l’80,3 per cento dei giovani vuole andare via
dalla nostra patria e solo il 17,7 per cento ha ancora speranza che qualcosa
cambi e gli permetta così di restare, deve far capire quanto è tremenda la
situazione del nostro paese, perché la gioventù significa futuro e senza
gioventù, nessun paese può avere un futuro. Per questo è diventato
drammaticamente urgente pensare e lavorare a un cambiamento, dei programmi
economici e politici, e di leadership. Se non accadrà questo il nostro futuro è
molto molto difficile, tutti i giorni si parla soltanto di svendite, chiusure,
fallimenti, non si parla mai di una qualche soluzione trovata ad un problema.
Si parla di scorpori, che diventano un processo e pezzo per pezzo, gli scorpori
rendono ogni situazione sempre più piccola e poi a sua volta diventa parte di
una parte e così via. E poi saranno venduti ma in questa progettualità non c’ è
futuro, perché significa di fatto cancellare la potenzialità produttiva di uno
stato di un paese. Significa per chiunque abbia un minimo di cognizioni
economiche o del mondo del lavoro proporre una agonia, magari non cruenta ma
una lenta agonia. Negli ultimi mesi sono persino arrivati a ventilare ai
lavoratori, un ulteriore scenario futuro architettonico sociale, la Zastava
quella che per decenni è stata una grande e immensa fucina di lavoro, di vita,
di speranze, di dignità, potrebbe diventare una grande area cittadina, dove non
ci saranno più cancelli, inferriate, delimitazioni, solo più una grande area
economica, commerciale, di uffici, negozi, magazzini, ma senza più i 36.000
lavoratori e famiglie che l’hanno popolata e resa una fonte di vita e di futuro
per mezzo secolo, senza più produzione di nulla. Forse se tutto va bene
dicevano, qualche centinaio di posti di lavoro nuovi si creeranno, e gli altri?
Quest’anno la novità ‘ stata la notizia che la Fiat si è rifatta viva dopo anni
di disinteressamento e silenzio, ma non per qualche ipotesi di rilancio o
investimento, ma per richiedere i debiti pregressi e la valutazione finanziaria
del suo pacchetto azionario. Come dire un’altra tegola su qualsiasi ipotesi di
trovare acquirenti o investitori che facciano ripartire la fabbrica; di fatto
questo rende impossibile immaginare la possibilità, da parte di qualcuno di
comprare un azienda che già prima di fare un investimento ha già debiti da
saldare. L’insieme delle situazioni dà forse
il segno di una situazione talmente attorcigliata attorno a
contraddizioni, problemi e dinamiche bloccanti, che riesce veramente arduo NON
pensare ad un futuro nero per i lavoratori della Zastava e forse della classe
lavoratrice della Serbia, che probabilmente ha ancora davanti a sé, periodi non
certo facili. Per impedire tutto questo c’è una sola strada, cambiare le
riforme e cambiare i dirigenti, se i lavoratori riusciranno ad imporre questo
la speranza ritroverà una ragione di essere.
Queste le valutazioni e riflessioni di due riconosciuti e stimati esponenti
sindacali, che, senza remore, ci hanno descritto la realtà che ogni giorno
milioni di lavoratori della Serbia affrontano, causa uno strangolamento
economico durato quasi 10 anni prima e una criminale guerra “umanitaria” che
così hanno ridotto quella che fu la Jugoslavia. Per chi da anni conosce e
documenta questa situazione anche attraverso Progetti di Solidarietà con i
figli dei lavoratori disoccupati della Zastava, con i figli dei profughi del
Kosovo Metohija, con gli orfani delle guerre imposte a questo popolo, queste
analisi sono confermate in ogni viaggio in quelle devastate terre, e purtroppo
in questi cinque anni ad ogni viaggio si trova una situazione sempre in
peggioramento.
Sulle macerie di un dignitoso e forte paese cresce un esercito : un esercito
fatto di disoccupati, emarginati, di poveri, di uomini, donne, giovani senza
più diritti, senza più futuro. Aumenta il numero degli emarginati e dei miseri,
i membri di quest’esercito non sono solo senza lavoro o hanno un lavoro
sottopagato, ma sono anche senza possibilità di curarsi e spesso di far
studiare i propri figli. Sono completamente usciti dalla loro vita parole come
gioia, interessi, serenità, cioccolato, abiti decenti, spensieratezza.
Parallelamente cresce il numero dei nuovi ricchi, la strutturazione di una
nuova borghesia parassitaria, che si forma, spesso da un giorno all’altro,
attraverso speculazioni di guerra, banditismo bancario da strada, rapine delle
proprietà pubbliche, contrabbandi, ruberie e ricatti politici economici. Molti
di loro hanno trovato nella politica la carta vincente per perpetuare un loro
dominio ed esistenza, molti di loro governano quelli che ormai sono i resti di
un paese che fino a pochi anni fa cercava di rendere partecipi e soggetti
attivi i propri cittadini, i propri lavoratori.
Certamente molte responsabilità ed errori erano stati commessi, e sicuramente i
risultati ottenuti non erano ottimali, come è normale che sia in qualsiasi
processo storico e sociale; così come era evidente la necessità di cambiamenti,
ma in funzione degli interessi popolari, cioè della maggioranza di una società.
Non quelli perseguiti da questa nuova classe governante e finanziaria, che è nata e si è ingrassata nei meandri del
potere, nelle sue pieghe più banditesche e amorali. E le ingiustizie che si
riversano sui lavoratori e sul popolo serbo e jugoslavo, non sono solo il fatto
di ciò che questi sono riusciti ad accaparrare per sé stessi, ma anche il fatto
che essi decidono come devono essere il sistema sanitario, l’insegnamento, la
vita quotidiana di milioni di persone e tutto ciò che è una società:
dall’economia alle scienze, dalla cultura al futuro. Questa è la felicità
capitalista che avevano promesso sventolando la bandiera della libertà e della
democrazia. Il loro unico obbiettivo era la distruzione di ciò che poteva
turbare lo svolgersi dei loro traffici, del loro sfruttamento, dei loro disegni
geopolitici. Questo il prezzo dovuto pagare dai lavoratori serbi e jugoslavi,
questo il pedaggio per avere una falsa felicità. Perchè questa felicità
sbandierata non riguarda la gente normale ed onesta, ad essa è riservata
soltanto la sofferenza ed il peso da portare per permettere a questa nuova
borghesia di raggiungere i suoi sporchi obbiettivi. Volevano distruggere un
sistema sociale e ci sono riusciti, solo che ora la stragrande maggioranza
della popolazione vive in condizioni molto peggiori, di quel “male” di cui
parlavano e contro cui si sono scagliati con la loro scientifica opera di
distruzione e asservimento.
La classe lavoratrice serba e jugoslava uscirà da questa agonia, fa parte dei
processi storici, che seppur fermati o impediti in alcune fasi, ritrovano poi
inesorabilmente il loro ciclo progressivo in avanti; ma per chi vive sulla
pelle il regresso materiale e morale, certamente la durata della regressione è un
dato tuttaltro che irrilevante, e nelle parole dei due dirigenti sindacali
l’amarezza e il senso di sconfitta, sono netti e realistici; eppure la speranza
è che dalla terra cementata dai banditi neoliberisti, dall’erba investita dalle
radiazioni, dalla terra violentata dalle bombe all’uranio impoverito, i
germogli della speranza, della nuova vita, di nuove lotte per una riconquistata
dignità, rompano tutti i reticolati in cui sono oggi imprigionati, ed i
lavoratori serbi riprendano in mano il loro destino ed il loro futuro.
Fino a quel giorno anche noi abbiamo un compito, che è da un lato quello di
mantenere un informazione costante, e dall’altro quello di fare una solidarietà
concreta, che non porti solo la nostra indignazione per i nostri governi
guerrafondai e bombardatori di altri popoli e paesi, come avvenuto per la
Jugoslavia e non solo, ma porti segni tangibili seppur modesti che non possono
risolvere alcun problema, ma perlomeno non lasciano morire la speranza e
ripropongono una solidarietà internazionalista, che sia capace di ricostruire
ponti di amicizia e pace tra i popoli ed i lavoratori. Non
lasciamoli soli, abbandonati e silenti le lavoratrici e i lavoratori jugoslavi,
non dimentichiamoli e soprattutto non
dimentichiamo che sono in questa situazione perché hanno cercato di resistere
al FMI e alla Nato, non per scherzi del destino.
La condizione in cui sono
stati relegati è un avvertimento ed un monito per qualsiasi paese e popolo che
non accetta i diktat dell’imperialismo
USA. Ed essere oggi a fianco del popolo iracheno e palestinese, nella loro
lotta per la sopravvivenza; essere
impegnati nella battaglia per la pace contro le loro guerre infinite, va fatto
senza dimenticare il popolo serbo e jugoslavo colpevole di resistenza alle aggressioni e alle
imposizioni, e colpevole di dignità nazionale.
Questo l’impegno ed i compiti che la nostra Associazione “SOS Yugoslavia”,
insieme ad altre si è data e che da cinque anni mantiene, nella misura delle
proprie forze e possibilità.
Che
le sofferenze dei popoli renitenti e resistenti, si trasformino in forza per il
cambiamento ed il rovesciamento dello stato presente delle cose.
Fai anche tu la tua parte, contattaci al 338/1755563 oppure a: posta@resistenze.org
marzo 2004
Enrico Vigna
Presidente di SOS Yugoslavia e autore di
“Jugoslavia 2001- Dati, fatti e misfatti” – Manes Ed.
e
“Kosovo liberato” – ed. La Città del sole